Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18808 del 28/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/07/2017, (ud. 19/04/2017, dep.28/07/2017),  n. 18808

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9976 del ruolo generale dell’anno 2014,

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

C.E.M. – Cooperativa fra Esercenti Macellai società cooperativa, in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e

difeso, giusta procura speciale in calce al controricorso, dagli

avvocati Matteo Targhini, Renato Partisani ed Alberto Gommellini,

elettivamente domiciliatosi presso lo studio di quest’ultimo in

Roma, alla via Eleonora Duse, n. 35;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale dell’Emilia-Romagna, sezione 30, depositata in data 11

ottobre 2013, n. 100/3/13.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate riqualificò i contratti di appalto di servizi stipulati dalla società cooperativa con le società s.r.l. Carnival, s.r.l. La Rinascita e col consorzio a responsabilità limitata Power Log. come contratti di somministrazione di manodopera e, per conseguenza, recuperò, in relazione all’anno d’imposta 2007, l’iva illegittimamente detratta e la maggiore irap dovuta, scaturente dall’esclusione della deduzione, quali componenti negativi, delle spese per il personale dipendente.

La cooperativa impugnò il relativo avviso di accertamento senza successo in primo grado. Di contro, la Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello della contribuente, sostenendo che, sebbene le verifiche compiute avessero indotto il sospetto del carattere fittizio dei rapporti in questione, non vi fossero elementi sufficienti per sostenere che si trattasse di somministrazioni illecite di manodopera, in considerazione del fatto che non era stata raggiunta la prova che i dipendenti svolgessero le loro mansioni sotto la direzione del personale CEM.

Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate per ottenerne la cassazione, che affida a tre motivi, cui la C.E.M. replica con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con i primi due motivi del ricorso, da esaminare congiuntamente, perchè connessi, l’Agenzia lamenta:

– ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20 con la conseguente violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 3 e 19, nonchè del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 4,5 e 25 là dove il giudice d’appello ha ancorato il criterio distintivo tra somministrazione ed appalto alla gestione amministrativa dei rapporti di lavoro, in una situazione di assenza di organizzazione della prestazione finalizzata ad un inesistente risultato produttivo (primo motivo);

– ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2697 c.c., in riferimento al D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 3 e 19, nonchè al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 4,5 e 25in quanto, contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di detraibilità dell’iva e di deducibilità delle imposte dirette spetta al contribuente (secondo motivo).

1.1.- Erronee sono le statuizioni della sentenza impugnata che fanno gravare sull’Amministrazione l’onere probatorio, sia in relazione all’iva, sia con riguardo all’irap.

Quanto all’iva, diversamente da quanto affermato in sentenza, tocca all’acquirente di beni o al committente di prestazioni di servizi che invochi il diritto di detrazione dell’iva assolta o dovuta provare che ricorrono i presupposti per fruirne (tra varie, Corte giust. 18 luglio 2013, causa C-78/12, “Evita-K” EOOD, punto 37).

1.2.- E’ dunque sulla contribuente che grava l’onere di provare che quelli intercorsi con le tre società indicate in narrativa siano rapporti contrattuali di appalto. E’ in tal caso, difatti, che potrebbe sostenere che l’intero corrispettivo previsto rientri nella base imponibile dell’iva e, quindi, affermare la correlativa detraibilità dell’imposta assolta o dovuta.

2.- Il D.Lgs. n. 276 del 2003 non ha eliminato la figura della somministrazione irregolare di manodopera già vietata dalla L. n. 1369 del 1960, art. 1 in armonia con la permanenza di principi di rango costituzionale volti a collegare al rapporto di lavoro subordinato e soltanto ad esso una serie di posizioni di vantaggio (Cass., sez. un., 26 ottobre 2006, n. 22910, che si riferisce, in motivazione, appunto alla disciplina introdotta nel 2003).

