Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18832 del 12/07/2019

Cassazione civile sez. un., 12/07/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 12/07/2019), n.18832

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Vincenzo – Presidente di Sez. –

Dott. GENOVESE Francesco A. – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al N. R.G. 11328 del 2017 proposto da:

P.P., rappresentata e difesa dagli Avvocati Bruno Carlo

Cavallone, Alberto Nanni, Francesco Gianni, Emanuele Rimini e

Antonio Auricchio, con domicilio eletto presso lo studio legale

Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners in Roma via delle

Quattro Fontane n. 20;

– ricorrente –

Contro

P.E., rappresentata e difesa dall’Avvocato Cristina Rossello,

con domicilio eletto nel suo studio in Roma piazza di Spagna n. 31;

– controricorrente –

e contro

M.C., rappresentato e difeso dall’Avvocato Ettore Maria

Negro;

– controricorrente –

per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al giudizio

pendente dinanzi al Tribunale ordinario di Milano, iscritto al N.

R.G. 59254 del 2016;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18 giugno 2019 dal Consigliere, Dott. Alberto Giusti;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale, Dott. Giacalone Giovanni, depositate

in cancelleria il 13 maggio 2019, con cui l’Ufficio del Procuratore

Generale ha chiesto dichiararsi il difetto di giurisdizione del

giudice italiano in ordine alle domande relative ai capi 2), 3), 5)

e 6).

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – P.E. e P.P., entrambe cittadine italiane residenti in Italia, sono le uniche eredi nonchè beneficiarie del 50% ciascuna del patrimonio del padre P.S., importante esponente dell’industria farmaceutica, cittadino italiano nato a (OMISSIS), già residente in (OMISSIS) e deceduto in (OMISSIS).

In data (OMISSIS) P.S., in qualità di settlor, costituiva un trust, denominato The Pale Trust, a cui trasferiva la proprietà del Gruppo P.; trustee di tale trust, poi sottoposto alla legge neozelandese, veniva nominata, per effetto di variazione in data (OMISSIS), la Intrust Trustees, una società della (OMISSIS), mentre beneficiari erano designati lo stesso P.S. e, in caso di suo decesso, le figlie P.E. e P.P., in parti uguali.

Con testamento pubblico ricevuto in data (OMISSIS) dal notaio B.F. di (OMISSIS) e integrazione olografa del (OMISSIS), P.S. nominava eredi del suo patrimonio, sempre in parti uguali, le due figlie P.E. e P.P., scegliendo che la sua successione fosse regolata (“nella misura in cui ciò sia possibile”) dal diritto svizzero e designando esecutore testamentario M.C. e, in caso di suo impedimento o di non accettazione, quale esecutore testamentario sostituto, Mo.Pa..

Deceduto il de cuius, in data (OMISSIS) le beneficiarie del trust hanno sottoscritto a (OMISSIS), insieme al trustee, il Deed of Agreement, Indemnity, Release and Covenant not to sue (ovvero Accordo, Indennizzo, Rilascio e Impegno ad astenersi dall’iniziare azioni legali), in cui le sorelle P. hanno, tra l’altro, riconosciuto, concordato ed accettato che la distribuzione di P.P. e la distribuzione di P.E. sono di pari valore e costituiscono pari beneficio per ciascuna di esse. Tale accordo è stato sottoposto, come il trust, alla legge neozelandese. In attuazione del Deed, il trustee, senza sciogliere il trust, ha disposto un’assegnazione dei beni in trust anticipata rispetto al termine di durata dello stesso, assegnando a P.E. 81 milioni di Euro, pari alla metà del valore del Gruppo P., e attribuendo l’intero capitale sociale della holding lussemburghese Polilux Holding s. à r.l. (Gruppo P.) a P.P..

Con contratto di divisione ereditaria parziale sottoscritto da P.E. e P.P. in data (OMISSIS) dinanzi al notaio B.F. in (OMISSIS), P.P. ha ricevuto l’assegnazione in acconto, in proprietà esclusiva, dei beni immobili siti nel territorio elvetico in (OMISSIS), con liquidazione in capo a P.E. e a carico di P.P. di un importo in acconto divisionale di Euro 2.400.500.

Avanti al notaio C.C. di Milano, P.E. e P.P. hanno poi proceduto ad un ulteriore apporzionamento divisionale: a P.E. è stata assegnata la casa sita nel (OMISSIS), mentre a P.P. è stato assegnato il fabbricato con autorimessa posto nel (OMISSIS), con un conguaglio di Euro 1.116.000 a favore di P.E..

2. – Con atto di citazione notificato il 26 ottobre 2016, P.E. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la sorella P.P. e l’esecutore testamentario M.C..

L’attrice ha chiesto, in via principale e nel merito, (1) accertarsi e dichiararsi lo scioglimento giudiziale della comunione del compendio ancora indiviso tra le sorelle P.E. e P.P., previa determinazione e accertamento della sua consistenza attuale, anche attraverso la ricognizione e l’accertamento di tutti i beni non ancora esattamente attribuiti da M.C., persona di fiducia del disponente; (2) accertarsi e dichiararsi il credito spettante a P.E. in relazione alla cessione di P. Industria Chimica s.p.a. (società della famiglia P., partecipata da P. Group Holding B.V.) e di Euticals s.p.a. da parte di L.C. s.p.a. ad A.M.R.I., i cui proventi sono e furono destinati con successive attribuzioni a P.P. direttamente e/o indirettamente (anche attraverso L.C. s.p.a.) e in più fasi e tempi sino alla data della citazione, riconoscendo nell’ammontare complessivo (di valore partecipazione e incasso) del prezzo di Euro 27.040.000 il punto di riferimento per l’assegnazione della quota parte a P.E., che invece, allo stato, nulla ha ricevuto e che, in base al criterio di pariteticità voluto dal padre, avrebbe dovuto ricevere un ammontare complessivo pari al 50%, ossia Euro 13.520.000, con condanna della convenuta al pagamento di non meno di 13.520.000 Euro; (3) l’annullamento per dolo, ex art. 761 c.c., dell’atto di apporzionamento del (OMISSIS) relativo al complesso immobiliare di (OMISSIS), anche per essere P.P. venuta meno al presupposto dalla stessa dichiarato di prosecuzione della stirpe aziendale (con condanna della convenuta al pagamento della maggiore somma dovuta a titolo di integrazione di quanto già incamerato da P.E. fino a concorrenza di almeno 8.283.860,28 Euro, pari al 50% del valore al quale il complesso immobiliare è stato rivenduto da P.P., dedotte le cartelle fiscali); (4) accertarsi e dichiararsi la maggior somma dovuta a P.E. quale quota parte di differenza di valore corrispondente all’immobile sito in (OMISSIS), oggetto di donazione indiretta dal de cuius alla figlia P.P., immobile non tenuto in considerazione in sede di apporzionamento divisionale in acconto; (5) accertarsi e dichiararsi il credito spettante a P.E. per la cessione avvenuta dalla sorella dell’immobile di (OMISSIS) in violazione del prescritto criterio di pariteticità voluto dal padre.

