Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18839 del 12/07/2019

Cassazione civile sez. I, 12/07/2019, (ud. 14/06/2019, dep. 12/07/2019), n.18839

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso n. 21321/2018 r.g. proposto da:

Y.A., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Sonia Raimondi, elettivamente domiciliato in Roma, Via Panama n. 86,

presso lo studio dell’Avvocato Andrea Melucco;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro legale rappresentante

pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna, depositata in

data 8..2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/6/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bologna – decidendo sull’appello proposto da Y.A., cittadino del BURKINA FASO, nei confronti dell’ordinanza emessa in data 16.8.2016 dal Tribunale di Bologna (con la quale erano state respinte le domande del richiedente volte ad ottenere lo status di rifugiato e, in via subordinata, la protezione sussidiaria e quella umanitaria) – ha rigettato la proposta impugnazione, confermando, pertanto, il provvedimento reso in primo grado.

La corte del merito ha ritenuto condivisibile la valutazione di non credibilità del racconto del richiedente protezione in quanto non adeguatamente circostanziato e ha ritenuto la situazione socio-politica del Burkina Faso in miglioramento, quanto al godimento delle garanzie democratiche e delle libertà civili. Il giudice di appello ha, inoltre, escluso l’esistenza nel paese di provenienza del richiedente di una situazione di conflitto armato generalizzato in relazione alla reclamata protezione internazionale e, stante la incompiutezza dei motivi di appello, ha altresì revocato l’ammissione al patrocinio a spese dello stato.

2. La sentenza, pubblicata il 8.1.2018, è stata impugnata da Y.A. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la parte ricorrente – lamentando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. ovvero, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, n. 4 medesimo codice di rito – si duole del profilo della omessa pronuncia ovvero della motivazione apparente in ordine alla richiesta di protezione umanitaria. Si evidenzia come la Corte di appello si era limitata ad argomentare il diniego della richiesta protezione internazionale, senza pronunciarsi in relazione anche alla reclamata protezione umanitaria, incorrendo nei vizi sopra denunciati.

2. Con il secondo motivo si articola, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8,artt. 2 Cost. e art. 8 CEDU e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di omesso esame su un punto decisivo della controversia. Osserva il ricorrente che, nonostante l’ampia documentazione allegata in sede di giudizio di merito, non era stato considerato dal giudice di appello il suo inserimento sociale e lavorativo e comparativamente la grave lesioni ai suoi diritti fondamentali, qualora fosse stato costretto a rientrare nel suo paese di origine.

3. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, vizio di violazione degli artt. 112 e 101 c.p.c.e art. 111 Cost.. Osserva il ricorrente che il profilo della mancanza di credibilità del suo racconto, in relazione al suo paese di provenienza e alle ragioni che lo avevano indotto all’espatrio, era stato affermato dalla corte di merito, senza che la circostanza fosse stata contestate dalle altre parti processuali, con ciò incorrendo la corte distrettuale nelle sopra indicate violazioni di legge.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 126, comma 1, in relazione al provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

5. Occorre ricordare che, con le ordinanze interlocutorie nn. 11749, 11750, 11751 del 2019, depositate il 3 maggio 2019, la Prima Sezione di questa Corte ha rimesso al Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374, comma 2, per l’assegnazione alle Sezioni Unite, le seguenti questioni:

a) se la disciplina contenuta nel D.L. n. 113 del 2018, nella parte in cui abolisce le norme che consentivano il rilascio di un permesso per motivi umanitari (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, vecchio testo, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32,comma 3) e le sostituisce con ipotesi tipizzate di permessi di soggiorno in “casi speciali”, sia applicabile anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L., relativi a fattispecie in cui, alla stessa data, la commissione territoriale non avesse ravvisato le ragioni umanitarie e avverso tale decisione fosse stata proposta azione davanti all’autorità giudiziaria;

b) se, risolta la prima questione nel senso di ritenere tuttora applicabili ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018 i previgenti parametri normativi, debba essere confermato il principio affermato da Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, secondo cui il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, può essere riconosciuto anche al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, sulla base di una valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza.

Ne consegue che – in ragione del contenuto delle doglianze sollevate dal ricorrente in riferimento al diniego della domanda di protezione umanitaria si impone il rinvio a nuovo ruolo in attesa della decisione delle SS.UU.

P.Q.M.

Rinvia a nuovo ruolo in attesa della decisione delle SS.UU..

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2019

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