Nè il legislatore avrebbe comunque potuto farlo, considerato che tra i criteri fissati dalla Legge Delega n. 30 del 2003 vi era anche quello della “…6) conferma del regime sanzionatorio civilistico e penalistico previsto per i casi di violazione della disciplina della mediazione privata nei rapporti di lavoro, prevedendo altresì specifiche sanzioni penali per le ipotesi di esercizio abusivo di intermediazione privata nonchè un regime sanzionatorio più incisivo nel caso di sfruttamento del lavoro minorile” (Cass. 15 febbraio 2013, n. 3795 e, quanto alla giurisprudenza penale, Cass. pen. 2 luglio 2015, n. 27866, Cardaci).

2.1.- Il contratto di somministrazione di manodopera irregolare schermato da quello di appalto, dunque, sèguita ad incorrere in nullità, che conforma anche la sorte del contratto fra lavoratore e somministratore ed incide ai fini dell’iva e dell’irap.

3.- Irrilevante, in particolare, a tali fini, è la richiesta del lavoratore, mediante ricorso giudiziale a norma dell’art. 414 c.p.c., di costituire il rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione.

3.1.- Non può quindi essere condiviso il diverso orientamento espresso da questa Corte (con sentenza 11 dicembre 2015, n. 25014), la quale, facendo leva sul D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27 ha sostenuto che, poichè non è più prevista per legge l’instaurazione del rapporto di lavoro fra lavoratore e committente/appaltante o utilizzatore, la fatturazione delle prestazioni rese da parte della ditta intermediaria, in mancanza di instaurazione del rapporto su domanda del lavoratore, sia sufficiente a legittimare la detrazione dell’iva relativa; parimenti, l’efficacia della fatturazione consentirebbe la deduzione dei costi fatturati ai fini delle imposte dirette e dell’irap.

4.- Va sottolineato anzitutto, sul piano generale, che l’instaurazione ex lege del rapporto di lavoro tra utilizzatore e lavoratore è tuttora prevista nel caso contemplato dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 21, comma 4, nel testo all’epoca dei fatti, ossia in mancanza di forma scritta del contratto di somministrazione, prescritta a pena di nullità.

RG n. 9976/2014

Ange rrino estensore

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Si devono ad ogni modo ritenere prescritti ad substantiam, per loro natura e per coerenza sistematica con la continuità sanzionatoria tra vecchia e nuova disciplina e con i principi di rango costituzionale richiamati sub 2.1, anche gli elementi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1 del suddetto articolo (Cass. 1 agosto 2014, n. 17540), ossia l’indicazione degli estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore (lett. a), del numero dei lavoratori da somministrare (lett. b), dei casi e delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui all’art. 20, commi 3 e 4 (lett. c) – che devono essere effettive: tra varie, Cass., ord. 27 ottobre 2015, n. 21916 -, dell’indicazione della presenza di eventuali rischi per l’integrità e la salute del lavoratore e delle misure di prevenzione adottate (lett. d) e della data di inizio e la durata prevista del contratto di somministrazione (lett. e).

4.1.- Il ricorso che il lavoratore propone “quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui all’art. 20 e all’art. 21, comma 1” (D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27), nonchè “quando il contratto di appalto sia stipulato in violazione di quanto disposto dal comma 1” (art. 29, comma 3-bis medesimo decreto), mira ad ottenere la conversione nel contratto di lavoro con chi si è giovato delle sue prestazioni; e la conversione, di per sè, postula la nullità dei contratti che ne sono oggetto, in particolare di quello commerciale tra somministratore ed utilizzatore, che può essere fatta valere da chi ne abbia interesse, quindi anche dal fisco, nonchè rilevata d’ufficio.

4.2. – D’altronde, anche con riguardo all’azione volta alla costituzione del rapporto, si è precisato che, benchè il legislatore discorra di costituzione del rapporto, la circostanza che l’azione possa essere esperita anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore esclude in radice che quella prevista sia un’ipotesi di annullabilità anzichè di nullità (espressamente in termini, Cass. n. 17540/14, cit.).

