Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1880 del 25/01/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 1880 Anno 2018
Presidente: MATERA LINA
Relatore: SABATO RAFFAELE

ORDINANZA

sul ricorso 12349-2013 proposto da:
DE STEFANO MATTEO, DE STEFANO ANGELO, DE STEFANO
ROBERTO, VANACORE MARIA, elettivamente domiciliati in
ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio
dell’avvocato LEOPOLDO FIORENTINO, rappresentati e
difesi dall’avvocato SERGIO MASCOLO;
– ricorrenti contro
2017
2954

AMATRUDA ELIO, AMATRUDA FAUSTO, AMATRUDA ANTONIO,
INSERRA EUGENIO quale erede di AMATRUDA CHIARA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CARLO POMA 2,
presso lo studio dell’avvocato FABIO MASSIMO ORLANDO,
rappresentati e difesi dall’avvocato IVO DE ANGELIS;
– controricorrenti –

Data pubblicazione: 25/01/2018

avverso la sentenza n. 104/2012 del TRIBUNALE di TORRE
ANNUNZIATA – SEDE DISTACCATA di GRAGNANO, depositata
il 14/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 14/11/2017 dal Consigliere RAFFAELE

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del
Sostituto Procuratore Generale GIANFRANCO SERVELLO che
ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

SABATO;

14.11.2017 n. 23 n.r.g. 12349-13 ORD

Rilevato che:

ziata – sezione distaccata di Gragnano – ha ritenuto che il contratto in
data 8/6/2008 tra i signori Elio, Fausto, Antonio e Chiara Amatruda
da un lato e i signori Matteo, Angelo e Roberto De Stefano nonché
Maria Vanacore dall’altro – con cui, previe reciproche concessioni, era
stato concesso dai secondi ai primi il “diritto prediale a poter attraversare con una condotta sotterranea del diametro di 40 cm. i rispettivi fondi in consecuzione che si interpongono alla rete idrica comunale … secondo un percorso riprodotto in grafico che corre lungo il limite
esterno dei fondi De Stefano” nei confronti di fondo di terzi – non offrisse elementi all’interpretazione letterale, considerando anche il grafico e il comportamento delle parti, per ritenere pattuita la collocazione della tubazione a distanza inferiore a quella di un metro dal confine verso terzi ex art. 889, secondo comma, cod. civ. Il tribunale ha
quindi concluso, applicando gli artt. 1366, 1369 e 1371 cod. civ., che
le parti avessero voluto far salvo il rispetto della distanza legale e,
per l’effetto, ha accolto la domanda dei signori Elio, Fausto e Antonio
Amatruda, nonché Eugenio Inserra quale erede di Chiara Amatruda,
condannando i signori Matteo, Angelo e Roberto De Stefano nonché
Maria Vanacore a realizzare le opere nel rispetto della distanza di un
metro, nonché rigettando la domanda riconvenzionale volta a ottenere il pagamento di una penale.
p. 1/6

1. Con sentenza depositata il 14/3/2012 il tribunale di Torre Annun-

2. Con ordinanza depositata il 12/3/2013 la corte d’appello di Napoli
ha dichiarato inammissibile il gravame ex art. 348 bis cod. proc. civ..
3. Avverso la sentenza del tribunale e, per quanto necessario, avverso l’ordinanza della corte d’appello i signori De Stefano e Vanacore

hanno proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi, illustrati da memoria. I signori Amatruda e Inserra hanno resistito con
controricorso.

Considerato che:

1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno lamentato violazione e falsa
applicazione degli artt. 1322, 1372 e 1362 cod. civ., deducendo che violando i principi della libertà contrattuale e della forza di legge tra le
parti dei contratti nonché il criterio privilegiato dell’interpretazione
letterale – il tribunale abbia erroneamente non intravisto nel testo e
nel grafico contrattuali, oltre che nel comportamento delle parti, gli
elementi sufficienti a risolvere la controversia, ricorrendo incongruamente ai criteri dell’interpretazione oggettiva.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti si sono doluti della violazione
dell’art. 101 secondo comma cod. proc. civ., avendo il giudice rilevato
d’ufficio in sentenza, senza sottoporla al contraddittorio, la questione
del significato del grafico allegato alla scrittura, peraltro erroneamente letto.
3. I due motivi sono strettamente connessi e possono essere trattati
unitariamente. Essi sono entrambi inammissibili.

