Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18834 del 20/08/2010
Cassazione civile sez. lav., 20/08/2010, (ud. 30/06/2010, dep. 20/08/2010), n.18834
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA
CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CALIULO
LUIGI, MARITATO LELIO, SGROI ANTONINO, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
ICMA SRL in liquidazione, in persona del liquidatore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio
dell’avvocato VESCI GERARDO, che la rappresenta e difende unitamente
agli avvocati PONZONE RUGGERO, PACCHIANA PARRAVICINI AGOSTINO, giusta
delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 631/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO del
20.5.08, depositata il 05/08/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;
udito per la controricorrente l’Avvocato Giuseppe Marino (per delega
avv. Gerardo Vesci) che si riporta agli scritti;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO
PATRONE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Letta la sentenza impugnata con cui la Corte d’appello di Torino, confermando la statuizione di primo grado, rigettava la domanda proposta dall’Inps relativa ai contributi dovuti dalla Icma srl per il lavoratore A.R. per il periodo dal 1.2.95 all’8.9.1996, come risultante dal verbale di accertamento del 23.11.2005 e dalla denuncia del lavoratore del 3 gennaio 2005;
riteneva infatti la Corte territoriale che si fosse maturata la prescrizione;
Letto il ricorso dell’Inps con cui si sostiene il mantenimento del termine decennale di prescrizione stante la denuncia avanzata dal lavoratore; Letto il controricorso della societa’;
Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di manifesta infondatezza del ricorso;
Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili, perche’, dopo alcune incertezze, e’ stato gia’ affermato (Cass. n. 4153 del 24/02/2006) che “In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali (nel caso di specie, l’INPGI) ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ed in relazione all’intervenuta riduzione del termine di prescrizione da decennale a quinquennale, in virtu’ del disposto della L. n. 335 del 1995, in relazione ai contributi per i quali il quinquennio dalla scadenza si era integralmente maturato prima dell’entrata in vigore della legge, la denuncia del lavoratore e’ idonea a mantenere il precedente termine decennale solo quando sia intervenuta prima, ovvero intervenga comunque entro il 31 dicembre 1995, analogamente a quanto previsto per gli atti interruttivi dell’ente previdenziale. Quanto agli altri contributi, parimenti dovuti per periodi anteriori alla entrata in vigore della legge, ma per i quali, a quest’ultima data, il quinquennio dalla scadenza non si era integralmente maturato, il termine decennale puo’ operare solo mediante una denuncia intervenuta nel corso del quinquennio dalla data della loro scadenza. “Nella specie la denuncia dei lavoratore e’ intervenuta il 3 gennaio 2005, quando il termine quinquennale si era ampiamente maturato;
Rilevato che si e’ affermato in detta pronunzia che, per variare il termine prescrizionale (dieci o cinque anni), e’ sufficiente la denuncia del lavoratore all’Istituto previdenziale, di cui il datore puo’ rimanere all’oscuro, dal momento che la legge non prescrive onere di informativa nei suoi confronti a carico del lavoratore denunciante (in tal senso Cass. n. 1372 del 29 gennaio 2003). In altri termini, a seguito della denuncia del lavoratore, assume vigenza il termine decennale all’insaputa del datore, il quale viene cosi’ privato di ogni certezza sul perdurare del suo obbligo contributivo, non potendo confidare nella sua estinzione, pur nella concorrenza del maturare del quinquennio e della mancanza di atti interruttivi da parte dell’ente creditore, non essendo giammai in condizione di escludere la esistenza della denuncia del lavoratore;
Rilevato che il legislatore non precisa il termine entro il quale la denunzia debba essere inoltrata dal lavoratore interessato, al fine di determinare l’applicazione del termine decennale, tuttavia il complesso meccanismo prefigurato dalla legge conduce a ritenere che questa deve necessariamente intervenire entro il quinquennio dalla data della loro scadenza. Infatti il prolungamento del termine ha la possibilita’ di operare solo laddove il diritto non sia gia’ venuto meno; in altri termini, affinche’ il termine medesimo possa essere raddoppiato, occorre pur sempre che il credito contributivo esista ancora e non si sia gia’ estinto per il maturare del quinquennio dalla sua scadenza, come fatalmente accadrebbe nel caso in cui, durante detto lasso di tempo non intervenisse la denunzia: in tal caso il diverso termine decennale non avrebbe piu’ la materia cui applicarsi. Nulla infatti impedisce che alla scadenza del quinquennio operi l’ormai ordinario termine quinquennale, rispetto al quale quello decennale costituisce deroga, dal momento che il legislatore usa l’espressione ” salvi i casi di denuncia del lavoratore…”.
