Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18825 del 12/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 12/07/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 12/07/2019), n.18825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5828-2014 proposto da:

C.R., CO.DE., M.C.B., tutti

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LORENZO PICOTTI;

– ricorrenti –

contro

UNIVERSITA’ STATALE DEGLI STUDI DI BRESCIA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia ope legis in

ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO,

CARLA D’ALOISIO;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 371/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 31/08/2013 R.G.N. 186/2013.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso proposto al Tribunale di Brescia C.R., Co.De. e M.C.B. esponevano di aver prestato servizio presso l’Università degli Studi di Brescia dall’a.a. 1986/1987 all’a.a. 1992/1993 in qualità di lettori di lingua straniera, con contratti a termine rinnovati annualmente, di aver superato una selezione pubblica per “esperto linguistico” bandita dall’Università e di essere stati, quindi, assunti a tempo indeterminato in applicazione del D.L. 8 agosto 1994, n. 510, art. 5 più volte reiterato fino alla legge di conversione 21 giugno 1995, n. 236, di aver quindi ottenuto sentenza del Pretore di Brescia n. 2126 del 31 ottobre 1995 dichiarativa della nullità dei termini di volta in volta apposti a i contratti e la sussistenza per ciascun lettore di un rapporto a tempo indeterminato con l’Università sin dall’origine;

sulla base di tali premesse avevano convenuto in giudizio l’Ateneo e l’INPS chiedendo che fosse dichiarata la nullità dei contratti stipulati ai sensi della L. n. 236 del 1995 con la peggiore qualifica di collaboratore esperto linguistico con condannava dell’Università ad effettuare la ricostruzione della carriera lavorativa, al pagamento delle differenze retributive spettanti nonchè al versamento dei contributi previdenziali su tali differenze;

2. il Tribunale accoglieva le domande e condannava l’Università a corrispondere a C.R. la somma di Euro 140.764,04, a Ca.De. la somma di Euro 142.811,52, a M. Bettie la somma di Euro 32.899,81;

3. la Corte d’appello di Brescia, decidendo sull’impugnazione dell’Università, in riforma della sentenza di prime cure, dichiarava estinto il giudizio facendo applicazione della L. n. 240 del 2010, art. 26, comma 3;

4. avverso tale sentenza C.R., Co.De. e M.C.B. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi;

5. l’Università degli Studi di Brescia ha resistito con controricorso;

6. i ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. si osserva preliminarmente che il ricorso è stato irritualmente notificato all’Avvocatura distrettuale dello Stato di Brescia ma la costituzione in giudizio dell’Università ha sanato tale vizio (Cass. 14 ottobre 2005, n. 20000; Cass. 7 settembre 2006, n. 19242);

2. con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione della L. n. 240 del 2010, art. 26, comma 3;

sostengono che la Corte territoriale nel dichiarare l’estinzione del giudizio avrebbe erroneamente applicato l’indicata norma che presuppone che sia stato integrato il presupposto sostanziale in essa previsto e cioè che sia stata data effettiva e concreta esecuzione alla L. n. 63 del 2004, nei termini previsti dalla L. n. 240 del 2010;

3. con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 310 c.p.c., comma 2 e art. 338 c.p.c.;

censurano la sentenza impugnata per non aver ritenuto che la pronuncia di estinzione riguardi solo il giudizio di appello, con salvezza della decisione di primo grado;

4. con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (avente forza giuridica di trattato Europeo) e dell’art. 6 prima parte della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo;

assumono che la Corte territoriale avrebbe dato attuazione ad una norma (e cioè all’art. 26, comma 3), che così come interpretata dai giudici di appello, avendo precluso con l’estinzione l’esercizio di un diritto già riconosciuto con sentenza di primo grado, si sarebbe posta palesemente in contrasto con le norme primarie dell’unione e i diritti fondamentali da essa riconosciuti;

