Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18844 del 16/07/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 18844 Anno 2018
Presidente: ORILIA LORENZO
Relatore: FORTUNATO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13038/2014 R.G. proposto da
Ranocchiai Elza, rappresentata e difesa dall’Avv. Claudio Cecchella
e dall’avv. Bruno Nicola Sassani, con domicilio eletto presso
quest’ultimo in Roma, via XX Settembre, n. 3.
— ricorrente —
contro
Iasevoli Carmela e Intoccia Rosa,

rappresentate e difese

dall’Avv. Silvio Pucci e dall’avv. Mirro Pucci, con domicilio eletto in
Roma, via Ugo de Carolis, n. 74, presso lo studio dell’Avv.
Loredana Piattoni.
e
Marrucci Luciana e Cerboneschi Giuseppe, rappresentati e difesi
dall’Avv. Niccolino Napoleoni, con domicilio in Piombino alla Via
Roma n. 9.
— controricorrenti —
e
Pesci Olga, Vallini Catia e Vallini Gianfranco.

Data pubblicazione: 16/07/2018

-intimatiavverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 1091/2014,
depositata il 4.2.2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15.2.2018 dal
Consigliere Giuseppe Fortunato.
FATTI DI CAUSA
Elza Ranocchiai ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte

La ricorrente aveva convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di
Livorno, Cosimo Cianchetta e Carmela Iasevoli, esponendo che con
atto di donazione del 28 marzo 1979 aveva acquistato da Sestilio
Marrucci la proprietà del podere denominato Cannucce, sito in
Campiglia Marittima, loc. Botro ai Marmi; che i convenuti avevano
chiesto in una separato giudizio, di far dichiarare inefficace la
suddetta donazione e disporre il rilascio del bene, essendo stata
accolta la loro della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di
contrarre, trascritta anteriormente alla donazione, in relazione al
preliminare di vendita del suddetto podere, stipulato con il predetto
Marucci; che, tuttavia, in virtù della donazione, la Ranocchiai
posseduto l’immobile per il tempo necessario alla maturazione dell’
usucapione abbreviata di cui all’articolo 1159 c.c..
Aveva chiesto di accertare la sua esclusiva proprietà dell’immobile,
con vittoria di spese.
Con separata domanda giudiziale la ricorrente aveva nuovamente
citato in giudizio Cosimo Cianchetta e Carmela Iasevoli per ottenerne
la condanna al pagamento di un’indennità a titolo di ingiustificato
arricchimento, nonché gli eredi del Marrucci, esercitando nei
confronti di questi ultimi l’azione di garanzia per evizione ai sensi
dell’art. 797 c.c., nell’eventualità che fosse accolta la domanda di
rivendicazione e ottenere il pagamento di tutte le indennità per le
migliorie apportate al podere, oltre al risarcimento del danno.
Riuniti i giudizi, il Tribunale di Livorno, con sentenza del 14 febbraio
2002, ha dichiarato inefficace nei confronti dei convenuti la
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d’appello di Firenze n. 1091/2014.

donazione del 28 marzo 1979 ed ha condannato la Ranocchiai al
rilascio del podere e alla consegna dei frutti maturati posteriormente
al 25 gennaio 1992, respingendo la domanda di usucapione e quella
di arricchimento ingiustificato proposte da quest’ultima, infine
accogliendo la domanda di garanzia per l’evizione nei confronti degli
eredi Marucci, condannandoli al pagamento di euro 15.493,71.
La Corte territoriale di Firenze ha respinto sia l’appello principale

sentenza cassata da questa Corte con la pronuncia n. 2728/2012.
Riassunta la causa, la Corte d’appello di Firenze ha respinto tutte le
domande proposte dalla Ranocchiai, ritenendo che la buona fede
quest’ultima, ai fini dell’usucapione, fosse esclusa dal fatto che ella
aveva esplicitamente ammesso nella memoria istruttoria depositata
nel giudizio di primo grado, in data 2.12.1993, che l’atto di
donazione, costituente il titolo idoneo al trasferimento della
proprietà, dissimulava una vera propria vendita conclusa per eludere
il diritto di prelazione spettante ex lege all’Ente Maremma; che
inoltre nell’atto di citazione notificato dall’attrice agli eredi Marucci e
Chianchetta, la ricorrente aveva dedotto che già nel gennaio 1978
era stata notificata all’Ente sviluppo Toscana e Lazio la proposta di
alienazione del bene e che, una volta subentrato l’ente Maremma,
quest’ultimo aveva esercitato il diritto di prelazione sicché, proprio
per eludere detta prelazione, era stata simulata una donazione.
Avverso detta pronuncia la ricorrente ha formulato due motivi di
ricorso, illustrati con memoria.
Iasevoli Carmela, Intoccia Rosa, Marrucci Luciana e Cerboneschi
Giuseppe hanno depositato controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di censura la violazione degli articoli 1159 e 1147,