L’attrice ha anche formulato domande subordinate, tra cui (6) accertarsi e dichiararsi la sussistenza della lesione ultra quartum dei diritti di quota di successione in capo a P.E. e, conseguentemente, quantificarla per determinare, accertandolo, il credito in capo all’attrice P.E. derivante dalla maggiore somma dovuta dalla sorella P.P. (e, per l’effetto, condannare quest’ultima al pagamento in favore di P.E. della maggiore somma dovutale dalla convenuta in ragione del principio dell’eguale beneficio, fino a concorrenza del controvalore effettivo dei beni stessi, oltre interessi legali dal di del dovuto al saldo); (7) dichiararsi – qualora P.P. non rispetti il criterio di pariteticità esposto e dettato dal de cuius P.S. per l’assegnazione dei beni caduti in successione – l’applicazione del disposto di cui alla clausola (art. 9) del testamento, nonchè accertarsi e dichiararsi la decadenza di P.P., con “conseguente riduzione della medesima alla sola legittima” e “devoluzione in favore di P.E. dell’intera quota disponibile”; (8) condannare la convenuta P.P., previo accertamento dell’elemento soggettivo incidente, anche per essere venuta meno al presupposto dalla stessa dichiarato di prosecuzione della stirpe aziendale, al risarcimento in favore dell’attrice dei danni, anche da perdita di chances, in misura non inferiore a Euro 13.520.000 (per Euticals) e non inferiore a Euro 8.323.759,56 (per l’immobile di Montagnola), oltre interessi legali dal di del dovuto al saldo.

In via residuale, l’attrice ha domandato (9) accertarsi e dichiararsi l’indebito arricchimento senza giusta causa di P.P. ai danni di P.E. e determinarsi il relativo credito in capo a quest’ultima in applicazione del criterio di pariteticità, con conseguente condanna della convenuta al pagamento in favore dell’attrice della maggior somma dovuta in ragione del principio dell’eguale beneficio.

Costituendosi in giudizio con comparsa di risposta, P.P. ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano come segue: relativamente alla domanda sub 2), in quanto le società citate da P.E., come asset del Gruppo P., erano state valutate agli effetti del Deed of Agreement, Indemnity, Release and Covenant not to sue sottoscritto tra la stesse P.P. ed P.E. e dal trustee Intrust il (OMISSIS), come parte del suo oggetto e, quindi, ogni controversia in merito ad essa deve ritenersi devoluta all’arbitrato svizzero previsto dalla clausola arbitrale di cui all’art. 15 Deed; relativamente alle domande sub 3), 5) e 6), in quanto il contratto di divisione ereditaria stipulato dinanzi al notaio B. in (OMISSIS) devolve ogni controversia ad esso inerente o conseguente alla Pretura del distretto di (OMISSIS).

Con comparsa di risposta M.C. si è costituito in giudizio, sostenendo le ragioni dell’attrice.

3. – Nella pendenza del giudizio dinanzi al Tribunale ordinario di Milano, P.P. ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, con atto notificato il 2 maggio 2017, chiedendo dichiararsi il difetto di giurisdizione del Tribunale di Milano e di qualsiasi altro giudice italiano in relazione alle domande riguardanti le società del Gruppo P. assegnato a P.P. mediante il Deed nonchè in relazione alle domande concernenti l’immobile sito in (OMISSIS).

A sostegno dell’istanza, la ricorrente, in relazione alla domanda riguardante le società del Gruppo P. assegnato a P.P., ha invocato la clausola del Deed prevedente l’arbitrato svizzero.

Secondo la ricorrente, sussiste altresì il difetto di giurisdizione del Tribunale di Milano in relazione alle domande di P.E. che hanno ad oggetto l’immobile sito in (OMISSIS), e ciò in quanto, ai sensi dell’art. 7 contratto svizzero di divisione ereditaria sottoscritto a (OMISSIS) dalle sorelle P. in data (OMISSIS) dinanzi al notaio B., “foro per ogni controversia derivante dall’interpretazione e/o applicazione del presente contratto è la Pretura del distretto di (OMISSIS)”.

4. – Ha resistito, con controricorso, P.E., chiedendo il rigetto del ricorso per regolamento preventivo e la declaratoria della giurisdizione del giudice italiano.

Ad avviso della controricorrente, che ha chiesto la riunione del presente procedimento ad altro regolamento preventivo pendente tra le parti ed iscritto al N.R.G. 4738 del 2017, la giurisdizione sulla causa di successione e divisione ereditaria proposta da P.E. non può che appartenere al giudice italiano, in forza di uno dei plurimi criteri di collegamento sanciti dalla L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 50, (cittadinanza italiana del de cuius, decesso dello stesso in Italia, parte dei beni di maggiore consistenza economica collocata in (OMISSIS), convenuta P.P. domiciliata e residente in (OMISSIS)), tanto più che i criteri di giurisdizione esclusiva in materia successoria presuppongono l’universalità e la globalità della vicenda ereditaria e non tollerano di essere “chirurgicamente” e selettivamente disapplicati rispetto a singoli atti esecutivi di attribuzione divisionale di cespiti, mere porzioni del patrimonio relitto dal de cuius. In particolare, la materia del contendere verterebbe, non sulla caducazione del Deed del 2013, ma sull’attuazione della divisione della massa ereditaria secondo il criterio dell’eguale beneficio dettato dal de cuius P.S., cittadino italiano, deceduto a (OMISSIS). Le singole attribuzioni dei cespiti ereditari non infirmerebbero la natura successoria della controversia di scioglimento della comunione tra coeredi: la clausola per arbitrato estero (con arbitro svizzero, sede a (OMISSIS) e applicazione del diritto neozelandese per successione di cittadino italiano), inerente all’attribuzione di un singolo cespite che compone l’asse ereditario, non osterebbe alla giurisdizione italiana in materia successoria, quale sancita dalla L. n. 218 del 1995, art. 50. Il giudice italiano sarebbe l’unico idoneo, nella complessa fattispecie, a valutare e decidere la congruità delle attribuzioni, effettuate o da effettuarsi, rispetto e a confronto di tutta la massa ereditaria del de cuius in modo che il risultato complessivo rispetti il criterio dell’eguale beneficio fra le due figlie coeredi. D’altra parte, vi sarebbe contrarietà a buona fede delle clausole di deroga alla giurisdizione del giudice italiano apposte negli atti di attribuzione divisionale, giacchè la deroga violerebbe il principio di unitarietà e di universalità della successione.

