Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18804 del 05/09/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 18804 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

SENTENZA
sul ricorso 8512-2012 proposto da:
FGA INVESTIMENTI SPA 00513390013 – società incorporante di
I.T.C.A. PRODUZIONE SPA – in persona del procuratore speciale,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo
studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato PERLINI ITALICO,
giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
PALUZZI PATRIZIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
AURELIANA 25, presso lo studio dell’avvocato DI LIBERO

Data pubblicazione: 05/09/2014

MARIAFEDERICA, che la rappresenta e difende, giusta delega a
margine del controricorso;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 1331/2011 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/06/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito per la ricorrente l’Avvocato Antonio Armentano (per delega avv.
Raffaele De Luca Tamajo) che si riporta agli scritti ed insiste per
l’accoglimento;
udito per la controricorrente l’Avvocato Mariafederica Di Libero che si
riporta al controricorso ed insiste per il rigetto.

Ric. 2012 n. 08512 sez. ML – ud. 10-06-2014
-2-

4,

ROMA del 10.2.2011, depositata il 28/03/2011;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello di Roma, con la sentenza impugnata,
respingendo il gravame svolto dalla I.T.C.A. Produzione S.p.A.
avverso la sentenza di prime cure, ha dichiarato violato l’obbligo
datoriale, ex art. 1, commi 7, 8 legge n. 223/1991, di comunicazione ed
esame congiunto dei criteri di individuazione dei lavoratori da

sospendere e delle modalità della rotazione prevista nel citato comma
8 e, conseguentemente, dichiarato illegittimo il provvedimento di
collocazione in C.I.G.S., ha condannato la predetta società al
pagamento, in favore del lavoratore, del differenziale retributivo per i
mesi di illegittima sospensione dal lavoro. I giudici di appello, per quel
che qui interessa, hanno precisato che: a) le indicazioni contenute nella
comunicazione di avvio della procedura quale riportata nel verbale di
esame congiunto e – anche a voler aderire a Cass. n. 14721/2004 sul
raggiungimento dello scopo della procedura – quelle contenute
nell’accordo sindacale del 23 luglio 2002 risultavano del tutto carenti
quanto ai criteri di individuazione dei lavoratori alternativi alla
rotazione (per il primo trimestre successivo al 1°/9/1992) e
totalmente generiche quanto alle modalità applicative della rotazione
medesima; b) non era stata fornita validamente alcuna prova che criteri
di individuazione specifici fossero stati forniti alle 00.SS.; c) la carenza
di informazioni non poteva, dunque, ritenersi sanata dal
raggiungimento, con il verbale del 23 luglio 2002, di un accordo
sindacale in ordine alla procedura di collocamento in C.I.G.S. dei
lavoratori; d) tale effetto sanante, insussistente nella specie, avrebbe
potuto verificarsi solo in ipotesi di accordo sindacale recante
individuazione di criteri di scelta con un minimo contenuto di
specificità; e) privo di rilievo doveva ritenersi l’assunto secondo cui il

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d.P.R. n. 218 del 2000 avrebbe delegificato la legislazione sulla Cassa
integrazione guadagni.
Avverso tale sentenza propone ricorso la FGA Investimenti S.p.A.
(incorporante la I.T.C.A. Produzione S.p.A.), affidato a tre motivi, cui
resiste, con controricorso, il lavoratore.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la società denuncia: “Violazione e
falsa applicazione della legge 23 luglio 1991, n. 233, art. 1, commi 7 e
8”. Si duole della ritenuta genericità dei criteri di selezione del
personale da sospendere e dei criteri di applicazione della rotazione di
cui all’accordo sindacale redatto e sottoscritto dalle (e con le) 00.SS..
Rileva che un criterio di scelta informato alle esigente tecniche,
organizzative e produttive, lungi dal delineare un mero arbitrio
datoriale, vincola l’applicazione dei criteri ad una puntuale funzione
garantista, rendendo verificabile le conseguenti determinazioni.
Evidenzia che, nel caso di specie, dal contenuto dell’accordo era
possibile individuare e riscontrare che: – vi era stata la comunicazione
di avvio della procedura; – erano stati individuati l’ambito oggettivo
dell’intervento di ristrutturazione aziendale e le modalità stesse
dell’intervento; – era stato individuato l’ambito soggettivo di
determinazione del personale da sottoporre all’intervento di
integrazione salariare con sospensione dal lavoro in funzione
dell’andamento della riorganizzazione e quindi dei diversi reparti o
ambiti interessati da quest’ultima.
Con il secondo motivo la società denuncia: “Violazione e falsa
applicazione dell’art. 1 commi 7 e 8 della legge n. 223/1991 e degli
artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 cod. civ., e omessa, insufficiente
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.
Lamenta che la Corte romana non ha tenuto conto dell’effetto sanante
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dell’accordo sindacale raggiunto in data 23 luglio 2002 e del
complessivo comportamento delle 00.SS. le quali, con la
sottoscrizione dell’accordo, hanno convalidato il rispetto da parte del
datore di lavoro del principio di trasparenza e leale contrattazione,
consentendo di superare ogni eventuale carenza della comunicazione.
Con il terzo motivo la società denuncia: “Omessa o insufficiente