5.- Nel caso della somministrazione nulla per mancanza di forma scritta, dunque, i lavoratori sono considerati ex tunc a tutti gli effetti, anche tributari (in termini, in relazione alla omologa disposizione contenuta nella L. n. 1369 del 1960, art. 3 vedi, tra varie, Cass. 20 ottobre 2016, n. 21289), alle dipendenze dell’utilizzatore, con la conseguente esclusione, già in astratto, di qualsivoglia operazione avente ad oggetto le loro prestazioni di lavoro.

5.1. – Quanto alle altre ipotesi di somministrazione nulla, si prospetta la necessità di applicazione del meccanismo previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, in virtù del quale il cessionario che detragga l’iva di rivalsa annotando la fattura nel registro degli acquisti, deve registrare la variazione (annotando la nota nel registro delle vendite), al fine di evidenziare un debito pari alla detrazione in precedenza operata, che è così neutralizzata; la registrazione della variazione da parte del cessionario è idonea ad escludere il rischio di perdita di gettito fiscale, poichè esplicita che egli non ha diritto alla detrazione dell’iva. Il sistema prevede, come rimedio, il diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa, di guisa che l’iva già pagata va retrocessa al titolare del diritto al rimborso, comprendendo tale diritto l’intera prestazione ricevuta e divenuta indebita (in termini, Cass. 11 dicembre 2013, n. 27698).

5.2.- Meccanismo, che comunque si riferisce all’imponibile ragguagliato al corrispettivo della prestazione, al netto dei rimborsi dei costi sostenuti per i lavoratori.

In virtù della combinazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 86, del comma 3 il quale ha stabilito che le disposizioni contenute nella L. n. 196 del 1997, art. 26-bis si intendono riferite alla disciplina della somministrazione prevista nel citato decreto e, appunto, della L. n. 196 del 1997, art. 26-bis difatti, le somme che l’utilizzatore deve alla fornitrice dei lavoratori a ristoro di quanto da essa versato in relazione alle prestazioni di lavoro non scontano l’iva: dispone l’art. 26-bis che “i rimborsi degli oneri retributivi e previdenziali che il soggetto utilizzatore di prestatori di lavoro temporaneo è tenuto a corrispondere ai sensi dell’art. 1, comma 5, lett. f), all’impresa fornitrice degli stessi, da quest’ultima effettivamente sostenuti in favore del prestatore di lavoro temporaneo, devono intendersi non compresi nella base imponibile dell’Iva di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 13. Resta fermo il trattamento fiscale già applicato e non si fa luogo al rimborso di imposte già pagate, nè è consentita la variazione di cui al citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26”. Sul punto, le sezioni unite di questa Corte (Cass., sez. un., 7 novembre 2011, n. 23021), hanno sottolineato che, con la L. n. 196 del 1997, art. 26-bis il legislatore ha chiarito che per i contratti di somministrazione di lavoro il regime dell’iva si fonda non già sull’irrilevanza dell’operazione, bensì “sulla esenzione sempre e comunque dei rimborsi, che, pertanto, non dovevano scontare l’imposta nemmeno nel caso in cui il corrispettivo globale avesse superato l’ammontare dei costi dei lavoratori”.

6.- Anche quanto alla pretesa per irap, si diceva, il giudice d’appello ha violato la regola di giudizio ritraibile dall’applicazione dall’art. 2697 c.c.

Ciò perchè, nella fattispecie, la pretesa scaturisce dall’esclusione della deducibilità dei costi sostenuti dalla cooperativa per le prestazioni dei lavoratori formalmente dipendenti dalle tre società indicate in narrativa, facendo leva sulla configurazione come appalto del rapporto con queste intercorso; laddove, a fronte dell’onere per il fisco di provare l’esistenza di un reddito imponibile e la qualità di debitore del contribuente, spetta a quest’ultimo l’onere di provare la sussistenza di componenti negativi da dedurre (tra varie, Cass., ord. 1 luglio 2013, n. 16461 e 18 febbraio 2017, n. 5079).

6.1.- E, nel caso in esame, la deducibilità dei componenti negativi determinati dalle spese per le prestazioni dei lavoratori dipende ancora dalla configurabilità del rapporto tra la CEM e le tre società indicate in narrativa come appalto, oppure somministrazione irregolare.

