Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18842 del 26/09/2016


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Cassazione civile sez. I, 26/09/2016, (ud. 11/02/2016, dep. 26/09/2016), n.18842

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA DIFESA, rappresentato e difeso dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12, è per legge domiciliato;

– ricorrente –

contro

L.O. – L.N. (QUALI EREDI DI L.M.);

L.F.A. – L.M.A. –

L.M.R. – L.F., elettivamente domiciliati in Roma, via

Monte Zebio, n. 37, nello studio degli avv.ti Fabrizio Lucifero e

Francesco Fazzalari, che li rappresentano e difendono, unitamente

all’avv. Umberto Ferrari, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

nonchè sul ricorso proposto in via incidentale da:

L.O. – L.N. (QUALI EREDI DI L.M.);

L.F.A. – L.M.A. –

L.M.R. – L.F., come sopra rappresentati;

contro

MINISTERO DELLA DIFESA;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro, n. 875,

depositata in data 31 ottobre 2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza tenutasi

in data 11 febbraio 2016 dal Consigliere Dott. Pietro Campanile;

Sentito per il ricorrente principale l’Avvocato Generale dello Stato

Capolupo;

Sentito per i controricorrenti l’Avv. F. Lucifero;

udito il P.M., nella persona del Sost. Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso principale e per il rigetto dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

l – Il Ministero della Difesa, con atto di citazione notificato il 10 maggio 1998, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Catanzaro i signori L.A., F.A., M. e M.A. per sentir dichiarare l’inefficacia dell’accordo stipulato inter partes in data (OMISSIS), relativo al “concordamento dell’indennità” di esproprio di terreni di proprietà dei convenuti, siti in agro di (OMISSIS), e, conseguentemente, condannare ciascuno dei predetti alla ripetizione dell’indebito, per la somma complessiva di Lire 591.410.150, oltre interessi legali dal 20 aprile 1996 al soddisfo.

1.1 – L’Amministrazione attrice, a fondamento della domanda, deduceva che, avendo deciso gli Stati aderenti alla NATO, nell’anno 1988, il trasferimento in Italia del 401^ stormo USAF, da localizzarsi in località (OMISSIS), con ampliamento dell’aeroporto ivi esistente, con D.P.R. 13 marzo 1989, n. 27, era stata dichiarata la pubblica utilità delle opere occorrenti, e in data (OMISSIS) era stata autorizzata l’occupazione, di taluni terreni di proprietà dei convenuti. L’immissione nel possesso era avvenuta il 25 settembre 1990 e nella stessa data le parti avevano stipulato l’accordo, sopra menzionato, relativo alla misura dell’indennità di esproprio, quantificata in Lire 591.410.150 per ciascuno dei germani L., che veniva corrisposta dall’Amministrazione.

1.2 – Essendo venuta meno la necessità delle opere a seguito dei mutamenti intervenuti nella situazione internazionale, veniva emesso il D.P.R. 22 aprile 1993, n. 817, con il quale veniva revocato quello precedente, n. 27 del 1989 (dichiarativo della pubblica utilità delle opere nelle quali si ricomprendevano anche i predetti fondi del convenuto), ed essendo stata revocata, altresì, con i coevi Decreti nn. 818 e 819, anche la designazione degli immobili da espropriare, veniva intimato ai convenuti di riprendere possesso dei beni e di restituire l’indennità di espropriazione corrisposta, da ritenersi ormai indebitamente trattenuta.

1.3 – I L. si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto della domanda, deducendo che in seguito all’irreversibile trasformazione degli immobili dedotti in controversia, la proprietà degli stessi si doveva considerare definitivamente trasferita in capo al Ministero della Difesa.

1.4 – I convenuti formulavano altresì domanda riconvenzionale intesa ad ottenere l’accertamento dei danni patiti a causa della condotta dell’Amministrazione attrice e, per l’effetto, la condanna del Ministero agente al relativo risarcimento nella misura da stabilirsi in corso di causa, con interessi e rivalutazione monetaria.

