Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18818 del 28/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/07/2017, (ud. 03/04/2017, dep.28/07/2017),  n. 18818

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 9111/12, proposto da:

C.B., elett.te domic. in (OMISSIS), presso l’avv. Francesco

D’Ayala Valva, rappres. e difesa dall’avv. Roberto Mazzetti, con

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, elett.te domic. in Roma, alla via dei

Portoghesi n.12, presso l’Avvocatura dello Stato che la rappres. e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 59/66/2011 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata in data 7/3/2011;

udita la relazione del consigliere, dott. Rosario Caiazzo;

sentito il difensore della parte ricorrente, avv. O. Chiari per

delega dell’avv. Mazzetti;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del dott. De Augustinis

Umberto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.B. propose ricorso avverso un avviso d’accertamento, per l’anno 2005, afferente alla rettifica del reddito d’impresa e del volume della produzione, ai fini irap e iva, contestando la ricostruzione di vari movimenti bancari effettuata dall’Agenzia delle entrate.

Si costituì l’ufficio con controdeduzioni.

La Ctp di Bergamo, in parziale accoglimento del ricorso, accertava in una somma inferiore il maggior reddito d’impresa, rilevando che la documentazione acquisita aveva dimostrato che il C. incassò vari assegni circolari, versandoli su uno dei suoi cinque conti correnti, sui quali trasse poi assegni bancari per prelevare denaro contante da restituire ad altro soggetto, trattenendo una percentuale di compenso per circa Euro 50000,00, accertato appunto quale maggior reddito.

L’Agenzia delle entrate propose appello; si costituì il contribuente con controdeduzioni.

La Ctr, in parziale riforma della sentenza appellata, respinte le eccezioni preliminari, determinò il maggior reddito nella maggior somma di Euro 2.817.489, detraendo dal maggior reddito accertato dall’ufficio la somma corrisposta a terzi, oggetto degli assegni circolari incassati.

Il C. ha proposto ricorso per cassazione, formulando 17 motivi; resiste l’Agenzia con controricorso, contenente ricorso incidentale, affidato a due motivi; il contribuente ha altresì depositato controricorso in replica al ricorso incidentale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale è infondato.

Con il primo motivo, la parte ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in ordine alla mancata pronuncia sull’eccezione d’inammissibilità dell’appello, per mancanza dell’oggetto della domanda (D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53, n. 1), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il secondo motivo, è stata denunciata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa motivazione in ordine alla predetta eccezione.

Con il terzo motivo, la ricorrente ha addotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in ordine alla medesima questione dell’inammissibilità dell’appello per assenza dei motivi specifici d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il quarto motivo, è stata lamentata la violazione e falsa applicazione del suddetto art. 36, circa l’omessa motivazione in ordine alla medesima questione dell’inammissibilità dell’appello per mancanza dei motivi specifici d’impugnazione, in riferimento anche al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, n. 1, in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il quinto motivo, è stata denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per ultrapetizione, avendo la Ctr deciso oltre i limiti della domanda dell’Agenzia delle entrate, pronunciandosi su domande non riproposte nel grado d’appello.

Con i motivi dal sesto al tredicesimo, la parte ricorrente ha denunciato, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su specifici fatti controversi afferenti tutti a varie operazioni bancarie del contribuente a favore di terzi, addotte quali atti di restituzione di somme nell’ambito di prospettati rapporti sottostanti all’emissione di titoli di credito, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il quattordicesimo motivo, è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c. e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 2, in ordine all’inosservanza del principio che informa le presunzioni in tema di esame delle movimentazioni bancarie, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il quindicesimo motivo è stata lamentata l’omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, afferente a specifiche operazioni bancarie che furono oggetto di duplicazione nell’avviso d’accertamento impugnato.

Con il sedicesimo motivo, è stato lamentato che la Ctr decise la causa sulla base di fatti non contestati dall’Agenzia delle entrate – come indicati nelle tabelle riprodotte in ricorso – relativi ad operazioni bancarie erroneamente conteggiate come maggior reddito.

Con l’ultimo motivo, parte ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 53 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per quanto attiene alla mancata pronuncia sull’eccezione relativa al calcolo forfettario dei costi che concorsero a determinare il maggior reddito accertato.

I primi quattro motivi sono da esaminare congiuntamente, in quanto tra loro connessi.

Il primo motivo è infondato; dalla sentenza della Ctr si desume chiaramente l’oggetto dell’atto d’appello, avendo l’Agenzia chiesto la riforma della sentenza impugnata, accertando quale maggior reddito imponibile tutte le somme versate sui vari conti correnti bancari indicati, il cui complessivo ammontare fu indicato nel ricorso introduttivo della lite.

I motivi secondo, terzo e quarto sono parimenti infondati per la medesima suddetta argomentazione, poichè la Ctr ha motivato in maniera chiara ed esaustiva in ordine all’oggetto dell’appello, indicando espressamente i motivi specifici dell’impugnazione, formulati anche riproducendo la domanda di primo grado.

Il quinto motivo è inammissibile, in quanto non autosufficiente, non riportando interamente i motivi dell’appello, per cui è precluso alla Corte l’esame del motivo afferente alla lamentata decisione della Ctr in ordine a domande dell’Agenzia non riproposte in appello; in particolare, la ricorrente ha riprodotto le sole conclusioni del motivo d’appello dell’Agenzia, sicchè il motivo è stato redatto in maniera incompleta.

I motivi dal sesto al tredicesimo vanno trattati congiuntamente, in quanto tra loro connessi.

I motivi sono infondati.

Il ricorrente, in ognuno di essi, ha lamentato l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a vari fatti, controversi e decisivi, inerenti alla mancata giustificazione di alcune operazioni bancarie, consistite nel versamento di somme di denaro su conti correnti riferiti al contribuente, avendo la Ctr fatto riferimento a semplici affermazioni verbali circa i rapporti intercorsi con i terzi soggetti.

