Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18823 del 28/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/07/2017, (ud. 31/01/2017, dep.28/07/2017),  n. 18823

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 25686 del ruolo generale dell’anno 2012,

proposto da:

s.r.l. D.S. Costruzioni, in persona del commissario liquidatore

M.G., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del ricorso, dall’avv. Alessandro Di Cagno, col quale

elettivamente si domicilia in Roma, alla via Laura Mantegazza, n.

24, presso il dr. Marco Gardin;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Puglia, sezione 6, depositata in data 23 marzo 2012,

n. 21/6/12;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

31 gennaio 2017 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;

uditi per il commissario liquidatore l’avv. Alessandro Di Cagno e per

l’Agenzia l’avvocato dello Stato Giammarco Rocchitta;

udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale Federico Sorrentino, che ha concluso per l’assegnazione di

termini per l’integrazione del contraddittorio e, in subordine, per

il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La s.r.l. D.S. costruzioni in concordato preventivo impugnò l’avviso di accertamento col quale, in relazione all’anno d’imposta 2005, l’Agenzia delle entrate, in esito alla verifica compendiata in un processo verbale di constatazione notificato all’amministratore e legale rappresentante della società in bonis, aveva recuperato maggiori irap ed iva, irrogando le relative sanzioni, nonchè il successivo avviso col quale, in relazione al medesimo anno d’imposta, integrando il precedente, l’Ufficio aveva recuperato anche la maggiore IRES.

La Commissione tributaria provinciale affermò la legittimazione passiva del commissario liquidatore ad opporsi agli avvisi di accertamento, dei quali aveva ricevuto notificazione, e comunque la sua qualità di litisconsorte del debitore e ne ricavò il difetto di motivazione degli avvisi di accertamento, perchè motivati per relationem al processo verbale di constatazione, che, sebbene non notificato al commissario, non era stato allegato agli avvisi.

Di contro, la Commissione tributaria generale ha accolto l’appello dell’Agenzia. Ha al riguardo anzitutto rilevato, ai fini del giudizio sulla ritualità dell’appello, indirizzato alla società, che anche l’atto introduttivo del giudizio era stato da questa proposto e, nel merito, ha reputato adeguatamente motivati gli avvisi di accertamento, in ragione della mancanza di terzietà del commissario liquidatore rispetto all’imprenditore in concordato, rimarcando, infine, la genericità delle contestazioni mosse alla pretesa impositiva.

Avverso questa sentenza propone ricorso il commissario liquidatore per ottenerne la cassazione, che affida a cinque motivi, cui l’Agenzia replica con controricorso.

Il ricorrente ha illustrato il ricorso con memoria, rappresentando che nelle more è stato dichiarato il fallimento della società, ma il curatore non si è costituito.

La Corte ha quindi sollecitato il contraddittorio ex art. 384 c.p.c., comma 3, sulla legittimazione sostanziale della parte che ha impugnato gli avvisi e che successivamente ha resistito in appello, per poi, da ultimo, proporre ricorso in cassazione, di modo che le parti hanno depositato ulteriori memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Infondata è l’eccezione di giudicato interno prospettata col primo motivo di ricorso, là dove si sostiene che sia passata in giudicato la statuizione del giudice di primo grado secondo cui il commissario liquidatore “è comunque litisconsorte del debitore”. Secondo parte ricorrente da tale statuizione deriverebbe la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti della società rappresentata dall’amministratore, sicchè deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., dell’art. 102c.p.c. e art. 329 c.p.c., comma 2, nonchè della L. Fall., artt. 160 e 167.

Il tema involge la legittimazione ad agire del soggetto che ha proposto il ricorso introduttivo, si è poi costituito in appello ed infine ha proposto il ricorso per cassazione, in quanto la statuizione riportata implica che, nel proporre il ricorso introduttivo, il commissario liquidatore abbia agito per sè e non già per il debitore, del quale sarebbe, appunto, litisconsorte necessario.

In realtà, nessun giudicato si è formato, in quanto sulla questione il giudice d’appello si è pronunciato e lo ha fatto in senso opposto a quello prospettato in ricorso.

