Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1881 del 25/01/2018


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Cassazione civile, sez. II, 25/01/2018, (ud. 14/11/2017, dep.25/01/2018),  n. 1881

Fatto

RILEVATO CHE:

1. Con sentenza depositata il 14/4/2010 il tribunale di Lecce – sezione distaccata di Tricase ha rigettato l’azione negatoria esercitata da A.A.L. in ordine all’accesso esercitato al proprio fondo da C.L. tramite varco in un muretto divisorio rispetto alla proprietà dell’attrice in (OMISSIS) e, in accoglimento della riconvenzionale, ha dichiarato acquisita per usucapione la servitù di passaggio.

2. Con sentenza depositata l’11/2/2013 la corte d’appello di Lecce ha integralmente riformato la sentenza di primo grado e, per l’effetto, accogliendo l’appello, ha rigettato l’originaria domanda riconvenzionale di accertamento dell’usucapione e ha accolto l’azione negatoria, condannando C.L. al ripristino dei luoghi.

3. Avverso la sentenza C.L. ha proposto ricorso per cassazione articolato su tre motivi. A.A.L. ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. E’ inammissibile il primo motivo di ricorso, con cui – benchè in erroneo riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si è dedotta nella sostanza violazione della disciplina processuale (ex n. 4 dell’art. cit.) di cui agli artt. 163 e 164 c.p.c., per avere la corte d’appello non ritenuto la indeterminatezza dell’oggetto della domanda della signora A., pur eccepita nella comparsa di risposta di primo grado del signor C.. Come notato dalla controricorrente, il motivo non indica in qual modo l’eccezione sia stata riproposta in appello (e la controricorrente stessa ne sostiene la mancata riproposizione). In argomento, va data continuità al principio affermato da questa corte (v. Cass. n. 5879 del 17/03/2005) per cui qualora nell’atto introduttivo non siano indicati – ex art. 163 c.p.c., n. 4 del codice di rito – gli elementi di fatto e di diritto posti alla base della domanda e il giudice non abbia provveduto alla fissazione di un termine perentorio per la rinnovazione del ricorso o per l’integrazione della domanda, ex art. 164 c.p.c., comma 4, atteso che i casi di nullità del procedimento e delle sentenze si traducono in motivi d’impugnazione, in mancanza della deduzione in appello di tale error in procedendo del giudice di primo grado – concernente la violazione dell’art. 164 cit. – il relativo vizio non rilevabile in sede di legittimità essendo intervenuto sulla questione il giudicato interno, dovendo ritenersi quali elementi di fatto e di diritto posti alla base della domanda quelli corrispondenti a tale giudicato.

2. Parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso con il quale sotto forma di una doglianza per violazione di norme di diritto indicate negli artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè artt. 2697 e 949 c.c. il ricorrente, in sostanza, propone critiche di merito, non sottoponibili alla corte di legittimità, in ordine alle valutazioni probatorie effettuate dai giudici di merito, nelle quali ravvisa errori afferenti la rilevanza dei documenti e delle deposizioni testimoniali.

2.1. Può essere solo il caso di precisare – in ordine a una censura autonoma inserita all’interno del predetto motivo, secondo cui la corte d’appello avrebbe basato su prove testimoniali accertamenti in tema di proprietà necessitanti prova scritta – che nella controversia si verte in tema di azione negatoria di servitù che, per costante orientamento di questa corte, non esige la rigorosa dimostrazione della proprietà dell’immobile a cui favore l’azione viene esperita, essendo sufficiente che l’attore dimostri con qualsiasi mezzo, incluse le presunzioni, di possedere il fondo in base ad un valido titolo di acquisto (cfr. ad es. Cass. n. 25342 del 12/12/2016).

3. Anche inammissibile è il terzo motivo, articolato per violazione di legge art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in riferimento all’art. 157 c.p.c., con cui si fa valere che erroneamente la corte d’appello avrebbe ritenuto inutilizzabile l’attività svolta da P.E. quale difensore del signor C., ma priva dell’abilitazione forense, pur in mancanza di tempestiva eccezione della controparte da sollevarsi entro la prima difesa.

3.1. Invero, a prescindere da ogni considerazione circa la confacenza del parametro invocato (il n. 3) tra quelli di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1 (invece del n. 4), il motivo – pur partendo dalla corretta affermazione dell’essere relativa la nullità connessa all’irregolare esercizio dell’attività defensionale in udienza, siccome non incidente sul rapporto processuale (cfr. ad es. Cass. n. 5579 del 22/03/2016) – non si confronta con l’effettiva ratio della decisione impugnata che, pur effettivamente affermando (secondo la parte ricorrente senza tempestiva eccezione della controparte) l’inutilizzabilità “ai fini della decisione” di parte del materiale probatorio raccolto con la partecipazione del difensore non abilitato, ha anche affermato che ciò non ha inficiato la residua attività probatoria, individuata nell’ascolto di “tutti gli altri testi” sentiti dal 28.10.2005 in poi (p. 5 della sentenza). In tale situazione, la parte ricorrente si limita ad affermare che “correttamente valutate… tali testimonianze, in un quadro unico di insieme con gli altri elementi probatori…, avrebbero imposto l’ a.mento della spiegata riconvenzionale”, ma non trascrive nè indica in alcun modo il tenore delle testimonianze nè deduce in concreto sulla loro decisività, per cui non emerge in effetti l’interesse concreto e attuale della parte ricorrente ex art. 100 c.p.c. ad impugnare la statuizione che, in pratica, dalla ritenuta inutilizzabilità non ha fatto discendere alcuna conseguenza.

3.2. La mancanza di interesse predetta esime questa corte dal precisare l’effettiva portata del principio di nullità (in senso relativo) dell’attività connessa all’irregolare esercizio dell’attività defensionale in udienza da parte di difensore non abilitato, in particolare in relazione al riferimento alle attività proprie del difensore e non a quelle delle controparti e del giudice.

4. In definitiva il ricorso va rigettato, regolandosi le spese secondo soccombenza e secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

PQM

la corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 2.000 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 14 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2018

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