La controricorrente sottolinea inoltre che, nel giudizio a quo, P.P. ha formulato una domanda riconvenzionale volta alla restituzione da parte di P.E. della somma di Euro 900.000 a titolo di compensazione del maggior valore dei beni che lo stesso de cuius aveva donato in vita alle figlie. Tale domanda riconvenzionale si porrebbe in contrasto con l’eccepita carenza di giurisdizione del giudice italiano e d’altra parte confermerebbe appieno la natura successoria della controversia.

5. – Ha resistito, con separato controricorso, M.C..

Preliminarmente, ha dedotto l’inammissibilità del ricorso per regolamento preventivo per due ordini di motivi: perchè esso è stato proposto alla vigilia dell’udienza di prima comparizione delle parti nel giudizio di merito, prima dell’accertamento istruttorio necessario ai fini della statuizione sulla giurisdizione; perchè nel caso di specie tutte le parti sono italiane e quindi soggette alla giurisdizione italiana, con la conseguenza che il giudizio arbitrale, sia estero o interno, comporta necessariamente una questione di competenza, ai sensi dell’art. 819-ter c.p.c..

Quanto al merito della questione di giurisdizione, a sostegno delle conclusioni di sussistenza della giurisdizione italiana il M. rileva che la causa petendi del giudizio di merito instaurato dinanzi al Tribunale di Milano consiste nel ripristino della parità di trattamento tra le eredi, fortemente desiderata dal de cuius e dallo stesso imposta alle figlie con la setter of wishes del (OMISSIS). Il giudice competente andrebbe individuato sulla base delle norme di diritto internazionale privato italiano: il criterio generale contenuto nella L. n. 218 del 1995, art. 50, richiamerebbe una serie di elementi tutti conducenti al riconoscimento della giurisdizione italiana.

6. – Nelle conclusioni scritte ex art. 380-ter c.p.c. depositate il 30 ottobre 2017, il pubblico ministero ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, sul rilievo che tutte le parti della causa sono residenti in Italia: P.P. a (OMISSIS), P.E. a (OMISSIS) e M.C. a (OMISSIS).

7. – Con ordinanza 20 novembre 2018, n. 29880, le Sezioni Unite hanno dichiarato ammissibile l’istanza di regolamento preventivo, respingendo le eccezioni preliminari sollevate dal pubblico ministero e dai controricorrenti, e hanno richiesto all’Ufficio del Massimario una relazione di approfondimento sulle questioni attinenti al fondo della questione di giurisdizione.

Nel respingere le eccezioni preliminari, le Sezioni Unite hanno affermato:

– che il regolamento preventivo di giurisdizione può essere proposto per sollevare una questione concernente il difetto di giurisdizione del giudice italiano non solo allorchè convenuto nella causa di merito sia un soggetto domiciliato o residente all’estero, ma anche quando il convenuto, domiciliato e residente in Italia, abbia contestato la giurisdizione italiana in forza di deroga convenzionale a favore di un giudice o di un arbitrato estero;

– che l’esperibilità del regolamento preventivo di giurisdizione postula la sola pendenza del procedimento rispetto a cui viene richiesto, l’art. 41 c.p.c. non indicando un termine iniziale per la presentazione del ricorso in relazione a un determinato grado di sviluppo del procedimento di merito;

– che il controricorrente M. non ha indicato in che cosa avrebbe dovuto consistere l’accertamento istruttorio, utile ai fini della risoluzione della questione di giurisdizione, che sarebbe stato vanificato dalla proposizione “anticipata” del regolamento preventivo;

– che, in presenza di clausola compromissoria di arbitrato estero, l’eccezione di compromesso dà luogo ad una questione di giurisdizione e non di competenza ai sensi dell’art. 819-ter c.p.c.;

– che la incontroversa sussistenza della giurisdizione del giudice italiano rispetto ad alcune domande (nella specie, le nn. 1, 4, 7, 8 e 9 delle conclusioni dell’atto di citazione) rende compatibile la proposizione, in quel giudizio, della domanda riconvenzionale da parte della convenuta, ancorchè non espressamente subordinata al mancato accoglimento dell’eccezione di difetto di giurisdizione, trattandosi di contestazione della giurisdizione del giudice nazionale con riguardo ad alcune soltanto delle domande pendenti.

8. – In prossimità della camera di consiglio, fissata per il 18 giugno 2019, il pubblico ministero ha depositato nuove conclusioni scritte, concludendo per il difetto di giurisdizione del giudice italiano.

L’Ufficio del Procuratore Generale ha evidenziato che il trust in questione deve essere qualificato come donazione indiretta ex art. 809 c.c., rientrante nell’ambito dei negozi transmorte inter vivos, sicchè la comunione insorta tra i beneficiari va configurata come ordinaria e non successoria, con conseguente impossibilità d’includere l’istituto in esame nel campo di applicazione della L. n. 218 del 1995, art. 50, dettato in tema di giurisdizione con esclusivo riguardo alla “materia successoria”.

Dopo avere sottolineato che le norme di applicazione necessaria operano esclusivamente come limite all’applicazione del diritto straniero eventualmente richiamato dalla norma di conflitto, senza incidere sul diverso problema dell’individuazione dei criteri dai quali dipende la competenza giurisdizionale, il pubblico ministero ha affermato che le esercitate azioni di cui agli artt. 761 e 763 c.c. non sono poste a presidio di diritti indisponibili, sottratti in quanto tali all’ambito applicativo dell’art. 4, comma 2 legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato.

