Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18820 del 16/07/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 18820 Anno 2018
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: BOGHETICH ELENA

ORDINANZA
sul ricorso 16381-2016 proposto da:
FIORI

LOREDANA, elettivamente domiciliata In ROMA,

VIA GAER1ELE

CAMOZZI 1,

presso lo studio

dell’avvocato ALBINO ANGELILLO, che

la rappresenta e

difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in persona
2018
1666

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA AVENTINA 3/A, presso lo
studio dell’avvocato SAVERIO CASULLI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 16/07/2018

avverso

la

sentenza

n.

2534/2016

della CORTE

D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/04/2016, R. G. N.

989/2015.

1/

n. 16381/2016 R.G.

RILEVATO
che con sentenza depositata il 29.4.2016 la Corte di appello di Roma, in riforma della
pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda di annullamento del licenziamento
intimato il 14.11.2013 dalla società Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. a Loredana
Fiori per superamento del periodo di comporto;

che la Corte territoriale, ritenendo correttamente proposta, al Tribunale, l’opposizione

ampiamente superato il termine di comporto di sei mesi previsto dall’art. 58, comma
6, del C.C.N.L. settore Credito per i lavoratori ultrasessantenni e che nessun
collegamento causale tra l’assenza per malattia e comportamenti datoriali emergeva
dalle allegazioni del ricorso introduttivo del giudizio né, in ogni caso, dalla perizia
affidata al CTU;

che per la cassazione della sentenza la Fiori propone ricorso affidato a sette motivi
illustrati da memoria;

che la società ha depositato controricorso;
RITENUTO
che con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art.
1, comma 51, della legge n. 92 del 2012 in relazione all’art. 414 cod.proc.civ. (ex art.
360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, trascurato che il
ricorso in opposizione proposto dalla Banca non conteneva alcuna esposizione dei fatti
ma solo la mera trascrizione della lettera di licenziamento né esponeva le ragioni
giuridiche poste a base del licenziamento;

che

il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 115

cod.proc.civ. e degli artt. 2087, 2103, 2110, 2697 cod.civ. . (ex art. 360, primo
comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale i ritenuto sfornito di prova il
collegamento causale tra malattia e condotta datoriale nonostante mancata
contestazione, da parte della banca, dei fatti allegati dalla lavoratrice nel ricorso
introduttivo del giudizio;

che con il terzo motivo è dedotto un vizio di motivazione (ex art. 360, primo comma,
n. 5 cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, trascurato il gravissimo
demansionannento subito dalla lavoratrice sin dall’anno 2000 e l’aggravamento
1

di cui all’art. 1, comma 51, della legge n. 92 del 2012, ha rilevato che risultava

n. 16381/2016 R.G.

provocato dall’ennesimo evento vessatorio consistito nell’aver scoperto, al rientro dal
periodo di malattia, l’occupazione della postazione di lavoro da parte di altro
dipendente e lo spostamento dei suoi effetti personali all’interno del magazzino;

che con il quarto motivo è dedotto un vizio di motivazione (ex art. 360, primo
comma, n. 5 cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, soprasseduto, all’esito della
perizia depositata dal CTU, di procedere ad ulteriore visita medica psichiatrica;

comma, n. 5 cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, ritenuto tardivi i certificati
medici esaminati dal CTU nonostante si trattasse di documenti di cui vi era ampia
traccia nella perizia di parte prodotta dalla lavoratrice sin dal primo grado;

che con il sesto motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 58, comma
9, del C.C.N.L. settore Credito in relazione agli artt. 2110 e 2118 cod.civ. (ex art. 360,
primo comma, n. 3 cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, erroneamente
interpretato la clausola negoziale che impone alla banca il preavviso dell’approssimarsi
del superamento del periodo di comporto senza distinguere tra lavoratori aventi diritto
al trattamento pensionistico o meno;

che con il settimo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 11 delle
disposizioni sulla legge in generale e del d.m. n. 140 del 2012 nonché vizio di
motivazione (ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) non avendo, la
Corte distrettuale, in sede di liquidazione delle spese di lite specificato i parametri
adottati e, in particolare, lo scaglione utilizzato quale parametro di riferimento,
dovendosi procedere ad una compensazione in considerazione dei

“due giudizi [di

merito] altamente contrastanti” o, comunque, liquidarsi le spese nel minimo della
fascia;

che

il primo motivo non è fondato avendo correttamente rilevato, la Corte

distrettuale, che nel rito cd. Fornero, il giudizio di primo grado è unico a composizione
bifasica, con una prima fase ad istruttoria sommaria, diretta ad assicurare una più
rapida tutela al lavoratore, ed una seconda fase, a cognizione piena, che della
precedente costituisce una prosecuzione (cfr. in tal senso Cass. Sez.U. n. 19674 del
2014; Cass. n. 27655 del 2017), con conseguente possibilità di

“rapportarsi al

contenuto dell’ordinanza sommaria” opposta ed avendo, inoltre, effettuato un esame
complessivo dell’atto di opposizione della banca (cfr. con riguardo all’esame
complessivo dell’atto ai fini delle nullità della domanda, ex plurimis, Cass. n. 7137 del
2

che con il quinto motivo è dedotto un vizio di motivazione (ex art. 360, primo

n. 16381/2016 R.G.