comma terzo, c.c., in relazione all’articolo 360, comma primo, n. 3
c.p.c., asserendo che la buona fede doveva essere valutata solo con
riferimento alla consapevolezza, al momento della donazione, del
difetto di titolarità dell’immobile in capo al Marucci per effetto della
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dell’attuale ricorrente che quello incidentale degli appellati, con

conclusione da parte di quest’ultimo del preliminare di vendita
dell’immobile, senza che potesse assumere rilievo l’eventuale mala
fede della ricorrente quanto alla sussistenza del diritto di prelazione
in capo all’Ente Maremma.
1.1. Il motivo non può essere accolto.
La sentenza impugnata ha escluso che la Ranocchiai potesse
considerarsi in buona fede e quindi acquistare l’immobile per

ciascuna delle quali idonea da sola a dar conto della decisione
adottata.
La Corte distrettuale ha valorizzato il fatto che la ricorrente aveva
dichiarato in giudizio di essere consapevole, al momento della
donazione, che l’acquisto avrebbe pregiudicato il diritto spettante
all’ente Maremma ai sensi dell’art. 4, commi terzo e quinto, I.
379/1967, e che, proprio per eluderlo, la Ranocchi& si era
determinata, unitamente al Mariucci, a simulare una donazione, ma
ha soggiunto che la buona fede era esclusa anche per il fatto che la
ricorrente aveva riconosciuto il carattere simulato del titolo in base
al quale ella aveva acquistato la proprietà e la materiale disponibilità
del podere (cfr., sentenza impugnata, pagg. 7 e 8).
La sentenza ha invero considerato che la ricorrente, nella memoria
del 2.12.1993, aveva invocato la simulazione, ammettendo che “non
di donazione si fosse trattata ma di una vera e propria vendita per
la quale aveva corrisposto al procuratore del Marucci la somma di £.
30.000.000 per l’acquisto del bene” (cfr., sentenza pag. 8).
La censura formulata in ricorso è, tuttavia, volta a contestare
esclusivamente il convincimento espresso dalla Corte di merito
quanto alla ritenuta impossibilità di configurare la buona fede del
possessore allorquando l’atto di trasferimento sia stato posto in
essere per pregiudicare il diritto del prelazionario, senza sollevare
alcun rilievo in merito all’ulteriore ratio decidendi, secondo cui il
riconosciuto carattere simulato del titolo sarebbe di per sé ostativo
per la sussistenza della buona fede dell’acquirente.
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usucapione abbreviata, sulla base di una duplice argomentazione,

Di conseguenza, in mancanza di una specifica censura sul punto (e
a prescindere dalla correttezza della decisione assunta, al riguardo,
dal giudice di merito), non è consentito a questa Corte alcuno
scrutinio sulla fondatezza di tale autonoma ratio decidendi, poiché
occorreva che la ricorrente estendesse le proprie contestazioni a
tutte le ragioni che la sentenza impugnata ha valorizzato per negare
il perfezionamento dell’usucapione abbreviata ai sensi dell’art. 1159

autonome, il motivo volto a censurare una sola di esse è
inammissibile poiché, anche nella ipotesi siano fondate le censure
introdotte, il loro accoglimento non potrebbe mai condurre alla
cassazione della sentenza impugnata, stante la intervenuta
definitività delle altre (Cass. 9.5.2017, n. 11222; Cass. 4.3.2016, n.
4293; Cass. 21.1.2015, n. 1062; Cass. 6.6.2014, n. 12839).
2. Con il secondo motivo si censura la violazione dell’art. 797,
comma secondo, c.c. con riferimento all’art. 360, comma primo, n.
3 c.p.c., per aver la sentenza rilevato la sussistenza di un dolo
comune al donante e alla donataria e per aver ritenuto assorbita la
domanda di garanzia.
Assume la ricorrente che l’azione di garanzia verso il donante era
stata esercitata sul presupposto che questi versasse in dolo per aver
taciuto della pendenza della lite poi sfociata nella sentenza ex art.
2932 c.c. con cui gli Iasevoli hanno acquisto la proprietà del podere,
mentre la Corte ha dato rilievo alla consapevolezza da parte della
Ranocchiai che la donazione era stata perfezionata per eludere il
diritto di prelazione spettante all’ente Maremma in forza dell’art. 4
della I. 29.5.1967, n. 379, ossia a circostanze che non avevano alcun
rilievo sulla causa dell’intervenuta evizione.
2.1. Va preliminarmente esaminata la eccezione degli eredi Marrucci
sollevata a pag. 10 del controricorso con cui essi sostengono che la
Ranocchiai aveva proposto in primo grado due diverse domande in
rapporto di subordinazione o alternatività, di cui la principale volta
all’accertamento dell’usucapione abbreviata, e la subordinata (o
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c.c.. Ove, difatti, la sentenza si basi su più rationes decidendi

alternativa) volta ad ottenere il risarcimento del danno per la patita
evizione; che tuttavia l’azione diretta a far valere la garanzia per
evizione, che era stata respinta dalla Corte d’appello, non era stata
riproposta nel primo giudizio di legittimità ed il quello di rinvio
mentre nel ricorso di cui al presente giudizio la ricorrente ha chiesto
solo di cassare la sentenza impugnata e di pronunciare nel merito
accogliendo le conclusioni formulate nel giudizio di rinvio, sebbene

L’eccezione non merita accoglimento.
Difatti, affinché una domanda possa ritenersi abbandonata, non è
sufficiente che essa non venga riproposta in sede di precisazione
delle conclusioni, dovendosi avere riguardo alla condotta processuale
complessiva della parte antecedente a tale momento, senza che
assuma rilevanza il solo contenuto delle comparse conclusionali (cfr.,
da ultAmo, Cass. 24.1.2018, n. 1785; Cass. 10.7.2014, n. 15860).
Peraltro, nel caso di specie, la stessa sentenza n. 2728/2012 di
questa Corte aveva esaminato la suddetta questione (dedotta con il
ricorso incidentale), e le stesse difese formulate dagli eredi Marrucci
dinanzi alla Corte di rinvio depongono per l’assenza di una rinuncia
alla domanda di garanzia per evizione da parte della Ranocchiai (cfr.,
pagg. 3 e 6 della sentenza impugnata), non potendosi dare decisivo
rilievo alle sole conclusioni assunte da quest’ultima.
2.2 Ciò chiarito, il motivo è infondato.

L’art. 797 c.c. dispone, per quanto qui rileva, che il donante è tenuto
alla garanzia verso il donatario per l’evìzione che questi può soffrire
delle cose donate se l’evizione dipende dal dolo o dal fatto personale
del predetto donante.
Di conseguenza la garanzia è invocabile ove quest’ultimo sia
consapevole dell’altruità del bene e, ciò nonostante, ne disponga in
favore del donatario, o quando abbia posto in essere comportamenti
dolosi tali da determinare la perdita dell’acquisto, oggetto della
donazione.

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detta domanda dovesse ritenersi abbandonata.

Sestilio Marucci, nel corso del 1972, aveva promesso in vendita il
podere a Cosimo Chianchetta e Carmela Iasevoli e questi ultimi sin
dal 1973 avevano proposto la domanda ex art. 2932 c.c., poi accolta
dal Tribunale di Roma con sentenza n. 442/1989.
Successivamente, con atto del 28.3.1979 l’immobile era stato
donato alla ricorrente, la quale ha, quindi, subito l’evizione per
effetto dell’accoglimento della domanda di esecuzione in forma

della pronuncia al momento della domanda.
L’evizione era quindi ricollegabile non all’esercizio del diritto di
prelazione da parte dell’Ente assegnante, diritto di cui la ricorrente
era, per sua stessa ammissione, pienamente consapevole, ma alla
pregressa stipula del preliminare con cui il Marucci si era obbligato a
vendere l’immobile e al successivo accoglimento della domanda di
esecuzione in forza specifica del contratto, pendente da data
anteriore alla donazione.
Occorreva, di conseguenza, che la Corte distrettuale verificasse la
sussistenza del dolo del donante (e di un eventuale dolo comune alla
donataria) con riferimento alla causa specifica che aveva
determinato l’evizione e non con riguardo alle attività svolte dalla
Ranocchiai e dal suo dante causa per vanificare la prelazione legale,
per cui a tale errore dovrà rimediare il giudice del rinvio.
3. Segue quindi rigetto del primo motivo, accoglimento del secondo,
con cassazione della pronuncia impugnata e rinvio ad altra sezione
della Corte d’appello Firenze anche per la pronuncia sulle spese del
presente grado di legittimità.
P.Q.M.
rigetta il primo motivo, accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra
sezione della Corte d’appello di Firenze anche per la pronuncia sulle
spese del presente grado di legittimità.
Così deciso in Roma il 15.2.2018.
IL PRESIDENTE
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specifica dell’obbligo di contrarre e della retroattività degli effetti

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