Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18844 del 11/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/09/2020, (ud. 15/05/2019, dep. 11/09/2020), n.18844

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23363-2014 proposto da:

CANTINE DEL SALENTO DI S.L. SAS elettivamente domiciliato in

ROMA VIA BOEZIO 6, presso lo studio dell’avvocato VERGINE FRANCESCO,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI LECCE in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 286/2014 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LECCE, depositata il 05/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/05/2019 dal Consigliere Dott. MAISANO GIULIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Con sentenza n. 286/24/14 pubblicata il 5 febbraio 2014 la Commissione Tributaria Regionale della Puglia – sezione staccata di Lecce – ha confermato la sentenza n. 24/1/13 della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, con la quale era stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla società Cantine del Salento S.a.s. di S.L. & C. (di seguito società) avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei suoi confronti dall’Agenzia delle Entrate e relativo ad IVA, IRAP e sanzioni per l’anno d’imposta 2003. La Commissione Tributaria Regionale ha considerato tardiva l’impugnazione in questione e irrilevante che il medesimo accertamento era stato ritualmente impugnato da soci della società con distinti ricorsi che erano stati riuniti in un unico giudizio in cui la società era stata chiamata in causa quale litisconsorte, presentando poi autonomo ricorso.

La società ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su due motivi;

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con il primo motivo si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5 con riferimento alla circostanza per la quale la quale la società aveva tempestivamente impugnato l’atto sia pure tramite i propri soci.

Il motivo è infondato. Non vi è, infatti, alcun omesso esame di fatto storico, oggetto di discussione tra le parti, decisivo per la decisione, avendo la CTR ben tenuto presente la circostanza fattuale dell’impugnazione tempestiva dell’avviso di accertamento da parte dei soci, ma avendo, con motivazione in diritto, escluso che ciò consentisse alla società, che non aveva impugnato l’atto nei termini, di proporre autonomo ricorso che potesse essere esaminato nel merito.

Con il secondo motivo si deduce falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 6, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alla possibilità di impugnare da parte delle parti chiamate in causa in caso di litisconsorzio necessario.

Il motivo è parimenti infondato. Il fatto che ricorra nella fattispecie un’ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale originario, secondo i principi affermati da Cass. SU 4 giugno 2008, n. 14815 e dalla successiva giurisprudenza conforme, non conduce alle conclusioni cui perviene la ricorrente.

Il senso del disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 6, secondo cui “Le parti chiamate in causa o intervenute volontariamente non possono impugnare autonomamente l’atto se per esse al momento della costituzione è già decorso il termine di decadenza” con riferimento alla fattispecie in esame, è chiarito dalla stessa decisione delle Sezioni Unite di questa Corte sopra citata, laddove (par. 2.6.; pagg. 33-34 in motivazione) evidenzia che quando accade che “non sia più possibile il ricorso autonomo, e tuttavia la parte possa essere chiamata in causa legittimamente, (ciò) deve far ritenere che la sentenza favorevole al contribuente possa essere opposta all’ufficio (nonostante la definitività dell’accertamento nei suoi confronti)”.

Nella vicenda in esame è incontroverso in fatto che dinanzi alla CTP di Lecce sono stati riuniti i ricorsi proposti dai soli soci G.D. e S.G. avverso l’accertamento emesso nei confronti della società e dei soci medesimi per trasparenza D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 5 (TUIR) e che fu disposta la chiamata in causa per integrazione del contraddittorio nei confronti della società.

Nulla poi è dedotto dalla ricorrente circa l’esito del relativo giudizio nel quale fu disposta la chiamata in causa della società come litisconsorte pretermesso, la quale presentò quindi l’autonomo, tardivo ricorso avverso l’atto impositivo esclusivamente nei riguardi dell’Agenzia delle Entrate, poi dichiarato inammissibile.

Non essendo stato dunque opposto dalla ricorrente, neppure in questa sede, che si sia formato nell’anzidetto giudizio, per il quale ne fu disposta la chiamata in causa per integrazione del contraddittorio, un giudicato ad essa favorevole opponibile al fisco, la sentenza impugnata che ha ritenuto inammissibile l’autonoma impugnazione proposta oltre il termine perentorio di cui all’art. 21 dalla società avverso l’atto impositivo non è incorsa nella denunciata violazione della norma processuale di cui in epigrafe.

Il ricorso va conseguentemente rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2020

 

 

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