Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18802 del 02/07/2021

Cassazione civile sez. III, 02/07/2021, (ud. 01/07/2020, dep. 02/07/2021), n.18802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. OLIVIERI Stefano – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 28292-2018 proposto da:

M.M., F.S., difesi dall’Avv.to ALESSANDRO

GRIFONI;

– ricorrenti –

e contro

FONDIARIA SAI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1878/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 08/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/07/2020 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;

udito l’Avvocato.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

con ricorso per decreto ingiuntivo 13 febbraio 2009 Fondiaria Sai, quale Impresa designata dal Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada deduceva, davanti al Tribunale di Firenze che, in conseguenza del sinistro verificatosi (OMISSIS) in (OMISSIS), tra l’autovettura Peugeot condotta da K.T.F. e l’autovettura Land Rover, di proprietà di F.S., condotta da M.M., aveva corrisposto l’importo di Euro 5.293 sulla base di una transazione, in quanto l’auto condotta da M. era priva di assicurazione. Aggiungeva che il sinistro era da addebitare al conducente dell’autovettura Land Rover sulla base di dichiarazioni rese da due persone informate sui fatti e riportate nel verbale dei vigili urbani intervenuti sul posto. Tutto ciò premesso, agiva per il recupero di tali somme nei confronti del proprietario e del conducente dell’autovettura non assicurata, ai sensi dell’art. 292 del Codice delle assicurazioni;

avverso tale decreto proponevano opposizione M. e F., con atto di citazione del 17 aprile 2009, contestando la competenza, territoriale, per materia e per valore, del giudice adito ed i presupposti per la procedura monitoria, oltre che la fondatezza della pretesa. Si costituiva la Fondiaria Sai insistendo nella pretesa;

con sentenza del 17 gennaio 2011 il Tribunale di Firenze rigettava l’opposizione;

avverso tale decisione proponevano appello gli opponenti, con atto di citazione del 15 febbraio 2012, deducendo l’erronea applicazione della legge, l’errata valutazione dei fatti di causa, oltre che la carenza di motivazione. Si costituiva la Fondiaria Sai S.p.A. contrastando il gravame;

la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza dell’8 agosto 2017, rigettava l’impugnazione rilevando che il diritto recuperatorio in favore dell’impresa designata dal FGVS trovava fondamento nella legge, quale azione di regresso sulla base dei due presupposti della mancanza di copertura assicurativa e dell’avvenuto pagamento nei confronti del danneggiato. Inoltre, sulla base della documentazione prodotta dalla compagnia, affermava la responsabilità di M. nella causazione del sinistro, aggiungendo che la transazione e la relativa quietanza non erano state specificamente contestate;

avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione M.M. e F.S. affidandosi a sei motivi. La parte intimata non svolge attività processuale in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la violazione il D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 292. La Corte di merito avrebbe errato nel qualificare l’azione concessa alla compagnia come azione di regresso nascente dalla legge, anzichè come surrogazione nei diritti del danneggiato, come confermato dalla giurisprudenza di legittimità che, nonostante il tenore letterale della legge, che si esprime in termini di regresso, definisce l’azione come ipotesi di surrogazione legale nel medesimo diritto vantato dal danneggiato;

con il secondo motivo si lamenta la violazione della medesima disposizione oltre che dell’art. 99 c.p.c. e art. 2054 e 2055 c.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Il giudice di appello, escludendo l’ipotesi di surrogazione nella cessione del danneggiato, non ha ritenuto necessario alcun accertamento sulla dinamica del sinistro. In sostanza, la Corte territoriale avrebbe mancato di dare corretta applicazione al principio della domanda o, comunque, ai principi regolatori della solidarietà da fatto illecito. Infatti, la richiesta di condanna in solido potrebbe trovare spiegazione soltanto qualificando la pretesa come azione di surrogazione nei diritti del danneggiato. Infatti, l’obbligazione solidale, tra proprietario e conducente, sorge, ai sensi degli artt. 2054 e 2055 c.c., dal fatto illecito e non dalla legge. Pertanto, poichè la compagnia aveva chiesto la condanna in solido, evidentemente non si era limitata ad agire sulla base dell’azione di rivalsa prevista dalla legge, ma era subentrata nella medesima posizione del danneggiato. Sulla base di tali premesse sarebbe stato necessario accertare compiutamente la verificazione del sinistro;

