Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18817 del 20/08/2010
Cassazione civile sez. lav., 20/08/2010, (ud. 23/06/2010, dep. 20/08/2010), n.18817
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in Roma, via della Frezza 17, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO
ALESSANDRO, NICOLA VALENTE, CLEMENTINA PULLI, giusta procura speciale
in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
S.S.A.;
– intimato –
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO
VELARDI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Patti, con sentenza del 6 aprile 2004, accoglieva la domanda di S.S.A. e riconosceva il diritto del ricorrente all’assegno ordinario di invalidita’ a decorrere dall’agosto 2003. Il Tribunale dichiarava di condividere le conclusioni del CTU nominato in quel grado secondo cui le infermita’ riscontrate erano tali da ridurre la capacita’ di lavoro del periziato nei limiti di legge.
La Corte di Appello di Messina, con sentenza depositata il 13 ottobre 2008, rigettava l’appello dell’Inps osservando che la CTU sulla quale si basava la decisione del primo giudice era pienamente condivisibile perche’ adottata dopo accurata visita e sulla base di esami specialistici eseguiti presso strutture pubbliche. Rilevava, altresi’, che le censure mosse a tale relazione si rivelavano del tutto generiche, non avendo l’appellante documentato i lamentati errori tecnici in cui sarebbe incorso il perito.
Avverso detta sentenza l’Inps ha proposto ricorso per cassazione con due motivi con i quali ha denunciato:
1) violazione della L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 1 per non avere il CTU di primo grado svolto alcuna indagine sulle occupazioni confacenti alle attitudini dell’assicurato;
2) vizi di motivazione per non avere il giudice di appello tenuto conto delle critiche alla CTU sollevate nell’atto di impugnazione.
L’intimato non si e’ costituito.
Si premette che il ricorrente non ha prodotto unitamente al ricorso copia della CTU di primo grado di cui critica il contenuto, ne’ ha specificato in quale atto o fascicolo di parte il medesimo documento sia rinvenibile, ne’ ha trascritto in ricorso la relazione peritale censurata, non consentendo cosi’ alla Corte di valutare la fondatezza delle censure proposte e rendendosi inadempiente al disposto dell’art. 366 c.p.c. e dell’art. 369 c.p.c., n. 4. (Cass. n. 22303/2008). La parte che censura la sentenza impugnata per vizi di motivazione per aver recepito gli errori e le lacune della consulenza tecnica d’ufficio ha l’onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e di riportare altresi’ il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirle acriticamente, cosi’ da consentire al giudice di legittimita’ di apprezzare la decisivita’ delle censure in base al solo ricorso (Cass. n. 13845/2007, n. 7078/2006, n. 4885/2006).
Nel merito si osserva che per costante insegnamento della S.C., ove il giudice di merito ritenga di dover aderire alla consulenza tecnica d’ufficio non e’ tenuto a dare particolareggiata motivazione delle ragioni dell’adesione, ben potendo il relativo obbligo ritenersi assolto con l’indicazione della relazione peritale (Cass. n. 17770/2007, n. 4170/2006, n. 15108/2005). La ricorrente lamenta la omessa valutazione da parte del CTU dei rilievi mossi con l’atto di appello e ribaditi nei verbali di causa. Al riguardo va osservato che il consulente non e’ tenuto ad esaminare e confutare analiticamente tutti i rilievi mossi dalle parti, ma e’ tenuto a valutare compiutamente le condizioni di salute del periziato ed a dare adeguata giustificazione sul piano logico e medico – scientifico delle conclusioni cui e’ giunto, restando in tal modo implicitamente disattese le diverse conclusioni sollecitate dalla parte privata. Si rileva comunque che dalla stessa CT di parte allegata all’appello e richiamata in ricorso risulta che il periziato al momento della visita medica svolgeva attivita’ agricola e che “fino al 1981” (e quindi oltre 20 anni prima) aveva svolto attivita’ di artigiano, sicche’ non vi sono dubbi sul fatto che il CTU, e quindi anche giudice del gravame, abbiano tenuto presenti tali circostanze. Il resto delle censure non sono apprezzabili dalla Corte mancando il termine di riferimento, e cioe’ la relazione peritale di primo grado che l’istituto contesta.
In definitiva deve essere confermato i principio, ripetutamente affermato, per cui nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali derivanti da patologie dell’assicurato, l’apprezzamento del giudice di merito sui risultati dell’indagine svolta dal CTU, nonche’ la valutazione in ordine alla obbiettiva esistenza delle infermita’, alla loro natura ed entita’ ed alla loro incidenza sulla capacita’ lavorativa, costituisce tipico accertamento in fatto, sindacabile in sede di legittimita’ solo per vizi di motivazione (cfr. Cass. n. 8654/2008, n. 19661/2006, n. 14849/2004), non essendo sufficiente la pura e semplice contrapposizione di una difforme valutazione dell’entita’ e dell’incidenza del dato patologico; ne consegue che al di fuori di tale ambito le censure di difetto di motivazione costituiscono un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico che sorregge la decisione e si traducono in una inammissibile richiesta di revisione del merito del convincimento del giudice (cfr. tra le tante Cass. n. 7341/2004, 15796/2004, n. 5065/2008, n. 8654/2008, n. 9988/2009).
Alla stregua delle suddette considerazioni il ricorso deve essere respinto. Nulla per le spese di questo giudizio, poiche’ l’intimato non ha svolto attivita’ difensiva.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Cosi’ deciso in Roma, il 23 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2010