Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18815 del 12/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 12/07/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 12/07/2019), n.18815

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1086-2014 proposto da:

AZIENDA OSPEDALIERA ORDINE MAURIZIANO TORINO C.F. (OMISSIS), in

persona del direttore legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE SANZIO 1, presso lo

studio dell’avvocato ALBERTO ROMANO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CARLO EMANUELE GALLO;

– ricorrente –

contro

M.L.N., A.M., AL.CA., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA PORTUENSE 104, presso la sig.ra

D.A.A., rappresentati e difesi dall’avvocato MARIO MOTTA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 878/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 16/07/2013 R.G.N. 1306/2012;

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. la Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 878 pubblicata il 16.7.2013, ha respinto l’impugnazione dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino, confermando la sentenza di primo grado di condanna della citata Azienda al risarcimento del danno (pari alla differenza tra quanto dovuto in base al c.c.n.l. settore Sanità e quanto effettivamente percepito) in favore dei lavoratori M.L.N., Al.Ca. e A.M. che avevano prestato attività in esecuzione degli appalti affidati dall’Azienda (in successione temporale) alla Cooperativa Oasi, alla Cooperativa Corex e alla On Stage s.r.l., e giudicati non genuini;

2. la Corte territoriale ha ritenuto non dimostrato, in base all’istruttoria testimoniale e documentale, l’elemento caratterizzante l’appalto di servizi, vale a dire l’esercizio in concreto da parte dell’appaltatore del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori, quanto all’esecuzione delle prestazioni e al coordinamento delle stesse anche con gli altri fattori produttivi;

3. ha accertato come il coordinatore dei lavoratori delle cooperative si occupasse unicamente della formazione dei turni, dei periodi di ferie e delle sostituzioni di personale assente, garantendo la presenza numerica del personale individuato come necessario dalla direzione sanitaria dell’Azienda ospedaliera oppure dai responsabili dei singoli reparti o ambulatori; che la strumentazione necessaria per lo svolgimento dell’attività era messa a disposizione dalla committente ed i programmi di software, la modulistica e le istruzioni per la relativa compilazione erano nella esclusiva sfera di determinazione dell’Azienda medesima; che anche l’esercizio del potere disciplinare faceva capo, seppure in via mediata, a quest’ultima e che non risultava l’impiego dei lavoratori nell’esecuzione di altri appalti;

4. ha giudicato inammissibili le censure dell’Azienda sull’inquadramento dei lavoratori, al fine di individuare il parametro risarcitorio, nella categoria C, anzichè B, del c.c.n.l. comparto Sanità e sui conteggi delle differenze retributive, per la novità delle stesse, avendo l’Azienda nella memoria costitutiva nel giudizio di primo grado avanzato sul punto solo generiche contestazioni;

5. avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino affidato a due motivi, cui hanno resistito con controricorso M.L.N., Al.Ca., A.M.;

6. l’Azienda Ospedaliera ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

7. col primo motivo di ricorso l’Azienda ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione o falsa applicazione dell’art. 1655 c.c. e ss., del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 3; nonchè per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio;

8. ha sostenuto come la Corte di merito avrebbe errato nell’individuare quale normativa applicabile l’art. 1655 c.c., anzichè il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 3, che detta la disciplina di settore in materia di appalti pubblici di servizi (come il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 in materia di lavoro privato), potendosi solo in via residuale fare riferimento alle disposizioni del codice civile;

9. ha precisato come in base al D.Lgs. n. 163 del 2006, il contenuto della prestazione dell’appaltatore sia rimesso a(la valutazione discrezionale della stazione appaltante, attraverso la definizione del capitolato di gara (nel caso di specie relativo al servizio di reception, centralino e accoglienza presso il Presidio I.R.C.C. di (OMISSIS)) e con esercizio di un potere di natura pubblicistica; ha aggiunto come anche il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, richieda unicamente, in caso di appalto di servizi, che l’appaltatore assuma su di sè il rischio connesso alla possibilità di fornire la prestazione a cui si è obbligato e che organizzi e diriga i lavoratori impiegati nel servizio; ha ribadito come nell’appalto di servizi pubblici non possa riconoscersi all’appaltatore il potere di individuare e organizzare le attività dei dipendenti, regolate, come nel caso di specie, da norme interne all’Azienda ospedaliera, essendo la gestione amministrativa del personale tutta l’attività di gestione e direzione che possa essere affidata all’esterno;