La motivazione del giudice d’appello è chiara ed esaustiva, avendo confermato quella del giudice di primo grado in ordine ai versamenti affluiti sui conti correnti bancari del contribuente, effettuati nell’ambito di un’attività illecita svolta da quest’ultimo in violazione delle leggi bancarie e creditizie.

Le giustificazioni fornite dal C. al riguardo sono fondate su mere affermazioni verbali e prive di qualunque riscontro documentale, per cui non è censurabile la motivazione della Ctr.

Il quattordicesimo motivo è privo di pregio, in quanto per precludere la presunzione di maggiori ricavi, in ordine ai prelevamenti, di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 2, è necessario indicare il beneficiario delle operazioni e provare l’effettività delle stesse.

Ne consegue che, al fine di escludere l’operatività della suddetta presunzione, non è sufficiente indicare il beneficiario delle somme prelevate, come esposto dal ricorrente, ma è necessario allegare e dimostrare l’effettività della percezione delle somme da parte dei terzi.

Il motivo in esame è fondato esclusivamente sul fatto che il C. ha indicato il beneficiario delle somme prelevate dai suoi conti correnti, senza allegare l’effettiva dazione del denaro e le relative modalità.

Il motivo è altresì inammissibile, in quanto diretto ad un riesame dei fatti, in ordine ad operazioni fondate su titoli di credito e alla giustificazione dei sottostanti rapporti causali.

Il quindicesimo motivo è inammissibile, in quanto non autosufficiente, non avendo il ricorrente riprodotto nel ricorso la tabella indicante le invocate operazioni extra-conto che sarebbero duplicazioni di operazioni bancarie già inserite in altra tabella, parimenti non riprodotta.

Il sedicesimo motivo è del pari inammissibile, perchè non autosufficiente, poichè il ricorrente non ha allegato e riprodotto la parte delle difese dell’Agenzia che avrebbero concretizzato l’invocata mancata contestazione circa le operazioni indicate, essendo dunque precluso alla Corte l’esame del motivo.

In ogni caso, dalla sentenza si evince che il giudice del merito ha esaminato e valutato ogni operazione bancaria oggetto dell’accertamento impugnato dal contribuente.

L’ultimo motivo è infondato, in quanto la Ctr ha deciso sull’eccezione afferente i costi sostenuti dal contribuente, detraendo parte di essi, in parziale riforma della sentenza di primo grado.

Il ricorso incidentale è fondato nei limiti qui di seguito precisati.

Il primo motivo è inammissibile, in quanto la parte ricorrente non ha colto la ratio decidendi, criticando la parte della sentenza che accertò che una parte delle somme versate ad un terzo fossero, in realtà, atti di restituzione del denaro, configurabili dunque come costi da detrarre dalla somma oggetto dell’accertamento del reddito ascritto al contribuente, adducendo la violazione delle norme probatorie sull’operatività delle presunzioni.

Invero, la Ctr ha ritenuto che la dichiarazione scritta resa dal terzo – secondo il quale non fu possibile incassare assegni circolari presso la banca di (OMISSIS) che, invece, furono monetizzati dal C. – costituisse prova scritta sufficiente dell’effettiva restituzione di somme allo stesso terzo.

Pertanto, la censura atteneva, di fatto, al diverso vizio della motivazione in ordine alla reale natura dell’operazione dell’incasso degli assegni circolari.

Il secondo motivo va invece accolto, considerando che la Ctr ha adottato una motivazione contraddittoria e non chiara circa la natura di costo della somma detratta dall’imponibile.

Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte, il vizio di contraddittoria motivazione, denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione. Detto vizio non può, peraltro, consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, perchè spetta solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, e a tale fine valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza; scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione; dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova. L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non conferisce, infatti, alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti. Ne deriva, pertanto, che alla cassazione della sentenza, per vizi della motivazione, si può giungere solo quando tale vizio emerga dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, che si rilevi incompleto, incoerente e illogico, e non già quando il giudice del merito abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (Cass., n.350 del 14.1.2002; n. 15489 dell’11.7.2007).

Nel caso concreto, va rilevato che il giudice d’appello, da un lato, ha evidenziato l’evidente anomalia della condotta del soggetto che, in possesso di assegni circolari, anzichè portarli all’incasso, si rivolse al C., mentre, dall’altro, ha ritenuto che, comunque, la dichiarazione scritta del portatore dei titoli – relativa all’impossibilità di incassarli presso la suddetta banca – seppure “stupefacente”, costituisse una prova scritta sufficiente della restituzione di denaro da parte del C. da detrarre dal maggior reddito tassabile accertato nei confronti dello stesso contribuente.

Ora, tale motivazione è contraddittoria, in quanto non consente di comprendere l’effettiva ragione che indusse la Ctr a formulare tale convincimento, atteso che la premessa dell’argomentare del giudice di merito circa l’anomalia della condotta del portatore dei titoli e l’oggettiva “stranezza” della dichiarazione da quest’ultimo sottoscritta si pone in palese contrasto logico con la conseguenza che ne trasse, in ordine alla credibilità del contenuto della suddetta dichiarazione.

Sussiste, pertanto, un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione.

Giova, peraltro, evidenziare che qualunque banca autorizzata può e deve versare l’importo di assegni circolari, regolarmente emessi (che di fatto equivalgono a denaro contante, in quanto emessi sulla base di corrispondente provvista) su un conto riferito al traente o ad un eventuale terzo legittimo giratario.

Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Ctr, anche per le spese.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso principale. Dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale ed accoglie il secondo.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Ctr, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017

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