Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18830 del 26/09/2016

Cassazione civile sez. II, 26/09/2016, (ud. 25/05/2016, dep. 26/09/2016), n.18830

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15329-2008 proposto da:

L.S.C. , (OMISSIS) , D.L.F. (OMISSIS)

, D.L.A. (OMISSIS) , D.L.M.L.

(OMISSIS) , D.L.T. (OMISSIS) , anche n.q. di

eredi di DE.LU.LU. elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

DELLE PROVINCE 37, presso lo studio dell’avvocato DI CIO’ STEFANIA,

rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE MURINO;

– ricorrenti –

contro

DE.LU.CL. , in proprio e n.q. di procuratrice di D.L.A.M.

ed altri; nonchè d.l.c. e per esso gli eredi

Z.A.M. , D.L.F. , D.L.G. e

D.L.S. ; nonchè D.L.M. in ZI. , C.M.R.

;

– intimati –

avverso la sentenza n. 211/2008 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 15/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2016 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito l’Avvocato MURINO Giuseppe, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – E’ impugnata la sentenza della Corte d’appello di Salerno, depositata il 15 febbraio 2008 e notificata il 9 aprile 2008, che ha parzialmente riformato la sentenza non definitiva del Tribunale di Vallo della Lucania n. 311 del 2004, nel procedimento introdotto nel 1995 da De.Lu.Cl. , in proprio e quale procuratrice di B.A. e dei germani A.M. , (+Altri) , per la dichiarazione di apertura della successione ab intestato di D.L.F. , deceduto il (OMISSIS) , e del germano D.L.G. , e lo scioglimento della comunione ereditaria nei confronti di d.l.c. , De.Lu.Lu. , D.L.M. , D.L.F. e C.M.R. .

1.2. – Per quanto riportato nella sentenza d’appello e ancora di rilievo in questa sede, il Tribunale dichiarò prescritto il diritto di accettare l’eredità relativamente ai sigg. B.A. , A.M. , (+Altri) .

2. – La Corte d’appello, in accoglimento del gravame principale, ha riformato sul punto la decisione, ritenendo che la procura generale rilasciata il 25 marzo 1966, per notaio P. di XXXXXXXX, da B.A. , in proprio e quale procuratrice della (allora) figlia minore D.L.A.M. , e da (+Altri) , contenesse l’accettazione implicita dell’eredità del de cuius, morto sei anni prima.

La Corte d’appello ha quindi rigettato il gravame incidentale, proposto da D.L.F. e L.S.C. (moglie di De.Lu.Lu. , deceduto nel corso del giudizio di primo grado), perchè fosse accertata la prescrizione del diritto di accettare l’eredità relativamente ai sigg. Cl. , c. e D.L.M. e C.M.R. .

3. – Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso L.S.C. , (+Altri) , anche in qualità di eredi di De.Lu.Lu. , sulla base di due motivi. Sono rimasti intimati De.Lu.Cl. in proprio e nella qualità di procuratrice speciale dei sigg. D.L.A.M. , (+Altri) .

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Il ricorso è infondato.

1.1. – Con il primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 460 c.c. e vizio di motivazione.

I ricorrenti contestano l’idoneità in sè dell’atto di procura generale, rilasciata per il compimento di atti di conservazione del patrimonio, a produrre l’effetto di accettazione dell’eredità, e, in ossequio al disposto dell’art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis, formulano il seguente quesito di diritto: “(se) il rilascio di una procura generale, da parte di alcuni chiamati all’eredità, diretta all’amministrazione di tutti i propri beni (non solo di quelli caduti in successione) può comportare l’accettazione tacita dell’eredità e l’acquisizione dello status di erede”.

1.2. – La doglianza è infondata.

La Corte d’appello ha ritenuto, con argomentazione esaustiva e congrua, che il tenore della procura generale rilasciata nel 1966 dai consorti D.L. , residenti negli (OMISSIS) , al parente Lu. , residente in XXXXXX, esprimesse la volontà di accettare l’eredità del de cuius D.L.F. , deceduto sei anni prima, in quanto conferiva al predetto Lu. ampi poteri gestori su tutti i beni di qualsiasi specie da essi posseduti, con riferimento esplicito a quelli ereditari (“a cagione dell’eredità”). La ratio della decisione non risiede, dunque, nella equiparazione tra il rilascio della procura generale ad amministrare da parte dei soggetti chiamati all’eredità e l’accettazione dell’eredità stessa, denunciata dai ricorrenti con il quesito, che si rivela perciò non pertinente, ma nella qualificazione del comportamento dei chiamati – rappresentato dal conferimento di quella procura generale, con quel contenuto e in quelle circostanze di tempo e di luogo – in termini di accettazione dell’eredità.

Ribadito il principio secondo cui non possono essere ritenuti atti di accettazione tacita quelli di natura meramente conservativa, che il chiamato può compiere anche prima dell’accettazione ai sensi dell’art. 460 c.c., la questione si sposta sull’indagine relativa alla esistenza di un comportamento qualificabile in termini di accettazione tacita, che si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice del merito, alla luce delle peculiarità della singola fattispecie, che non è censurabile in sede di legittimità, purchè la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto (ex plurimis, Cass., sez. 3, sentenza n. 12753 del 1999).

2. – Con il secondo motivo è dedotta violazione dell’art. 116 c.p.c. e vizio di motivazione, e si contesta la valutazione effettuata dalla Corte d’appello del contenuto dell’atto di procura in oggetto, riportato nel ricorso in ossequio al principio di autosufficienza.

2.1. – La doglianza è infondata.

Il sindacato di questa Corte sull’attività di interpretazione delle prove anche documentali, che spetta al giudice del merito, è limitato al controllo di congruità della motivazione, e la parte che intenda denunciare con il ricorso per cassazione un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di un atto è onerata della specificazione dei canoni che in concreto assuma violati ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendosi limitare a contrapporre la propria interpretazione a quella accolta nella sentenza impugnata (ex plurimis, Cass., sez. L, sentenza n. 25728 del 2013). Nel caso in esame, i ricorrenti non indicano i canoni interpretativi in assunto violati dalla Corte d’appello e prospettano una inammissibile comparazione tra le due procure, rilasciate entrambe nell’anno 1966 a De.Lu.Lu. dai due gruppi di chiamati all’eredità del de cuius D.L.F. .

Neppure si ravvisa la denunciata contraddittorietà della motivazione nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto che il riferimento, contenuto nella procura in oggetto, alla facoltà di rinunciare alle eredità “che ai mandanti fossero devolute” concernesse eredità future. La lettura che la Corte di merito ha fatto risulta coerente con la particolare ampiezza dei poteri conferiti, tale da comprendere la gestione di situazioni non ancora attuali al momento del rilascio della procura.

3. – Il ricorso è rigettato senza pronuncia sulle spese del presente giudizio, poichè gli intimati non hanno svolto difese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 25 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2016

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