–,

4. Va preliminarmente richiamato (v. sul punto Cass. n. 14355 del
14/07/2016 ed esemplificativamente meno recentemente anche nn.
25728 del 15/11/2013, 13745 del 20/09/2002 e 10290 del
27/07/2001) che l’interpretazione del contratto, traducendosi in una

una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione solo per violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., o per inadeguatezza della motivazione, ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione antecedente alla novella di cui al d.l. n. 83 del 2012, oppure – nel vigore del nuovo testo di detta norma – nella ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti.
4.1. Qualora, come nel caso di specie, la parte opti per la denuncia in
cassazione dell’erronea determinazione della volontà negoziale effettuata dal giudice di merito in violazione dei criteri ermeneutici legali,
essa non può limitarsi a richiamare genericamente le regole di cui agli
artt. 1362 e ss. cod. civ., avendo l’onere di specificare i canoni che in
concreto assuma violati ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi
nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata; in mancanza, l’individuazione
della volontà negoziale – che, avendo ad oggetto una realtà fenomenica ed oggettiva, si risolve in un accertamento di fatto, istituzionalmente riservato al giudice di merito – non è censurabile laddove

operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in

semplicemente le ragioni addotte a sostegno dalla parte ricorrente
siano diverse da quelle accolte nella sentenza impugnata.
I rilievi contenuti nel ricorso devono peraltro essere accompagnati, in
ossequio al principio di autosufficienza, dalla trascrizione delle clauso-

alla corte di verificare l’erronea applicazione della disciplina normativa.
4.2. Nel caso in esame, con il ricorso, dopo mere allegazioni di presunte violazioni del principio della libertà contrattuale e di quello della
forza di legge tra le parti dei contratti (p. 11), i ricorrenti contestano
la mancata applicazione del criterio interpretativo privilegiato
dell’interpretazione letterale (pp. 12 e 13) e deducono che le espressioni letterali contenute nel contratto sarebbero ictu °cui/ idonee a
consentire una diversa interpretazione, avendo il tribunale erroneamente valutato altresì il grafico contrattuale, oltre che il comportamento delle parti (pp. 14-17). E’ evidente come con la censura non si
indichi alcun specifico canone interpretativo violato, proponendosi
semplicemente un risultato interpretativo diverso da quello accolto
dal tribunale (che, peraltro, con motivazione assai esaustiva e coerente – pp. da 4 a 9 della sentenza impugnata – dà conto delle ragioni che conducono all’interpretazione oggettiva, non approdando quella
soggettiva ad alcun risultato utile e quindi risultando rispettato il criterio di priorità dei criteri di cui agli artt. 1362-1365 cod. civ. rispetto
ai successivi, unico parametro cui è fatto qualche cenno specifico nel
motivo). In disparte, quindi, ogni altra considerazione, le censure

4

le individuative dell’effettiva volontà delle parti, al fine di consentire

proposte sono di fatto, e in quanto tali afferiscono alla sfera di valutazione riservata al giudice di merito, non censurabile in cassazione
come dianzi chiarito.
4.3. Sia nell’ambito del primo motivo, sia in quello del secondo ove il

tribunale in ordine al tenore del grafico allegato alla scrittura contrattuale. Specificamente con il secondo motivo i ricorrenti deducono essere stata la relativa valutazione illegittima, qualificandola come rilievo di questione d’ufficio non sottoposta alle parti. Anche tale deduzione va disattesa, non confacendo la censura di violazione dell’art. 101
secondo comma cod. proc. civ. al tenore concreto del motivo di ricorso.
4.4. Sul punto, va data continuità all’indirizzo di questa corte (v.
Cass. n. 10353 del 19/05/2016) secondo cui l’obbligo del giudice di
stimolare il contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio, rafforzato
dall’aggiunta del secondo comma all’art. 101 c.p.c. ad opera della I.
n. 69 del 2009, che si estende solo alle questioni di fatto, non può
mai concernere una diversa valutazione del materiale probatorio già
acquisito che il giudice intenda operare rispetto a quella proposta dalle parti. Essendo a tale tipologia riconducibile la valutazione operata
dal tribunale nell’ipotesi di specie, il motivo è inammissibile.
5. In definitiva il ricorso va rigettato, regolandosi le spese secondo
soccombenza e secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 va dato atto
del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti

5

tema è sviluppato, i ricorrenti contestano considerazioni svolte dal

dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso
a norma del co. 1-bis dell’art. 13 cit.

la corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione
a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in euro 200 per esborsi ed euro 3.000 per compensi, oltre
spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 dà atto del
sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti
dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso
a norma del co. 1-bis dell’art. 13 cit.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda
civile, in data 14 novembre 2017.

P.Q.M.

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