2002) pervenendo ad escludere la nullità dell’atto per mancata determinazione
dell’oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle
ragioni di diritto su cui si fondava l’opposizione;

che il secondo ed il terzo motivo di ricorso appaiono inammissibilmente formulati, per
avere ricondotto sotto l’archetipo della violazione di legge censure che, invece,
attengono alla tipologia del difetto di motivazione (da scrutinarsi alla luce del novellato

gravame contro la decisione di merito mediante una diversa lettura delle risultanze
procedimentali così come accertate e ricostruite dalla Corte territoriale, non potendosi
rinvenire nemmeno un vizio di falsa applicazione di legge, non lamentando, il
ricorrente, un errore di sussunzione del singolo caso in una norma che non gli si
addice;

che, invero, la Corte territoriale, esaminando i fatti “nella stessa narrazione degli
accadimenti sviluppata dalla Fiori” (ossia presa visione, in data 10.12.2012 al rientro
da un periodo di malattia, dell’occupazione della sua postazione e dello spostamento
degli effetti personali in un’altra stanza in attesa del trasferimento in una nuova sede)
ha escluso che si trattasse di “epilogo di una strategia datoriale demansionante”

non

essendo state ancora assegnate, nel giorno di rientro in ufficio, nuove mansioni a
seguito del trasferimento e trattandosi di determinazioni della banca “rispondenti a
criteri di ordinaria organizzazione e di obiettivo buon senso” ;

che il quarto motivo è inammissibile, non risultando – la censura – conforme alla
consolidata giurisprudenza di questa Corte che, con riguardo a lamentati errori e
lacune della consulenza tecnica d’ufficio, la ritiene suscettibile di esame in sede di
legittimità unicamente sotto il profilo del vizio di motivazione della sentenza, quando
siano riscontrabili carenze o deficienze diagnostiche o affermazioni scientificamente
errate e non già quando si prospettino semplici difformità tra la valutazione del
consulente circa l’entità e l’incidenza del dato patologico e la valutazione della parte
(Cass. nn. 3307/2012, 22707/2010, 569/2011);

che, nel caso di specie, la Corte territoriale, aderendo alle conclusioni del CTU di un
possibile nesso causale tra i fatti del 10.12.2012 e l’insorto episodio stenocardico da
circoscrivere ad un periodo di assenza non superiore a 60 giorni, ha rilevato che anche
detraendo tale periodo (60 giorni) dai complessivi giorni di assenza per malattia (331)
permaneva largamente decorso il periodo semestrale di comporto ed ha aggiunto, con
3

testo dell’art. 360 n. 5, come interpretato dalle Sezioni Unite n. 8053/2014) ovvero al

n. 16381/2016 R.G.

riguardo alla sindrome ansioso-depressiva, che il CTU aveva escluso il collegamento
tra tale stato e l’episodio coronarico, che i certificati medici erano stati tardivamente
prodotti e che tale patologia risultava dalle stesse relazione dei medici di parte
“cronicizzata e con effetti definiti irreversibili”;

che

il quinto motivo di ricorso è infondato, non essendo sufficiente che la

documentazione medica sia “indicata” nella perizia di parte prodotta in primo grado ed

questa Corte che richiede il deposito di tutta la documentazione contestualmente alla
costituzione in giudizio (cfr. Cass. Sez. U. n. 8202 del 2005);

che il sesto motivo di ricorso è infondato, avendo la Corte territoriale esaminato il
testo della clausola contrattuale nel rispetto dei canoni esegetici dettati
dall’ordinamento (con particolare riguardo all’art. 1363 cod.civ.) ed avendo rilevato
che, il combinato disposto dei commi 9 e 10 dell’art. 58 del C.C.N.L. settore Credito,
rendeva chiaro che il preavviso dovuto al lavoratore in prossimità della scadenza del
periodo di comporto era funzionale all’opzione per l’aspettativa non retribuita,
aspettativa di cui i lavoratori in possesso dei requisiti pensionistici (come la Fiori) non
potevano fruire;

che il settimo motivo è infondato avendo questa Corte ripetutamente affermato che,
qualora non sia prodotta una nota specifica, il giudice non è onerato dell’indicazione
specifica delle singole voci prese in considerazione e la liquidazione giudiziale delle
spese di lite è da presumere avvenuta con riferimento a quel che risulta dagli atti,
quanto alla corrispondenza fra l’attività svolta dal difensore e la somma spettante a
titolo di spese, diritti ed onorari, essendo, inoltre, onere della parte che lamenti
l’erronea liquidazione dimostrare – attraverso la produzione in giudizio della nota
specifica delle prestazioni svolte – che l’attività esposta sia stata effettivamente resa,
nonché quali singole voci non siano state incluse nella somma liquidata a
compensazione, o siano state liquidate in violazione dei limiti tariffari, potendo il
giudice, solo in forza di tale attività, verificare con puntualità e precisione la
corrispondenza o meno delle richieste alle risultanze di causa, traendo anche
argomento dalla mancata contestazione della controparte (Cass. n. 7654 del 2013,
Cass. n. 3023 del 2012);

che, inoltre, in ordine alla compensazione delle spese di lite, il sindacato della Corte di
Cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod.proc.civ., è limitato ad accertare
4

essendosi conformata, la Corte territoriale, al principio affermato ripetutamente da

li. 16381/2016 R.G.

che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste
a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere
discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in
tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di
altri giusti motivi (cfr. Cass. n. 24502 del 2017, Cass. n. 8421 del 2017) ,
applicandosi, peraltro, nel caso di specie, l’art. 92, comma 2, cod.proc.civ. come
sostituito dall’ art. 45, comma 11, della legge n. 69 del 2009, trattandosi di giudizio

la compensazione delle spese “se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi
ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione”;

che, in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della
soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma
17 (legge di stabilità 2013);

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00
per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nell’Adunanza camerale del 17 aprile 2018.

64,- 1,

ti CANC(Y ‘ tE.1-nE
cicoia
Maria Pi

Il Presidente
dott. Antonio Manna

instaurato dopo l’entrata in vigore della legge (4.7.2009), disposizione che prevedeva

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