Difatti, a fronte dell’eccezione in base alla quale l’appello erroneamente sarebbe stato notificato al difensore della s.r.l. D.S. Costruzioni, anzichè al procuratore della parte “effettivamente patrocinata costituita dalla procedura di concordato preventivo con cessione di beni n. 6/2008 del Tribunale di Bari…”, la Commissione tributaria regionale ha stabilito che “il soggetto proponente il ricorso…fosse la società” e ha, quindi, escluso la fondatezza dell'”…assunto che la società “DISTEFANO COSTRUZIONI S.R.L.” non ha proposto autonomo ricorso e che non s’è costituita in proprio e/o a mezzo del costituito procuratore”.

Quindi, secondo il giudice d’appello, il commissario liquidatore non è litisconsorte del debitore, perchè rappresenta il debitore.

2.- In effetti, come emerge dalla sentenza impugnata, il ricorso introduttivo -come poi è stato quello per cassazione- è stato proposto “per la società DISTEFANO COSTRUZIONI S.R.L….in persona del prof. dott. Massari Giansiro nella qualità di commissario liquidatore per la procedura di concordato preventivo…”: è lo stesso ricorrente a confermarlo, allorquando riporta nella narrativa del ricorso che “avverso detti accertamenti ricorreva alla C.T.P. di Bari la Società D.S. Costruzioni s. r. I., corrente in Bari, in persona del dr. MASSARI Giansiro quale Commissario Liquidatore per la procedura di concordato preventivo n. 06/2008, omologato dal Tribunale di Bari in data 07.02.2009”.

Ed anche nel giudizio di appello, prosegue il ricorrente, “si costituiva…la società D.S. Costruzioni SRL sempre però in persona del Prof. Dott. MASSARI Giansiro nella qualità di commissario liquidatore…”; sicchè la Commissione tributaria

RG n. 25686/12

Angelina- stensore

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regionale ha reputato che l’appello, indirizzato dall’Agenzia al difensore della società, fosse rivolto alla giusta parte del processo.

2.1.- Di là, dunque, dalle difese spese nel ricorso per cassazione ed in memoria, intese ad accreditare l’avvenuta spendita della -sola- qualità di commissario liquidatore del concordato preventivo e la sua alterità nel giudizio rispetto alla società, quel che che conta è la valutazione obiettiva della condotta processuale tenuta, valutabile anche in questa sede ed anche d’ufficio (in termini, Cass., sez. un., 16 febbraio 2016, n. 2951).

E la condotta processuale tenuta consiste, come rimarcato anche nella sentenza impugnata, nell’individuazione della società come parte processuale, in ragione della spendita, da parte del commissario liquidatore, della qualità di rappresentante della società (mediante l’impiego della locuzione “la società D.S. Costruzioni srl…in persona del prof. dott. Giansiro Massari nella qualità di commissario liquidatore per la procedura di concordato preventivo…”), rispondente al contenuto del mandato, conferito dal commissario liquidatore al difensore “affinchè rappresenti e difenda la detta società…”.

3.- D’altronde, di per sè il liquidatore, oltre a non avere legittimazione passiva, se non con riguardo alle controversie che investono lo scopo liquidatorio ed ineriscono alla ripartizione dell’attivo o all’entità delle spese della procedura (Cass. 12 maggio 2010, n. 11520; 3 aprile 2013, n. 8102), non può vantare neanche quella attiva, ad eccezione, appunto, di quelle cause recuperatorie dell’attivo che non esulino dal mandato ricevuto dal debitore o dall’incarico avuto dal tribunale: la legittimazione del commissario liquidatore è quindi riconoscibile nei soli limiti in cui la pretesa o l’obbligo siano sorti nel corso ed in funzione delle operazioni di liquidazione (Cass. 5 dicembre 2014, n. 18755).

3.1.- In definitiva, in caso di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, il liquidatore non ha legittimazione ad agire o a resistere in relazione ai giudizi, compresi quelli tributari, di accertamento delle ragioni di credito e pagamento dei relativi debiti, ancorchè influenti sul riparto che segue le operazioni di liquidazione, giacchè egli in quei giudizi, esperiti nei confronti del debitore cedente, può spiegare intervento, pur senza essere litisconsorte necessario (Cass. 4 settembre 2015, n. 17606; ribadisce, da ultimo, la persistente legittimazione del debitore, sia pure in riferimento al commissario giudiziale, Cass., ord. 9 maggio 2017, n. 11276).

L’imprenditore soggetto alla procedura di concordato preventivo prosegue difatti l’esercizio dell’impresa durante lo svolgimento della relativa procedura, quand’anche questa preveda la cessione dei beni ai creditori ed è soggetto passivo d’imposta pure in relazione agli obblighi di natura tributaria maturati dopo l’ammissione alla procedura concordataria e dopo l’omologazione della relativa proposta (Cass. 8 giugno 2011, n. 12422).

3.2.- Va quindi esclusa nel caso in esame la legittimazione ad agire del commissario liquidatore: pacifico è tra le parti che le ragioni di credito vantate dall’Amministrazione rimontino ad un anno d’imposta in cui la società era in bonis, tanto che gli avvisi di accertamento sono stati impugnati perchè il prodromico processo verbale di constatazione è stato notificato all’amministratore della società antecedentemente all’omologazione del concordato preventivo.

Il che determina il rigetto del motivo.

4.- Ciò posto, erroneamente il commissario liquidatore ha speso sin dalle fasi iniziali del giudizio e nell’odierno giudizio di legittimità la qualità di rappresentante della società ammessa al concordato.

4.1.- Benchè la figura giuridica del commissario liquidatore da sempre risenta di oscillazioni di dottrina e giurisprudenza, di volta in volta orientate a considerarlo un mandatario dei creditori oppure un mandatario del debitore (così Cass. 9 maggio 1958, n. 1519), oppure, ancora, un rappresentante di tutti i predetti soggetti o un organo della procedura, caratterizzato dalla terzietà rispetto a debitore e creditori e dalla posizione di ausiliario del giudice, si è venuto di recente assestando l’indirizzo che lo qualifica come mandatario dei creditori per il compimento di tutti gli atti necessari alla liquidazione dei beni del debitore, che ne resta proprietario sino alla loro vendita (Cass. n. 18755/14, cit., e Cass. 13 dicembre 2013, n. 27897; coerentemente Cass. 8 maggio 2012, n. 7021 ha escluso che l’attività svolta dal liquidatore rientri nell’organizzazione del servizio pubblico della giustizia ai fini della configurabilità della responsabilità dello Stato ex L. n. 89 del 2001, nel caso di ritardo nella sua conclusione).

Altrettanto erroneamente, dunque, si è ritenuta correttamente presente in giudizio la società, in quanto rappresentata dal commissario liquidatore dei beni nominato nella procedura di concordato preventivo, in virtù di tale qualità e non già di un eventuale, apposito mandato.

4.2.- Il giudice, sin dal primo grado, avrebbe, invece, dovuto fare applicazione dell’art. 182 c.p.c., comma 2, applicabile ratione temporis nel testo novellato dalla L. n. 69 del 2009, a norma del quale “quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza…”, nell’interpretazione datane dalle sezioni unite di questa Corte (Cass., sez. un., 22 dicembre 2011, n. 28337), secondo cui, in base a questa norma, il giudice è tenuto ad attivarsi per la sanatoria del vizio riscontrato.

Il che determina l’assorbimento dei restanti motivi di ricorso proposti.

5.- La sentenza va in conseguenza cassata, con rinvio alla Commissione tributaria provinciale di Bari, affinchè provveda all’applicazione della norma indicata, assegnando termine per la costituzione della persona cui spetta la rappresentanza della contribuente e, in esito al giudizio, regoli le spese anche del giudizio di legittimità.

PQM

 

la Corte rigetta il primo motivo di ricorso e pronunciando sui restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria provinciale di Bari.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017

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