10. l’Azienda ricorrente ha denunciato carenza di motivazione su un fatto controverso ed essenziale, per non avere la sentenza impugnata valutato che l’attività delle cooperative, e quindi dei lavoratori, era svolta non in una qualsiasi struttura privata, ma in una struttura ospedaliera, ove operava personale medico e infermieristico, rispetto a cui l’attività dell’appaltatore di servizi era inevitabilmente servente;

11. col secondo motivo di ricorso l’Azienda ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio;

12. ha sottolineato come la ricostruzione delle mansioni costituisca questione di fatto, laddove l’inquadramento delle stesse nelle categorie previste dal contratto collettivo rappresenti questione di diritto, su cui il giudice aveva il dovere di pronunciarsi a fronte della contestazione dell’Azienda, anche ove quest’ultima non fosse stata specifica, posto che il contratto collettivo è considerato norma di diritto che il giudice deve interpretare ed applicare anche d’ufficio;

13. ha ribadito come l’attività svolta dai lavoratori fosse riconducibile nel caso di specie alla categoria B, e non alla C, del c.c.n.l. Comparto Sanità; come i predetti fossero inquadrati presso le cooperative datrici di lavoro nel secondo livello, corrispondente alla categoria B; come il personale dell’ente ospedaliero che svolge medesime mansioni sia inquadrato nella categoria B;

14. la censura di violazione di legge oggetto del primo motivo di ricorso è infondata;

15. il D.Lgs. n. 163 del 2006 (applicabile ratione temporis) ha dettato la disciplina dei “contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”, con disposizioni derogatorie rispetto a quelle dettate dal codice civile per l’appalto privato, senza tuttavia incidere sulla nozione giuridica di appalto come definita dall’art. 1655 c.c.;

16. si è precisato (Cass. n. 15432 del 2014; Ord. n. 8955 del 2017) come il D.Lgs. n. 163 del 2006 operi sul piano della disciplina degli appalti pubblici con più intensa concentrazione sull’esecuzione dell’appalto in conformità a tutti gli obblighi previsti dalla legge: e ciò mediante un costante monitoraggio dell’osservanza del loro regolare adempimento a cura dell’appaltatore e dei suoi subappaltatori, per effetto di una disciplina sintomatica di una più preoccupata attenzione legislativa alla corretta esecuzione dell’appalto pubblico, siccome non riguardante soltanto diritti dei lavoratori, ma anche l’appaltatore inadempiente nel suo rapporto con il committente pubblico;

17. si è ulteriormente rilevato (cfr. Cass. n. 15432 del 2014; n. 444 del 2019), in base al tenore dell’art. 1, comma 4, del D.Lgs. in esame (secondo cui: “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, l’attività contrattuale dei soggetti di cui all’art. 1 si svolge nel rispetto, altresì, delle disposizioni stabilite dal codice civile”), come il codice dei contratti pubblici non contenga una disciplina di legge autosufficiente ed esaustiva, risultando pertanto compatibile con disposizioni ad esso esterne, come chiaramente denunciato dal rinvio, per quanto in esso non espressamente previsto in riferimento all’attività contrattuale, alle disposizioni stabilite dal codice civile;

18. il D.Lgs. n. 163 del 2006 quindi presuppone e recepisce la nozione giuridica di appalto come definita dal codice civile, e contiene un espresso rinvio alle disposizioni da esso dettate a fini integrativi;

19. correttamente la Corte d’appello ha fatto riferimento all’art. 1655 c.c. al fine di individuare gli elementi essenziali del contratto di appalto, ed ha richiamato il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 (non applicabile alle pubbliche amministrazioni per l’espresso divieto contenuto nel cit. D.Lgs., art. 1, comma 2, ulteriormente ribadito da quello più specifico introdotto dal D.L. n. 76 del 2013, art. 9, comma 1, conv. con mod. in L. n. 99 del 2013, inapplicabile ratione temporis, ma utilizzabile in via interpretativa), e la relativa elaborazione giurisprudenziale al fine di individuare il discrimine tra appalto e somministrazione di lavoro;