5. con il quarto motivo i ricorrenti deducono, in via subordinata, l’illegittimità costituzionale della L. n. 240 del 2010, art. 26, comma 3 nella parte in cui prevede l’estinzione dei giudizi in corso per violazione degli artt. 24,111,11 e 117 Cost.;

6. con il quinto motivo i ricorrenti denunciano violazione del principio di non discriminazione di cui all’art. 48 Trattato CE (ora art. 45 TFUE) come interpretato in termini vincolanti nelle sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 30 maggio 1989 e 2 agosto 1993, c.d. Alluè I e II, del 26 giugno 2001 e del 18 luglio 2006, di condanna dell’Italia e infine del 15 maggio 2008, Delay;

7. in via ulteriormente subordinata chiedono che sia disposto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’UE ex art. 267 Trattato Funzionamento Unione Europea della questione interpretativa relativa alla portata del diritto comunitario e dell’Unione Europea, per rispondere al quesito se esso osti o meno ad un disciplina nazionale come quella i cui alla L. n. 240 del 2010, art. 26, comma 3;

8. è fondato il primo motivo egetermina l’assorbimento degli altri;

9. come già precisato da questa Corte, a Sezioni unite, nella decisione n. 19164/2017, l’estinzione dei giudizi pendenti alla data d’entrata in vigore della L. n. 240 del 2010 prevista dall’art. 26, comma 3, ultimo periodo, di tale legge riguarda solo le controversie in cui rilevi la disciplina sostanziale, quanto al trattamento economico ed ai parametri per il riconoscimento dei diritti maturati in virtù dei precedenti rapporti lavorativi, di cui allo stesso art. 26, nel rispetto del diritto di azione ex art. 24 Cost., comma 1;

9.1. in particolare è stato ritenuto che l’art. 26, comma 3, citato là dove ha previsto che “sono estinti i giudizi in materia, in corso alla data di entrata in vigore della presente leggè, non può che riferirsi ai giudizi aventi ad oggetto le pretese dei collaboratori ex lettori nei termini di cui al primo e allo stesso art. 26, comma 2 (v. Cass. n. 19190/16; Cass. n. 10452/16);

9.2. essendo, dunque, imprescindibile un collegamento tra la previsione processuale di estinzione dei processi e la disposizione che disciplina le pretese sostanziali, non devono essere dichiarati estinti tutti i processi nei quali gli ex lettori avanzino domande nei confronti delle università ma solo quelli nei quali rilevi il nuovo assetto dato dal legislatore alla materia, senza che ne derivi una vanificazione dei diritti azionati (v. in tal senso, in motivazione, Corte Cost. 24 aprile 2013, n. 99);

9.3. l’intervento normativo del 20:10, infatti, costituisce una sorta di transazione legislativa, diretta a dare pronta e certa esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia e a stabilire definitivamente il trattamento economico spettante ai collaboratori linguistici, fissando anche i parametri per il riconoscimento dei diritti pregressi maturati nei rapporti di lavoro precedenti;

9.4. così inteso, la L. n. 240 del 2010, art. 26, comma 3, ultimo periodo, non viola il diritto di azione in quanto realizza – nella misura e con le modalità ritenute dal legislatore compatibili con i limiti consentiti dalle circostanze nelle quali esso si è trovato ad operare – le pretese fatte valere dagli interessati (v. in tal senso Cass. n. 19992/14, Cass. n. 17824/14 e Cass. n. 16924/14);

9.5. è, quindi, imprescindibile che la pretesa fatta valere in giudizio sia esattamente coincidente con quanto stabilito dalla norma di interpretazione autentica in merito alla quantificazione del trattamento economico spettante agli ex lettori;

9.6. applicare, invece, il meccanismo dell’estinzione ad un caso come quello odierno, in cui non si controverte nè della natura del rapporto lavorativo nè del parametro retributivo da adottare ma oggetto del contendere è la nullità dei contratti stipulati ai sensi della L. n. 236 del 1995 con la peggiore qualifica di collaboratore esperto linguistico, con richiesta di condanna dell’Università ad effettuare la ricostruzione della carriera lavorativa, al pagamento delle differenze retributive spettanti nonchè al versamento dei contributi previdenziali su tali differenze, sarebbe in contraddizione con la finalità della norma;