Secondo il pubblico ministero, inoltre, il principio di universalità e unità della successione, pur costituendo il fulcro del sistema di conflitto, non ha portata assoluta e inderogabile, come è dimostrato, tra l’altro, dalla L. n. 218 del 1995, art. 46, comma 3, che attribuisce ai coeredi la facoltà di designare, d’accordo tra loro, in sede di divisione, la legge del luogo dell’apertura della successione o del luogo ove si trovano uno o più beni ereditari.

9. – Tutte le parti hanno depositato memorie illustrative in prossimità della camera di consiglio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Deve essere preliminarmente disattesa l’istanza, avanzata dalla difesa di P.E., di riunione del presente giudizio per regolamento preventivo a quello, pendente tra le stesse parti, iscritto al N.R.G. 4738 del 2017 e fissato per la decisione nella stessa adunanza camerale del 18 giugno 2019. I due ricorsi si riferiscono infatti a giudizi di merito diversi, non confluiti in un unico procedimento a quo.

2. – Passando al fondo della questione di giurisdizione, vanno separatamente esaminate la domanda di cui al capo 2) e le domande di cui ai capi 3), 5) e 6) delle conclusioni dell’atto di citazione.

Questo esame deve essere condotto alla luce dell’orientamento invalso nella giurisprudenza di questa Corte regolatrice anche nelle questioni di diritto internazionale privato – per il quale la giurisdizione del giudice italiano e quella del giudice straniero vanno determinate non già in base al criterio della prospettazione della domanda (ossia in base alla qualificazione soggettiva che l’istante dà all’interesse di cui chiede domanda la tutela), ma in base al diverso criterio secondo cui, ai fini del relativo riparto, non è sufficiente e decisivo avere riguardo alle deduzioni ed alle richieste formalmente avanzate dalle parti, ma occorre tener conto della vera natura della controversia, da stabilire con riferimento alle concrete posizioni soggettive delle parti in relazione alla disciplina legale della materia (Cass., Sez. U., 24 luglio 2007, n. 16296; Cass., Sez. U., 26 maggio 2015, n. 10800).

3. – Con riguardo alla domanda (capo n. 2 dell’atto di citazione) riguardante le società del Gruppo P., l’attrice P.E. ha fatto valere una pretesa creditoria nei confronti di P.P. in relazione alla cessione di P. Industria Chimica s.p.a. (società della famiglia P., partecipata da P. Group Holding B.V.) e di Euticals s.p.a. da parte di L.C. s.p.a. ad A.M.R.I., i cui proventi sarebbero stati destinati con successive attribuzioni, anche indirette, alla sorella, e ha chiesto la condanna di quest’ultima al pagamento della maggior somma dovuta anche in relazione a tali operazioni, ossia non meno di Euro 13.520.000, in ragione del principio dell’eguale beneficio, fino a concorrenza del controvalore effettivo del 50% dei beni stessi.

In sostanza, l’attrice – dopo avere esposto di avere ricevuto in data (OMISSIS), a titolo di assegnazione anticipata di somme asseritamente pari alla metà del valore del Gruppo P. conferito nel Pale Trust, 81 milioni di Euro, mentre P.P. ha ricevuto in assegnazione l’intero capitale della holding lussemburghese Polilux Holding s. à r.l. – ha dedotto, a sostegno della domanda: (a) che, “all’epoca dell’apporzionamento”, vi sarebbe stata una “netta riduzione di alcuni assets” (tra cui P. Industria Chimica s.p.a., Euticals s.p.a., L.C. s.p.a.) “al solo fine di celare il vero valore del Gruppo P.” (“vero e maggior valore “riemerso” successivamente a breve distanza dall’apporzionamento, in occasione della rivendita ad Almirall”); (b) che il criterio valutativo immaginato dal de cuius, basato su un metodo patrimoniale misto che considerasse un moderato avviamento, “aveva l’evidente scopo di preservare risorse per il processo di sviluppo del Gruppo nell’esclusiva ipotesi che una delle figlie mantenesse il controllo e la continuità aziendale familiare, almeno fino alla durata minima del trust culminante con il compimento del quarantesimo anno di età della figlia minore”; (c) che “con la cessione in data (OMISSIS) ad Almirall… P.P. ha abbandonato quel ruolo imprenditoriale di continuazione di stirpe che fu del padre e che aveva dichiarato in allora di voler conservare”; (d) che P.E., alla data del (OMISSIS), avrebbe manifestato il consenso alla formalizzazione dell’apporzionamento in buona fede, non immaginando che fosse viziato in quanto determinato da “comportamenti apparenti” e da “paludate dichiarazioni”; (e) che sarebbe necessario che la divisione del patrimonio facente capo al de cuius fosse “integrale” e che nella stessa rientrasse “anche quel “valore inespresso” del Gruppo P. all’epoca dell’apporzionamento, valore che è stato fortemente condizionato dalle indicazioni impartite dalla signora P.P. e dai legali della medesima al Prof. Ca. per la redazione della sua perizia, con indicazione di un metodo che il de cuius aveva indicato per una fattispecie diversa”; (f) che “la perizia resa dal Prof. Ca. in base a quanto documentato e rappresentato dal trustee non rifletteva un’equa valutazione di mercato dell’azienda, la valutazione – quella utilizzata dal trustee – quindi già risultava “inevitabilmente depressa in modo significativo”.

4. – Ad avviso del Collegio, la controversia così introdotta non rientra nella materia successoria.

4.1. – Va infatti rilevato – in conformità delle conclusioni alle quali è pervenuto il pubblico ministero con la requisitoria depositata il 13 maggio 2019 – che con il Pale Trust non si è realizzata una devoluzione mortis causa di sostanze del disponente P.S..

Il Pale Trust è stato infatti costituito con atto inter vivos e, durante la vita del settlor, si è avuto il passaggio della proprietà del Gruppo P. nella sfera giuridica del trustee, investito del compito fiduciario di gestire le partecipazioni societarie nell’interesse dei beneficiari e di devolvere ad essi detto patrimonio al termine del trust.

Tali beni non sono caduti in successione perchè essi si trovavano, al tempo dell’apertura della successione, già fuori del patrimonio del disponente, avendone costui trasferito la proprietà in via definitiva e per atto inter vivos al trustee; i beneficiari finali – le figlie P.E. e P.P. – hanno acquistato i beni direttamente dal trustee e non già per successione mortis causa dal de cuius.

