Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18834 del 16/07/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 18834 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GIANNACCARI ROSSANA

SENTENZA
sul ricorso 1645-2013 proposto da:
BOLOGNINO

SALVATORE,

BOLOGNINO

PIERFRANCESCO,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CUNFIDA 20,
presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO OLIVETI,
rappresentati e difesi dagli avvocati UMBERTO VITERALE,
SILVIA VITERALE;
– ricorrenti contro
COGGIOLA MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio
dell’avvocato MARIO CONTALDI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ROBERTO MARCHETTI;

Data pubblicazione: 16/07/2018

- controricorrente

avverso la sentenza n. 1440/2012 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 13/08/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/10/2017 dal Consigliere ROSSANA

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
il rigetto del ricorso;
udito

l’Avvocato

FRANCESCO

OLIVETI,

con

delega

dell’Avvocato SILVIA VITERALE difensore dei ricorrenti,
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito

l’Avvocato

dell’Avvocato

STEFANIA

MARIO

CONTALDI,

CONTALDI

con

delega

difensore

della

ricorrente, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

GIANNACCARI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 28.5.2004 Coggiola Maria citava in giudizio Bolognino
Salvatore innanzi al Tribunale di Chivasso chiedendo accertarsi l’usucapione
della servitù di passaggio pedonale e carraio sul fondo di Bolognino Salvatore,
con conseguente condanna alla demolizione delle opere che impedivano
l’esercizio della servitù nonché l’accertamento della linea di confine tra i fondi

costituzione di servitù di passaggio sui medesimi fondi, oggetto della domanda
di usucapione.
Si costituiva

Bolognino Salvatore, resistendo alla domanda; in via

riconvenzionale, chiedeva la condanna dell’attrice al rimborso delle spese per la
realizzazione di condutture di convogliamento delle acque pluviali e naturali
provenienti dal tetto di sua proprietà, l’accertamento della proprietà comune di
un forno e della scala di accesso allo stesso.
Integrato il contraddittorio nei confronti del figlio di Bolognino Pierfrancesco,
comproprietario dei beni oggetto della domanda di accertamento della servitù,
il Tribunale con sentenza dell’11-12.5.2008 accoglieva la domanda principale di
acquisto della servitù per usucapione, che trasferiva in luogo diverso da quello
originariamente stabilito, ordinava la rimozione dei materiali, delle piante e
dei manufatti che ne impedivano l’esercizio, disponeva la creazione di un’area
posta ai piedi della scarpata tra i due fondi per consentire la manovra di
inversione di marcia, nonché la creazione di una rampetta per l’esercizio della
servitù. Poneva a carico di parte attrice nella misura di 2/3 la spesa per
realizzare il pozzetto di raccolta e rigettava l’ulteriore domanda dei convenuti
relativa alla comunione del forno e della scala.
Proponeva appello Bolognino Salvatore, anche per conto del figlio minore
Pierfrancesco, resistito da Coggiola Maria.
La Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 13.7-13.8.2012 rigettava
l’appello, regolando le spese di lite secondo il principio della soccombenza.
Riteneva la corte territoriale che non vi fossero motivi di nullità in relazione

ed il rilascio in caso di illegittima occupazione. In via subordinata chiedeva la

all’assunzione della prova testimoniale da parte del giudice onorario, né in
relazione alla limitazione della prova per testi; nel merito riteneva provato
l’acquisto per usucapione della servitù di passaggio, alla luce della valutazione
di attendibilità dei testi di parte attrice e dell’esistenza di opere visibili e
permanenti . Rigettava la doglianza degli appellanti in ordine al dedotto vizio
di ultrapetizione in relazione al trasferimento della servitù, che era stato

insistente sul fondo servente; riteneva che le opere accessorie fossero
conseguenza della pronuncia di accertamento della declaratoria di usucapione
della servitù. Quanto alle spese per la realizzazione della conduttura atta a
convogliare le acque provenienti dal terreno e dal tetto di Coggiola Maria, la
corte territoriale riteneva corretta la decisione del giudice di primo grado di
ripartirle nella misura di 2/3 a carico di Coggiola Maria e di 1/3 a carico dei
Bolognino, mentre riteneva sfornita di prova la richiesta di rimborso nella
medesima misura delle spese già sostenute dal Bolognino, a sostegno delle
quali era stato prodotto un preventivo. Quanto alla domanda di accertamento
della comunione del forno e della scala d’accesso, il giudice d’appello accertava
che dai titoli di proprietà non emergeva alcun diritto di comproprietà del
forno.
Per la cassazione di tale sentenza ricorrono Bolognino Salvatore e Bolognino
Pierfrancesco in base ad undici motivi; resiste con controricorso Coggiola
Maria.
Solo i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso Bolognino Salvatore e Pierfrancesco deducono la
violazione e falsa applicazione dell’art.112 in relazione all’art.360 c.p.c. n.4
per omessa pronuncia da parte del giudice d’appello sulla richiesta di revoca
dell’ordinanza del 2.5.2007, con cui erano stati ammessi capitoli di prova
inammissibili ed irrilevanti ai fini dell’acquisto per usucapione della servitù non
apparente secondo il disposto di cui all’art.1061 c.c. Secondo la prospettazione
dei ricorrentsì i quarantacinque capitoli di prova, oltre che generici, erano

disposto ex art.1068 c.c. al fine di evitare la demolizione del fabbricato

irrilevanti poiché volti a provare il mero passaggio pedonale ma non la
presenza di opere visibili e permanenti, necessarie, ai sensi dell’art.1061 c.c.
per l’acquisto per usucapione delle servitù non apparenti.
Il motivo è inammissibile.
L’omessa pronuncia sulla richiesta di revoca dell’ordinanza della prova

del vizio di motivazione. Invero, il vizio di omessa pronuncia può configurarsi
esclusivamente con riferimento a domande ed eccezioni che richiedano una
statuizione di accoglimento o di rigetto, e non anche in relazione ad istanze
istruttorie, per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del
vizio di motivazione (Sez. L, Sentenza n. 6715 del 18/03/2013).
Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per
violazione o falsa applicazione dell’art.1061c.c., nonché per omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e
decisivo per il giudizio in relazione all’art.360 n.S. Assumono i ricorrenti che,
per orientamento costante di questa Corte, non sia sufficiente l’esistenza di
una strada o di un sentiero per l’usucapione della servitù di passaggio, ma la
presenza di segni inequivocabili per ritenere che quel passaggio fosse destinato
alla sola utilità del fondo dominante. Nel medesimo motivo il ricorrente si
sofferma sull’esame delle deposizioni testimoniali, per dimostrare che la corte
territoriale avrebbe omesso di verificare elementi essenziali per la prova
dell’usucapione, come la data di inizio del passaggio, la presenza di opere tali
da accertare l’animus utendi iure servitutis, la circostanza che l’esercizio del
passaggio avvenisse da parte di soggetti diversi dalla Coggiola.
Il motivo è infondato.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte che il requisito
dell’apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per
usucapione o per destinazione del padre di famiglia (art.1061 c.c.), si configura
come presenza di segni visibili di opere permanenti, obiettivamente destinate
al suo esercizio e rivelanti in modo non equivoco l’esistenza del peso gravante

costituisce un implicito rigetto della domanda, che va censurato sotto il profilo

sul fondo servente, in modo da rendere manifesto che non si tratta di attività
compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile. Non è al
riguardo sufficiente l’esistenza di una strada o di un percorso idonei allo scopo,
essendo viceversa essenziale che essi mostrino di essere stati posti in essere al
preciso fine di dare accesso attraverso il fondo preteso servente a quello
preteso dominante, e, pertanto, un quid pluris che dimostri la loro specifica

13238 del 31/05/2010; Sez. 2, n. 2994 del 17/02/2004).
La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, dando
atto, attraverso l’esame delle prove testimoniali, che il sentiero era stato
utilizzato nel ventennio per accedere alle cantine di proprietà di Coggiola Maria
e che, pertanto, era evidente la funzione di asservimento del fondo servente al
fondo dominante. La specifica destinazione del sentiero all’esercizio della
servitù in favore dell’immobile dell’odierna resistente rende manifesto che non
si tratta di attività compiuta in via precaria e occasionale, bensì di un “peso”
specifico a carattere stabile, gravante sul fondo. Dall’esame delle prove
testimoniali, la Corte d’Appello ha ritenuto provata l’usucapione della servitù di
passaggio in favore del fondo servente, implicitamente escludendo che potesse
trattarsi di servitù di uso pubblico.
Con i motivi tre, quattro e cinque, da esaminarsi congiuntamente perché
logicamente e giuridicamente connessi, i ricorrenti deducono l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla valutazione
dell’attendibilità dei testi, per quanto attiene all’esercizio del passaggio ed
all’interruzione dell’usucapione. Quanto all’interruzione dell’usucapione,
articolata con il quinto motivo di ricorso, viene censurata la motivazione per
relationem, mentre con il nono motivo si censura il percorso decisionale
seguito dalla corte territoriale, per non aver esaminato, in primo luogo le prove
orali, per poi passare all’esame delle prove documentali e della CTU.
I motivi sono infondati.

destinazione all’esercizio della servitù (Cass. 1675/2015, Cass. Sez. 2, n.

La motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal
ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata,
emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una
diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel
complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha
indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già

parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi
delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza
di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa
all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla
natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Sez. U, Sentenza n. 24148 del
25/10/2013).
Qualora le deposizioni testimoniali esaminate dalla Corte di Cassazione
comportino valutazioni ed apprezzamenti di fatto, quali la maggiore o minore
attendibilità dei testi, suffragata da non illogici argomenti, ovvero presunzioni
ex art. 2727 c.c., il motivo è inammissibile, in particolare ove si chieda una
valutazione delle deposizioni prese singolarmente e non già in maniera
complessiva (Cass., Sez. L, sentenza n. 15205 del 3 luglio 2014, Rv. 631686;
Cass., Sez. L, sentenza n. 25608 del 14 novembre 2013, Rv. 628787; Cass.,
Sez. U, sentenza n. 24148 del 25 ottobre 2013, Rv. 627790).
La valutazione delle prove, il giudizio sull’attendibilità dei testi e la scelta, tra le
varie risultanze istruttorie, di quelle più idonee a sorreggere la motivazione
involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero
di formare il suo convincimento utilizzando gli elementi che ritenga più
attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi
probatori non accolti, anche se allegati dalle parti, essendo limitato il controllo
del giudice della legittimità alla sola congruenza della decisione dal punto di
vista dei principi di diritto che regolano la prova (Cfr. Cass., Sez. 1, sentenza
n. 11511 del 23 maggio 2014, Rv. 631448; Cass., Sez. L, sentenza n. 42 del 7
gennaio 2009, Rv. 606413; Cass., Sez. L., sentenza n. 2404 del 3 marzo 2000,
Rv. 534557).

quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della

Nel caso in esame, il giudice, con motivazione idonea ed immune da vizi logici,
ha esaminato le dichiarazioni testimoniali, la documentazione fotografica e le
CTU ed ha valutato le deposizioni dei testi con congrua motivazione, facendo
riferimento, ai fini dell’attendibilità, sia alla qualità personale dei testi, sia ad
altri elementi come la conoscenza dello stato dei luoghi e dei fatti di causa.
Sempre con motivazione immune da vizi logici, è stata valutata l’inattendibilità

Né va censurata la motivazione per relationem, allorché la sentenza impugnata
consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il
giudice d’appello è pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di
infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata
considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi
di appello, attraverso un’autonoma valutazione critica delle risultanze
processuali(Cassazione civile, sez. un., 04/06/2008, n. 14814; Cassazione
civile, sez. VI, 21/09/2017, n. 22022).
Con il sesto e il settimo motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente, i
ricorrenti deducono la violazione dell’art.112 c.p.c. in relazione all’art.360
c.p.c. per avere il giudice d’appello trasferito la servitù in luogo diverso e per
aver previsto delle opere accessorie per l’esercizio della servitù, senza che vi
fosse alcuna espressa domanda. Il vizio di extrapetizione, secondo i ricorrenti,
è ravvisabile nella circostanza che la richiesta di spostamento della servitù
veniva formulata in comparsa conclusionale da parte del procuratore privo di
procura speciale.
Il sesto motivo è inammissibile per difetto di interesse, mentre il settimo
motivo deve essere rigettato.
Il giudice ha recepito la richiesta della difesa dei ricorrenti ed ha trasferito la
servitù al fine di evitare la demolizione del loro fabbricato che ne impediva
l’esercizio. Si tratta di pronuncia certamente favorevole per i Bolognino, che,
altrimenti, subirebbero il maggior pregiudizio derivante dalla demolizione del
fabbricato. Ne consegue che difetta l’interesse ad una diversa pronuncia che
sarebbe, ictu ocull, meno favorevole rispetto a quella oggetto di gravame; né i

dei testi addotti dagli attuali ricorrenti.

ricorrenti hanno specificato le ragioni per le quali la demolizione sarebbe meno
pregiudizievole della soluzione adottata dalla corte territoriale.
Per giurisprudenza pacifica, la denunzia di vizi dell’attività del giudice che
comportino la nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art.360
c.p.c n. 4, non tutela l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce
soltanto l’eliminazione del pregiudizio del diritto di difesa concretamente subito

sentenza impugnata si rende necessario solo allorchè nel successivo giudizio di
rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole
rispetto a quella cassata (Cass. 12 dicembre 2014, n. 26157; Cass. 7 febbraio
2011, n. 3024; Cass. 23 febbraio 2010, n. 4340): ne discende che la parte che
propone ricorso per cassazione facendo valere un vizio dell’attività del giudice,
lesivo del proprio diritto di difesa, ha l’onere di indicare il concreto pregiudizio
derivato (Cass. 12 dicembre 2014, n. 26157 cit.; Cass. 23 febbraio 2010, n.
4340 cit.).
Quanto alle opere accessorie, non va ravvisato il vizio di ultrapetizione,
trattandosi di opere necessarie per rendere possibile l’esercizio della servitù,
una volta disposto da parte del giudice il suo trasferimento in luogo diverso.
Con l’ottavo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art.112 c.p.c. in
relazione all’art.360 n.4 c.p.c., per essere il giudice di merito incorso nel vizio
di ultrapetizione rispetto alla domanda introduttiva, nella parte in cui ha
aggiunto il diritto di servitù per accedere dalla p.11a 52 alle due cantine e dalle
cantine alla mulattiera.
Anche questo motivo non merita accoglimento.
Nell’atto di citazione si chiede, invero,

“l’usucapione del diritto di passaggio

carraio e pedonale sul fondo di proprietà del sig. Bolognino contraddistinto
nella particella n.52, nonché del diritto di servitù di passaggio pedonale sul
medesimo fondo per accedere alla mulattiera sita sul fondo di sua proprietà e
distinto alla p.11a 59”

dalla parte che denuncia il vizio, con la conseguenza che l’annullamento della

Nel dispositivo della sentenza di primo grado viene correttamente accertata
“l’usucapione della servitù di passaggio carraio e pedonale sul fondo di
proprietà dei sig.ri Bolognino, sito in Comune di San Mauro Torinese fg 11,
n.52 e del diritto di servitù di passaggio pedonale sul medesimo fondo (n.52)
per accedere alla mulattiera sita sul fondo di sua proprietà e distinto alla p.11a
59”.

perfettamente al petitum immediato dell’atto introduttivo.
Con il nono motivo di ricorso i ricorrenti denunciano l’omessa insufficiente e
contraddittoria motivazione sulla domanda riconvenzionale relativa al rimborso
delle spese necessarie per l’installazione della conduttura, atta a convogliare le
acque pluviali dal tetto e dal fondo di proprietà di Coggiola Maria. Lamentano
che il giudice d’appello, dopo aver ripartito tra le parti le spese nella misura di
1/3 a loro carico e di 2/3 a carico della Coggiola, ha rigettato la richiesta di
rimborso delle spese sostenute e documentate dal preventivo, ritenendo che
esso non sia idoneo ad attestare il pagamento. Anche in relazione a tale capo
della sentenza, si censura il ricorso da parte della corte territoriale alla
motivazione per relationem.
Il motivo non merita accoglimento.
La Corte d’Appello, con motivazione sintetica ma in grado di far emergere il
proprio iter argomentativo, ha correttamente ritenuto che il preventivo non è
idoneo, di per sé, a dimostrare il pagamento delle spese sostenute dai
Bolognino. Ha, inoltre, richiamato la deposizione del titolare della ditta
artigiana che lo aveva redatto, il quale ha dichiarato di non aver eseguito i
lavori indicati nel preventivo.
Con il decimo motivo di ricorso, i ricorrenti censurano l’omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione della sentenza in ordine alla prova del diritto di
comproprietà del forno, che sarebbe stato escluso dalla corte territoriale sulla

Ne consegue che il dispositivo della sentenza di prime cure corrisponde

base di una erronea valutazione delle deposizioni testimoniali, dei titoli di
proprietà e dallo stato dei luoghi.
Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha dato atto in motivazione di aver esaminato i titoli di
proprietà dei ricorrenti, rilevando che da essi non risulta alcun diritto di

oggetto di esame da parte del giudice d’appello, ma hanno richiamato un atto
di provenienza della Coggioli ( atto Muzzi del 19.1.1977) in cui si fa menzione
di un vano confinante con “scala e forno comuni”. Da tale atto non emerge
alcun elemento concreto che ne consenta in modo certo e univoco la riferibilità
alla proprietà dei Bolognino. In definitiva, i ricorrenti hanno omesso di indicare
attraverso quali atti di trasferimento il forno sia pervenuto in comunione al
Bolognino, limitandosi a sostenere in modo generico ed apodittico che la
comunione “fosse estesa per destinazione del padre di famiglia ai componenti
della famiglia Coggiola” e che da loro, attraverso veri trasferimenti fosse
pervenuta al Bolognino. Si tratta di affermazioni in evidente contrasto con il
principio stabilito dall’art.1350 c.c., secondo cui i contratti che costituiscono la
comunione su beni immobili devono farsi con la forma scritta ad substantiam
Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido tra loro al pagamento delle
spese del presente giudizio che liquida in C 5200,00 di cui C 5000,00 per
compensi oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio della II Sezione Civile della
Suprema Corte di Cassazione il 25 ottobre 2017
Il Consigliere estensore
Pott.ssa Rossana Giannacgari

Il Presidente
Dott. Stefano Petitti
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comunione sul forno. I ricorrenti non hanno contestato i titoli di proprietà

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