Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18821 del 10/09/2020

Cassazione civile sez. I, 10/09/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 10/09/2020), n.18821

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5459-2019 proposto da:

K.V., rappresentato e difeso dall’avvocato ROMINA POSSIS, e

domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 09/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/07/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso depositato il 14.8.2018 il ricorrente impugnava il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano con il quale era stata respinta la sua istanza volta ad ottenere la predetta tutela.

Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano rigettava il ricorso.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione K.V., affidandosi a due motivi.

Il Ministero dell’Interno intimato ha depositato atto di costituzione ai fini della partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 ed del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e l’omesso esame di fatto decisivo, nonchè il vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè il giudice di merito avrebbe erroneamente ritenuto non credibile la storia riferita dal richiedente facendo riferimento ad un racconto diverso da quello effettivamente narrato. In particolare, il Tribunale avrebbe affermato che il ricorrente aveva dichiarato di aver lasciato il proprio Paese perchè preoccupato delle aggressioni dei cd. “bambini microbes”, mentre egli aveva riferito di essersi allontanato dalla (OMISSIS) perchè oggetto di persecuzione e trattamento discriminatorio in quanto appartenente ad una etnia non (OMISSIS).

La censura è inammissibile.

Dal decreto impugnato emerge che il Tribunale di Milano ha tenuto conto sia delle deduzioni relative al trattamento discriminatorio dipendente dalle origini etniche del K. (cfr. pagg.5 e 6), sia delle preoccupazioni da questo manifestate in relazione all’attività della gang dei cd. “bambini microbes” (cfr. pagg.7 e 8). In relazione al primo profilo, il giudice di merito ha ritenuto che quanto riferito dal richiedente fosse privo di attualità, posto che la discriminazione perpetrata ai danni di alcune etnie non indigene della (OMISSIS) si era sviluppata in un contesto temporale in cui la sua zona di origine era sotto il controllo dei ribelli, la cui attività è stata in seguito drasticamente ridimensionata per effetto delle missioni di peacekeeping assicurate dalle Nazioni Unite, della durata complessiva di 13 anni, all’esito delle quali la (OMISSIS) ha ritrovato un certo livello di stabilità. In relazione al secondo profilo, invece, il Tribunale di Milano ha ritenuto che l’unico episodio narrato dal K. non fosse sufficiente ad integrare gli estremi richiesti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, anche perchè l’attività delle baby-gang non interesserebbe il villaggio di (OMISSIS), dal quale proviene e nel quale abitava il K. prima di abbandonare il suo Paese, ma piuttosto le città: la gang dei cd. “bambini microbes”, in particolare, si sarebbe formata e sarebbe attiva nella città di (OMISSIS). Sia la prima che la seconda affermazione del giudice di merito sono ricavate da fonti internazionali debitamente indicate nel decreto impugnato, onde non si ravvisa alcun profilo di omesso esame, nè alcun vizio di motivazione utilmente deducibile in questa sede, nè alcuna violazione dei criteri normativi previsti per l’apprezzamento della credibilità ed idoneità della storia del richiedente la protezione.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente negato la concessione della protezione umanitaria, senza valutare in modo adeguato da una parte il rischio legato al rimpatrio, dipendente dallo stato di insicurezza generalizzata esistente in (OMISSIS), e dall’altro il percorso di integrazione in Italia seguito dal K..

La censura è inammissibile, poichè dal decreto impugnato risulta che il giudice di merito ha escluso la sussistenza di profili di vulnerabilità valorizzando da un lato la circostanza che il K. ha lasciato in patria moglie e figlia, e dall’altro lato il fatto che il medesimo non ha dimostrato alcun particolare radicamento in Italia, avendo seguito soltanto un corso di lingua ed avendo partecipato ad alcuni corsi organizzati presso il centro di accoglienza ove era ospitato. Tale valutazione, che appare coerente con il principio di comparazione tra le condizioni di vita in Italia e nel Paese di origine indicato dai precedenti di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv.647298), da un lato non viene adeguatamente e specificamente attinta dalla censura, che risulta formulata in termini generici, e dall’altro non dimostra l’esistenza di quella “… effettiva ed incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa (art. 2 Cost.)” che proprio l’appena richiamata sentenza n. 4455 del 2018 di questa Corte richiede.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, in assenza di notificazione di controricorso da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2020

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