Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18848 del 15/09/2011

Cassazione civile sez. I, 15/09/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 15/09/2011), n.18848

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.G.E. – M.M. Elettivamente

domiciliati in Roma, Via di Monserrato, n. 25, nello studio dell’Avv.

Inzaghi Guido Alberto, che li rappresenta e difende giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CAVEDINE, in persona del Sindaco p.t. Elettivamente

domiciliato in Roma, Viale Mazzini, n. 11, nello studio dell’Avv.

Prof. Stella Richter Paolo, che lo rappresenta e difende, unitamente

all’Avv. Marco dalla Fior, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

nonchè nei confronti di:

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO;

– intimata –

e sul ricorso n. 11504 del 2007 proposto da:

COMUNE DI CAVEDINE, in persona del Sindaco p.t. Come sopra

rappresentato;

– ricorrente in via incidentale –

contro

S.G.E. – M.M.E.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Trento, n. 27,

depositata in data 24 gennaio 2006;

sentita la relazione all’udienza del 14 marzo 2011 del consigliere

Dott. Pietro Campanile;

Udito per il Comune di Cavedine l’Avv. Stella Richter, che ha chiesto

il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento dell’incidentale;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. LETTIERI Nicola, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso principale e il rigetto dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – S.G.E. e M.M.E., comproprietari di un terreno ubicato nel centro del Comune di Cavedine, proponevano opposizione, eccependone l’incongruità per difetto, avverso la stima definitiva relativa all’indennità di espropriazione di detta area, destinata ai lavori di ampliamento delle scuole elementari.

1.1 – La Corte di appello di Trento, espletata consulenza tecnica d’ufficio, dato preliminarmente atto che risultava pacifica la circostanza inerente alla natura edificabile dell’area, il cui valore doveva essere determinato ai sensi, della L.P. n. 6 del 1993, art. 14, comma 2, riteneva che, ai fini dell’individuazione del valore di mercato dovesse tenersi conto dell’indice di edificabilità massima, quale risultante dal P.R.G. comunale, pari, ad 1,8, così in parte disattendendo la valutazione del ctu, il quale aveva proposto un indice medio, pari a 1,6. Non si poteva, del resto, tener conto, come richiesto dagli opponenti, della concentrazione urbanistica del centro storico, non più realizzabile in base alle vigenti disposizioni. Pertanto, calcolato il valore medio fra quello desumibile da tale valutazione e quello agricolo, l’indennità veniva determinata in Euro 309.474,82.

1.2 – Avverso tale decisione il S.G. e la M. propongono ricorso, chiedendone la cassazione sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso, illustrato da memoria, il Comune di Cavedine.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Deve preliminarmente disporsi la riunione dei ricorsi, in quanto proposti avverso la medesima decisione.

2.1 – Con il primo motivo di ricorso il S. e la M. deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, del protocollo 1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, sostenendo che il meccanismo di mediazione fra i valori di mercato e quelli agricoli contrasterebbe con i principi dell’ordinamento comunitario.

2.2 – Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dolendosi, sostanzialmente, dell’omessa considerazione dell’indice di edificabilità riscontrabile nelle adiacenti aree del centro storico.

2.3 – Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. della provincia di Trento n. 6 del 1993, art. 14, comma 2, sostenendosi che il valore del centro storico avrebbe dovuto costituire criterio essenziale dì valutazione e raffronto.

2.4 – Il Comune, nell’unico motivo proposto in via incidentale, denuncia a sua volta erronea interpretazione del citato della L. P. n. 6 del 1993, art. 14, comma 2 nonchè vizio motivazionale, sostenendo che l’indice di densità edilizia, non previsto dall’art. 46 delle norme di attuazione del P.R.G. del Comune di Cavedine, non si concilia con le destinazione pubbliche delle aree.

3 – Il secondo e il terzo motivo del ricorso principale ed il ricorso proposto in via incidentale possono essere congiuntamente esaminati, in quanto investono l’interpretazione e l’applicazione della Legge della Provincia di Trento n. 6 del 1993, art. 14, comma 2, secondo cui “per le aree destinate a servizi e attrezzature di interesse generale il valore di mercato è determinato tenendo conto del loro inserimento nel tessuto urbanistico e della destinazione urbanistica dei terreni circostanti”.