Il Collegio condivide l’opinione, espressa dalla prevalente dottrina, che qualifica una vicenda attributiva come quella di specie (nella quale il settlor, istituendo con atto inter vivos il trust e conferendovi la proprietà del Gruppo P., ha utilizzato lo strumento per finalità che attengono alla trasmissione alle figlie, con effetti post mortem, del proprio patrimonio avente ad oggetto le partecipazioni societarie) in termini di donazione indiretta, riconducibile nell’ambito della categoria delle liberalità non donative, di cui all’art. 809 c.c.. Infatti, l’arricchimento dei beneficiari è stato realizzato dal disponente mediante un meccanismo indiretto, prevedente la creazione di un ufficio di diritto privato (quello del trustee), il titolare del quale – titolare, altresì, del patrimonio separato costituente la dotazione del trust – è stato investito del compito di far pervenire ai beneficiari i vantaggi patrimoniali previsti dall’atto istitutivo.

Va quindi esclusa la natura mortis causa del trasferimento dal trustee ai beneficiari finali, che costituisce il secondo segmento dell’operazione, perchè – come è stato rilevato – tale atto traslativo ha investito ormai sfere giuridiche diverse da quelle dell’originario disponente: rispetto a tale trasferimento, la morte del settlor non ha alcuna rilevanza causale, potendo al più individuare il momento di esecuzione dell’attribuzione finale.

4.2. – La difesa della controricorrente P.E., a sostegno della diversa tesi della natura ereditaria della controversia, sottolinea alcune circostanze di fatto che, a suo avviso, dimostrerebbero l’unitarietà e la continuità dell’intento del defunto nel ricondurre il tutto – testamento e trust – a una sola, perfetta e solenne unità volitiva. In particolare, viene richiamata la lettera olografa del (OMISSIS), scritta di pugno dal de culus e indirizzata al suo commercialista, Dott. M.C., fiduciario, esecutore testamentario e protector del Pale Trust. In tale documento, P.S. espresse al M., “in aggiunta e complemento a quanto stabilito nel testamento”, e “in considerazione del fatto” che sarebbe stato lui il suo “esecutore testamentario”, il desiderio che il patrimonio venisse pariteticamente ripartito tra le figlie anche in relazione al costituendo trust successorio (“i beneficiari dovranno essere, dopo la mia morte, le mie figlie P.E. e P.P.”; “il protector del Trust dovrai essere Tu”).

4.2.1. – Il Collegio ritiene che tale deduzione difensiva non sia idonea a dimostrare che con il Pale Trust si sia realizzata una devoluzione mortis causa di sostanze del disponente.

Com’è noto, infatti, l’atto mortis causa è diretto a regolare i rapporti patrimoniali e non patrimoniali del soggetto per il tempo e in dipendenza della sua morte: nessun effetto, nemmeno prodromico o preliminare, esso è perciò destinato a produrre, e produce, prima di tale evento. L’evento della morte riveste un ruolo diverso nell’atto post mortem, perchè qui l’attribuzione è attuale nella sua consistenza patrimoniale e non è limitata ai beni rimasti nel patrimonio del disponente al momento della morte.

Seguendo tale insegnamento, va ribadito che, nella specie, con l’istituzione del Pale Trust – nel quale il settlor ha conferito le proprietà azionarie del Gruppo chimico-farmaceutico, indicando se stesso quale beneficiario in vita e, dopo la sua morte, le due figlie quali beneficiarie paritetiche – si è determinato un immediato passaggio nella sfera giuridica del trustee, realizzandosi così il dato dell’attualità dello spoglio da parte del disponente; e la di lui morte non ha costituito il punto di origine della situazione regolata nè è penetrata nella giustificazione causale dell’attribuzione, ma ha rappresentato soltanto termine o condizione, e dunque modalità della stessa.

5. – Il capo di domanda sub 2), pur non chiedendo formalmente nè l’annullamento nè la rescissione dell’apporzionamento scaturente dal Deed of Agreement, Indemnity, Release and Covenant not to sue del (OMISSIS), tuttavia, avuto riguardo al petitum sostanziale, mette in discussione la vincolatività e la definitività di quell’apporzionamento, mirando ad una revisione e a una rideterminazione del valore delle attribuzioni delle due sorelle, discendenti da un accordo – il Deed – con cui le promittenti P.E. e P.P. hanno, insieme e ciascuna di esse, riconosciuto, concordato e accettato che “la distribuzione di P.P. e la distribuzione di P.E. sono di pari valore e costituiscono pari beneficio per ciascuna di esse, in generale e ai fini del Pale Trust” (così l’art. 3.5 del Deed).

Nella citazione introduttiva del giudizio dinanzi al Tribunale di Milano, infatti, il criterio dell’egual beneficio è invocato da P.E.: (a) “per riportare ad equilibrio giuridico-economico… le posizioni delle condividenti, alterate per effetto di volontà estrinsecatasi con modalità che hanno arrecato danno all’attrice” (pag. 37); (b) per dedurre che ella, alla data del (OMISSIS), avrebbe “manifestato dei consensi alle formalizzazioni degli apporzionamenti de quibus in buona fede, non immaginando fossero viziati in quanto determinati dai comportamenti apparenti e dalle paludate dichiarazioni…, senza i quali non li avrebbe mai confermati” (pag. 21); (c) per lamentare che “all’epoca dell’apporzionamento” vi sarebbe stata “una netta riduzione di alcuni assets (ad es. marchi, brevetti, pipefine di ricerca, P. Industria Chimica s.p.a., Euticals s.p.a., L.C. s.p.a. etc….)… al solo fine di celare il vero valore del Gruppo P…. a tutto svantaggio dell’odierna attrice”, tanto più che “la perizia resa dal prof. Ca. in base a quanto documentato e rappresentato dal trustee non rifletteva un’equa valutazione di mercato dell’azienda” (trattandosi di valutazione – “quella utilizzata dal trustee” – che risultava “inevitabilmente depressa in modo significativo”) (pag. 20).

