Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18804 del 28/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/07/2017, (ud. 19/04/2017, dep.28/07/2017),  n. 18804

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 9902 del ruolo generale dell’anno

2013, proposto da:

B.G., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del ricorso, dall’avv. Fabio Pace, presso lo studio del

quale in Milano, al Corso di Porta Romana, n. 89/B, elettivamente si

domicilia;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, negli

uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, sezione 34, depositata in data 13

febbraio 2012, n. 22/34/12.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il contribuente ha impugnato la cartella di pagamento conseguente all’iscrizione a ruolo dell’importo recato dagli avvisi di accertamento concernenti gli anni 2002 e 2003, che non erano stati impugnati, deducendo che tale omessa impugnazione fosse dovuta all’irritualità del procedimento di notificazione degli avvisi, illegittimamente eseguito, a suo dire, in base al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e).

La Commissione tributaria provinciale ha respinto il ricorso e quella regionale ha respinto l’appello di B.G., facendo leva sul fatto che la notificazione è stata eseguita nel suo domicilio fiscale e che il diverso indirizzo dedotto dal contribuente non era stato comunicato all’Agenzia delle entrate. A tanto ha aggiunto che B. non avrebbe dovuto discutere nel merito la cartella.

Contro questa sentenza il contribuente propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a sette motivi, cui l’Agenzia replica con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la disciplina delle notificazioni degli atti tributari si fonda sul criterio del domicilio fiscale, che per le persone fisiche si identifica con quello del Comune nella cui anagrafe sono iscritte, a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 58. In particolare, si è specificato, il tenore dell’art. 60, comma 3, del medesimo decreto, secondo cui le variazioni e modificazioni di indirizzo risultanti dai registri anagrafici “hanno effetto” ai fini delle notifiche degli atti dell’Amministrazione finanziaria soltanto dal trentesimo giorno successivo alla variazione anagrafica, non consente di ritenere che l’Ufficio, prima di notificare un atto al contribuente, debba controllare, mediante una verifica sui registri anagrafici, l’attualità dell’indicazione della residenza contenuta nella dichiarazione dei redditi. Una tale interpretazione renderebbe del tutto priva di scopo l’indicazione della residenza nella dichiarazione dei redditi, prescritta dal citato D.P.R., art. 58, comma 4, in contrasto perdipiù con l’orientamento di questa Corte secondo cui l’indicazione, nella dichiarazione dei redditi, della propria residenza (o di un proprio domicilio in un indirizzo diverso da quello di residenza, ma nell’ambito del medesimo comune ove il contribuente è fiscalmente domiciliato) va compiuta in buona fede, nel rispetto del principio dell’affidamento che deve conformare la condotta di entrambi i soggetti del rapporto tributario (Cass. 14 dicembre 2016, n. 25680; ord. 21 luglio 2015, n. 15258).

Coerente è altresì la specificazione di Cass., ord. 8 ottobre 2014, n. 21290, la quale ha escluso che integrasse una variazione di domicilio l’indicazione della nuova residenza contenuta in un contratto di compravendita di un immobile, solo occasionalmente conosciuto dall’Ufficio in sede di verifica.

2.- Questa Corte ha anche precisato che, qualora risulti che il contribuente si sia trasferito in località sconosciuta, il messo notificatore, prima di procedere alla notificazione ai sensi della D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), deve svolgere ricerche nel comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune (Cass. 27 giugno 2011, n. 14030); altresì vero è, tuttavia, che la stessa giurisprudenza ha sottolineato che all’Amministrazione notificante non può essere richiesta un’opera di investigazione che vada oltre quanto risultante dai registri pubblici -nella specie i registri anagrafici comunali-, proprio perchè il legislatore ha posto a carico del contribuente l’onere di provvedere tempestivamente alle relative variazioni (tra varie, Cass. 20 luglio 2011, n. 15919; vedi anche 29 novembre 2013, n. 26715, secondo cui, ai sensi della D.P.R. n. 600 del 1973, art. 58, al dovere del contribuente di dichiarare un determinato domicilio o sede fiscale ed un determinato rappresentante legale, non corrisponde l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di verificare e controllare l’attualità e l’esattezza del domicilio eletto).

3. – Alla luce dei principi esposti emerge l’inammissibilità di tutti i motivi di ricorso:

– inammissibile è il primo motivo, col quale il contribuente sostiene che erroneamente il giudice d’appello abbia ritenuto legittima la notificazione degli avvisi di accertamento, essendo provata e non contestata l’esistenza nel comune di Milano della propria abitazione, nota all’Ufficio: a fronte dell’accertamento contenuto in sentenza che la notificazione è avvenuta presso il domicilio fiscale, che il diverso indirizzo non risultava all’anagrafe e che il processo verbale dal quale il contribuente assume emerga tale indirizzo “porta nella intestazione il domicilio fiscale…”, la circostanza dedotta è del tutto irrilevante;

– analoghe ragioni d’inammissibilità, dovute alla mancanza di decisività, infirmano il secondo motivo di ricorso, col quale il contribuente si duole dell’omessa valutazione della prova documentale costituita dal verbale di contraddittorio;

– parimenti inammissibile, perchè irrilevante, è il terzo motivo di ricorso, col quale il contribuente si duole della valutazione di legittimità della notificazione degli avvisi per l’inadeguatezza delle ricerche compiute, in base ai principi dinanzi enunciati. Ininfluente è anche il richiamo alla presentazione della denuncia – querela per falso ideologico. Ciò in quanto è la querela civilistica di falso e non già la denuncia in sede penale lo strumento utile di contestazione della veridicità di quanto è attestato dal pubblico ufficiale nell’atto pubblico attraverso un giudizio che, pur conducendo, come il procedimento penale di falso, alla eliminazione della efficacia rappresentativa del documento risultato falso, da questo si differenzia per la funzione e l’oggetto: esso tende difatti a dimostrare la totale o parziale non rispondenza al vero di un determinato documento nel suo contenuto obiettivo o nella sua sottoscrizione e non ad identificare l’autore della falsificazione, ai fini dell’applicazione della sanzione penale (in termini, Cass. 4 marzo 1995, n. 2516; conf., 7 febbraio 2006, n. 2524);

– analoghe ragioni d’inammissibilità infirmano il quarto motivo di ricorso, che ripropone la questione dell’inadeguatezza delle ricerche dell’esistenza dell’abitazione del contribuente nel territorio del Comune di Milano;

– inammissibili sono i restanti tre motivi di ricorso, che denunciano sotto vari profili (segnatamente sotto il profilo del vizio di motivazione il quinto motivo, sotto quello della nullità della sentenza per la mancanza di contestazione il sesto e per violazione di legge il settimo) la statuizione della sentenza impugnata relativa alla sanatoria dell’omessa notificazione degli avvisi di accertamento presupposti in ragione della contestazione nel merito della cartella.

La valutazione d’irretrattabilità degli avvisi, scaturente dall’infondatezza delle censure concernenti la loro notificazione, difatti, determina l’ininfluenza della suddetta statuizione, in ragione, appunto, della definitività degli atti presupposti dai quali è scaturita l’iscrizione a ruolo.

4. – Le spese seguono la soccombenza.

Sussistono i presupposti di applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater.

PQM

 

La Corte:

dichiara inammissibili tutti i motivi di ricorso e condanna il contribuente a pagare le spese, che liquida in Euro 6000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Dichiara la sussistenza dei presupposti di applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017

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