1.5 – Con sentenza depositata in data 27 ottobre 2004, il Tribunale così statuiva: a) dichiarava l’inefficacia dell’accordo sull’indennità di espropriazione intervenuto tra le parti; b) condannava ciascun convenuto alla restituzione, in favore del Ministero della Difesa, della somma di Euro 305.437,85, pari all’indennità di esproprio percepita con gli interessi legali dal 20 aprile 1995; c) disponeva il rilascio, in favore dei convenuti, degli immobili oggetto di esproprio; d) condannava il Ministero della Difesa al pagamento, in favore dei convenuti, di vari importi per risarcire i mancati redditi nelle annualità interessate dallo spossessamento, per un ammontare complessivo di Euro 1.146.421,84; e) compensava interamente tra le parti le spese processuali, ad eccezione di quelle occorse per la consulenza tecnica d’ufficio, che venivano poste a totale carico del Ministero della Difesa.

1.6 – Avverso tale sentenza il Ministero della Difesa proponeva appello con atto di citazione notificato il 26 ottobre 2005, deducendo la violazione dell’art. 1148 c.c., nonchè l’erroneità della condanna al risarcimento per il mancato reddito e della determinazione della data di decorrenza degli interessi, nonchè l’ingiusta ripartizione delle spese relativa alla consulenza tecnica d’ufficio.

1.7 – La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza indicata in epigrafe, ha preliminarmente rilevato che, in assenza di impugnazione incidentale dei proprietari del suolo, doveva ritenersi la ricorrenza del giudicato interno in merito alla caducazione dell’accordo meramente preparatorio alla cessione volontaria, non verificatasi in seguito alla revoca della dichiarazione di pubblica utilità delle opere, nonchè in relazione agli obblighi di restituzione facenti capo alle parti nei termini affermati nella decisione di primo grado.

In parziale accoglimento del gravame proposto dall’Amministrazione, la Corte distrettuale ha rilevato che, fino al momento della revoca della dichiarazione di pubblica utilità, priva di efficacia retroattiva, l’occupazione doveva considerarsi legittima, ragion per cui non era fondata la pretesa risarcitoria avanzata in proposito dai L., ai quali spettava eventualmente l’indennità di occupazione, in relazione alla quale non risultava presentata alcuna domanda.

Quanto al periodo intercorso fra la revoca della dichiarazione di pubblica utilità e l’atto, notificato in data 20 aprile 1995, con il quale il Ministero della Difesa aveva intimato ai germani L. di riprendere la disponibilità del fondo, veniva rilevato che costoro avevano diritto al risarcimento del danno, per essere stato il bene illegittimamente trattenuto: considerato che i criteri di determinazione degli importi liquidati dal Tribunale non erano stati contestati, la Corte di appello ha rideterminato la somma complessivamente spettante agli appellati in Euro 548.783,82, con rivalutazione monetaria ed interessi.

1.8 – E’ stato altresì accolto il motivo di gravame inerente ai costi della consulenza tecnica d’ufficio, posta a carico di entrambe le parti in eguale misura, ed è stata infine indicata una diversa decorrenza degli interessi sulle somme liquidate in favore dell’amministrazione, che è stata individuata, richiamandosi uno specifico orientamento giurisprudenziale, nella data di proposizione della domanda giudiziale.

1.9 – Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il Ministero della Difesa, che deduce un motivo, cui gli intimati, che hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., resistono con controricorso, interponendo ricorso incidentale, affidato ad unica censura.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Con unico motivo il Ministero della Difesa, deducendo violazione degli artt. 112, 342 e 343 c.p.c., sostiene che, probabilmente a causa di un’errata interpretazione del proprio atto di appello, la corte distrettuale avrebbe modificato, in assenza di qualsiasi richiesta avanzata in tal senso, la decorrenza degli interessi sulle somme dovute dai proprietari all’amministrazione in quanto indebitamente riscosse: disponendo il calcolo a partire dalla data della domanda, in luogo di quella anteriore, fissata dal Tribunale, del 20 aprile 1995, la sentenza impugnata aveva provveduto in maniera sfavorevole all’amministrazione, in assenza di alcun motivo di gravame avente ad oggetto la decorrenza degli interessi.

2.1 – La censura è fondata.