con il terzo motivo si deduce la violazione della medesima disposizione, oltre che degli artt. 1299 e 2055 c.c.. In particolare, accogliendo l’interpretazione suggerita dal giudice di appello, si prospetterebbero due soluzioni. Secondo una prima impostazione l’impresa designata sarebbe debitrice in solido, unitamente agli altri responsabili del sinistro, con la conseguenza che, trovando applicazione l’art. 1299 c.c. avrebbe diritto a ripetere le somme in proporzione alle rispettive responsabilità, previo accertamento della dinamica del sinistro. Secondo una diversa ricostruzione, si tratterebbe di un credito sganciato dal fatto illecito, perchè derivante, non dalla responsabilità nel sinistro, ma dalla circostanza di avere omesso di adempiere all’obbligo di assicurazione contro la responsabilità civile. Ma secondo questa seconda lettura l’unica responsabile sarebbe la proprietaria del veicolo e non anche il conducente;

con il quarto motivo si lamenta la violazione degli artt. 633 c.p.c. e segg. e degli artt. 7,18 e 20 c.p.c.. Sulla base delle considerazioni espresse dei motivi precedenti, risultando indispensabile l’accertamento della dinamica del sinistro e delle rispettive responsabilità, il credito non sarebbe liquido e, conseguentemente, non sussisterebbero i presupposti per l’emissione del decreto ingiuntivo. Inoltre, trattandosi di obbligazione da fatto illecito, il giudice di Firenze sarebbe incompetente per territorio, per materia e valore. Tali eccezioni erano state proposte davanti al giudice di primo grado e ribadite nei motivi di impugnazione;

con il quinto motivo si deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c., degli artt. 2702, 2729 e 2697 c.c., oltre che dèi principi sulla valutazione delle prove e dell’art. 1304 c.c.. Pur accedendo alla tesi della Corte territoriale, secondo cui non sarebbe necessario l’accertamento della dinamica e le effettive responsabilità, ma solo la verifica dei due presupposti della mancanza di copertura assicurativa e dell’avvenuto pagamento, da parte della impresa designata, in favore del terzo danneggiato, l’argomentazione del giudice di appello -secondo parte ricorrente- sarebbe, comunque, errata. Infatti, la prova del pagamento in favore del danneggiato risiederebbe nella transazione e nella relativa quietanza e cioè in un documento proveniente da un terzo, non confermato da alcun testimone. Sotto tale profilo la Corte territoriale avrebbe erroneamente parlato di non contestazione del documento, quando invece l’atto di transazione sarebbe stato contestato in sede di opposizione a decreto ingiuntivo e l’onere della prova del pagamento gravava solo sulla compagnia. Inoltre, l’opponibilità della transazione nei confronti degli odierni ricorrenti costituirebbe violazione dell’art. 1304 c.c.. Infine, dalle risultanze processuali non emergerebbe la responsabilità del conducente del veicolo Land Rover;

con il sesto motivo si lamenta la violazione del citato art. 292, oltre che degli artt. 99 e 112 c.p.c.. La Corte d’Appello avrebbe contraddittoriamente sostenuto che il diritto azionato dalla compagnia costituiva una forma autonoma di regresso, svincolata dall’accertamento del fatto illecito, ma, nello stesso tempo, riteneva necessario individuare il responsabile esclusivo del sinistro e ciò anche in violazione delle norme citate, non sussistendo sul punto alcuna domanda espressa, tesa ad individuare le rispettive responsabilità nella causazione del sinistro. Inoltre, il Tribunale Firenze non avrebbe potuto accertare i fatti relativi alla responsabilità del sinistro, in quanto di competenza di altro giudice;

i primi quattro motivi ed il sesto devono essere trattati congiuntamente perchè strettamente connessi riguardando la questione centrale della natura giuridica dell’azione recuperatoria proposta dal Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada e i conseguenti effetti in termini di autonomia o meno dell’azione rispetto alla posizione del danneggiante, di solidarietà passiva, di liquidità del credito e di competenza del giudice adito;

la Corte territoriale, a riguardo, sembra farsi carico dei presupposti dell’azione recuperatoria esercitata dal Fondo ed, in particolare, del profilo della necessità o meno del previo accertamento della responsabilità del sinistro. Il giudice di appello, pur facendo propria la tesi della sufficienza dei due requisiti formali (scopertura assicurativa e avvenuto pagamento), in concreto sostiene che l’azione recuperatoria prevista dal D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 292, comma 1, impone la verifica, non solo della mancata copertura assicurativa del veicolo responsabile del sinistro e all’avvenuto pagamento del danno da parte dell’impresa designata, ma anche l’accertamento effettivo della responsabilità per il sinistro stradale. Responsabilità che il convenuto può contestare formulando le medesime eccezioni opponibili al danneggiato (a tal fine richiama Cass. Sez. 6, 28 agosto 2012, n. 14681);

