Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18837 del 26/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 26/09/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 26/09/2016), n.18837

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1975/2012 proposto da:

S.D., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato GIANALBERTO

FERRETTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ALBERTO GUALANDI;

– ricorrente –

contro

SIRIO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SISTINA 121, presso lo studio

dell’avvocato CARMELA MARGHERITA RODA’, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FRANCESCO VILLANI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1693/2010 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 23/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato FERRETTI Gianalberto, difensore del ricorrente che

si riporta agli atti e chiede l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato RODA’ Carmela Margherita, difensore della resistente

che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 24/4/01 la società Sirio srl conveniva l’imprenditore S.D. davanti al tribunale di Livorno deducendo che costui – dopo che con contratto preliminare dell'(OMISSIS) si era impegnato ad acquistare dalla stessa Sirio un appezzamento di terreno agricolo di 127 ettari, su cui insistevano cinque fabbricati rurali con relativi annessi da ristrutturare, in agro di (OMISSIS) – si era successivamente rifiutato di stipulare il contratto definitivo. La Sirio chiedeva quindi che il tribunale dichiarasse risolto il suddetto contratto preliminare per inadempimento del promissario acquirente e condannasse quest’ultimo al risarcimento del danno conseguente.

Il S. si costituiva e resisteva alla domanda sollevando una eccezione di inadempimento fondata sulla dedotta esistenza di un vincolo archeologico non dichiarato in contratto, idoneo, secondo la sua prospettazione, a pregiudicare il trasferimento ed il godimento del bene promesso in vendita.

Il tribunale di Livorno rigettò la domanda della società attrice, ritenendo che nella specie ricorresse un’ipotesi di vendita di aliud pro alio in quanto, in ragione dell’esistenza del menzionato vincolo archeologico, il fondo promesso in vendita sarebbe risultato privo dei requisiti essenziali per assolvere alla sua funzione naturale e per essere utilizzato dal compratore per le esigenze che lo avevano determinato all’acquisto.

La corte d’appello di Firenze, adita dalla società Sirio, ha ribaltato la decisione di prime cure ed ha dichiarato risolto il preliminare dedotto in giudizio per inadempimento del S., condannando il medesimo al pagamento di una somma a titolo di risarcimento danni.

A fondamento della propria decisione la corte fiorentina – premesso che nè dalla promessa di vendita, nè dalle prove testimoniali era risultato che il S. avesse finalizzato espressamente l’acquisto ad una specifica intenzione edificatoria e che, per contro, era risultato che vi erano stati vari incontri, con esibizioni di planimetrie e con individuazione di aree soggetto al vincolo archeologico, cosicchè, in definitiva, la tesi della vendita di aliud pro alio doveva ritenersi priva di fondamento – poneva una duplice ratio decidendi:

a) In primo luogo rilevava l’insussistenza del lamentato vincolo archeologico, sottolineando che detto vincolo gravava solo su alcune particelle non comprese tra i beni promessi in vendita, mentre una parte di questi beni formavano oggetto di “una particolare previsione delle norme tecniche di attuazione del piano di fabbricazione del comune di (OMISSIS), che li destinava svolgere attività complementari alla funzione degli scavi (servizi igienici, sale ristoro, spazi espositivi museali, servizi commerciali in genere, alloggio di servizio)”, con limitazioni alle ristrutturazioni, senza pregiudizio alla trasferibilità e senza neppure un pregiudizio edificatorio assoluto.

b) In secondo luogo rilevava che il fatto che il contratto preliminare non menzionasse l’esistenza del vincolo derivante dalla suddetta previsione delle norme tecniche di attuazione del piano di fabbricazione non poteva essere invocato dal promissario acquirente come giustificazione del suo rifiuto di stipulare il contratto definitivo in base al principio secondo cui i vincoli di destinazione previsti da un piano regolatore approvato e pubblicato devono ritenersi conoscibili da tutti, alla stregua di atti normativi.

Da ultimo, la corte d’appello disattendeva la domanda del S. tendente a far valere una sua incapacità naturale al momento della stipula del preliminare, sul rilievo della insufficienza della prova offerta al riguardo dallo stesso S.. Avverso la sentenza di secondo grado il S. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi.