5.1. – Poichè, dunque, la contestazione della non vincolatività del Deed rientra nell’oggetto della domanda avanzata dall’attrice, la giurisdizione italiana sulla causa – sussistente in base alla L. n. 218 del 1995, art. 3, essendo la convenuta P.P. domiciliata e residente in (OMISSIS) – è derogata dalla clausola compromissoria contenuta nell’art. 15 Deed, con cui le parti hanno stabilito di risolvere “qualunque lite, controversia o istanza che scaturisca da o in relazione al presente Atto, comprese la validità, l’invalidità o la violazione delle condizioni del presente Atto” a mezzo di “arbitrato ai sensi delle Norme svizzere sull’arbitrato internazionale della Camera di commercio (OMISSIS) (le “Norme”) vigenti alla data in cui l’Avviso di arbitrato viene presentato ai sensi delle Norme” (nell’originale: “The parties to this Deed: Agree that any dispute, controversy or claim arising out of or in relation to this Deed, including the validity, invalidity or breach of the terms of this Deed, shall be resolved as between the parties by arbitration in accordance with the Swiss Rules of International Arbitration of the Swiss Chambers of Commerce (the “Rules”) in force on the date when the Notice of Arbitration is submitted in accordance with the Rules. The number of arbitrators shall be one, the seat of arbitration shall be (OMISSIS) and the arbitral proceedings shall be concluded in English. Hereby waive any objection to the laying of venue of any such arbitration proceedings and any claim that such proceedings have been brought in an inconvenient forum”).

La domanda proposta ricade, dunque, nell’ambito della clausola compromissoria per arbitrato estero contenuta nell’art. 15 Deed, che comprende qualunque controversia o istanza che scaturisca da o in relazione al predetto atto.

6. – Nè, d’altra parte, può dubitarsi della validità della detta clausola compromissoria, trattandosi di accordo di deroga della giurisdizione italiana che verte su diritti disponibili, ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 4, comma 2: esso, infatti, è contenuto in un atto, il Deed, che concerne una situazione avente natura patrimoniale.

Ritiene questa Corte che la previsione del citato art. 4, comma 2, legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato debba essere ricollegata, in via sistematica: (a) all’art. 1966 c.c., comma 2, con cui si sancisce esplicitamente come non possano formare oggetto di transazione i diritti che, “per loro natura o per espressa disposizione di legge, sono sottratti alla disponibilità delle parti”; (b) all’art. 806 c.p.c., che, salvo espresso divieto di legge, consente alle parti di “far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili”; (c) all’art. II della Convenzione per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, adottata a New York il 10 giugno 1958 (l’adesione alla quale è stata autorizzata con la L. 19 gennaio 1968, n. 62), disposizione che fa riferimento ad una questione suscettiva di essere regolata in via arbitrale (“une question susceptible d’etre reglee par voie d’arbitrage”) (cfr. Cass., Sez. U., 4 maggio 2006, n. 10219).

Questa Corte ha in proposito chiarito che l’area della indisponibilità deve ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determini una reazione dell’ordinamento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte (Cass., Sez. I, 12 settembre 2011, n. 18600); e ha precisato che l’indisponibilità del diritto costituisce il limite al ricorso alla clausola compromissoria e non va confusa con l’inderogabilità della normativa applicabile al rapporto giuridico, la quale non impedisce la compromissione in arbitrato, con cui si potrà accertare la violazione della norma imperativa senza determinare con il lodo effetti vietati dalla legge (Cass., Sez. VI-1, 16 aprile 2018, n. 9344).

Si tratta di una conclusione conforme all’elaborazione della dottrina, la quale ha evidenziato che la disponibilità del diritto si concreta nella facoltà che una parte ha di incidere su un proprio diritto soggettivo, determinandone il destino, e che, di conseguenza, il concetto di diritti indisponibili si riferisce a situazioni accertabili, se controverse, solo da parte dell’autorità giudiziaria.

A ciò aggiungasi che l’eventuale presenza, nella fattispecie, di norme di applicazione necessaria (nell’accezione datane dalla L. n. 218 del 1995, art. 17) – ossia di norme della lex fori operanti come limite all’applicazione del diritto straniero eventualmente richiamato da una norma di conflitto – non incide sul diverso problema della possibilità di compromettere in arbitrato estero la controversia, non potendosi presumere che il lodo dell’arbitrato estero si porrà in concreto contrasto con la norma italiana di ordine pubblico (cfr. Cass., Sez. U., 20 febbraio 2007, n. 3841).

7. – Il Deed reca, oltre alla clausola arbitrale (art. 15), gli artt. 16 e 17, con la previsione della giurisdizione del giudice straniero, delle Corti d’Inghilterra e del Galles (art. 16) e di quella della (OMISSIS) (art. 17).

Sotto la rubrica “Jurisdiction”, infatti, l’art. 16 prevede che “ai sensi della clausola 15, le parti in questo Atto scelgono irrevocabilmente quale foro competente in via non esclusiva il Tribunale d’Inghilterra e del Galles” (così nella traduzione giurata in atti; nell’originale: “Subject to clause 15, the parties to this Deed irrevocably submit to the non-exclusive jurisdiction of the Courts of England and Wales”); a sua volta, l’art. 17, rubricato “No intention to oust Court’s jurisdiction”, prevede che “Nulla nelle clausole 15 o 16 del presente Atto sarà letto o interpretato come inteso a escludere la competenza dell’Alta Corte della (OMISSIS)” (nell’originale: “Nothing in clauses 15 or 16 of this Deed shall be read or construed as intended to oust the inherent jurisdiction of the High Court of New Zealand”).

7.1. – La difesa della controricorrente P.E., nella memoria depositata in prossimità della camera di consiglio del 18 giugno 2019, ha prospettato che un’interpretazione cauta e non demolitoria degli artt. 15, 16 e 17 Deed debba condurre a concludere che le parti, consapevoli che le eventuali controversie sulla successione e sulla divisione del patrimonio del de cuius avrebbero presentato un legame stretto con l’ordinamento italiano e con la restante materia successoria dell’eredità P., abbiano voluto non già escludere la giurisdizione italiana sul Deed, ma semmai affiancarvi altre giurisdizioni, prima tra tutte l’arbitrale (OMISSIS), lasciate tuttavia alle scelta libera di ciascun contraente e ferma, per le controversie in materia di amministrazione del Pale Trust, la giurisdizione neozelandese. La deduzione difensiva muove dal rilievo che le clausole del Deed sulla scelta del foro competente (artt. 15, 16 e 17), dato il loro contenuto “palesemente non esclusivo”, non potrebbero avere reale portata derogatoria della giurisdizione italiana, che rimarrebbe quella con il maggior numero di connessioni con la fattispecie controversa.