Azione di regresso e azione surrogatoria nel Codice delle Assicurazioni questa Corte ritiene utile operare una premessa di carattere generale. L’impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada è un garante ex lege del debito altrui, e tale obbligazione, secondo un consolidato orientamento, ha natura risarcitoria e non indennitaria (per tutte, Cass. 19 dicembre 1990, n. 12036 e Cass. Sez. 3, n. 12671 del 25 settembre 2000), che si sostituisce a quella del responsabile del danno, salva la possibilità di rivalersi su quest’ultimo per quanto corrisposto al danneggiato;

una volta corrisposto l’indennizzo, la legge accorda al Fondo la facoltà di recuperare il relativo importo nei confronti del soggetto che, in mancanza dell’intervento dell’impresa designata, sarebbe stato tenuto a sopportarne il relativo onere;

l’art. 292 del codice delle assicurazioni, al comma 1 prevede:

“l’impresa designata che, anche in via di transazione, ha risarcito il danno nei casi previsti dall’art. 283, comma 1, lett. a) b), d), d-bis) e d-ter), ha azione di regresso nei confronti dei responsabili del sinistro per il recupero dell’indennizzo pagato nonchè degli interessi e delle spese”;

al comma 2 dispone: “nel caso previsto dall’art. 283, comma 1, lett. c), l’impresa designata che, anche in via di transazione, ha risarcito il danno è surrogata, per l’importo pagato, nei diritti dell’assicurato e del danneggiato verso l’impresa posta in liquidazione coatta con gli stessi privilegi stabiliti dalla legge a favore dei medesimi”;

si tratta di due azioni differenti: quella di regresso, costituisce un diritto autonomo, mentre nell’ipotesi di surrogatoria la pretesa riguarda il medesimo diritto del danneggiato. In particolare, l’art. 292, comma 1, D.Lgs. (che ha sostituito la L. n. 990 del 1969, art. 29) prevede che il recupero possa avvenire mediante un’azione, denominata, appunto, di regresso, esperibile nei confronti del responsabile del sinistro causato da veicoli non identificati (nell’eventualità che il responsabile sia stato successivamente identificato), privi di assicurazione o circolanti prohibente domino. Il comma 2 disciplina il diverso caso della surroga dell’impresa designata nei diritti del danneggiato, per l’ipotesi di pagamento effettuato anche in via transattiva;

l’inquadramento giuridico dell’azione ex art. 292 Cod. Ass..

riguardo alla qualificazione giuridica della “sostituzione” di cui alla norma citata sono rinvenibili almeno due impostazioni differenti;

secondo un primo approccio ermeneutico, con la predetta azione di regresso l’impresa designata esercita un diritto di ripetizione nuovo e proprio, conferitole dal legislatore per il fatto di gestire pubblico denaro con destinazione mutualistica, mentre con quella di surrogazione, di cui al comma 2 del medesimo art. 292 esercita (nei confronti dell’impresa, in liquidazione coatta, presso la quale risulti assicurato il veicolo danneggiante) un diritto derivato da quello del danneggiato;

secondo una diversa opzione, sia il comma 1, che il comma 2 dell’art. 292 citato regolano fattispecie di surrogazione riconducibili alla previsione normativa dell’art. 1203 c.c., n. 5: anche con l’azione di cui al comma 1, pertanto, l’impresa designata subentra nella stessa posizione sostanziale e processuale del danneggiato, in quanto non adempie un debito proprio, ma è tenuta per legge a pagare un debito altrui;

la qualificazione dell’azione come regresso o come surrogazione rileva sul piano della prescrizione e su quello delle prerogative che l’Impresa designata ha nei confronti dei vari responsabili;

in primo luogo, sono differenti i termini di decorrenza della prescrizione del diritto: rispettivamente, dal momento in cui poteva essere fatta valere, per la surrogazione e dal giorno del pagamento, per il regresso. Ma la questione incide anche sull’applicabilità degli artt. 1299 e 2055 c.c. riguardo ai limiti della “sostituzione” e sulla competenza del Giudice di Pace in materia di circolazione stradale. Tematiche queste, in qualche modo affrontate nei motivi di ricorso;

la posizione della giurisprudenza di legittimità: l’azione di regresso secondo la ricostruzione autonoma del diritto, l’azione di regresso non troverebbe titolo in quello del danneggiato al risarcimento dei danni, ma sarebbe fondata su di un’azione autonoma e specifica prevista dalla legge (Cass. civ. sez. III, 11 maggio 2007, n. 10827; Cass. civ., sez. III, 19 giugno 2013, n. 15303; Cass. civ., sez. III, sent., 17 gennaio 2017, n. 930);

l’autonomia e la novità del diritto, proprie della azione di regresso, comportano l’ulteriore conseguenza che l’illecito costituisce il “presupposto” e non il fatto costitutivo, della fattispecie normativa del regresso ex lege, che richiede: la richiesta del danneggiato, l’elemento della scopertura assicurativa e il fatto del pagamento dell’indennizzo, anche in via transattiva;

l’azione è soggetta al termine ordinario decennale e non a quello di prescrizione biennale, applicabile all’azione risarcitoria spettante al danneggiato dalla circolazione stradale, poichè il diritto cui si ricollega non è condizionato e non deriva dal diritto del danneggiato al risarcimento dei danni, ma trova il suo fondamento nella suddetta azione specifica, concessa dalla legge e soggetta all’ordinario termine di prescrizione decennale (per tutte, Cass. civ., sez. III, 19 giugno 2013, n. 15303 e da ultimo, Cass. 10 gennaio 2017 n. 930);

infine, riguardo alla posizione dell’impresa designata, non opererebbero gli artt. 1299 e 2055 c.c. con la conseguenza che, nel caso di sinistro imputabile a più responsabili (come nel caso di incidente causato da un conducente diverso dal proprietario del veicolo), l’impresa designata potrà pretendere l’intero (Cass. Sez. 3, 1 febbraio 2011, n. 2347);

in particolare, l’unicità del fatto dannoso richiesta dall’art. 2055 c.c. ai fini della configurabilità della responsabilità solidale degli autori dell’illecito, si riferisce al fatto dannoso derivato da più azioni od omissioni costituenti fatti illeciti distinti, semprechè le singole azioni o omissioni, legate da un vincolo di interdipendenza, abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del medesimo evento di danno (Cass. 11 maggio 2007 n. 10827). Pertanto, la disposizione si riferisce alla categoria dei “concorrenti nella produzione del medesimo evento dannoso” (fra i quali non può farsi rientrare la posizione del Fondo di Garanzia) e non alla categoria, più generale, dei “coobbligati solidali” (tra i quali bene potrebbe ricadere, a titolo legale, anche il FGVS);

inserendosi nel contrasto manifestatosi in ordine alla natura giuridica dell’azione di cui al comma 1 dell’art. 292 del Codice delle Assicurazioni quale azione di regresso esercitata nei confronti del danneggiante dall’impresa designata che ha pagato il danneggiato nell’ipotesi b) dell’art. 283 della medesima legge ovvero perchè il veicolo danneggiante era privo di copertura assicurativa, questa Corte (Cass. n. 930 del 2017 e Cass. n. 15303 del 2013) ha recentemente affermato che “in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, l’impresa designata dal Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada che agisca ai sensi della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 29 (applicabile “ratione temporis”) non è soggetta al termine di prescrizione biennale, applicabile all’azione risarcitoria spettante al danneggiato della circolazione stradale, perchè il suo diritto non è condizionato e non deriva dal diritto del danneggiato al risarcimento dei danni, ma trova il suo fondamento nella suddetta azione specifica, prevista dalla legge, che è soggetta all’ordinario termine di prescrizione decennale” (principio già affermato in precedenza da Cass. n. 18207 del 2007 secondo cui l’obbligo di solidarietà che l’impresa designata assolve, soccorrendo la vittima della circolazione, non deriva dal fatto illecito, ma dalla imputazione degli oneri economici conseguenti ad un soggetto solidale “ex lege” dell’obbligo risarcitorio, e tale particolare fattispecie di solidarietà sfugge alle ragioni della prescrizione breve, che è di stretta interpretazione);

Riconducibilità alla surrogazione legale secondo una diversa impostazione l’azione recuperatoria dell’indennizzo nei confronti del responsabile civile sarebbe riconducibile all’ambito della surrogazione legale ex art. 1203 c.c., n. 5, attribuendo all’impresa designata il medesimo diritto vantato dal danneggiato (Cass. Sez. Un., 11 novembre 1991, n. 12014; Cass. Sez. 3, 13 ottobre 1997, n. 9956; Cass. 15 gennaio 2002, n. 366; Cass. 17 settembre 2005, n. 18446; Cass., 6 luglio 2006, n. 15357; in un obiter dictum, Cass. Sez. Un., 2 aprile 2007, n. 8085);

in particolare, secondo tale orientamento, il diritto di regresso – previsto dalla L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 29, comma 1, – dell’impresa designata, che abbia risarcito il danno, nei confronti del responsabile del sinistro per il recupero di quanto pagato nei casi contemplati dall’art. 19, comma 1, lett. a) e b) della citata legge, è riconducibile alla surrogazione legale di cui all’art. 1203 c.c., n. 5);

conseguentemente il termine di prescrizione sarebbe quello biennale, traducendosi nell’attribuzione del medesimo diritto del danneggiato risarcito, cui subentra l’impresa, nella medesima posizione sostanziale e processuale;

quanto alla questione della decorrenza del termine biennale di prescrizione si individuano due diverse opzioni interpretative. In alcuni casi il termine è stato fatto assertivamente decorrere dall’esecuzione del pagamento al danneggiato (Cass. 6 luglio 2006 n. 15357: in motivazione si legge “si traduce nella attribuzione del medesimo diritto del danneggiato risarcito, cui subentra l’impresa nella medesima posizione sostanziale e processuale; pertanto, il diritto dell’impresa è soggetto alla prescrizione biennale, con decorrenza dall’esecuzione del pagamento al danneggiato”);

secondo altra e più argomentata decisione (Cass. 17 maggio 2007, n. 11457) il profilo rilevante è quello della comunicazione trasmessa dall’impresa responsabile, di surrogarsi nel credito;

nella motivazione della decisione citata la surrogazione dell’assicuratore prevista all’art. 1916 c.c. è individuata come forma di successione a titolo particolare nel credito risarcitorio “la quale si verifica al momento in cui l’assicuratore fornisce notizie al terzo responsabile del pagamento effettuato all’assicurato, esprimendo la volontà di avvalersi della citata norma ed implica la opponibilità all’assicuratore delle eccezioni invocabili contro l’assicurato alla suddetta data, per effetto del subingresso dell’uno nella stessa posizione dell’altro”. Cass. n. 11457/07 ribadisce che il termine di prescrizione è quello biennale, precisando che l’estinzione del diritto si verifica solo se la scadenza del termine di prescrizione è. anteriore all’esercizio della surrogazione, mentre, in caso contrario, “essendosi la titolarità del credito trasferita in capo all’assicuratore prima della maturazione della prescrizione e valendo la menzionata comunicazione, altresì, quale atto interruttivo, l’estinzione per prescrizione del credito trasferito può discendere esclusivamente dalla successiva inattività dell’assicuratore medesimo”;

inquadramento in termini di specialità dell’azione

secondo una terza impostazione l’azione del Fondo, di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 29, comma 1 o art. 292 Cod. ass., è costruita come azione speciale che non è assimilabile, nè allo schema dell’azione di regresso tra coobbligati solidali, nè allo schema della surrogazione pura nel diritto del danneggiato (Cass. Sez. 3, n. 20026 del 6 ottobre 2016);

questa Corte si era occupata della questione, esaminando l’ambito di applicabilità dell’art. 2055 c.c.. Era stato escluso il frazionamento interno del regresso, secondo le diverse incidenze delle responsabilità dei coobbligati ex art. 2055 c.c. (e per l’applicazione dell’art. 1299 c.c., comma 3), richiamando la precedente sentenza Sez. 3, n. 2347 del 1 febbraio 2011 secondo cui il FGVS aveva il diritto di agire in “regresso” per l’intero, proprio perchè l’obbligazione ex lege del Fondo verso il danneggiato era sostitutiva di quella dei responsabili civili e non solidale, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2055 c.c.;

si legge nella decisione n. 20026/2016 che “l’azione recuperatoria accordata all’impresa designata nei confronti del responsabile non assicurato, sebbene sia espressamente definita dalla legge come “regresso”, costituisce in realtà un’ipotesi di surrogazione legale ex art. 1203 c.c., n. 5″, ma “all’azione recuperatoria proposta dall’impresa designata nei confronti del responsabile non assicurato non si applicheranno gli artt. 1299 e 2055 c.c. (dettati per l’azione di regresso), con la conseguenza che, nel caso il sinistro sia imputabile a più responsabili (come nel caso di sinistro causato da conducente diverso dal proprietario del veicolo):

– (a) l’impresa designata potrà pretendere da uno qualsiasi dei responsabili l’intero importo pagato, e non solo la quota su questi gravante;

– (b) nel caso di insolvenza di uno dei corresponsabili, l’altro sarà tenuto per l’intero (Sez. 3, Sentenza n. 2347 del 01/02/2011, Rv. 617266);

in definitiva, con quella decisione, richiamata da parte ricorrente, si afferma che in tema di obbligazioni distinte derivanti da fatti diversi (rispettivamente illecito e legge) non trova applicazione l’art. 2055 c.c. come affermato da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2347 del 2011 (Rv. 617266 – 01), citata. Questa Corte aveva precisato, in quell’occasione, che “nel caso di sinistro stradale causato da veicolo non assicurato, l’obbligazione indennitaria gravante sull’impresa designata nei confronti del danneggiato, per conto del Fondo di garanzia vittime della strada, ha natura sostitutiva, e non solidale, rispetto a quella dei responsabili. Da ciò consegue che, se più sono i responsabili (come nel caso in cui il conducente del veicolo che ha causato il danno sia persona diversa dal proprietario), all’azione della suddetta impresa, una volta indennizzata la vittima, non si applicherà l’art. 2055 c.c.”;

la natura dell’azione ex art. 292 Cod. Ass..

questa Corte in una delle decisioni citate si è fatta carico dei differenti orientamenti esistenti cercando di riavvicinare le posizioni espresse in giurisprudenza. In particolare, nella motivazione della sentenza n. 930 del 2017 si legge che non contrasterebbe con quanto affermato da Cass. S.U. n. 8085 del 2007, l’affermazione secondo cui, nelle prime due ipotesi di cui all’art. 29 (lett. A e B), l’obbligazione della impresa designata rappresenta una obbligazione autonoma (che trova la sua fonte direttamente nella legge e che individua un soggetto sul quale allocare il rischio del risarcimento del danno a fronte di due situazioni in cui il danneggiato rischierebbe altrimenti di vedere sacrificato il suo diritto al risarcimento);

infatti, tale decisione delle Sezioni Unite si riferirebbe (secondo la lettura data nella sentenza n. 930) alla diversa ipotesi di cui alla lettera c) dell’art. 29, in cui il Fondo esercita la propria azione di rivalsa verso la società di assicurazioni posta in liquidazione coatta amministrativa, surrogandosi nella posizione del soggetto in favore del quale ha pagato;

in questo caso -secondo le SSUU – si verificherebbe una ipotesi di surrogazione legale, prevista dalla L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 29, comma 2, che dà luogo ad una vicenda di tipo “lato sensu” successoria, riconducibile all’art. 1203 c.c., n. 5, in virtù della quale l’impresa designata ai sensi dell’art. 20 della medesima legge, che abbia provveduto al risarcimento in favore del danneggiato o al pagamento dell’indennità in favore dell’assicurato, subentra nei diritti vantati da questi ultimi nei confronti dell’impresa assicuratrice posta in liquidazione coatta amministrativa;

per quella distinta ipotesi di surrogazione legale, (non ricorrente -secondo la decisione di questa Corte del 2017- nei casi sub a) e b) dell’art. 29) le Sezioni Unite distinguono, ai fini della prescrizione, due ipotesi:

– “il caso in cui il pagamento abbia avuto luogo a seguito del pacifico riconoscimento dei diritti del danneggiato o dell’assicurato, in cui l’impresa designata ha l’onere di far valere la propria pretesa nei confronti di quella in liquidazione coatta entro il termine breve di prescrizione previsto, rispettivamente, per l’esercizio dei diritti risarcitori o di quelli derivanti dal contratto di assicurazione”;

– e il diverso caso in cui il pagamento abbia avuto, invece, luogo “a seguito di un giudizio definito con sentenza di condanna”. In quest’ultima ipotesi secondo la citata decisione delle Sezioni Unite del 2007 – la prescrizione sarebbe soggetta al termine decennale di cui all’art. 2953 c.c., rimanendo interrotta per tutto il corso del giudizio, ai sensi dell’art. 2945 c.c., comma 2 per riprendere a decorrere soltanto per effetto del passaggio in giudicato della sentenza;

orbene, nonostante il tentativo di armonizzare i principi posti a fondamento delle citate sentenze, questa Corte deve prendere atto che, per quanto detto, permane un contrasto tra differenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità riguardo al tema centrale della natura giuridica dell’azione esercitata da parte ricorrente, che richiede ex art. 374 c.p.c., comma 2, la rimessione alle Sezioni Unite della questione;

questioni collegate alla qualificazione dell’azione la diversa qualificazione del diritto di regresso spettante all’impresa designata nei confronti dei responsabili del sinistro per il recupero dell’indennizzo corrisposto costituisce un profilo rilevante per la soluzione del presente giudizio e produce una pluralità di conseguenze. Incide, infatti, oltre che sul termine di prescrizione (decennale o biennale), anche sulla individuazione dei presupposti dell’azione fatta valere dal Fondo. In particolare, assume rilievo la necessità o meno del previo accertamento della responsabilità dell’autore dell’illecito o del sinistro. Infine, la questione coinvolge il tema dell’applicabilità o meno dell’art. 2055 c.c. nel caso in cui il sinistro sia imputabile a più responsabili (come nell’ipotesi in esame, di incidente determinato da conducente diverso dal proprietario del veicolo);

rilevanza dell’accertamento della responsabilità dell’autore dell’illecito aderendo alla prima impostazione, che individua l’azione in oggetto con quella di regresso, in conseguenza dell’autonomia e della previsione da parte della legge di tale diritto, l’accertamento del fatto illecito rappresenta il mero presupposto dell’azione e non anche il fatto costitutivo della fattispecie normativa prevista dall’art. 292 c.p.c. (che, invece, prevede i due requisiti della scopertura assicurativa e dell’effettivo pagamento dell’indennizzo, anche in via transattiva). Ciò in quanto il diritto di regresso, spettante al Fondo di Garanzia nei confronti dei responsabili del sinistro, per il recupero dell’indennizzo corrisposto, non si identifica nel diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli ai sensi dell’art. 2947 c.c., comma 2. Va segnalato, peraltro, che nella valutazione dei fatti costitutivi dell’azione di regresso la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto formulabile, nel giudizio di regresso, la contestazione da parte dei convenuti (proprietario ed, eventualmente, conducente) della propria responsabilità nella determinazione del sinistro. In particolare, è stato affermato che l’eventuale concorso di colpa del danneggiato non è rilevabile d’ufficio, ma deve essere eccepito dal convenuto, in quanto la dimostrazione dell’ipotetico cattivo pagamento effettuato dall’assicuratore, costituisce un fatto idoneo a paralizzare la pretesa di rivalsa da esso azionata in giudizio (Cass. 29 marzo 2017 n. 8159);

sotto tale profilo, poichè l’obbligazione indennitaria facente capo al FGVS richiede l’esistenza di un danno, così come previsto dall’art. 283 del Cod. Ass. sarebbe necessario accertare se è sufficiente l’esistenza di un pregiudizio comunque indennizzabile (come nell’ipotesi dell’assicurazione per i danni) o, invece, è richiesto l’ulteriore elemento della “ingiustizia” del danno (come nel caso di illecito extracontrattuale, ai sensi dell’art. 2054 c.c.). In questa seconda ipotesi il problema della necessità dell’accertamento della responsabilità dell’autore del sinistro dovrà essere risolto in senso positivo poichè solo la sussistenza della responsabilità del proprietario e/o del conducente fa insorgere l’obbligazione indennitaria del Fondo e, pertanto, ne integra il presupposto indispensabile;

la qualificazione dell’azione in oggetto in termini di surrogazione legale, così come la terza impostazione, che sottolinea la specialità dell’azione, non pone particolari problemi riguardo alla necessità di accertare anche la responsabilità dell’autore dell’illecito. Tale elemento appare imprescindibile, proprio perchè il FGVS subentra nel medesimo diritto al risarcimento del danno e richiede la prova dell’imputabilità dell’illecito al responsabile;

applicabilità dell’art. 2055 c.c..

la ricostruzione della obbligazione indennitaria in termini di regresso o di surrogazione produce effetti anche sul tema della applicabilità dell’art. 2055 c.c., diversamente risolta nelle decisioni di legittimità riferibili ai due orientamenti precedentemente illustrati;

nell’ipotesi ricorrente nel caso di specie, in cui il Fondo di Garanzia è intervenuto per l’ipotesi prevista dalla lettera b) dell’art. 283, comma 1, l’azione proposta dall’impresa designata per il recupero dell’indennizzo nei confronti dei responsabili del sinistro, si fonda sul medesimo fatto illecito prodotto dalla circolazione del veicolo, i responsabili del sinistro sono evocati in giudizio ai sensi dell’art. 2054 c.c., mentre il coinvolgimento del Fondo di Garanzia deriva dalla legge. Pertanto, il Fondo è tenuto a risarcire il danno unitamente ai responsabili sulla base di un titolo diverso rispetto a questi ultimi;

anche in questo caso la ricostruzione come azione di regresso, in considerazione della autonomia della pretesa, farebbe propendere per l’inapplicabilità dell’art. 205.5 c.c. atteso che il Fondo è tenuto per titolo legale a risarcire il danneggiato, attesa la sua estraneità alla causazione del danno. In realtà, la giurisprudenza di questa Corte, nell’affermare l’inapplicabilità dell’art. 2055 c.c. non ha ritenuto rilevante il profilo dell’autonomia dell’azione di regresso, ma quello della sussistenza di obbligazioni distinte, derivanti da fatti diversi (rispettivamente, fatto illecito e legge). Secondo Cass. n. 2347 del 2011 in una ipotesi analoga al caso in esame (sinistro stradale causato da veicolo non assicurato) “l’obbligazione indennitaria gravante sull’impresa designata nei confronti del danneggiato, per conto del fondo di garanzia, ha natura sostitutiva non solidale, rispetto a quella dei responsabili. Da ciò consegue che, se più sono i responsabili (come nel caso in cui conducente del veicolo che ha causato il sinistro sia persona diversa al proprietario), all’azione della suddetta impresa, una volta indennizzata la vittima, non si applicherà l’art. 2055 c.c.”;

al medesimo risultato perviene anche la giurisprudenza che ricostruisce l’azione in oggetto come surrogazione legale o speciale, precisando che a tale azione recuperatoria, proposta dall’impresa designata nei confronti del responsabile non assicurato, “non si applicheranno gli artt. 1299 e 2055 c.c. (dettati per l’azione di regresso)”, con la conseguenza che, nel caso di sinistro imputabile a più responsabili, l’impresa designata potrà pretendere da uno qualsiasi di essi l’intero importo pagato, e non la sola quota su questi gravante e, nel caso di insolvenza di uno dei corresponsabili, l’altro sarà tenuto per l’intero (in questi termini, Cass. 6 ottobre 2016 n. 20026);

la definizione dei caratteri dell’azione esercitata dal FGVS concorrerà a definire l’ammissibilità o meno del quinto motivo, con cui si deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c., degli artt. 2702, 2729 e 2697 c.c., oltre che dei principi sulla valutazione delle prove e dell’art. 1304 c.c.;

concludendo, la questione per la quale, in ragione del contrasto evidenziato, si chiede, ex art. 374 c.p.c., comma 2, la rimessione alle Sezioni Unite riguarda la divergenza manifestatasi in ordine alla natura giuridica dell’azione di cui al comma 1 dell’art. 292 del Codice delle Assicurazioni, quale azione esercitata nei confronti del danneggiante dall’impresa designata che ha pagato il danneggiato nell’ipotesi b) dell’art. 283 della medesima legge, ovvero perchè il veicolo danneggiante era privo di copertura assicurativa. Nello stesso modo, saranno rilevanti le ricadute dell’impostazione ritenuta preferibile, oltre che sul termine di prescrizione e sulla sua decorrenza, anche sulla necessità o meno del previo accertamento di responsabilità dell’autore dell’illecito e sull’applicabilità dell’art. 2055 c.c..

P.Q.M.

La Corte, rimette la controversia al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Così deciso nella Camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2021

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