La società Sirio srl si è costituita con controricorso.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 15.6.16, per la quale non sono state depositate memorie illustrative ex art. 378 c.p.c. e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce il vizio di violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1453, 1489 e 1497 c.c., nonchè il vizio di contraddittoria motivazione circa un punto decisivo.

Il motivo si articola in una triplice censura.

Con una prima censura il ricorrente lamenta che la corte territoriale abbia escluso la configurabilità di un’ipotesi di aliud pro alio, nonostante che sul terreno promesso in vendita esistesse, già al momento della stipula, un vincolo di inedificabilità non indicato in contratto; al riguardo nel mezzo di gravame si argomenta che le norme tecniche di attuazione avrebbero previsto un divieto di nuove costruzioni. La censura va giudicata inammissibile perchè non è pertinente alla motivazione della sentenza gravata; essa, infatti, non attinge specificamente l’argomento su cui si fonda la decisione della corte distrettuale, ossia che l’esistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta andava esclusa in base al rilievo che la venditrice aveva stipulato col comune un protocollo per lo sfruttamento delle acque termali che prevedeva la costruzione di un albergo.

Con una seconda censura il ricorrente lamenta che la corte territoriale, sul presupposto dell’assoggettamento dei vincoli edificatori ad un regime di pubblicità legale, abbia escluso la rilevanza del momento in cui il promissario acquirente aveva avuto conoscenza dei medesimi; al riguardo nel mezzo di gravame si argomenta che il principio di diritto applicato dalla corte territoriale non opererebbe nel caso in cui il venditore abbia espressamente garantito l’edificabilità del suolo. La doglianza è inammissibile, perchè la circostanza che nella specie fosse stata espressamente garantita l’edificabilità del suolo non risulta dalla sentenza gravata e, d’altra parte, nel ricorso per cassazione non si riferisce, come imposto dai principi di specificità e autosufficienza, in quale atto processuale ed in quali termini la stessa sia stata dedotta in sede di merito.

Con la terza censura del primo mezzo di ricorso, infine, il ricorrente lamenta che la corte territoriale abbia escluso dal contratto preliminare inter partes risultasse che il promissario acquirente avesse finalizzato espressamente l’acquisto ad una specifica intenzione edificatoria; la doglianza è inammissibile perchè attinge l’interpretazione del suddetto contratto preliminare operata dalle corte fiorentina, senza, tuttavia, denunciare specifiche violazioni delle regole dell’interpretazione contrattuale dettate dagli artt. 1362 c.c. e segg..

In sostanza il motivo non può trovare accoglimento in nessuna delle diverse censure in cui esso si articola, perchè, pur denunciando promiscuamente un vizio di violazione di legge ed un vizio di motivazione, non individua, quanto al dedotto vizio di violazione di legge, alcuna esplicita od implicita affermazione in diritto della sentenza gravata che si ponga in contrasto con le disposizioni di cui viene lamentata la violazione, nè individua, quanto al dedotto vizio di motivazione, alcuna vizio logico dell’iter argomentativo seguito dalla corte territoriale, nè alcun fatto storico decisivo, dalla stessa trascurato, di cui nel mezzo di gravame si precisi, come richiesto dal principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in quali atti ed in quali termini lo stesso sia stato dedotto in sede di merito. Le censure proposte con il motivo in esame, in sostanza, si appuntano contro le conclusioni a cui è approdato il libero convincimento del giudice di merito e non contro eventuali vizi del percorso formativo di tale convincimento; esse cioè si risolvono in una inammissibile istanza alla Corte di cassazione di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, laddove, come questa Corte ha già avuto modo di chiarire (cfr. sent. n. 7972/07), nel giudizio di cassazione la deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, non consente alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito. Le censure poste a fondamento del ricorso, in altri termini, non possono risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, o investire la ricostruzione della fattispecie concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti e delle prove difforme da quello dato dal giudice di merito.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 428 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione insufficiente e contraddittoria circa un punto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in cui la corte gravata sarebbe incorsa non considerando, in ordine alla invocata incapacità naturale del ricorrente stesso, la documentazione medica prodotta e le dichiarazioni rese dal teste Si.. Il motivo è inammissibile perchè propone doglianze di puro merito, laddove, come questa Corte ha affermato, in tema di prova spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonchè la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (cfr. sent. n. 16499/09).

Il ricorso va quindi in definitiva rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2016

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