Ritenuto che la applicazione di questo principio – che e’ di piana applicazione per i contributi scaduti “dopo” l’entrata in vigore della legge, perche’ il lavoratore e’ ormai avvertito che, in caso di mancata denunzia, il termine prescrizionale e’ quinquennale – puo’ destare delle perplessita’ in relazione ai contributi scaduti “prima” dell’entrata in vigore della legge, perche’ in tal caso l’abbreviazione del termine opera retroattivamente. Ad esempio i contributi dovuti per l’anno 1989 si sarebbero automaticamente prescritti nell’anno 1994, e quindi ancor prima della entrata in vigore della legge. In tal caso solo una denuncia inoltrata prima dell’entrata in vigore della legge, o anche nel periodo dal 17 agosto al dicembre 1995 sarebbe idonea a mantenere l’originario termine decennale. Detta interpretazione appare invero l’unica compatibile con il complesso sistema configurato dalla legge, la quale non assicura alcuna possibilita’ di “salvezza” per il passato, giacche’ equipara la sorte della contribuzione dovuta prima dell’entrata in vigore della legge (comma 9) a quella dovuta dopo (comma 10);
Ritenuto da escludere che il legislatore abbia concesso al lavoratore uno spatium deliberandi per effettuare la denuncia, con conseguente sospensione del decorso della prescrizione, nella specie addirittura fino al gennaio 2005, quando intervenne la denuncia del lavoratore.
Cosi’ opinando, infatti, non solo si finirebbe per disattendere l’intendimento chiaramente espresso dal legislatore, che era quello non gia’ di allungare i termini di prescrizione ma di abbreviarli, ma soprattutto, restando incerta la sorte di alcuni contributi, si creerebbe uno stato di paralisi: il contenzioso giudiziale sulla debenza dei contributi non avrebbe possibilita’ di decisione, l’Istituto previdenziale si troverebbe nella impossibilita’ di procedere alla liquidazione delle pensioni, e si produrrebbe l’effetto paradossale per cui, nonostante la nuova legge, lo scadere del quinquennio dal momento in cui i contributi erano dovuti, sarebbe del tutto privo di rilevanza, non potendo mai escludersi il sopravvenire della denunzia in data successiva;
Ritenuto che, d’altra parte, quando il legislatore ha inteso sospendere il corso della prescrizione dei contributi, lo ha indicato espressamente, com’e’ avvenuto con la disposizione di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 38, comma 7, per cui nell’ipotesi di periodi lavorativi non coperti da contribuzione relativi all’anno 1998, risultanti dall’estratto conto contributivo, il termine di prescrizione di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, lett. a), secondo periodo ossia il termine per la denuncia, e’ sospeso per un periodo di diciotto mesi a decorrere dal primo gennaio 2003.
Pertanto, i contributi dell’anno 1998 non si prescrivono nel 2003, ossia dopo la scadenza del quinquennio, ma dopo sei anni e mezzo. Il legislatore non ha quindi previsto alcuna sospensione del corso della prescrizione per contributi relativi ad anni diversi dal 1998;
Ritenuto che pertanto il ricorso va rigettato e che le spese, liquidate come da dispositivo, devono seguire la soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro trenta/00, oltre millecinquecento/00 Euro per onorari, e oltre iva, CPA e spese generali.
Cosi’ deciso in Roma, il 30 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2010