Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18823 del 10/09/2020

Cassazione civile sez. I, 10/09/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 10/09/2020), n.18823

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7806-2019 proposto da:

S.L., rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO TACCHI

VENTURI, e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 26/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/07/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso depositato il 7.1.2018 il ricorrente impugnava il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano con il quale era stata respinta la sua istanza volta ad ottenere la predetta tutela.

Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano rigettava il ricorso.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione S.L. affidandosi a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo e la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 perchè il Tribunale non avrebbe considerato l’attività lavorativa stabilmente svolta in Italia dal richiedente la protezione e la sua conseguente integrazione nel tessuto socioeconomico nazionale.

La censura è inammissibile. Il decreto dà atto che la domanda del S. finalizzata al riconoscimento della protezione umanitaria risultava “… carente di allegazioni. Il ricorrente in Italia non ha raggiunto un livello sufficiente di indipendenza socioeconomica perchè non dispone di un proprio domicilio, non ha importanti riferimenti e svolge lavori saltuari nell’ambito del commercio, da ultimo alle dipendenze di un connazionale” (cfr. pag.10). Il ricorrente afferma di aver depositato “… un contratto ed alcune buste paga, che riportavano un importo medio di Euro 650” (cfr. pag. 9 del ricorso), ma nulla riferisce cita la natura del rapporto di lavoro, non attingendo adeguatamente, in tal modo, il punto della decisione impugnata con cui il giudice di merito aveva ritenuto precarietà della situazione lavorativa del richiedente. Del pari non attinto è l’aspetto della situazione alloggiativa, pure enfatizzato dal Tribunale nell’ambito della complessiva valutazione di non adeguatezza dell’inserimento del S. nel tessuto socio-economico nazionale. Dal che deriva l’insufficiente specificità della doglianza in esame, e quindi la sua inammissibilità.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 116 c.p.c., del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il giudice di merito avrebbe erroneamente ritenuto vago e non attendibile il racconto del richiedente, senza applicare in suo favore i principi della cooperazione istruttoria e dell’onere della prova attenuato vigenti in tema di protezione internazionale.

La censura è inammissibile.

Il Tribunale ha affermato che “Il racconto del richiedente, vagliato secondo i canoni della credibilità intrinseca in quanto del tutto sfornito di prova, può essere ritenuto plausibile con riferimento sia ai riferiti contrasti di carattere familiare con gli zii paterni sorti in conseguenza della morte dei genitori, determinati dalla pretesa di appropriarsi della casa che spettava al ricorrente, sia con riguardo alle disagiate condizioni economiche del ricorrente che aiutava lo zio nel lavoro dei campi e faceva il conducente di risciò” (cfr. pag.6). Ha però, di seguito, escluso la sussistenza di persecuzioni o situazioni di pericolo idonee a rientrare nell’ambito della protezione internazionale, ritenendo che il contrasto familiare avesse natura privata, non fosse mai sfociato in episodi di violenza fisica e non evidenziasse una carenza di protezione da parte degli apparati statali.

Tale motivazione non è adeguatamente attinta dalla censura, con la quale il ricorrente si limita ad invocare, in modo inammissibile, un riesame delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, da ritenere certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez., sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il Tribunale avrebbe apprezzato la condizione interna dell’India facendo uso di fonti informative inadeguate.

La censura è inammissibile: il Tribunale ha infatti ricostruito la situazione interna dell’India evidenziandone la sostanziale stabilità, in base alle informazioni disponibili, dando atto dei principali eventi storici che hanno interessato il Paese dopo l’ottenimento dell’indipendenza dalla Gran Bretagna e tracciando un quadro della composizione etnico-religiosa della popolazione. Il ricorrente non contrappone nulla di specifico a questa ricostruzione, limitandosi a censurare il richiamo operato, da parte del giudice di merito, alle risultanze del sito “(OMISSIS)”. Tuttavia il ricorrente trascura che detto rinvio è stato operato dal Tribunale soltanto con riferimento al pericolo legato alla presenza di tensioni in (OMISSIS) ed ai connessi fenomeni di terrorismo e non deduce, nè dimostra, di provenire da quella particolare regione o di avere con essa legami specifici. In argomento, invero, il ricorrente è nato a (OMISSIS), che si trova nel distretto di (OMISSIS), facente parte dello stato federato dell'(OMISSIS), distante dal (OMISSIS) circa 700 km. Da ciò consegue che l’erronea utilizzazione, da parte del Tribunale milanese della sola fonte “(OMISSIS)” per apprezzare il contesto di rischio esistente nella zona del (OMISSIS) risulta ininfluente sulla decisione finale assunta dal predetto Giudice; nè, d’altro canto, sussiste alcun interesse concreto del ricorrente a dolersi di detta utilizzazione, posto che la situazione del (OMISSIS) non appare idonea a spiegare alcun effetto sul destino della domanda di protezione formualata dal S.. Sul punto, occorre ribadire il principio per cui “L’interesse ad agire richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice poichè il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per l’attore senza che siano ammissibili questioni di interpretazioni di norme, se non in via incidentale e strumentale alla pronuncia sulla domanda principale di tutela del diritto ed alla prospettazione del risultato utile e concreto che la parte in tal modo intende perseguire” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28405 del 28/11/2008; Rv. 605612; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 15355 del 28/06/2010, Rv. 613874; Cass. Sez.6-L, Ordinanza n. 2051 del 27/01/2011, Rv. 616029; Cass. Sez. L, Sentenza n. 6749 del 04/05/2012, Rv. 622515). Infatti “… il processo non può essere utilizzato solo in previsione della soluzione in via di massima o accademica di una questione di diritto in vista di situazioni future o meramente ipotetiche” (Cass. Sez. L, Sentenza n. 27151 del 23/12/2009, Rv.611498).

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2020

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