2.2 – Va preliminarmente osservato che la tesi dei controricorrenti, secondo cui si tratterebbe di un vizio revocatorio, non appare condivisibile, in quanto, non potendosi escludere che la corte di appello abbia esaminato nella sua interezza l’atto di gravame del Ministero (il quale per altro attribuisce l’errore a una confusione con il motivo riguardante gli interessi sulle somme dovute dall’Amministrazione), deve ribadirsi il principio secondo cui non è configurabile l’errore revocatorio nel caso in cui i vizi della sentenza impugnata attengano all’interpretazione della domanda (Cass., 10 marzo 1992, n. 2884), laddove gli arresti richiamati nel controricorso e nella memoria dei signori L. (cfr. Cass., 20 dicembre 2011, n. 27555) fanno riferimento a un errore non preceduto, come nella specie, da attività valutativa.

2.3 – Tanto premesso, va rilevato che, come pacificamente risulta, una diversa decorrenza degli interessi, per altro con effetti a sè sfavorevoli, non venne proposta dall’Amministrazione, la quale aveva svolto rilievi in ordine agli interessi sulle somme spettanti alla controparte: deve quindi applicarsi il principio secondo cui, avendo la domanda relativa agli interessi un fondamento autonomo, anche la loro decorrenza (salva l’ipotesi, che qui non rileva, degli interessi compensativi nei giudizi di natura risarcitoria: Cass., 27 gennaio 2015, n. 1529; Cass., 30 settembre 2009, n. 20943; Cass., 29 giugno 1985, n. 3888)) non può essere modificata, in assenza di specifico motivo di impugnazione, dal giudice di secondo grado (Cass., 12 settembre 2005, n. 18093; Cass., 22 ottobre 2002, n. 14908; Cass., 8 marzo 1999, n. 1950, nelle quali si afferma che la statuizione del giudice di primo grado in ordine agli interessi ed alla loro decorrenza costituisce un capo autonomo della sentenza, indipendente rispetto a quello relativo all’ammontare del credito).

3 – Il ricorso incidentale, con il quale ci si duole dell’omessa liquidazione dell’indennità relativa all’occupazione legittima, in violazione dell’art. 112 c.p.c. e con motivazione insufficiente, presenta vari profili di inammissibilità.

3.1 – In primo luogo, infatti, va osservato che non è predicabile il vizio di motivazione in relazione alla denuncia di “errores in procedendo”; in ogni caso si rileva che la censura non risulta proposta – con la trascrizione del tenore della domanda – nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso.

3.2 – Per altro, la censura appare anche infondata, laddove sembra postulare, pur nell’ambito di rilievi connotati da genericità, una sostanziale equipollenza della domanda relativa al risarcimento relativo all’occupazione “sine titulo”, alla quale si riferisce l’impugnata decisione, all’indennità da occupazione legittima, che per altro – si sostiene – sarebbe stata proposta in via riconvenzionale davanti al giudice di primo grado mediante una “formulazione omnicomprensiva della pretesa indennizzatrice”. Sotto tale profilo va rilevato che il ricorso proposto in via incidentale non contiene alcun accenno alla proposizione, davanti alla Corte di appello competente in unico grado, della domanda di determinazione dell’invocata indennità, dalla quale, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non si può prescindere (Cass., 10 maggio 2012, n. 7154; Cass. 11 dicembre 2009, n. 25966).

4 – La sentenza, impugnata, deve essere quindi cassata in relazione al motivo accolto.

4.1 – Ricorrono per altro i presupposti, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, per decidere la causa nel merito, nel senso della decorrenza degli interessi sulle somme dovute all’Amministrazione della Difesa non dalla data della domanda (come pure sarebbe giuridicamente corretto: Cas. Sez. un., 25 giugno 2009, n. 14887, in motivazione), ma, in virtù del giudicato formatosi al riguardo, dal 20 aprile 1995.

5 – Le spese relative al presente giudizio di legittimità – dovendo confermarsi, attesa la non rimarchevole rilevanza della statuizione cassata, il regolamento contenuto nella decisione impugnata con riferimento alle spese del giudizio di merito – seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta l’incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito, dispone che gli interessi sulle somme dovute all’Amministrazione decorrano dal 20 aprile 1995. Condanna i controricorrenti al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2016

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