7.1.1. – Il Collegio non condivide detta interpretazione.

Essa muove dall’erroneo presupposto che, poichè la scelta dell’autorità giudiziaria inglese (e del Galles) è espressamente definita “non-esclusiva”, con ciò le parti avrebbero inteso ammettere proprio “la possibilità che la jurisdiction sul Deed spettasse, oltre che all’arbitrato svizzero e al foro inglese, a ogni altra giurisdizione virtualmente competente, compresa quella del giudice italiano”.

In realtà, una lettura complessiva del tenore delle tre clausole, ancorata al loro significato letterale e rispettosa della volontà dei paciscenti, induce a scartare la tesi che l’espressa qualificazione come “non-esclusiva” della giurisdizione inglese valga a renderla concorrente con ogni altra autorità giudiziaria munita per legge di competenza giurisdizionale (compresa, quindi, quella italiana). La giurisdizione dei giudici inglesi (e del Galles) è “non-esclusiva” perchè essa concorre con la giurisdizione statale dell’Alta Corte della (OMISSIS), la cui “inherent jurisdiction” in tema di administration del Pale Trust è ribadita e fatta salva con l’articolo immediatamente successivo.

In sostanza, la piana lettura, consecutiva ed integrata, delle tre clausole sopra citate (artt. 15, 16 e 17 Deed) offre alle parti un ventaglio di possibilità, rimesse alla scelta di chi promuove il giudizio, ma all’interno dei tre fori alternativamente previsti: l’arbitrato svizzero (amministrato, con sede a (OMISSIS), essendo pattuita la rinuncia a qualunque obiezione in merito alla sede di tale procedura arbitrale e a ogni contestazione in ordine alla competenza del foro adito); l’autorità giudiziaria inglese; e, venendo in considerazione un atto di amministrazione del Pale Trust, l'”inherent jurisdiction” dell’Alta Corte della (OMISSIS).

Questo sistema, aperto all’interno, è chiuso ed esclusivo all’esterno, e pertanto, in sè autosufficiente e completo, non ammette integrazioni “ortopediche” ab extra derivanti dall’innesto, sulle scelte operate dall’autonomia privata, di (tutte le) altre giurisdizioni statali munite, in base alla legge, di un criterio di collegamento con la fattispecie controversa.

In altri termini, la giurisdizione arbitrale (OMISSIS), mentre è affiancata dalla (concorrente) giurisdizione inglese e da quella neozelandese e non deroga ad esse, deroga a tutti gli effetti a quella italiana sul Deed.

8. – Dovendo escludersi che l’arbitro svizzero non possa conoscere della causa (ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 4,comma 3) o che la convenzione arbitrale sia “caduque, inoperante ou non susceptible d’etre appliquee” (agli effetti di quanto previsto dall’art. 2, paragrafo 3, della Convenzione di New York del 10 giugno 1958), va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in relazione alla domanda di cui al capo 2) delle conclusioni dell’atto di citazione.

9. – La questione di giurisdizione è stata sollevata anche con riguardo alle domande (sub 3, 5 e 6) riguardanti la divisione del complesso immobiliare sito in (OMISSIS), formalizzata a (OMISSIS) dinanzi al notaio B.F. in data (OMISSIS): di tale atto – che conterrebbe una valutazione del complesso inadeguata per difetto – l’attrice ha chiesto l’annullamento ex art. 761 c.c. ovvero la rescissione per lesione ultra quartum; in relazione ad esso P.E. ha domandato la condanna della convenuta al pagamento della maggiore somma dovuta in ragione del principio dell’eguale beneficio.

9.1. – Si tratta di una controversia di carattere ereditario, riguardando l’impugnazione di un contratto, stipulato tra le coeredi, di divisione ereditaria di un immobile facente parte dell’asse ereditario.

Anche la divisione ereditaria afferisce alla materia successoria, come è dimostrato, per un verso, dalla collocazione delle norme del codice civile rivolte a disciplinare la divisione (art. 713 e ss.) nel titolo IV del Libro II “Delle successioni”, e, per l’altro verso, dalle norme di conflitto e di giurisdizione dettate, nel sistema italiano di diritto internazionale privato, dalla L. n. 218 del 1995, la quale, all’art. 46, comma 3, inserito nel capo VII “Successioni”, detta una disposizione apposita rivolta a ricomprendervi tutte le ipotesi di divisione ereditaria e, dunque, anche quella amichevole o contrattuale.

In questo senso è indirizzata la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha fatto ricorso, per individuare l’ambito della giurisdizione italiana, ai criteri speciali dettati dalla L. n. 218 del 1995, art. 50, non solo in fattispecie nelle quali la domanda di scioglimento della comunione ereditaria era stata proposta unitamente a quella di petizione di eredità o di accertamento della qualità di erede (Cass., Sez. U., 27 ottobre 2008, n. 25875; Cass., Sez. U., 15 marzo 2012, n. 4132), ma anche quando la controversia riguardava il solo scioglimento della comunione ereditaria (Cass., Sez. U., 12 luglio 2011, n. 15233).

In applicazione della L. n. 218 del 1995, citato art. 50, (e in particolare del criterio previsto dal comma 1, lett. a), le domande di cui capi 3), 5) e 6) dell’atto di citazione rientrano nell’ambito della giurisdizione italiana, perchè il defunto P.S. era cittadino italiano al momento della morte.

Non rileva la collocazione all’estero (in (OMISSIS)) dell’immobile oggetto di divisione parziale: come queste Sezioni Unite hanno già chiarito, infatti, nell’azione di scioglimento di comunione ereditaria, secondo quanto stabilito nella L. n. 218 del 1995, art. 50, la parziale collocazione dei beni immobili all’estero è idonea a precludere la giurisdizione del giudice italiano solo se essa si fondi unicamente sul criterio del domicilio o della residenza in Italia del convenuto o sulla accettazione, da parte di quest’ultimo della giurisdizione italiana; al contrario, quando sia applicabile almeno uno dei criteri di collegamento stabiliti dal citato art. 50, quali la cittadinanza italiana del de cuius e l’apertura della successione in Italia, deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice italiano (Cass., Sez. U., 12 luglio 2011, n. 15233, cit.).