La formulazione di tale norma, traslata dal citato art. 14, comma 2 e 3 a seguito delle modifiche introdotte con la L.P. n. 1 del 2008, art. 154 è rimasta nel resto immutata, come si afferma nella stessa memoria presentata nell’interesse del comune di Cavedine. La Corte territoriale, dato preliminarmente atto dell’insussistenza di contrasti circa la metodologia da seguire nella determinazione del valore di mercato, ha evidenziato che, non essendo contestata l’edificabilità del terreno, e dovendosi determinare il valore delle costruzioni astrattamente realizzabili sull’area espropriata, il dissenso fra le parti sussisteva sull’individuazione dell’indice di edificabilità : secondo i proprietari opponenti, doveva tenersi conto della densità delle abitazioni del centro storico in cui l’area era inserita ovvero dell’indice relativo alla zona espropriata, con destinazione a servizi pubblici, mentre secondo il Comune, con sostanziale adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, il coefficiente avrebbe dovuto essere desunto da quello comunemente riscontrabile nello strumento urbanistico del Comune per le aree edificabili.

3.1 – Emerge, pertanto, un primo profilo di inammissibilità della tesi sostenuta nel ricorso incidentale, nel punto inerente alla disomogeneità fra indice di edificabilità residenziale e destinazione dell’area a servizi pubblici, laddove propone, nella misura in cui implica un accertamento di merito, un tema che non risulta affrontato nel precedente giudizio svoltosi davanti alla corte territoriale. La questione, poi, dell’intrinseco minor valore di mercato di un’area destinata a servizi pubblici non sembra proponibile a fronte del chiaro tenore letterale del comma terzo – già secondo – del citato L. n. 6 del 1993, art. 14 che oltre ad attribuire in maniera specifica ed inequivocabile natura edificatoria alle aree destinate, come nel caso in esame, a servizi e attrezzature di interesse generale, detta i criteri da seguire per determinare il valore di mercato, sulla base delle caratteristiche dei terreni, del loro inserimento nel tessuto urbanistico, della destinazione urbanistica dei terreni circostanti.

3.2 – Appare quindi evidente come il riferimento alla destinazione a servizi pubblici, in presenza di un dato normativo come quello in esame, non possa assumere autonoma rilevanza, dovendosi al contrario rinvenire nella collocazione dell’area nel tessuto urbanistico, vale a dire nella – evidentemente diversa – destinazione dei terreni circostanti, quel valore di mercato che l’area stessa non possiede per sè, ma in funzione di un parametro di natura estrinseca, ed in qualche misura virtuale. Ecco come l’inserimento del terreno nel centro storico abbia correttamente assunto una valenza decisiva nella determinazione del valore, così come la destinazione residenziale dei terreni circostanti.

3.3 – La corte territoriale, fornendo al riguardo una congrua motivazione e correttamente applicando la norma in esame, da un lato ha precisato come non fosse possibile prescindere delle possibilità legali di edificazione, non essendo seriamente ipotizzabile la possibilità di costruire utilizzando, sulla base delle densità abitativa del centro storico, evidentemente scaturita da esigenze e criteri urbanistici risalenti a secoli precedenti, indici non previsti dagli strumenti vigenti, dall’altro ha ritenuto, sulla base di una valutazione adeguatamente giustificata – in quanto fondata proprio sull’alta densità abitativa dell’area circostante – di utilizzare quale parametro l’indice di edificabilità massima previsto dal P.R.G..

Per tali ragioni anche il secondo e il terzo motivo del ricorso principale non possono essere condivisi.

3.4 – Il primo motivo del ricorso principale è evidentemente riferito al quadro normativo non più vigente, in quanto interamente sostituito dalla nuova disciplina che, come afferma lo stesso Comune nella propria memoria, si applica anche ai giudizi in corso.

Deve, pertanto, analogamente a quanto normalmente avviene nei giudizi in cui venga in considerazione la L. n. 359 del 1992, art. 5 bis a seguito della sua abrogazione, procedersi al nuovo calcolo della giusta indennità, consentito dai dati che emergono dalla stessa decisione impugnata. Ed invero, tenendo conto del valore unitario determinato nella scrutinata sentenza, pari ad Euro 150,91, si perviene a una determinazione dell’indennità, senza alcuna ricerca di valori medi, pari ad Euro 592.925,39 (150,91 x mq 3.929), cui va aggiunto l’incontestato valore di un cancello demolito, pari ad Euro 1.343,82, per complessivi Euro 594.269,21.

Il rigetto delle tesi sostenute dai ricorrenti e la riforma della decisione impugnata solo in base allo ius superveniens consigliano l’integrale compensazione delle spese processuali.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso incidentale e, pronunciando sul ricorso principale, determina l’indennità di espropriazione in complessivi Euro 594.269,21 ordinandone il deposito nelle forme di legge, detratte le somme già versate, con gli interessi di legge dal decreto di esproprio fino al deposito.

Compensa interamente fra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2011

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