9.7. inoltre, porrebbe evidenti problemi di legittimità costituzionale per violazione del diritto d’azione (art. 24 Cost., comma 1) della parte privata, non giustificato dall’accoglimento ope legis della sua domanda nè dal consolidamento d’un giudicato interno a lei favorevole;

9.8. in altre parole, essendo l’art. 26, comma 3, ultimo periodo, cit. una norma che può giocare solo a favore, non contro la parte privata, non è applicabile nel caso in esame;

10. le suddette considerazioni offrono, altresì, una risposta alla questione di legittimità costituzionale, prospettata dai ricorrenti con il quarto motivo di ricorso e consentono di ritenere assorbita quella della disapplicazione dell’indicata norma per contrasto con i principi del diritto comunitario, posta con il quinto motivo di ricorso oltre che la questione di pregiudizialità comunitaria avanzata in via ulteriormente subordinata rispetto a tale ultimo motivo;

11. in ogni caso va osservato che un’eventuale sollecitazione al giudice a sollevare una questione di legittimità costituzionale non può essere prospettata come “motivo di ricorso per cassazione” perchè non può essere configurata come vizio della sentenza impugnata idoneo a determinarne l’annullamento da parte di questa Corte;

infatti, ai sensi della L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 24, comma 2, la questione di costituzionalità di una norma, non solo non può costituire unico e diretto oggetto del giudizio, ma soprattutto può sempre essere proposta, o riproposta, dalla parte interessata, oltre che rilevata d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, purchè essa risulti rilevante, oltre che non manifestamente infondata, in connessione con la decisione di questioni sostanziali o processuali che siano state ritualmente dedotte nel processo (in senso conforme vedi, tra le altre: Cass. 18 febbraio 1999, n. 1358; Cass. 22 aprile 1999, n. 3990; Cass. 29 ottobre 2003, n. 16245; Cass. 16 aprile 2018, n. 9284; Cass. 24 febbraio 2014, n. 4406);

12. va, altresì, osservato che la richiesta di rinvio pregiudiziale non è comunque accoglibile;

com’è noto, la CGUE ha più volte chiarito (vedi, per tutte: sentenza 6 ottobre 1982, C-283/81, Soc. Cilfit nonchè sentenza 20 settembre 2011, Ullens de Schooten e Rezabeck c. Belgio, spec. par. 56) che l’art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che una giurisdizione le cui decisioni non sono impugnabili secondo l’ordinamento interno è tenuta, qualora una questione di diritto dell’Unione Europea si ponga dinanzi ad essa, ad adempiere il suo obbligo di rinvio, salvo che non abbia constatato, alternativamente, che: a) la questione esegetica di diritto dell’Unione Europea non è rilevante ai fini della decisione del caso concreto; b) la disposizione di diritto dell’Unione di cui è causa ha già costituito oggetto di interpretazione da parte della Corte; c) la corretta applicazione del diritto Europeo si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi;

nella specie, la questione esegetica prospettata – relativa ai rapporti tra la normativa nazionale riguardante il trattamento dei lettori e il diritto UE, sia pure per uno specifico aspetto – non solo non è rilevante nel presente giudizio dato l’oggetto del medesimo e l’esito dell’esame delle ulteriori censure ma la stessa ha già formato oggetto di interpretazione da parte della CGUE (vedi sentenze 26 giugno 2001, C-212/99; 18 luglio 2006, C119/04 – Grande Sezione; 15 maggio 2008, C-276/07);

13. dalle considerazioni che precedono consegue che va accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri;

14. la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa alla Corte d’appello di Brescia che, in diversa composizione, procederà all’esame del merito e provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA