Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1880 del 27/01/2011

Cassazione civile sez. III, 27/01/2011, (ud. 14/12/2010, dep. 27/01/2011), n.1880

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.S. (OMISSIS), P.M.

(OMISSIS), M.G. (OMISSIS), M.

A. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

PAOLO EMILIO 34, presso lo studio dell’avvocato D’ANGELO QUIRINO,

rappresentati e difesi dall’avvocato BUONFRATE GIOVANNI, giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

INTESA GESTIONE CREDITI S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 29/2006 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

Sezione Distaccata di Taranto, Sezione Unica Civile, emessa il

21/12/2005, depositata il 9/02/2006, r.g.n. 15/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2010 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p. 1. P.M., M.A., M.G. e M.S. hanno proposto ricorso per cassazione contro la Intesa Gestione Crediti s.p.a. avverso la sentenza del 9 febbraio 2006, con la quale la Corte d’Appello di Lecce, in riforma della sentenza del Tribunale di Taranto ed in accoglimento dell’appello proposto da detta s.p.a. ha dichiarato “la nullità per simulazione” del contratto notarile di cessione della nuda proprietà di un immobile con obblighi di assistenza e quella per difetto di forma della dissimulata donazione, intervenuto fra i coniugi M.M. e P.M. ed i loro figli M.M.I. ed M.E.M..

Il giudizio era stato introdotto dalla Intesa Gestione Crediti contro i due coniugi ed i due figli e nel corso del giudizio di appello, essendo deceduto M.M. è stato riassunto nei confronti delle altre parti e degli altri figli del de cuius, G., S. e M.A..

p. 2. L’intimata non ha resistito al ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. Il ricorso appare inammissibile per più gradate ragioni.

In primo luogo, perchè non indica, a norma dell’art. 366, n. 4, nel testo anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006 i motivi su cui si fonda, nel senso che non li prospetta con la necessaria parametrazione rispetto all’art. 360 c.p.c..

Infatti, nella parte dedicata ai “motivi”, dopo l’enunciazione che la sentenza impugnata andrebbe “riformata per violazione di norme di procedura e di diritto sostanziale”, contiene anzitutto alla pagina nove l’indicazione “inoperatività della fideiussione omnibus” e, quindi, passa a svolgere considerazioni in proposito fino alla pagina successiva.

Ora, è palese che l’indicazione “inoperatività della fideiussione omnibus” non è riconducibile di per sè ad alcuno dei motivi di cui all’art. 360 c.p.c., onde non è dato comprendere quale tra di essi si intenda illustrare.

A sua volta in chiusura della pagina dieci vi è l’indicazione “della validità dell’atto di cessione con obblighi per rogito Quaranta del 29/3/1989”, seguita nella pagina undici e per metà nella pagina dodici dalla relativa illustrazione.

Anche in questo caso l’indicazione non riecheggia in alcun modo alcuna delle ipotesi del paradigma dell’art. 360 c.p.c..

Il ricorso è, dunque, carente del requisito dei motivi, il quale implica che nella struttura del ricorso per cassazione, essendo tale mezzo di impugnazione a critica limitata ed a motivi tipizzati, quelli dell’art. 360 c.p.c., il ricorrente individui a quale tra di essi intende fare riferimento. Il che, prima dell’illustrazione, gli impone di “indicare” il motivo, evidentemente con espressioni che in qualche modo riecheggino quelle di cui all’art. 360 c.p.c., od anche soltanto evochino i numeri colà previsti.

p. 2. Il ricorso, inoltre, quanto al secondo motivo, visto che la premessa delle due esposizioni illustrative allude all’intenzione di dedurre violazione di norme sostanziali e processuali ed essa si volesse – in ipotesi denegata considerare sufficiente all’indicazione di un motivo, è carente del requisito della indicazione delle norme di diritto: esse non solo non vengono individuate expressis verbis (come imporrebbe sempre l’art. 366 c.p.c., n. 4) ma nemmeno emergono dall’illustrazione.

p. 3. Il ricorso in ogni caso è anche palesemente inosservante del principio di autosufficienza dell’esposizione dei motivi di ricorso per cassazione, in quanto le enunciazioni illustrative di cui si è detto fanno riferimento a documenti dei quali non solo non riproducono il contenuto, salvo per una parte dell’art. 7 del contratto di conto corrente, ma nemmeno indicano se e dove essi erano stati prodotti nel giudizio di merito e se e dove sarebbero esaminabili in quanto prodotti in questa sede di legittimità.

Viene allora in rilievo il principio di diritto secondo cui “Con riferimento al regime processuale anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006, ad integrare il requisito della cosiddetta autosufficienza del motivo di ricorso per cassazione concernente, ai sensi del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (ma la stessa cosa dicasi quando la valutazione dev’essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio ai sensi del n. 3 dell’art. 360 o di un vizio integrante error in procedendo ai sensi dei numeri 1, 2 e 4 di detta norma), la valutazione da parte del giudice di merito di prove documentali, è necessario non solo che tale contenuto sia riprodotto nel ricorso, ma anche che risulti indicata la sede processuale del giudizio di merito in cui la produzione era avvenuta e la sede in cui nel fascicolo d’ufficio o in quelli di parte, rispettivamente acquisito e prodotti in sede di giudizio di legittimità essa è rinvenibile. L’esigenza di tale doppia indicazione, in funzione dell’autosufficienza, si giustificava al lume della previsione del vecchio art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, che sanzionava (come, del resto, ora il nuovo) con l’improcedibilità la mancata produzione dei documenti fondanti il ricorso, producibili (in quanto prodotti nelle fasi di merito) ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., comma 1” (Cass. n. 12239 del 2007, seguita da numerose conformi).

p. 4. Il ricorso è, dunque, dichiarato inammissibile.

L’esistenza delle plurime ragioni di inammissibilità rende inutile ordinare l’integrazione del contraddicono ai sensi dell’art. 331 c.p.c. nei confronti dei simulati acquirenti M.M. I. ed E.M., giusta il principio di diritto secondo cui: “Nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso (nella specie, per la palese inidoneità del quesito di diritto), di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio” (Cass sez. un. n. 6826 del 2010).

Non è luogo a provvedere sulle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2011

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