Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1881 del 28/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 28/01/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 28/01/2020), n.1881

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5325-2014 proposto da:

P.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALFREDO BIANCHINI;

– ricorrente –

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione

dei crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati EMANUELE DE ROSE, ANTONINO

SGROI, LELIO MARITATO e CARLA D’ALOISIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 312/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 20/08/2013, R. G. N. 297/2011.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 20.8.2014, la Corte d’appello di Venezia, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta da P.T. avverso le iscrizioni a ruolo e le cartelle esattoriali con cui gli era stato richiesto il pagamento di contributi dovuti alla Gestione commercianti;

che avverso tale pronuncia P.T. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, illustrati con memoria;

che l’INPS ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 45 del 1986, art. 3 e L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, nonchè omessa valutazione delle risultanze istruttorie, per avere la Corte di merito ritenuto che la sua qualità di socio illimitatamente responsabile di La Fraterna s.n.c. costituisse una presunzione di apporto prevalentemente personale nella realizzazione dell’oggetto sociale tale da obbligarlo all’iscrizione presso la Gestione commercianti;

che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 1, (conv. con L. n. 122 del 2010), per avere la Corte territoriale ritenuto che in specie fosse possibile la doppia iscrizione di cui alla disposizione cit., nonostante egli sia iscritto non già alla Gestione separata, bensì presso INARCASSA, in ragione della sua attività libero-professionale;

che il primo motivo, che, pur denunciando formalmente una violazione delle disposizioni di legge concernenti l’iscrizione presso la Gestione commercianti e l’omessa valutazione di risultanze istruttorie, mira in realtà a censurare l’erronea sussunzione sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (id est gravità, precisione e concordanza) di un fatto concreto che non sarebbe invece rispondente a quei requisiti (v. in tal senso Cass. nn. 19485 del 2017, 29635 del 2018), è fondato, non costituendo in alcun modo la qualità socio illimitatamente responsabile di società personale un fatto noto da cui poter risalire, in assenza di indizi ulteriori, al fatto da provare, ossia alla partecipazione personale del socio al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, che nell’ormai costante giurisprudenza di questa Corte costituisce l’indefettibile presupposto per l’iscrizione alla Gestione commercianti (Cass. nn. 4440 del 2017, 5210 del 2017, 19273 del 2018); che la diversa opinione espressa sul punto da Cass. n. 5875 del 2010, secondo la quale la partecipazione ad una società di persone svolgente attività commerciale giustificherebbe la presunzione di un apporto di lavoro prevalentemente personale nella realizzazione dell’oggetto sociale, avuto riguardo alla rilevanza che in tale forma societaria assume l’elemento personale siccome finalizzato allo svolgimento di una attività riferibile nei risultati a tutti coloro che hanno posto in essere il vincolo sociale, non tiene conto del chiarimento operato al riguardo da Cass. S.U. n. 3240 del 2010, secondo cui l’assicurazione obbligatoria non intende proteggere l’elemento imprenditoriale del lavoro autonomo, ma piuttosto accomunare commercianti, coltivatori diretti e artigiani ai lavoratori dipendenti in ragione dell’espletamento di attività lavorativa abituale e prevalente, di talchè in nessun modo, ai detti fini, può rilevare di per sè solo il fatto che i redditi di impresa di cui fruisce il socio delle società in accomandita semplice (così come, del resto, il socio delle società in nome collettivo) siano redditi da imputare fiscalmente a ciascun socio, come invece affermato da Cass. n. 5875 del 2010, cit., operandosi detta imputazione unicamente per effetto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6 e succ. mod., e senza alcuna verifica del concreto svolgimento da parte del socio di una qualunque attività in azienda;

che la fondatezza del primo motivo implica l’assorbimento del secondo, concernendo quest’ultimo una ratio decidendi che presuppone la validità dell’iscrizione dell’odierno ricorrente alla Gestione commercianti, che è ciò che viceversa non può dirsi ancora accertato in relazione all’erroneità sul punto del giudizio compiuto in sede di merito;

che, pertanto, in accoglimento del primo motivo, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2020

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