Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18818 del 10/09/2020

Cassazione civile sez. I, 10/09/2020, (ud. 17/07/2020, dep. 10/09/2020), n.18818

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32488/2018 proposto da:

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.J., elettivamente domiciliato in Roma, Via Barnaba Tortolini

30 presso lo studio dell’avvocato Ferrara Alessandro che lo

rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2112/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/07/2020 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di Milano, pubblicata il 30 aprile 2018, con cui è stato parzialmente accolto il gravame proposto da S.J. nei confronti dell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., comma 5, del Tribunale del capoluogo lombardo. La nominata Corte ha negato che al ricorrente potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed ha altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria; ha tuttavia accertato spettasse il diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Ha osservato, in particolare, che andava valutato positivamente il percorso di integrazione del richiedente in Italia e che, inoltre, dovevano essere presi in considerazione i documentati inviti dei parenti di S. a non tornare in patria a causa della relazione omosessuale da questi intrattenuta e delle conseguenti ricerche svolte dalla polizia nei suoi confronti: evenienza, quest’ultima, che evidenziava la situazione di grave vulnerabilità che avrebbe afflitto l’istante in caso di rimpatrio.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su di un solo motivo. Il richiedente resiste con controricorso e ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorrente Ministero denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Rileva che la forma di protezione concessa deve dipendere dalla presenza di gravi esigenze umanitarie e che tale non poteva in definitiva intendersi la situazione valorizzata dalla Corte di merito.

2. – Il ricorso è infondato.

Il giudice distrettuale ha proceduto alla comparazione tra il processo di inserimento di S.J. in Italia e la condizione di vulnerabilità dello stesso, legata a una fattispecie di grave discriminazione. Mette conto di rilevare che il ricorrente Ministero non ha in alcun modo censurato la ricostruzione della vicenda individuale dell’istante operata dalla Corte distrettuale, la quale ha evidenziato come il richiedente fosse stato invitato dai propri familiari a non tornare in patria, ove era ricercato per la sua relazione omosessuale.

Il giudizio formulato dalla Corte di appello risulta allora attuato in conformità della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. Sez. U. 13 novembre 2019, n. 29459 cit.).

3. – Per le spese di giudizio opera il criterio della soccombenza.

Non deve darsi atto dell’obbligo, da parte del Ministero, di versare – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del medesimo art. 13, comma 1 bis: il ricorso è stato infatti proposto da un’Amministrazione dello Stato, istituzionalmente esonerata, per valutazione normativa della sua qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass. 14 marzo 2014, n. 5955).

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 17 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2020

 

 

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