motivazione circa un fatto decisivo della controversia”. Lamenta il
vizio motivazionale nella sottovalutazione della portata del d.P.R. n.
218/2000 che, al contrario, non avrebbe non potuto avere effetti sul
procedimento di concessione della C.I.G.S..
Il ricorso non è fondato.
Le questioni poste dalla società vanno di seguito esaminate
secondo un opportuno ordine logico.
Sostiene la ricorrente che la legge n. 59 del 1997, che regolò la
delegificazione di norme concernenti procedimenti amministrativi,
avrebbe inciso anche nella materia in esame in quanto il d.P.R. n. 218
del 2000 (“Regolamento recante norme per la semplificazione del
procedimento per la concessione del trattamento di C.I.G.S. e di
integrazione salariale a seguito della stipula di contratti di solidarietà, ai
sensi dell’art. 20 della legge n. 59 del 1997, allegato 1 n. 90 e 91”),
avrebbe delegificato la legislazione sulla Cassa integrazione guadagni
sicché il predetto decreto presidenziale costituirebbe ormai l’unico
regolamento della materia con la conseguente sostituzione, per
abrogazione esplicita o implicita per incompatibilità, di tutte le altre
disposizioni anche di fonte legale. In questo diverso contesto
normativo, tanto la comunicazione datoriale di avvio della procedura
quanto l’esame congiunto dovevano intendersi disciplinati
esclusivamente dal d.P.R., con esclusione di ogni possibilità di
integrazione con la legge n. 223, con conseguente venir meno del
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diritto delle organizzazioni sindacali, e di riflesso dei lavoratori, ad
essere informati sin dalla comunicazione di avvio della procedura circa
i criteri di selezione dei lavoratori da sospendere e le modalità di
rotazione. La Corte territoriale non avrebbe dato spiegazione alcuna di
tale portata innovativa.
Sulla questione, pur prescindendo dal duplice rilievo che la

censura svolta deducendo un vizio della motivazione si colloca nel
paradigma della violazione della regolamentazione giuridica della
fattispecie e che la Corte di merito ha dato atto, per sintesi, del
principio affermato da Cass. n. 28464 del 28 novembre 2008 – “In caso
di intervento straordinario della cassa integrazione guadagni, il
provvedimento di sospensione dell’attività lavorativa è illegittimo qualora
il datore di lavoro (sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione,
che in caso contrario) ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali,
ai fini dell’esame congiunto, ovvero di concordare con le stesse, gli
specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione
dei lavoratori che devono essere sospesi, ed ai quali criteri la scelta dei
lavoratori deve poi effettivamente corrispondere” -, ritenuto assorbente
di ogni altro rilievo, vale la pena di richiamare il predetto arresto del
2008 al quale è seguito un orientamento consolidato di questa Corte,
espresso in una lunga teoria di sentenze, che ha affermato il seguente
principio: la disciplina del d.P.R. n. 218 del 2000 non ha alcuna
efficacia abrogativa della legge n. 223/1991 e, quindi, degli oneri di
comunicazione di cui all’art. 1. Più specificamente non incide in alcun
modo sulle disposizioni di cui al combinato disposto degli artt. 5 della
legge n. 164/1975 e 1, comma 7, della legge n. 223/1991 riguardante
l’obbligo datoriale di comunicare in avvio della procedura per
l’integrazione salariale alle organizzazioni sindacali i criteri di
individuazione dei lavoratori da sospendere, nonché le modalità di
rotazione. Il d.P.R. tende a semplificare la fase propriamente
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amministrativa, di rilevanza pubblica, del procedimento di concessione
della integrazione salariale, senza in alcun punto ridurre i diritti dei
lavoratori e le prerogative delle organizzazioni sindacali ad essi
funzionali (si vedano, oltre alla già citata Cass. n. 28464/2008 le
successive conformi Cass. n. 4053 del 18 febbraio 2011; Cass. n. 26587
del 12 dicembre 2011; Cass. n. 18628 del 5 agosto 2013; Cass. n.

3817 del 18 febbraio 2014; Cass. n. 11192 del 21 maggio 2014; Cass. n.
3817 del 18 febbraio 2014).
Tale ricostruzione costituisce ormai un principio consolidato ai
sensi dell’art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ., come ha rilevato la Sesta
sezione civile in una serie di ordinanze emesse in camera di consiglio ai
sensi dell’art. 375 cod. proc. civ. (cfr. per tutte, la già citata Cass. n.
26587/2011: “In tema di procedimento per la concessione della CIGS
devono escludersi incompatibilità tra la normativa regolamentare
introdotta con il d.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, e le disposizioni della
legge 23 luglio 1991, n. 223: la disciplina regolamentare, che si limita a
imporre all’imprenditore che intenda chiedere l’intervento
straordinario di integrazione salariale l’obbligo di dare tempestiva
comunicazione alle organizzazioni sindacali, attiene unicamente alla
fase amministrativa di concessione dell’integrazione stessa, e nulla dice
sul contenuto concreto della comunicazione, né detta alcuna disciplina
in ordine ai criteri di scelta e, pertanto, non ha in alcun modo inciso
sugli obblighi di rilevanza collettiva di cui all’art. 1, commi 7 e 8, della
legge n. 223 citata. Né la normativa regolamentare ha spostato
l’informazione circa i criteri di scelta e le modalità della rotazione dal
momento iniziale della comunicazione datoriale di avvio della
procedura di integrazione salariale a quello, immediatamente
successivo, dell’esame congiunto, atteso che, così opinando, il
contenuto della norma di cui all’art. 2 del d.P.R. n. 218, citato,
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risulterebbe del tutto estraneo all’esigenza di semplificazione del
procedimento amministrativo, e avrebbe come conseguenza solo
l’alleggerimento degli oneri della parte datoriale con la compressione
dei diritti d’informazione spettanti al sindacato, delineando un sistema
di consultazione sindacale palesemente inadeguato rispetto alla finalità
perseguita. (Principio affermato ai sensi dell’art. 360-bis, comma 1, cod.

proc.civ.)”.
Sostiene, poi, la società, quanto alla necessaria specificazione dei
criteri di selezione dei lavoratori da sospendere e di applicazione della
rotazione, che in sede di comunicazione di avvio della procedura ai
sensi dell’art. 1, comma 7, 1. n. 223/1991, era stato individuato
l’ambito oggettivo dell’intervento di ristrutturazione aziendale e le
modalità dell’intervento e l’ambito soggettivo di individuazione del
personale da sottoporre all’intervento di integrazione salariale con
sospensione del lavoro per relationem con l’intervento riorganizzativo e
di ristrutturazione, e tali elementi di fatto non contestati, unitamente al
criterio di selezione delle esigenze organizzative, costituivano un
sistema oggettivo di selezione del personale.
Anche tale rilievo è infondato atteso che la decisione impugnata
si è conformata alla giurisprudenza di legittimità espressa in modo
costante.
La norma guida (art. 1, comma 7, della legge n. 223/1991) è molto
chiara nello stabilire che “devono” formare “oggetto della
comunicazione” i “criteri di individuazione dei lavoratori da
sospendere nonché le modalità della rotazione prevista dal comma 8”.
Le Sezioni unite hanno escluso la fondatezza di interpretazioni
riduttive di tale disposizione, sottolineando, con la sentenza n. 302 del
2000, che, in caso di intervento straordinario di integrazione salariale
per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione
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o conversione aziendale implicante una temporanea eccedenza di
personale, il provvedimento di sospensione dall’attività lavorativa è
illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il
meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di
comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto,
gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di

individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi, in base al
combinato disposto della legge 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7,
e della legge 20 maggio 1975, n. 164, art. 5, commi 4 e 5.
L’orientamento si è consolidato del tempo, trovando conferma
nella successiva giurisprudenza di legittimità (per tutte: Cass. n.
7720/2004; Cass. nn. 10236 e 15393 del 2009; Cass. n. 19235/2011).
Da ultimo, e peraltro con riferimento alla medesima procedura di
sospensione dell’attività lavorativa presso la I.T.C.A. Produzione
S.p.A., questa Corte, con la sentenza n. 7459 del 14 maggio 2012, ha
così sintetizzato i principi regolatori della materia: a) il provvedimento
di sospensione dell’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di
lavoro (sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione, sia in
caso contrario) ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai
fini dell’esame congiunto, ovvero di concordare con le stesse, gli
specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di
individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi, ed ai quali
criteri la scelta dei lavoratori deve poi effettivamente corrispondere
(Cass. n. 28464/2008); b) la specificità dei criteri di scelta consiste
nell’idoneità dei medesimi ad operare la selezione e nel contempo a
consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri (Cass.
n. 7720/2004); c) la comunicazione di apertura della procedura di
trattamento di integrazione salariale la cui genericità rende impossibile
qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei
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lavoratori da sospendere, viola l’obbligo di comunicazione previsto
dalla legge 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7 (Cass. n.
13240/2009); d) la mancata specificazione dei criteri di scelta (o la
mancata indicazione delle ragioni che impediscono il ricorso alla
rotazione) determina l’inefficacia dei provvedimenti aziendali che può
essere fatta valere giudizialmente dai lavoratori, in quanto la

regolamentazione della materia è finalizzata alla tutela, oltre che degli
interessi pubblici e collettivi, soprattutto di quelli dei singoli lavoratori
(Cass. n. 12137/2003; Cass. n. 11660/2006).
La valutazione della rispondenza in concreto delle comunicazioni
di avvio della procedura di Cassa integrazione oggetto dell’esame
giudiziale ai requisiti su indicati, è una valutazione di merito in ordine
al contenuto dell’atto negoziale, che rimane estranea al giudizio di
legittimità, quando, come nel caso in esame, il giudice di merito abbia
motivato la sua decisione in modo sufficiente e privo di
contraddizioni.
Neppure è fondata la critica con la quale si assume l’effetto
sanante dell’esame congiunto rispetto alla comunicazione di avvio
della procedura, muovendo dai rilievi secondo cui i criteri sarebbero
stati adeguatamente specificati in tale atto e i verbali di esame
congiunto avrebbero il valore di atti amministrativi che certificano la
regolarità della procedura.
Anche per tale profilo, infatti, la decisione della Corte territoriale
si sottrae a censure.
La tesi per cui l’accordo sindacale conterrebbe un’adeguata
specificazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da porre in
cassa integrazione e spiegherebbe adeguatamente le ragioni della
impossibilità del ricorso alla rotazione si risolve nella proposizione di
un giudizio di merito (basato anche su di una particolare rilettura della
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prova orale, riportata peraltro per stralci), difforme rispetto a quello
della Corte di appello. Tale valutazione, al pari di quella concernente la
comunicazione di avvio della procedura, spetta in via esclusiva al
giudice di merito e può essere censurata in cassazione solo negli stretti
limiti del giudizio di legittimità, che nel caso in esame vengono

Invero la possibilità di un effetto sanante di un accordo sindacale
sui criteri di scelta, laddove l’accordo li indichi in modo puntuale e
specifico, è stata ammessa solo in casi particolari e circoscritti, ma non
nell’ipotesi in cui la comunicazione è strettamente funzionale a mettere
in grado le organizzazioni sindacali di partecipare al confronto con la
controparte adeguatamente informate e ai lavoratori di avere contezza
delle prospettazioni aziendali. Né può essere ammessa, con effetto
retroattivo, rispetto a scelte in concreto già operate (v., funditus, Cass.
n. 26587/2011 dt.; in generale sull’esclusione del carattere sanante
dell’accordo cfr., ex multis, Cass. nn. 13240 e 15393 del 2009).
Il ricorso proposto dalla società deve, pertanto, essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo
in base a quanto previsto dal d.m. n. 55 del 10 marzo 2014 (art. 28),
devono essere poste a carico della parte soccombente con attribuzione
all’avv. Mariafederica Di Libero per dichiarato anticipo fattone.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento,
alle spese del presente giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi ed
curo 2.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e
rimborso spese forfettario nella misura del 15%, con distrazione in
favore dell’avv. Mariafederica Di Libero.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 giugno
2014.

nettamente travalicati.

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