Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18792 del 02/07/2021

Cassazione civile sez. I, 02/07/2021, (ud. 23/04/2021, dep. 02/07/2021), n.18792

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorsi r.g. 18604/2018 proposti da:

SIC Immobiliare s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Frascati 10, presso

lo studio dell’avvocato Michele Marella, che la rappresenta e

difende, in forza di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.V.; Comune di (OMISSIS); D.C.V.;

D.L.A., D.L.I.T. nella qualità di eredi di

D.L.F.; D.L.L.; D.L.M.; D.N.M.;

D.P.; L.A.M.; M.R.;

M.F.; P.M.A.; P.L.; R.D.

nella qualità di erede di M.M.P.; V.F. e

V.N. nella qualità di eredi di L.R.;

– intimati –

nonchè da:

Comune di (OMISSIS), in persona del Vice Sindaco facente funzioni di

Sindaco pro tempore, domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato Egidio Pignatelli in forza di procura speciale

in calce al ricorso,

– ricorrente –

contro

T.V.;

– intimato –

nonchè da:

D.L.A., D.L.I.T. nella qualità di eredi di

D.L.F., D.L.M., D.N.M., D.V.P.,

L.A.M., nonchè D.N.M., D.N.M.,

D.N.I., D.N.V. quali eredi di D.L.L.,

elettivamente domiciliati in Roma Via B. Tortolini 30 presso lo

Studio Placidi e rappresentati e difesi dagli avvocati Antonio

Belsito e Ernesto Pensato, in forza di procura speciale in calce al

ricorso e poi di procure speciali del 21 e del 22/7/220 Notaio

A. di (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

D.C.V.; M.R.; M.R.

P.M.A.; P.L.; R.D. nella qualità di

erede di M.M.P.; SIC Immobiliare s.r.l.;

V.F. e V.N. nella qualità di eredi di L.R.;

– intimati –

e contro

T.V., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Pasteur 5,

presso lo studio dell’avvocato Enrico Giannubilo e rappresentato e

difeso dall’avvocato Biagio Lorusso, in forza di procura speciale su

foglio separato allegato ai tre distinti controricorsi;

– controricorrente –

e contro

Consorzio (OMISSIS), in persona del legale rappresentante;

– intimato chiamato per integrità del contraddittorio –

avverso la sentenza n. 700/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 17/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/4/2021 dal Consigliere UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 7/12/2005 T.V. convenne in giudizio dinanzi alla Corte di appello di Bari il Consorzio (OMISSIS) e il Comune di (OMISSIS) per ivi sentirli condannare in solido al pagamento dell’indennità relativa all’espropriazione del suo immobile sito in (OMISSIS), censito a catasto al foglio 11, particella 59, sub 2 e 3, in seguito a procedura promossa ad iniziativa del Consorzio (OMISSIS) nell’ambito della realizzazione di un programma di riabilitazione urbana ai sensi della L. n. 166 del 2002, art. 27, comma 5.

Si costituirono in giudizio entrambi i convenuti.

Il Comune di (OMISSIS) eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva. Il Consorzio Calò chiese il rigetto della domanda, ritenendo congrua l’indennità che era stata offerta al T., nonostante la mancata detrazione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria di cui alla convenzione del 22/7/2004 e l’intervento di adeguata permuta.

La Corte di appello di Bari, con sentenza del 28/7/2009, affermò preliminarmente la carenza di legittimazione passiva del Comune di (OMISSIS), chiamato in giudizio solo per aver emesso il decreto di espropriazione, e diede atto delle conclusioni a cui era pervenuto il consulente tecnico d’ufficio, che aveva determinato in Euro 378.652,20 il valore del bene.

Considerati infondati i rilievi mossi all’elaborato peritale e ritenuta congrua la percentuale di permuta indicata dal Consulente tecnico nella misura del 40 %, la Corte distrettuale osservò, quanto al valore di mercato del bene, che nessun documento era stato prodotto dall’attore a sostegno della tesi secondo cui i locali ad uso commerciale avrebbero avuto un valore superiore a quello stimato.

La Corte di appello ritenne invece condivisibili le critiche proposte dal Consorzio, fondate sulla circostanza della non completa appartenenza del bene al T., in quanto dagli stessi titoli allegati alla consulenza di parte emergeva che il lastrico solare non era di sua proprietà, perchè non era menzionato nell’atto pubblico di donazione in suo favore stipulato in data 28/10/1987 e risultava oggetto di separato acquisto, nell’anno 1992, da parte della SIC Immobiliare, a cui l’aveva alienato una certa D.C.V., già proprietaria degli appartamenti al primo piano, al cui esclusivo servizio detto terrazzo era posto. Inoltre dalla documentazione prodotta dal Consorzio risultava l’inesistenza di collegamenti fra il terrazzo e l’unità immobiliare appartenente all’attore.