20. la sentenza d’appello si è attenuta al costante orientamento di questa Corte (Cass. 17049 del 2008; n. 15693 del 2009; n. 7898 del 2011; n. 7820 del 2015; 27213 del 2018) secondo cui il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro in riferimento agli appalti “endoaziendali”, caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di attività strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore-datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo, nè una assunzione di rischio economico con effettivo assoggettamento dei propri dipendenti al potere direttivo e di controllo;

21. nella fattispecie in esame la Corte territoriale, con accertamento in fatto non censurabile in questa sede di legittimità, ha escluso l’esistenza, in capo al datore di lavoro formale, di un potere direttivo ed organizzativo diverso dal compito di “garantire la presenza numerica del personale individuato come necessario dalla direzione sanitaria o dai responsabili dei singoli reparti o ambulatori” ed ha quindi ritenuto configurabile una illegittima interposizione di manodopera;

22. i principi di diritto applicati dalla Corte d’appello non risultano in alcun modo derogati, in base a specifiche disposizioni di legge, negli appalti pubblici di servizi e l’assunto dell’Azienda ricorrente, secondo cui il D.Lgs. n. 163, nel prevedere che “l’appalto di servizi sia semplicemente un contratto con il quale si forniscono servizi, (lasci) alla pubblica amministrazione la più ampia facoltà discrezionale… nel definire il contenuto dell’appalto”, con la conseguenza che “sarebbe arbitrario stabilire in astratto quale deve essere il contenuto della prestazione dell’appaltatore… rimesso alla valutazione discrezionale della stazione appaltante che, allorchè stabilisce qual è la prestazione della quale ha necessità e determina il contenuto del capitolato di gara, esercita un potere pubblicistico”, si traduce in una censura, oltre che priva del requisito di specificità (cfr. Cass. n. 287 del 2016; Cass. n. 635 del 2015; Cass. n. 25419 del 2014; Cass. n. 16038 del 2013; Cass. n. 3010 del 2012), manifestamente infondata;

23. la parte ricorrente propone una lettura del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 3 che non ha alcun appiglio nella lettera della previsione suddetta nè alcuna compatibilità sia con i principi enunciati in giurisprudenza in tema di divieto di interposizione di manodopera, configurabile ogni volta che si fuoriesca dai rigidi schemi voluti dal legislatore per la dissociazione fra titolare e utilizzatore del rapporto lavorativo (cfr. per tutte Cass., S.U., n. 22910 del 2006, in motivazione), e sia con la finalità della disciplina dettata dal c.d. codice degli appalti, come interpretata dalle pronunce sopra richiamate;

24. deve dichiararsi inammissibile la censura formulata, sia nel primo che nel secondo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in ragione della disciplina di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, sulla c.d. doppia conforme, trattandosi di giudizio di reclamo introdotto con ricorso depositato dopo l’11 settembre 2012 e non avendo la ricorrente neanche allegato la diversità delle ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto del reclamo (Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 5528 del 2014);

25. il secondo motivo di ricorso è invece fondato limitatamente al vizio dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

26. la Corte d’appello ha confermato la statuizione di primo grado quanto all’applicabilità nella fattispecie in esame del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, e al riconoscimento del diritto dei lavoratori al risarcimento del danno commisurato al trattamento retributivo che avrebbero percepito se fossero stati alle dirette dipendenze dell’Azienda ospedaliera, con inquadramento nella categoria C, profilo di assistente amministrativo, fascia C2 del c.c.n.l. Sanità;

27. la sentenza impugnata, per quanto rileva, ha respinto il motivo di appello sull’erroneo inquadramento dei lavoratori (ai fini risarcitori) nella categoria C, anzichè in quella inferiore B, sul rilievo che “nessun argomento (fosse) stato speso nella memoria costitutiva in primo grado a sostegno della riconducibilità delle mansioni di M., Al. e A. al livello di inquadramento inferiore”, essendosi l’Azienda ospedaliera limitata ad una generica contestazione;

28. dalla sentenza d’appello (pag. 19) risulta che nella memoria costituiva di primo grado, l’Azienda avesse contestato “tutte le pretese anche risarcitorie nonchè i conteggi riportati in ricorso e così anche la riconducibilità delle mansioni effettivamente svolte (mansioni di segreteria presso il reparto di radiologia dell’IRCC di Condiolo per M.; mansioni di segreteria di reparto per Al.; mansioni di segreteria presso la libera professione del reparto ambulatori per A.) alla categoria C – assistente amministrativo, fascia economica 2 del c.c.n.l. Comparto Sanità”;

29. la sentenza di secondo grado (pag. 7) riassume nel modo seguente il motivo di appello formulato sul punto dall’Azienda che aveva denunciato l’errore del Tribunale nel ritenere le mansioni “riconducibili alla categoria C (assistente amministrativo) e non invece alla categoria B (coadiutore amministrativo), risultando evidente dal raffronto tra le declaratorie che, mentre a quella superiore sono affidate “mansioni amministrativo contabili complesse”, a quella inferiore “appartengono i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che richiedono conoscenze teoriche di base relative allo svolgimento dei compiti assegnati, capacità manuali e tecniche specifiche riferite alle proprie qualificazioni e specializzazioni professionali, nonchè autonomia e responsabilità nell’ambito di prescrizioni di massima”; in quest’ultima rientra la figura del coadiutore amministrativo addetto a “classificazione, archiviazione e protocollo di atti, compilazione documenti e modulistica con applicazione di schemi predeterminati, operazioni semplici di natura contabile. Anche con l’ausilio del relativo macchinario, stesura di testi mediante utilizzo di sistemi di videoscrittura o dattilografia, attività di sportello”, ed è indubbio che ad essa si attaglino le professionalità degli appellati” i quali svolgevano attività semplici e ripetitive di segreteria e di sportello, prenotazioni visite ed esami, gestioni appuntamenti ed agenda”;

30. occorre considerare che mentre la ricostruzione del contenuto delle mansioni costituisce accertamento di fatto, l’operazione di sussunzione delle mansioni in una determinata categoria contrattuale attiene alla qualificazione giuridica delle stesse e deve essere compiuta dal giudice, ai fini della corretta applicazione delle norme di diritto e delle disposizioni dei contratti collettivi di diritto pubblico, a prescindere dall’esistenza di una contestazione specifica di cui la parte processuale è onerata unicamente riguardo ai fatti dedotti in giudizio;

31. deve aggiungersi che il contratto collettivo nazionale del pubblico impiego, a differenza del contratto collettivo nazionale di lavoro privatistico, è conoscibile dal giudice con mezzi propri, secondo il principio “iura novit curia”, (Cass. n. 19507 del 2014; Ord. n. 6394 del 2019);

32. si è precisato (Cass. n. 24216 del 2017) come nel pubblico impiego contrattualizzato, il datore di lavoro “è tenuto ad assicurare il rispetto della legge e, conseguentemente, non può dare esecuzione ad atti nulli nè assumere in sede conciliativa obbligazioni che contrastino con la disciplina del rapporto dettata dal legislatore e dalla contrattazione collettiva. Il divieto imposto al datore di lavoro pubblico di attribuire trattamenti giuridici ed economici diversi da quelli previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, anche se di miglior favore, impedisce sia il riconoscimento di inquadramenti diversi da quelli previsti dal c.c.n.l. di comparto, sia l’attribuzione della qualifica superiore in conseguenza dello svolgimento di fatto delle mansioni”;

33. l’inquadramento delle mansioni nella corrispondente categoria del contratto collettivo nazionale costituisce opera di qualificazione giuridica che compete al giudice, costituendo la violazione delle disposizioni del c.c.n.l. errore di diritto (cfr. Cass. n. 6335 del 2014; n. 19507 del 2014); nel pubblico impiego privatizzato, la suddetta opera di sussunzione deve avvenire sulla base del presupposto della conoscenza della disciplina del c.c.n.l. da parte del giudice medesimo, senza oneri di collaborazione gravanti sulle parti;

34. nel caso di specie, ha errato la Corte di merito nel non procedere alla verifica di correttezza della qualificazione giuridica eseguita dal Tribunale, di riconduzione delle mansioni alla categoria C del c.c.n.l..

Sanità, anche se solo ai fini della individuazione del parametro risarcitorio, in presenza di una denuncia, sia pure generica, dell’errore di diritto contenuta nella memoria costitutiva di primo grado dell’Azienda e di uno specifico motivo di appello sul punto;

35. per tali ragioni, accolta la censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 oggetto del secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, affinchè proceda ad un nuovo esame della fattispecie e alla qualificazione giuridica omessa, nonchè alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA