Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18801 del 28/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/07/2017, (ud. 19/04/2017, dep.28/07/2017),  n. 18801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 19441 del ruolo generale dell’anno

2012, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

elettivamente si domicilia;

– ricorrente –

contro

B.G., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del controricorso, dall’avv. Fabio Pace, presso lo studio

del quale in Milano, al corso di Porta Romana, n. 89/b,

elettivamente si domicilia Giacinto Pelosi, col quale elettivamente

si domicilia;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, sezione 350, depositata in data 6 luglio

2011, n. 88/35/11.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate ha ricostruito maggiore materia imponibile, ai fini dell’irpef, dell’iva e dell’irap nei confronti di B.G., esercente attività paramediche, facendo leva sui movimenti in entrata ed in uscita dei conti correnti bancari a lui riferibili, giacchè di tali movimenti il contribuente non era riuscito a fornire giustificazione. L’impugnazione del relativo avviso non ha avuto successo in primo grado, ma la Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello del contribuente, facendo leva sulla irretroattività della L. n. 311 del 2004; in particolare, il giudice d’appello ha fatto leva sulla circostanza che nel 2004 B.G. non poteva sapere di dovere annotare tutte le entrate e le uscite relative alla propria attività in modo distinto o di dovere analogamente annotare i costi.

Contro questa sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida ad un unico motivo, cui il contribuente replica con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- L’unico motivo di ricorso, col quale l’Agenzia si duole della violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, come modificato dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 402, là dove il giudice d’appello ha fatto leva sulla irretroattività della L. n. 311 del 2004, che ha previsto l’estensione ai lavoratori autonomi della presunzione di configurabilità come compensi dei prelevamenti e dei versamenti dei quali non siano indicati i beneficiari, è fondato nei limiti che seguono.

1.1.- Per un verso, difatti, è orientamento consolidato di questa Corte (tra varie, vedi Cass. 14 gennaio 2011, n. 802), che, anche prima dell’entrata in vigore della L. 30 dicembre 2004, n. 311, trovava applicazione nei confronti dei professionisti la presunzione di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 2, secondo cui tutti i movimenti operati sul conto corrente si presumono – salva la prova contraria – entrate di carattere professionale (da ultimo, Cass. 26 aprile 2017, nn. 10249, 10250 e 10251). Per altro verso, tuttavia, questa presunzione resta invariata anche con riguardo al professionista o lavoratore autonomo, limitatamente ai versamenti operati sui relativi conti correnti. E’, invece, venuta meno, in esito alla sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale con riguardo ai prelevamenti sui conti correnti (tra varie, Cass. 9 agosto 2016, n. 16697 e 16999; ord. 10 febbraio 2017, n. 3628; ord. 16 febbraio 2017, n. 4087; 28 febbraio 2017, nn. 5152 e 5153; 17 marzo 2017, n. 6947; nn. 10249, 10250 e 10251/17, cit.).

1.2.- Giova precisare che la Consulta, pur riferendosi in dispositivo ai compensi, ha specificato in motivazione che è arbitraria l’omogeneità di trattamento tra imprenditori da un lato e liberi professionisti e lavoratori autonomi dall’altro soltanto in relazione alla costruzione presuntiva del prelevamento come un costo a sua volta produttivo di un ricavo. E’ quindi soltanto con riguardo alla somma prelevata che la Corte ha escluso l’operatività della doppia correlazione in virtù della quale si ritiene che essa sia stata utilizzata per l’acquisizione, non contabilizzata o non fatturata, di fattori produttivi e che tali fattori abbiano prodotto beni o servizi venduti a loro volta senza essere contabilizzati o fatturati. Ciò perchè per un verso l’attività svolta dai lavoratori autonomi si caratterizza per la preminenza dell’apporto del lavoro proprio e la marginalità dell’apparato organizzativo e, per altro verso, gli eventuali prelevamenti (che peraltro dovrebbero essere anomali rispetto al tenore di vita secondo gli indirizzi dell’Agenzia delle entrate) vanno ad inserirsi in un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria, da cui deriva la fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali.

1.3.- Non è per conseguenza persuasivo il diverso principio al quale si è attenuta questa Corte, allorquando ha stabilito che la sentenza della Corte costituzionale “ha posto fine alla presunzione legale in base alla quale le somme prelevate o versate su conti e depositi riconducibili ad esercenti attività professionale costituiscono di per se stessi ulteriori compensi assoggettabili a tassazione se non sono annotati contabilmente” (Cass. 11 novembre 2015, n. 23041, nonchè 9 agosto 2016, n. 16440).

2.- Alla luce della ricognizione del significato precettivo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, e dell’omologa norma in tema di iva con riguardo ai lavoratori autonomi ed ai professionisti, la sentenza impugnata si rivela non conforme a diritto.

2.1.- Ne discendono l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, che procederà a questi accertamenti e regolerà le spese.

PQM

 

la Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017

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