Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 188 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 188 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso 31606-2007 proposto da:
CACCHIONE

ELIO

CCCLEI33M14B682D,

CARUGNO

ELSA

CRGSEE43H66B682N in proprio e quali eredi di
CACCHIONE ANGELO, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA TUSCOLANA 809, presso lo studio dell’avvocato
SALVATORE GAETANO, che li rappresenta e difende
giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

MONTORSI

PAOLA

MNTPL044C70H501F,

elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 8, presso lo

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Data pubblicazione: 09/01/2014

studio dell’avvocato BIASIOTTI MOGLIAZZA GIOVANNI
FRANCESCO, che la rappresenta e difende giusta delega
in atti;
MINISTERO GIUSTIZIA in persona del Ministro pro
tempore, domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI

STATO, da cui è difeso per legge;
SALVATORE

BENITO

ANTONIO

SLVBTN37M12M022P,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE
FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato VINCENTI
MARCO, che lo rappresenta e difende giusta delega in
atti;
GRILLI

ENRICO

GRLNRC25A17F397W,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 19, presso
lo studio dell’avvocato LANIA ALDO LUCIO, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 3767/2007 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/09/2007, R.G.N.
11750/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/04/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato FRANCESCO DI MAURO per delega;
udito l’Avvocato MARCO VINCENTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

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PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per

il rigetto;

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel giugno del 1994 Elio ed Elsa Cacchione, in proprio e nella
qualità di eredi del figlio Angelo, convennero in giudizio,
dinanzi al tribunale di Roma, Antonio Benito Salvatore, Paola
Montorsi ed Enrico Grilli nelle rispettive qualità di

appello e di dirigente dell’ufficio stesso – e il Ministero
della giustizia, chiedendone la condanna al risarcimento dei
danni subiti in conseguenza della (colpevolmente) omessa
attività di notifica di un atto di appello richiesta dal
difensore di essi istanti, con conseguente passaggio in
giudicato dell’impugnanda sentenza.
Il giudice di primo grado accolse la domanda limitatamente al
Salvatore e al Ministero.
La corte di appello di Roma, investita dei gravami proposti da
tutti i convenuti in prime cure, lo accolse, rigettando
conseguentemente la domanda risarcitoria.
Quanto alla liquidazione delle spese (oggetto di specifico
motivo di censura da parte degli odierni ricorrenti), il giudice
capitolino ritenne inesistenti i motivi rinvenuti dal tribunale
per addivenire alla compensazione delle spese di lite, che pose
a carico degli odierni ricorrenti indicando espressamente, in
relazione ai due gradi di giudizio, il valore della causa (ed
erroneamente commisurando ad esso la duplice liquidazione, come
meglio si dirà in motivazione).

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assistenti addetti all’ufficio notifiche della locale corte di

Per la cassazione della sentenza della corte capitolina i
coniugi Cacchione hanno proposto ricorso sorretto da due motivi
di censura ed illustrato da memoria.

Resistono Enrico Grilli,

Paola Montorsi,

Antonio Benito

Salvatore e il Ministero della giustizia.

Il ricorso non può essere accolto.
Con il primo motivo,

si denuncia violazione e falsa applicazione

di norme di diritto, art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli
artt. 140, 143 c.p.c.; insufficiente, contraddittoria
motivazione circa un punto decisivo della controversia.
La censura – che lamenta la impredicabilità dello
irreperibile in capo al destinatario della notifica

status

di

de qua,

contrariamente a quanto ritenuto in sentenza – è corredata dai
seguenti quesiti di diritto (formulato ai sensi dell’art. 366
bis c.p.c., applicabile

ratione temporis,

nel vigore del D.lgs.

40/2006):
a) Se è dato all’ufficiale giudiziario di non effettuare la
notifica ex art. 140 c.p.c. richiestagli espressamente dal
notificante, con consegna anche del certificato di residenza del
destinatario, ove apprenda a seguito di sommarie indagini che
questi non risulta nel luogo indicato nell’atto e risultante dal
certificato anagrafico, essendosi trasferito in altro luogo,
allo stato sconosciuto;