Oltre che in base al criterio di giurisdizione contenuto nella L. n. 218 del 1995, art. 50, comma 1, lett. a), la giurisdizione italiana sussiste anche ai sensi dell’art. 17, comma 3, della Convenzione di stabilimento e consolato, conclusa a Berna fra l’Italia e la Svizzera il 22 luglio 1868, e resa esecutiva in Italia con il R.D. 5 maggio 1869, n. 5052, ai cui termini “le controversie che potessero nascere tra eredi di un italiano morto in (OMISSIS) riguardo alla eredità da lui relitta, saranno portate davanti al giudice dell’ultimo domicilio che l’italiano aveva in (OMISSIS)”.

9.2. – La giurisdizione sulle domande di cui ai capi 3), 5) e 6) dell’atto di citazione è tuttavia derogata dall’art. 7 del contratto di divisione ereditaria parziale stipulato tra P.P. ed P.E. a (OMISSIS), il quale – dopo avere previsto che “Il presente contratto di divisione ereditaria (parziale) sottostà al diritto svizzero” – devolve “ogni controversia derivante dall’interpretazione e/o applicazione del presente contratto alla Pretura del distretto di (OMISSIS)”.

La giurisdizione del giudice svizzero è quindi prevista in relazione alle controversie nascenti da un contratto di divisione ereditaria stipulato in (OMISSIS) (e tali sono quelle con cui l’attrice ha chiesto l’annullamento del contratto ex art. 761 c.c.ovvero la rescissione per lesione ultra quartum, o in relazione al quale ha domandato la condanna della convenuta al pagamento della maggiore somma dovuta in ragione del principio dell’eguale beneficio), avente ad oggetto un immobile situato in quel Paese e dopo avere i condividenti scelto per il loro accordo divisionale parziale dell’immobile svizzero la legge svizzera.

Anche la giurisdizione in materia successoria è derogabile per accordo delle parti al ricorrere delle condizioni indicate in via generale dalla L. citata, art. 4, tutte riscontrabili nella specie: la controversia riguarda diritti disponibili; l’accordo scritto contiene l’accettazione di una specifica giurisdizione straniera; il giudice straniero può conoscere della causa in ragione del collegamento con la fattispecie controversa.

Come ha sottolineato il pubblico ministero nelle conclusioni scritte depositate il 13 maggio 2019, non può “sostenersi l’invalidità della deroga pattuita allorquando il diritto controverso sia regolato da norme di applicazione necessaria, quali le azioni di impugnativa della divisione ex artt. 761 e 763 c.c…. oggetto della contesa”: le norme di applicazione necessaria, infatti, non soltanto non incidono sull’individuazione dei criteri dettati in tema di competenza giurisdizionale, ma neppure comportano l’indisponibilità dei diritti da essi disciplinati, “non essendovi alcuna identità tra l’indisponibilità del diritto oggetto della controversia e l’inderogabilità o imperatività della normativa che lo regola”.

Il pubblico ministero ha inoltre messo in luce che “la derogabilità e non assolutezza del principio di universalità e unità della successione ha comportato una flessione dell’omologo principio in tema di giurisdizione” e che “la stessa validità ed efficacia della divisione parziale, autonoma e direttamente impugnabile con le azioni previste dagli artt. 761 c.c. e ss., non preclude la derogabilità della giurisdizione pattuita dai condividenti rispetto ad essa”.

Una conferma dell’esattezza di questa impostazione alla base delle conclusioni dell’Ufficio requirente si trae dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale, per un verso, ha riconosciuto che il principio di universalità della divisione non è assoluto nè inderogabile ed è possibile una divisione parziale, sia quando, essendo stata richiesta tale divisione da una delle parti, le altre non amplino la domanda, chiedendo a loro volta la divisione dell’intero asse, sia quando intervenga un accordo in tal senso tra le parti (Cass., Sez. II, 29 novembre 1994, n. 10220; Cass., Sez. II, 12 gennaio 2011, n. 573; Cass., Sez. II, 24 marzo 2016, n. 5869; Cass., Sez. II, 8 aprile 2016, n. 6931); e, per l’altro verso, ha chiarito che l’atto di divisione parziale si presenta come una struttura negoziale dotata di una propria autonomia, sicchè non è necessario attendere lo scioglimento della comunione sui residui beni per poter proporre, ad esempio, l’azione di rescissione per lesione oltre il quarto, azione che sarà, pertanto, legittimamente esperibile anche in relazione alla sola divisione parziale (Cass., Sez. II, 3 settembre 1997, n. 8448).

Ne consegue che è ben possibile per i coeredi, nel procedere allo scioglimento in via contrattuale, con atto stipulato al di fuori del territorio italiano, della comunione ereditaria con riferimento a uno specifico bene immobile collocato all’estero, devolvere ogni controversia derivante dal negozio di divisione parziale alla competenza giurisdizionale del giudice di quel Paese straniero.

E nella specie è da escludere che la devoluzione della controversia al giudice svizzero sia inidonea ad attribuirgli la cognizione sulla reale materia del contendere, la quale consiste nello stabilire se, con riferimento alla divisione del complesso immobiliare di (OMISSIS), siano o meno fondate: la domanda di annullamento per dolo dell’apporzionamento divisionale formalizzato in (OMISSIS) in data (OMISSIS), “con conseguente condanna della convenuta al pagamento, in favore dell’attrice, della maggiore somma a titolo di integrazione di quanto già incamerato da P.E. fino a concorrenza di almeno Euro 8.283.860,28, pari al 50% del valore al quale il complesso immobiliare è stato rivenduto da P.P., dedotte le cartelle fiscali”; la domanda di condanna al pagamento della maggiore somma dovuta dalla convenuta per la cessione avvenuta dalla sorella del complesso immobiliare svizzero in violazione del prescritto criterio di pariteticità voluto dal padre; la domanda di rescissione per lesione ex art. 763 c.c..

10. – In conformità delle conclusioni scritte del pubblico ministero, è dichiarato il difetto di giurisdizione per le domande sub 2), 3), 5) e 6) dell’atto di citazione.

11. – La complessità e la novità delle questioni trattate giustificano la compensazione tra le parti delle spese del regolamento.

P.Q.M.

La Corte dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano in relazione alle domande sub 2), 3), 5) e 6) delle conclusioni dell’atto di citazione; compensa tra le parti le spese del regolamento.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2019

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