Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18802 del 12/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 12/07/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 12/07/2019), n.18802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTO Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24477-2018 proposto da:

O.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SAN

SALVATORE IN CAMPO n. 33, presso lo studio dell’avvocato NICOLINA

GIUSEPPINA MUCCIO, rappresentato e difeso dall’avvocato NOEMI NAPPI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso IL DECRETO n. 1474/2018 del TRIBUNALE DI LECCE, pubblicato il

22/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/5/2019 dal consigliere Dott.ssa Meloni Marina.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Lecce, sezione specializzata per la protezione internazionale, con decreto in data 22/6/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Lecce in ordine alle istanze avanzate da O.L., nato in Nigeria il (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo, proveniente dallo Stato della Nigeria, aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Lecce di essere fuggito dal proprio paese a causa dei contrasti con il secondo marito di sua madre il quale non lo voleva in casa, pertanto era fuggito per paura che il patrigno abbandonasse sua madre in caso di suo rientro. Avverso il decreto del Tribunale di Lecce ha proposto ricorso per cassazione O.L. affidato a quattro motivi. Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 e del D.Lgs n. 25 del 2008, art. 8 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Lecce ha ritenuto non credibile il suo racconto e violato il dovere di cooperazione istruttoria escludendo così i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e del diritto alla protezione sussidiaria.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, commi 9, 10 ed 11 come modificato dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Lecce, nonostante la espressa istanza del ricorrente, non aveva fissato l’udienza di comparizione delle parti sebbene mancante la videoregistrazione dell’audizione svoltasi davanti alla competente Commissione Territoriale.

Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 25 del 2008, art. 2, lett. G, ed D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Lecce non ha riconosciuto il diritto alla protezione sussidiaria.

Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5,comma 6 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Lecce non ha riconosciuto il diritto ad un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto in ordine a tutti i motivi.

Il secondo motivo di ricorso, da trattarsi prioritariamente in ordine logico perchè attinente ad una questione di rito, è infondato e deve essere respinto in quanto risulta dal provvedimento impugnato che il Tribunale territoriale, in mancanza della videoregistrazione delle dichiarazioni rese davanti alla competente Commissione Territoriale non eseguita per motivi tecnici, ha fissato e regolarmente tenuto l’udienza di comparizione delle parti in data 30/4/2018. Per quanto invece riguarda la richiesta di audizione del richiedente asilo da parte del giudice, in quanto mancante la videoregistrazione, è del tutto condivisibile e deve essere confermata la ordinanza del Tribunale nella parte in cui afferma che non sussiste alcun automatismo tra la mancanza di videoregistrazione e l’obbligo di ascolto del richiedente (Cass. sez. 1 n. 17717/18) per cui il Tribunale, dopo aver fissato l’udienza di comparizione delle parti ben può decidere di non procedere all’audizione del ricorrente se ritiene di poter decidere in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo (e cioè il verbale o la trascrizione del colloquio personale) pur in assenza di videoregistrazione (v., in tal senso, Corte di giustizia dell’Unione Europea, 26 luglio 2017, causa C- 348/16 Moussa Sacko contro Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano, p. 49).

Gli ulteriori tre motivi di ricorso da trattarsi congiuntamente sono parimenti infondati. Il giudice territoriale non è venuto meno al dovere di cooperazione istruttoria di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, avendo semplicemente ritenuto, a monte, che i fatti lamentati e le vicende riferite dal ricorrente non siano credibili, sia pure nell’ambito dell’onere probatorio cd. attenuato, e che in ogni caso doveva escludersi un’esposizione alla lesione dei diritti fondamentali della persona o l’esistenza di una situazione di pericolo legata alla situazione individuale dell’istante. In particolare riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, la sentenza impugnata i oltre alle ragioni della ritenuta genericità ed illogicità del racconto 1 esamina in riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C) la situazione della zona di provenienza e di conseguenza non ravvisa i presupposti per la protezione sussidiaria ritenendo con motivazione coerente ed esaustiva, e citando le fonti da cui ha tratto le relative informazioni, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e diffusa e di un conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine.

La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

In ordine poi al quarto motivo relativo alla protezione umanitaria oppure risultante da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato Italiano, in costanza dei quali lo straniero risulta titolare di un diritto soggettivo al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (Cass., sez. un., n. 19393/2009 e Cass., sez. un., n. 5059/2017), il giudice, anche avvalendosi dei poteri di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, ha escluso con accertamento di fatto insindacabile in questa sede situazioni di vulnerabilità inerenti a diritti umani fondamentali alle quali lo straniero sarebbe stato esposto in caso di suo rimpatrio (Cass., sez. un., n. 19393/2009 e Cass., sez. un., n. 5059/2017) o l’esistenza di una situazione di particolare vulnerabilità del ricorrente. Il motivo risulta pertanto inammissibile in quanto del tutto generico: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dalla Corte di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

Il ricorso proposto deve pertanto essere respinto con condanna del ricorrente alle spese di giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore del controricorrente che si liquidano in complessivi Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito. Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione della Corte di Cassazione, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2019

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