Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18827 del 12/07/2019

Cassazione civile sez. un., 12/07/2019, (ud. 18/12/2018, dep. 12/07/2019), n.18827

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Primo Presidente f.f. –

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente di sez. –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15569-2017 proposto da:

EDISON S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL VIMINALE 43, presso lo

studio dell’avvocato FABIO LORENZONI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALDO TRAVI;

– ricorrente –

contro

REGIONE UMBRIA, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro

tempore, domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NATASCIA MARSALA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 80/2017 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 19/04/2017;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/12/2018 dal Consigliere ANTONIETTA SCRIMA;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, il quale conclude per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con la Delib. 20 luglio 2015, n. 877, la Giunta regionale dell’Umbria stabilì: a) di avviare le procedure relative alla rideterminazione, a decorrere dal 1 gennaio 2016, in Euro 31,02 dell’importo del canone unitario, comprensivo dell’addizionale regionale, per le grandi derivazioni, come definite dal T.U. n. 1775 del 1933, art. 6 e succ. modif., di acque pubbliche ad uso idroelettrico/forza motrice, b) di incaricare il Servizio regionale “Risorse idriche e rischio idraulico” perchè provvedesse a comunicare ai diretti interessati l’avvio del procedimento e c) di procedere all’approvazione della rideterminazione dei canoni trascorsi 30 giorni dalla pubblicazione della medesima Delib. nel Bollettino ufficiale della Regione.

Con la successiva Delib. 22 settembre 2015, n. 1067, la Giunta regionale dell’Umbria dispose l’incremento del canone nella misura già prevista nella Delib. n. 877 del 2015, richiamando quanto rappresentato in tale precedente atto in relazione alle ragioni e alla misura dell’incremento.

Edison S.p.a., con ricorso nei confronti della Regione Umbria, chiese al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche l’annullamento delle predette delibere.

Si costituì la Regione Umbria eccependo il difetto di legittimazione della ricorrente e contestando le censure proposte ex adverso.

Con sentenza n. 80/17, depositata il 19 aprile 2017, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche dichiarò il difetto di giurisdizione in favore del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Roma e compensò le spese.

Avverso tale sentenza Edison S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo e illustrato da memoria.

La Regione Umbria ha resistito con controricorso.

Il ricorso per cassazione è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c..

Il P.G. ha depositato le sue conclusioni scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo, rubricato “(art. 360 c.p.c., n. 1; in subordine, art. 360 c.p.c., n. 3) Erronea declaratoria del difetto di giurisdizione e violazione del t. u. n. 1775 del 1933, art. 143 sulla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche; sussistenza della giurisdizione del Tribunale regionale delle acque pubbliche”, si lamenta l’erroneità della sentenza impugnata, sostenendosi che la controversia sia devoluta al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.

Deduce al riguardo la ricorrente che, in materia di canoni concessori, non sarebbe configurabile una “giurisdizione esclusiva” del giudice ordinario, valendo anche nella materia in parola la distinzione secondo cui la giurisdizione del giudice ordinario concerne la tutela dei diritti soggettivi mentre quella del giudice amministrativo concerne la tutela degli interessi legittimi, i quali si configurano quando nel giudizio si controverta sull’esercizio di poteri discrezionali-valutativi dell’amministrazione nella determinazione dei canoni; assume che tale distinzione è valida anche in tema di concessioni di derivazione idraulica o idroelettrica, in quanto la giurisdizione in materia di canoni dei Tribunali Regionali delle Acque concerne la tutela dei diritti soggettivi mentre quella del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche in primo grado concerne la tutela degli interessi legittimi.

Rappresenta la Edison S.p.a. di aver impugnato le deliberazioni della Giunta regionale che avevano disposto un incremento dei canoni per le grandi derivazioni idroelettriche e con le quali la Giunta regionale aveva esercitato un proprio potere unilaterale, del tutto discrezionale, di revisione della misura del canone, sicchè la ricorrente aveva dedotto la violazione del suo interesse legittimo, in conseguenza del cattivo esercizio del potere, e, pertanto, sarebbe erronea l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la controversia avrebbe avuto ad oggetto un diritto soggettivo, relativo alla quantificazione del canone.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2. Come sostenuto anche dal P.G. nelle sue conclusioni scritte, ai fini dell’individuazione del criterio di riparto di giurisdizione – tra il giudice ordinario specializzato (Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche), R.D. n. 1775 del 1933, ex art. 140 e il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (quale giudice amministrativo in unico grado), stesso R.D. n. 1775 del 1933, ex art. 143 – nel caso, come nella specie, di controversia concernente la determinazione dell’importo del canone per le concessioni di grande derivazione di acque pubbliche, occorre esaminare le seguenti questioni, aventi carattere dirimente:

a) se l’atto adottato dall’autorità amministrativa, di carattere generale, scaturisca da disposizioni di legge in relazione a presupposti specificamente individuati dalla legge stessa, senza cioè alcun margine di apprezzamento discrezionale quale espressione dell’esercizio di un potere amministrativo (nel qual caso il destinatario del provvedimento riveste una posizione di diritto soggettivo e non di interesse legittimo), evidenziandosi che, ove ricorra tale ipotesi, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario specializzato (Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche) (Cass., sez. un., 30/07/2007, n. 16804);

b) se, nella diversa ipotesi in cui l’atto adottato dall’autorità amministrativa sia espressione dell’esercizio di un potere amministrativo, la controversia abbia (o non) per oggetto soltanto l’impugnazione dell’atto amministrativo, con una impugnativa quindi “in via principale” diretta ad ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato, evidenziandosi che, ove ricorra tale ipotesi, la giurisdizione appartiene al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (quale giudice amministrativo in unico grado) (Cass., sez. un., 30/07/2007, n. 16798).

1.2.1. Va pure osservato che, come affermato dalla sentenza appena richiamata, in materia di giurisdizione del TSAP, non ha inciso il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33, come sostituito dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7 e risultante a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004.

1.3. Si è già posto in rilievo, nella parte della presente ordinanza relativa ai “fatti di causa”, che la controversia all’esame è stata instaurata innanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche con ricorso notificato dalla Edison S.p.a. avverso le deliberazioni della Giunta regionale dell’Umbria n. 877/2015 e n. 1067/2015, con le quali, rispettivamente, è stato dato avvio – con comunicazione agli interessati – al procedimento per la rideterminazione dell’importo del canone unitario per le concessioni di grandi derivazioni di acque pubbliche ad uso idroelettrico e, quindi, è stato approvato l’aumento del canone, a decorrere dal 1 gennaio 2016.

1.4. Nei motivi del ricorso proposto avanti al TSAP, la Edison S.p.a. ha dedotto l’illegittimità delle delibere della Regione emanate sulla base del R.D. n. 1775 del 1933, art. 6 e della L.R. Umbria 23 dicembre 2004, n. 33, per eccesso di potere e irragionevolezza (“in mancanza del decreto ministeriale cui è demandata la fissazione dei criteri per la determinazione dei canoni ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 154, comma 3, e del D.L. n. 83 del 2012, art. 37, comma 2, conv. in L. n. 34 del 2012. In via subordinata la ricorrente rilevava che, ove si fosse ammesso un margine d’intervento regionale anche nell’attuale fase transitoria, fino all’emanazione del decreto ministeriale, la Regione non avrebbe potuto intervenire in termini così pesanti, raddoppiando la misura del canone precedente”, v. sintesi del primo motivo del ricorso introduttivo dinanzi al TSAP operata dalla società ricorrente nel ricorso proposto in questa sede), anche sotto il profilo dell’illegittimità costituzionale e del contrasto con la legislazione statale, oltre che con i principi di gradualità, ragionevolezza e coerenza, con il principio di affidamento e di stabilità dei rapporti in corso, ed infine per asserite violazioni procedimentali (L. 7 agosto 1990, n. 241, ex artt. 3,7 e 8) (con riferimento ai motivi di ricorso proposti in quella sede, v. anche la sentenza impugnata).

1.5. Va rilevato che il richiamato D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 154 conferisce all’autorità preposta alla determinazione del canone (denominato “tariffa del servizio idrico integrato”) criteri non specifici ma implicanti valutazioni ampiamente discrezionali (dovendosi tenere conto: “della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonchè di una quota parte dei costi di funzionamento dell’ente di governo dell’ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga””) (v. comma 1 della norma richiamata).

Lo stesso decreto interministeriale (previsto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 154, comma 3), può prevedere solo “criteri generali” per la determinazione della tariffa, lasciando all’autorità preposta (le Regioni) ampio margine valutativo in relazione al territorio di competenza (“Al fine di assicurare un’omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l’utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e prevedendo altresì riduzioni del canone nell’ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L’aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale da parte delle regioni.”).

1.6. Non viene in rilievo, anche tenuto conto del solo dato normativo emergente dalle già richiamate norme, un’ipotesi di carenza assoluta di potere da parte della Regione nell’adozione degli atti impugnati (v. Corte Cost. n. 158 del 2016 sulla affermata competenza legislativa concorrente delle Regioni in materia, nel rispetto del principio di leale collaborazione cui è ispirato il D.L. n. 83 del 2012, art. 37, comma 7, conv. in L. n. 34 del 2012).

