Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18794 del 02/07/2021

Cassazione civile sez. VI, 02/07/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 02/07/2021), n.18794

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1891-2020 proposto da:

L.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 32, presso lo studio dell’Avvocato GIUSEPPE FISCHIONI,

rappresentata e difesa dall’Avvocato GERLANDO GIACCONE;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BRENTA 2 A,

presso lo studio dell’Avvocato STOPPANI ISABELLA, rappresentata e

difesa da se stessa;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2396/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata l’08/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIAIME

GUIZZI STEFANO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

– che Chiaretta L. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 2396/19, dell’8 ottobre 2019, della Corte di Appello di Firenze, che – rigettando il gravame dalla stessa esperito contro la sentenza n. 2010/18, del 4 luglio 2018, del Tribunale di Firenze – ha confermato l’accoglimento solo parziale dell’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall’odierna ricorrente avverso provvedimento monitorio che le ingiungeva il pagamento, all’Avv. C.G., dell’importo di Euro 63.515,65, oltre interessi e spese;

– che, in punto di fatto, la ricorrente riferisce che il decreto ingiuntivo emesso in favore della C. concerneva onorari e spese per l’assistenza legale dalla medesima prestata alla L., nell’ambito di un contenzioso civile che l’aveva vista contrapposta alla curatela fallimentare della società Master Group S.r.l., avendo, in particolare, il legale dedotto – nel ricorso per ingiunzione – di essersi resa cessionaria del credito spettante alla propria assistita, in relazione alla condanna alle spese comminata alla predetta curatela a conclusione del summenzionato contenzioso;

– che l’ingiunta, tuttavia, in sede di opposizione aveva eccepito – in via preliminare – l’incompetenza territoriale dell’adito Tribunale fiorentino, in favore di quello di Palermo, luogo di residenza dell’opponente, nonchè l’omessa acquisizione del parere del Consiglio dell’ordine degli Avvocati, da allegare al ricorso per ingiunzione, ed infine l’insussistenza del credito azionato, avendo ella provveduto a corrispondere al proprio difensore, nel corso degli anni, la somma complessiva di Euro, 59.922,41;

– che accolta solo parzialmente la proposta opposizione (avendo il primo giudice riconosciuto l’opponente, comunque, ancora debitrice dell’opposta nella misura di Euro 32.877,09, oltre interessi dall’emissione del decreto ingiuntivo al saldo), l’attrice in opposizione esperiva gravame, rigettato, però, dal giudice di appello;

– che avverso la sentenza della Corte fiorentina la L. ricorre per cassazione, sulla base – come detto – di due motivi;

– che il primo motivo denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 18,19,20 e 38 c.p.c., censurando la sentenza impugnata “nella parte in cui non ha correttamente valutato l’eccezione di incompetenza per territorio”, già sollevata dall’odierna ricorrente e ritenuta come non proposta da ambo i giudici di merito, avendo, in particolare, la Corte fiorentina affermato che l’attrice in opposizione “aveva richiamato solo il foro del debitore fondato sul credito illiquido derivante da un credito professionale”, senza fare “riferimento agli altri fori concorrenti di cui agli artt. 19-20 c.p.c.;

– che l’odierna ricorrente – nel premettere come l’eccezione di incompetenza non richieda formule sacramentali – deduce di aver eccepito l’applicazione del foro generale delle persone fisiche (nella specie, quello panormita, luogo di propria residenza), contestando l’individuazione del foro facoltativo di cui all’art. 20 c.p.c., relativo al cd. “forum destinatae solutionis”, essendo quello azionato un credito nè liquido nè esigibile, donde il difetto di competenza del Tribunale di Firenze per l’emissione del provvedimento monitorio, ai sensi del combinato disposto dell’art. 20 c.p.c. e dell’art. 1182 c.c., comma 3;

– che il secondo motivo denuncia – sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 633 e 636 c.p.c., in combinato disposto con gli artt. 91 e 336 c.p.c. e gli artt. 2233 e 2697 c.c.;

– che, in questo caso, si censura la sentenza impugnata per non avere ritenuto necessario il parere del Consiglio dell’ordine degli Avvocati ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo e per aver valutato come elemento probatorio, nel giudizio di merito, la sola liquidazione delle spese contenuta nella sentenza della Corte di Appello di Firenze che aveva condannato la curatela fallimentare della società Master Group S.r.l. alla refusione delle spese processuali in favore di essa L., stigmatizzando, dunque, la ricorrente mancanza assoluta di attività istruttoria, oltre che di elementi di prova, a sostegno della pretesa creditoria azionata dalla professionista;