Qualora si ravvisi la somministrazione nulla per mancanza di forma scritta, visto che i lavoratori per legge sono considerati alle dipendenze dell’imprenditore che ne abbia utilizzato effettivamente le prestazioni, è destinato a rimaner fermo il principio, dettato in relazione alla disciplina precedente, secondo il quale soltanto sull’utilizzatore gravano gli obblighi in materia di trattamento economico e normativo, nonchè fiscale, scaturenti dal rapporto di lavoro, sicchè egli non può portare in deduzione ai fini irap, quale componente negativa di reddito, le spese per il personale dipendente, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 5, comma 3, (tra varie, Cass. n. 21289/16, cit.).

6.2.- Ma anche negli altri casi di somministrazione nulla, in cui occorre che siano i lavoratori a chiedere ed ottenere la conversione sopra specificata, i componenti in questione non sono deducibili, per mancanza di certezza, derivante appunto dalla nullità del titolo giuridico da cui scaturisce la relativa obbligazione patrimoniale (per l’affermazione di tale principio, sia pure in relazione alla deducibilità di costi in tema di redditi d’impresa, vedi Cass. 28 ottobre 2015, n. 21953).

E che il requisito della certezza dei costi sia predicabile anche in tema di irap, si evince dal richiamo che il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 5 fa all’art. 2425 c.c. e, per conseguenza, ai requisiti di correttezza e veridicità del bilancio che attengono al risultato economico (nel senso dell’indeducibilità, in tema di irap, dei costi allorquando manchi un valido rapporto contrattuale, vedi Cass. n. 21289/16, cit., nonchè, fra varie, Cass. n. 21982/15).

6.3.- Nè è prospettabile l’applicazione della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4-bis, nella formulazione introdotta con il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8,comma 1, come convertito, che implicitamente ammette la deducibilità dei costi e delle spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività integranti reato contravvenzionale (in termini, Cass., ord. 4 marzo 2013, n. 5342), benchè il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 18 configuri “nei confronti dell’utilizzatore che ricorra alla somministrazione di prestatori di lavoro da parte di soggetti diversi da quelli di cui all’art. 4, comma 1, lett. a), ovvero da parte di soggetti diversi da quelli di cui all’art. 4, comma 1, lett. b), o comunque al di fuori dei limiti ivi previsti” appunto un reato contravvenzionale.

E ciò a causa della mancanza di certezza dei costi, comunque necessaria ai fini dell’applicazione della disposizione (in termini, fra varie, Cass. 20 aprile 2016, n. 7896 e 17 dicembre 2014, n. 26461).

7.- Oltre a violare la regola di giudizio scaturente dall’applicazione dell’art. 2697 c.c., il giudice di appello ha altresì erroneamente sussunto la fattispecie concreta, così come ricostruita in fatto, in quella astratta del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20.

7.1.- L’individuazione della fattispecie astratta emerge dall’applicazione della nozione di appalto assunta dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 1, a norma del quale, nel testo vigente all’epoca dei fatti, “ai fini della applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’art. 1655 c.c., si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonchè per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa”.

7.2.- La nozione in questione è prodotto del processo di smaterializzazione dell’oggetto del contratto, derivante dallo smantellamento del baluardo eretto dalla L. n. 1369 del 1960, art. 1, comma 3 il quale fissava la presunzione di appalto illecito in caso di utilizzo di capitali, macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante. In questo contesto, lo scolorimento del confine tra appalto e somministrazione, che emerge viepiù in casi, come quelli in esame, di appalti endoaziendali, concernenti attività destinate a compenetrare il ciclo produttivo del committente, richiede particolare rigore all’interprete.

7.3.- La sussistenza dell’appalto è identificata, in virtù del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 dalla combinazione dell’indice dell’assunzione del rischio d’impresa e di quello dell’eterodirezione, in seno alla quale senz’altro assume rilievo preminente il secondo.