1.7. Inoltre, va evidenziato che i provvedimenti impugnati non presentano le caratteristiche di provvedimenti “individuali” (incidenti sulla posizione giuridica di un singolo interessato), conservando, invece, contrariamente a quanto ritenuto dal TSAP, il carattere di atti generali ed astratti, in quanto rivolti ad una ampia platea di interessati (tutti i concessionari di grandi derivazioni di acque pubbliche ad uso idroelettrico), ancorchè, in via di ipotesi, “facilmente” individuabili nell’ambito del territorio della Regione Umbria (come pure ritenuto dal TSAP nella sentenza impugnata, che tra i destinatari include pure, come la Edison, i “gestori di fatto”).

1.8. Alla luce delle considerazioni che precedono, a fronte di atti amministrativi a carattere generale e adottati nell’esercizio di un potere ampiamente discrezionale, cui, pertanto, corrisponde per i singoli interessati una posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo, non può condividersi la sentenza impugnata nella parte in cui il TSAP ha rilevato d’ufficio il proprio difetto di giurisdizione, “venendo sottoposta al suo esame una controversia relativa a diritto soggettivo della ricorrente (la legittima determinazione del quantum dovuto a titolo di canone), appartenente alla giurisdizione (del)… Tribunale Regionale delle acque pubbliche di Roma (ai sensi del T.U. n. 1775 del 1933, art. 149) quale giudice ordinario” (v. sentenza impugnata, p. 9).

1.9. Deve, infatti, escludersi la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario specializzato sotto il profilo evidenziato al p. 1.2., lett. a), poichè l’atto amministrativo impugnato non scaturisce da disposizioni di legge in relazione a presupposti specificamente individuati dalla legge stessa.

1.10. Quanto al profilo evidenziato al p. 1.2., lett. b), come pure sostenuto dal P.G. nelle sue conclusioni scritte, va posto in rilievo che la controversia all’esame ha per oggetto soltanto l’impugnazione dell’atto amministrativo di carattere generale, con una impugnativa, quindi, “in via principale” diretta ad ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato.

Ed invero, con il ricorso al TSAP, la Edison S.p.a. ha proposto, come già osservato, una domanda di annullamento delle Delib. giunta regionale dell’Umbria n. 877 del 2015 e Delib. n. 1067 del 2015, con le quali è stato approvato l’aumento del canone per le concessioni di grandi derivazioni di acque pubbliche ad uso idroelettrico, a decorrere dal 1 gennaio 2016.

Tale ricorso, proposto nel 2015, non ha per oggetto l’accertamento negativo di un debito della società ricorrente (peraltro non ancora venuto ad esistenza all’epoca, stante la decorrenza della Delib. 1 gennaio 2016) e, pertanto, non risulta volto a difendersi da una concreta pretesa di carattere patrimoniale avanzata nei confronti della Edison S.p.a. per il pagamento del canone in questione (rispetto alla quale sarebbe configurabile una posizione di diritto soggettivo), bensì riguarda, come più volte ribadito, l’esercizio del potere amministrativo di determinazione dei canoni (nei cui confronti la posizione soggettiva della società ricorrente non può che essere di interesse legittimo), asseritamente illegittimo con accertamento richiesto con efficacia di giudicato.

2. Tanto precisato e alla luce dei principi affermati da queste Sezioni Unite con la sentenza n. 30/07/2007, n. 16798 (secondo cui “Il Tribunale Regionale delle Acque, quale giudice ordinario specializzato, non ha cognizione nelle controversie relative alla debenza dei canoni di concessione di derivazione di acque in cui le parti chiedano un accertamento pregiudiziale, con efficacia di giudicato, circa la illegittimità dei provvedimenti dell’autorità amministrativa che hanno aumentato i canoni stessi, ma può compiere un accertamento incidentale sulla illegittimità degli atti ed eventualmente disapplicarli. Ciò purchè l’impugnazione riguardi tanto la richiesta di pagamento del canone nella nuova maggior misura, quanto l’atto amministrativo di carattere generale su cui la richiesta è basata, ma non anche quando venga impugnato unicamente l’atto generale, nel qual caso sussiste la giurisdizione di legittimità del Tribunale superiore delle acque pubbliche, senza che vi osti il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33 non avendo tale normativa inciso sulla giurisdizione del T.S.A.P.”), il ricorso va accolto e va dichiarata la giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (quale giudice amministrativo in unico grado); la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.

3. Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; dichiara la giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 18 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2019

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