– che ha resistito all’impugnazione, con controricorso, la C., chiedendo la reiezione del ricorso;

– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio per l’11 febbraio 2021.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso è manifestamente infondato;

– che il primo motivo – che censura la decisione del giudice di appello nella parte in cui ha ritenuto non ritualmente sollevata l’eccezione di incompetenza territoriale – non è fondato;

– che, difatti, secondo questa Corte, in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, “ove l’eccezione di incompetenza territoriale sia sollevata dall’opponente persona fisica in controversia in materia di obbligazioni, la contestazione della sussistenza del foro del giudice adito rende necessaria l’indicazione di quello competente con riferimento, oltre che ai fori speciali concorrenti di cui all’art. 20 c.p.c., anche ai fori generali previsti dal precedente art. 18, con riguardo, quindi, sia alla residenza sia al domicilio, poichè quest’ultimo è criterio di collegamento autonomo rispetto a quello della residenza”, sicchè “l’opponente, rivestendo la posizione sostanziale di convenuto, non è esentato dal suddetto onere neppure in caso di indicazione, nel ricorso per decreto ingiuntivo, della sua residenza ovvero del suo domicilio in un luogo non riconducibile alla giurisdizione territoriale del giudice, sia perchè, nella prima ipotesi, l’individuazione della residenza non può lasciare presumere la coincidenza con essa del domicilio (atteso che l’art. 163 c.p.c., n. 2, prevede l’indicazione alternativa dell’una e dell’altro) sia perchè, in entrambe le circostanze, l’art. 38 c.p.c., comma 2, secondo inciso, esclude ogni operatività del principio di ammissione, onerando comunque il convenuto eccipiente di una specifica contestazione, là dove gli impone di indicare il giudice competente e, nell’eventualità di concorrenza di fori, di contestare e menzionare tutti i fori possibilmente concorrenti” (Cass. Sez. 6-3, ord. 7 luglio 2020, n. 14096, Rv. 658508-01);

– che è, dunque, corretta l’affermazione compiuta da ambedue i giudici di merito circa la non rituale proposizione dell’eccezione di incompetenza territoriale, giacchè l’attrice in opposizione – alla stregua del principio sopra richiamato – avrebbe dovuto procedere all’indicazione del giudice competente con riferimento, oltre che ai fori speciali concorrenti di cui all’art. 20 c.p.c., anche ai fori generali previsti dal precedente art. 18, con riguardo, quindi, non alla sola residenza (come avvenuto), ma anche al domicilio;

– che il secondo motivo – in disparte la sua non fondatezza, almeno quanto alla censura che investe la mancanza del parere dell’ordine professionale, giacchè persino quando il decreto ingiuntivo sia richiesto sulla base della parcella depositata da un legale, la mancanza del parere “può essere eventualmente rilevante solo sotto il profilo del regolamento delle spese processuali, ma non impedisce al giudice dell’opposizione di valutare la fondatezza della pretesa creditoria alla luce di ogni elemento in atti” (da ultimo, Cass. Sez. 2, ord. 5 luglio 2018, n. 17655, Rv. 649453-02) – è inammissibile;

– che, invero, il tema da esso posto, relativo alla “mancanza assoluta di attività istruttoria e di elementi di prova a sostegno della pretesa creditoria” avanzata dal legale, risulta precluso dall’avvenuta declaratoria di inammissibilità, ex art. 342 c.p.c., del terzo motivo di gravame proposto, sul punto, dalla L. innanzi al giudice di appello;

– che il presente motivo di ricorso non si confronta, dunque, con la “ratio decidenor della sentenza impugnata, la quale, lungi dal rigettare la censura relativa al difetto di prova dell’esistenza del credito del creditore ingiungente, la ritenne priva di specificità;

– che, di conseguenza, va dato seguito al principio secondo cui la “proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al “decisum” della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, n. 4), c.p.c., con conseguente inammissibilità del ricorso” (o, come nella specie, del singolo motivo), “rilevabile anche d’ufficio” (cfr. Cass. Sez. 6-1, ord. 7 settembre 2017, n. 20910, Rv. 645744-01; in senso conforme, Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020, n. 13735, Rv. 658411-01);

– che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

– che in ragione del rigetto del ricorso, va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma , comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condannando L.C. a rifondere a C.G. le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè 15% per spese generali più accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2021

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