Ciò in quanto, per aversi appalto, è necessaria soltanto l’organizzazione ad impresa dell’appaltatore, ma non è anche indispensabile che il fornitore sia munito dei requisiti che identificano l’imprenditore. L’organizzazione di mezzi può infatti essere predisposta anche per l’esecuzione, occasionale, di un singolo contratto di appalto, non richiedendo, in conseguenza, l’esercizio in forma professionale dell’attività dell’appaltatore: il che rende più difficile lo scrutinio del rischio d’impresa.

7.4. – La chiave di volta della disciplina si rinviene dunque nell’eterodirezione, in virtù della quale l’appaltatore non solo organizza, ma anche dirige i dipendenti, utilizzandoli in prima persona.

7.5.- Utili indici sulla consistenza dell’eterodirezione si possono trarre dalla giurisprudenza unionale, sia pure in relazione al tema contiguo del trasferimento di azienda o di ramo aziendale labour intensive: la Corte di giustizia, con la sentenza Amatori (Corte giust. 6 marzo 2014, causa C-458/12), nell’identificare il parametro dell’autonomia del ramo aziendale, che, qualora sia labour intensive, finisce con l’immedesimarsi con l’organizzazione impressa alle prestazioni lavorative, ha evocato il complesso di “poteri, riconosciuti ai responsabili del gruppo di lavoratori considerato, di organizzare, in modo relativamente libero e indipendente, il lavoro in seno a tale gruppo e, più specificamente, di impartire istruzioni e distribuire compiti ai lavoratori subordinati appartenenti al gruppo medesimo, e ciò senza intervento diretto da parte di altre strutture organizzative del datore di lavoro” (punto 32).

8.- Il criterio dell’eterodirezione va applicato in tutta la sua forza, al fine di potere adeguatamente distinguere istituti così contigui, che comportano corredi disciplinari così diversi, in seno ai quali s’inscrivono anche i profili tributari.

E’ dunque destinato a conservare attualità l’orientamento maturato in relazione al regime previgente, che ravvisava l’operatività del divieto d’interposizione (oggi tradottosi in somministrazione irregolare) ogni qual volta in capo all’appaltatore restino i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), senza una reale organizzazione della prestazione, volta ad un risultato produttivo autonomo (tra varie, Cass. 28 marzo 2013, n. 7820, nonchè, in relazione alla riforma introdotta dal d.lgs. n. 276/03, Cass. pen. n. 27866/15, cit.).

9.- In questa cornice, si legge in sentenza che i profili in fatto sono stati ricostruiti in base alle dichiarazioni di tale Tassinari, referente di una delle tre società fornitrici. Ebbene, il giudice d’appello rimarca che costui “si occupava anche della gestione amministrativa dei colleghi per quanto concerneva i provvedimenti che potevano essere adottati nel corso dello svolgimento dell’attività (ad esempio egli aveva il potere di rilasciare i permessi ai dipendenti)”, laddove “effettivamente i capireparto della CEM ad inizio giornata fornivano le indicazioni sul lavoro da eseguire…”; ciò perchè “l’attività svolta dai lavoratori, formalmente alle dipendenze delle tre società in questione, era necessariamente condizionata dalle esigenze dell’appaltante con riguardo alle quantità di carne da lavorare”, nel quadro dell’assenza di struttura organizzativa della Carnival”.

9.1.- Allora, al cospetto di questi elementi di fatto, è indubitabile l’erroneità della sussunzione nella fattispecie astratta, sia pure in base al criterio residuale della non completa osservanza dell’onere probatorio, peraltro erroneamente applicato, in base alla ricognizione di tale fattispecie dinanzi illustrata.

10.- I due motivi vanno in conseguenza accolti, con assorbimento del terzo, che concerne il vizio di motivazione e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, che riesaminerà la fattispecie, compreso l’ulteriore capo di domanda di cui dà conto il controricorso, e regolerà le spese, in applicazione dei principi dinanzi enunciati.

PQM

 

la Corte:

accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame, nonchè per la regolazione delle spese, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017

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