Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18819 del 20/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 20/08/2010, (ud. 23/06/2010, dep. 20/08/2010), n.18819

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX

SETTEMBRE n. 26, presso lo studio degli avvocati BALZI BENILDE,

GAGLIASSO LOREDANA, che lo rappresentano e difendono, giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, NICOLA VALENTE, ALESSANDRO RICCIO, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1014/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

14.10.08, depositata il 20/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

udito per il ricorrente l’Avvocato Loredana Gagliasso che si riporta

agli scritti e chiede l’ammissibilita’ del ricorso;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO

VELARDI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Tribunale di Torino, con sentenza del 2 luglio 2007, disposta una CTU, in parziale accoglimento del ricorso proposto da D. A. in data 14.11.2006, condannava l’Inps al pagamento in favore del ricorrente dell’assegno ordinario di invalidita’ di cui alla L. n. 222 del 1984, art. 1 a decorrere dal dicembre 2006.

Proponeva appello l’interessato chiedendo che la prestazione gli venisse riconosciuta dall’ottobre 2001.

Nella resistenza dell’Inps, la Corte di Appello di Torino, con sentenza depositata il 20.10.2008, respingeva l’appello sul rilievo che l’appello si limitava ad esprimere una diversa valutazione di quanto accertato dal CTU in primo grado, tanto piu’ che tale valutazione era stata condivisa anche dal CT di parte.

Avverso detta sentenza il sig. D. ha proposto ricorso per cassazione con un motivo con il quale, denunciando omessa ed insufficiente motivazione, censura la sentenza impugnata per aver condiviso le conclusioni del CTU di primo grado senza tenere in alcun conto le critiche mosse a tale relazione nell’atto di impugnazione.

L’INPS ha resistito con controricorso. Il ricorso non e’ meritevole di accoglimento.

Si premette che il ricorrente non ha prodotto unitamente al ricorso copia della CTU di primo grado di cui critica il contenuto, ne’ ha specificato in quale atto o fascicolo di parte il medesimo documento sia rinvenibile, ne’ ha trascritto in ricorso la relazione peritale censurata, non consentendo cosi’ alla Corte di valutare la fondatezza delle censure proposte e rendendosi inadempiente al disposto dell’art. 366 c.p.c. e dell’art. 369 c.p.c., n. 4 (vedi SS.UU. n. 7161/2010, Cass. n. 22303/2008). La parte che censura la sentenza impugnata per vizi di motivazione per aver recepito gli errori e le lacune della consulenza tecnica d’ufficio ha l’onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e di riportare altresi’ il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirle acriticamente, cosi’ da consentire al giudice di legittimita’ di apprezzarne la decisivita’ delle censure in base al solo ricorso (vedi SS.UU. n. 7161/2010, Cass. n. 13845/2007, n. 7078/2006, n. 4885/2006).

Nel merito si osserva che per costante insegnamento della S.C., ove il giudice di merito ritenga di dover aderire alla consulenza tecnica d’ufficio non e’ tenuto a dare particolareggiata motivazione delle ragioni dell’adesione, ben potendo il relativo obbligo ritenersi assolto con l’indicazione della relazione peritale (Cass. n. 17770/2007, n. 4170/2006, n. 15108/2005). La ricorrente lamenta la omessa valutazione da parte del CTU dei rilievi mossi con l’atto di appello e ribaditi nei verbali di causa. Al riguardo va osservato che il consulente non e’ tenuto ad esaminare e confutare analiticamente tutti i rilievi mossi dalle parti, ma e’ tenuto a valutare compiutamente le condizioni di salute del periziato ed a dare adeguata giustificazione sul piano logico e medico – scientifico delle conclusioni cui e’ giunto, restando in tal modo implicitamente disattese le diverse conclusioni sollecitate dalla parte privata. Le censure proposte dalla parte ricorrente di fatto non sono apprezzabili dalla Corte mancando il termine di riferimento, e cioe’ il testo della relazione peritale di primo grado che parte ricorrente contesta.

In definitiva, deve essere qui ribadito il principio ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali derivanti da patologie dell’assicurato, l’apprezzamento del giudice di merito sui risultati dell’indagine svolta dal CTU, nonche’ la valutazione in ordine alla obbiettiva esistenza delle infermita’, alla loro natura ed entita’ ed alla loro incidenza sulla capacita’ lavorativa, costituisce tipico accertamento in fatto, sindacabile in sede di legittimita’ solo per vizi di motivazione (cfr. Cass. n. 8654/2008, n. 19661/2006, n. 14849/2004). Pertanto non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca “per relationem” le conclusioni e i passi salienti di una relazione di CTU di cui dichiari di condividere il merito; di conseguenza, per infirmare, sotto il profilo dell’insufficienza argomentativa, tale motivazione e’ necessario che la parte non solo alleghi le critiche mosse alla CTU gia’ dinanzi al giudice “a quo”, la loro rilevanza ai fini della decisione e l’omesso esame in sede di decisione, ma riproduca in ricorso anche il testo della relazione peritale che contesta; in difetto, la critica dell’elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimita’ (Cass. n. 10222/2009).

Per tutte le considerazioni sopra svolte il ricorso, dunque, deve essere respinto. Nulla per le spese del giudizio di cassazione a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo introdotto dalla L. n. 326 del 2003, avendo l’interessato reso la prescritta dichiarazione.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso, Nulla per le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 23 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2010

 

 

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