Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18807 del 28/07/2017

Cassazione civile, sez. trib., 28/07/2017, (ud. 19/04/2017, dep.28/07/2017),  n. 18807

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 8820 del ruolo generale dell’anno

2014, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

s.n.c. 3 Erre di R.N. e F.lli, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura

speciale a margine del controricorso, dall’avv. Donato Carlucci,

presso lo studio del quale in Altamura, alla via Giustiniano, n. 28,

elettivamente si domicilia;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Puglia, sezione 14^, depositata in data 4 dicembre

2013, n. 101/14/2013.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– la società chiese ed ottenne per l’anno d’imposta 2007 il rimborso dell’iva D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 30, comma 3, lett. c), ma successivamente l’Agenzia ne richiese la restituzione, in quanto la società, pur essendo risultata non operativa per il triennio 2006, 2007 e 2008, in quanto i ricavi indicati relativi a quote costanti della plusvalenza realizzata nell’anno 2005, non aveva proposto istanza d’interpello disapplicativo;

– la contribuente impugnò il relativo avviso di accertamento, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale;

– quella regionale ha respinto l’appello dell’Ufficio, ritenendo superato il test di operatività in considerazione dei ricavi dichiarati derivanti dalla vendita di una porzione di suolo strumentale all’esercizio dell’attività d’impresa e comunque valorizzando le vicende societarie idonee a dimostrare l’impedimento al regolare proseguimento dell’attività;

– contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia per ottenerne la cassazione, che affida ad un unico motivo, cui la società replica con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia denuncia la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3, lett. c) e della L. n. 724 del 1994, per un verso escludendo che il ricavo scaturente dalla plusvalenza possa dimostrare la gestione ordinaria dell’impresa e per altro verso sostenendo che per sfuggire all’applicabilità del regime prescritto per le società di comodo la contribuente sarebbe dovuta ricorrere allo strumento dell’interpello disapplicativo;

-la censura è in parte inammissibile ed in parte infondata: è inammissibile, là dove si scontra con l’accertamento di fatto contenuto in sentenza relativo alla sussistenza di vicende societarie idonee a giustificare l’irregolare proseguimento dell’attività ed è infondata, là dove sostiene che il giudice d’appello non avrebbe potuto procedere a tale accertamento, giacchè la società non aveva proposto l’interpello disapplicativo;

-al riguardo, difatti, questa Corte (Cass. 27 marzo 2015, n. 6200) ha già avuto occasione di chiarire che, in materia d’iva, in virtù del principio fondamentale di neutralità, la società ritenuta non operativa può esercitare il diritto alla detrazione ed ottenere il conseguente rimborso dell’eccedenza di iva detraibile anche se non abbia presentato l’interpello disapplicativo all’uopo previsto, salvo che i costi siano fittizi e sia, perciò, configurabile una fattispecie fraudolenta o comunque effettivamente elusiva;

-la prova della sussistenza del diritto può essere fornita anche al di fuori della procedura prevista dalla combinazione della L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4bis, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37bis, e dunque anche in sede processuale;

– anche quando l’interpello sia stato proposto, si è soggiunto, la risposta della P.A. ha la natura di parere, al quale il contribuente può non adeguarsi, il che non è in alcun modo lesivo della posizione del contribuente, il quale potrà comunque impugnare gli atti con i quali si dovesse fare applicazione delle disposizioni antielusive il cui esonero sia stato negato;

– in questo contesto, la contestazione sulla valutazione dei requisiti di operatività della società è assorbita dall’accertamento delle circostanze idonee a giustificare l’inoperatività;

– le spese seguono la soccombenza.

PQM

 

la Corte:

rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia a pagare le spese, liquidate in Euro 5500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017

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