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MOTIVI DELLA DECISIONE

b) Se è dato all’ufficiale giudiziario in detta situazione di fatto
non effettuare la notifica sul presupposto che ove anche
eseguita sarebbe stata comunque inesistente;
c) Se può parlarsi di irreperibilità assoluta di rintracciare il
destinatario della notifica in presenza di un certificato

d) Se è dato all’ufficiale giudiziario di non effettuare la
notifica ex art. 143 c.p.c. in quanto non richiestagli.
Il motivo è (prima ancora che infondato nel merito, attesa la
conformità a diritto della sentenza impugnata, che correttamente
e motivatamente evidenzia, al folio 10, la non ipotizzabilità di
qualsivoglia nesso causale tra l’inadempimento e i pretesi
danni) inammissibile in rito.
Sul tema del cd. “quesito multiplo”, quale quello di specie,
questa Corte ha più volte evidenziato come non possa che
ritenersi inammissibile il quesito formulato in termini tali da
richiedere una previa attività interpretativa della Corte, come
accade nell’ipotesi in cui sia proposto un quesito multiplo, la
cui formulazione imponga alla Corte di sostituirsi al ricorrente
mediante una preventiva opera di semplificazione, per poi
procedere alle singole risposte che potrebbero essere tra loro
diversificate

(Cass. 29 gennaio 2008, n. 1906; 29 febbraio 2008,

n. 5471; 23 giugno 2008, n. 17064). Appare prima facie evidente
come i quesiti formulati dalla difesa ricorrente appartengano,
incontrovertibilmente,

a

tale

species

facti

(in

senso

ulteriormente specificativo, Cass. 14 giugno 2011, n. 12950, che

6

anagrafico di data recente che ne attesta l’attuale residenza;

stabilisce come vada qualificato in guisa di inammissibile
quesito multiplo

quello che sia formulato in modo tale da

rendere necessaria una molteplicità di risposte da parte della
Corte, e tale altresì che le relative risposte risultino tra
loro differenziate),

onde l’impossibilità, per il collegio, di

(Cass.

31

agosto

2011,

n.

17886)

secondo

la

quale,

specularmente, il motivo di ricorso deve ritenersi ammissibile
volta che il ricorrente, pur avendo formulato distinti e plurimi
quesiti di diritto corrispondenti alle diverse articolazioni di
cui si compone la censura mossa alla sentenza di merito, abbia
pur tuttavia denunciato la violazione di diverse norme di legge
con

riferimento ad un’unica,

eventualmente

fondamentale

questione di diritto oggetto della richiesta decisione.
Quanto al denunciato vizio motivazionale,

sulla sintesi

necessaria per l’esame della relativa censura, ancora le sezioni
unite di questa corte hanno specificato (Cass. ss.uu. 20603/07)
l’esatta portata del sintagma “chiara indicazione del fatto
controverso” in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la
dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a
giustificare la decisione: la relativa censura deve contenere,
cioè,

un momento di sintesi omologo del quesito di diritto

che

ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non
ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di ,
valutazione della sua ammissibilità. (la Corte ha ritenuto che

applicare quella diversa (e pur condivisibile) giurisprudenza

il motivo non fosse stato correttamente formulato in quanto,
esattamente come nel caso che oggi occupa il collegio, la
contraddittorietà imputata alla motivazione riguardava punti
diversi della decisione, non sempre collegabili tra di loro e
comunque non collegati dal ricorrente).

essere dichiarato inammissibile sotto il duplice, concorrente
profilo della inammissibilità tanto della denunciata violazione
di legge quanto del lamentato vizio di motivazione.
Con il secondo motivo,

si denuncia

violazione e falsa

applicazione di norme di diritto art. 360 n. 3 c.p.c. in
relazione agli artt. 10, 14 c.p.c legge 794/42 art. 24 DM 585/94
del Ministero della giustizia; omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio.
La censura è corredata dal seguente quesito:
Se, ai fini della liquidazione delle spese di primo grado, in
caso di accoglimento parziale della domanda, 11 valore della
controversia debba essere fissato in base al criterio del
decisum e non del disputatum,
ed ancora se,
ai fini della liquidazione delle spese di soccombenza nel
giudizio di impugnazione 11 valore della controversia debba
essere fissato in base al criterio del decisum vieppiù quando lo
stesso coincida con quello del disputatum

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Violando patentemente tali principi, il motivo in esame deve

Le censure appaiono fondate in diritto, ma, in concreto, la loro
esattezza in astratto non giova ai ricorrenti, poiché la
liquidazione delle spese di merito, con riferimento ad entrambi
i gradi di giudizio, appaiono del tutto legittime e congrue, se
rapportate alla luce del criterio del

decisum,

da applicarsi

giurisprudenza di questa Corte regolatrice, in tali sensi
dovendo intendersi corretta la motivazione della pronuncia
impugnata.
Il ricorso va pertanto rigettato.
La disciplina delle spese segue – giusta il principio della
soccombenza – come da dispositivo.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si
liquidano in complessivi E. 3200, di cui E. 200 per spese, per
ciascuna delle parti costituite.
Così deciso in Roma, li 17.4.2013

nella specie, alla luce di una più che consolidata

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