Tenuto conto di tale aspetto, la Corte barese ritenne di poter ragionevolmente determinare, sulla base di un valore del terrazzo pari alla metà della stima complessiva effettuata dal consulente tecnico d’ufficio, l’indennità di espropriazione in Euro 189.326,10.

2. Per la cassazione di tale decisione propose ricorso T.V., affidato a quattro motivi, a cui il Consorzio resistette con controricorso.

Con la sentenza n. 11869 del 9/6/2016 la Corte di cassazione accolse il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassò la sentenza impugnata e rinviò, anche per le spese, alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione.

La Corte di cassazione ritenne tardiva e inutilizzabile la documentazione prodotta dal Consorzio dopo la precisazione delle conclusioni; sostenne l’applicabilità della presunzione di appartenenza del lastrico solare al proprietario dell’edificio; osservò non vi era alcun bisogno di menzionare nel titolo di provenienza del fabbricato anche una delle sue parti essenziali, come il lastrico solare; aggiunse che la facoltà di sciorinare altrove il bucato, in tale titolo attribuita, ben si raccordava con l’impossibilità di accesso al lastrico suddetto, senza necessariamente implicare la sua appartenenza a terzi, che non poteva considerarsi provata neppure attraverso il riferimento a un atto di cessione intervenuto nell’anno 1992 inter alios, che ben poteva essere stato effettuato a non domino; precisò che poichè non era stato accertato o affermato che il lastrico avesse una rilevanza autonoma sotto il profilo catastale (dovendosi, anzi, presumere il contrario) nell’ambito del giudizio di espropriazione le risultanze delle mappe catastali erano idonee a indirizzare l’intera procedura espropriativa nei confronti di colui che in esse era indicato come titolare del fondo, mentre i principi generali posti dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 48 e 55, comportanti il divieto di condanna dell’espropriante al pagamento diretto, con conseguente deposito delle somme presso la Cassa depositi e prestiti, rispondevano a precise esigenze di tutela del pubblico interesse, proprio per salvaguardare eventuali diritti vantati dai terzi sull’indennità e non esporre l’espropriante ad eventuali azioni di recupero per pagamenti indebiti.

3. T.V. ha riassunto il giudizio nei confronti del Comune di (OMISSIS), del Consorzio (OMISSIS) e – risultando questo ormai cessato – anche nei confronti dei consorziati e loro eredi.

Si è costituito un primo gruppo di consorziati, e cioè L.A.M., D.N.M., D.V.P. e D.L.L., eccependo la tardività della riassunzione, il difetto di copia autentica della sentenza della Corte di cassazione, la pronuncia della Corte di cassazione nei confronti di soggetto ormai cessato e la prescrizione quinquennale di ogni pretesa nei loro confronti.

Analoghe difese sono state svolte anche dalla consorziata SIC Immobiliare s.r.l., che ha anche dedotto la nullità delle operazioni peritali perchè vi aveva preso parte per il Consorzio un difensore non iscritto all’Albo degli avvocati e ha sostenuto che non era provata la riferibìlità catastale del terrazzo.

Il Comune di (OMISSIS) ha opposto il giudicato interno sul suo difetto di legittimazione passiva e ha eccepito la tardività della riassunzione e il difetto di copia autentica della sentenza della Corte di cassazione.

Si sono costituiti vari gruppi di consorziati.

D.L.A., D.L.M., D.L.I.T., quali eredi di D.L.F., hanno eccepito la nullità della loro chiamata in difetto di autorizzazione e la carenza di legittimazione passiva dei consorziati e hanno negato la propria specifica legittimazione passiva in ragione della vendita eseguita dal loro dante causa a SIC Immobiliare nell’ottobre 2003, prima del decreto di esproprio, tanto da individuare tale soggetto, anche in forza di specifica scrittura del 30/10/2003 come unico obbligato in loro vece.

L.A.M., D.N.M., D.V.P. e D.L.L. hanno eccepito la tardività della riassunzione, il difetto di copia autentica della sentenza della Cassazione, la pronuncia della Cassazione nei confronti di soggetto giuridico, il Consorzio, ormai cessato e la prescrizione quinquennale di ogni pretesa nei loro confronti.

Sic Immobiliare ha svolto analoghe eccezioni e ha pure eccepito la nullità delle operazioni peritali del primo giudizio.

D.C.V. e P.M.A. hanno eccepito di non essere consorziati.

Sono invece rimasti contumaci M.M.P., P.L., M.R., M.F., V.F. e V.N., citati anch’essi come consorziati nonchè lo stesso Consorzio (OMISSIS).

Con sentenza del 17/4/2018, la Corte di appello di Bari, disattese tutte le eccezioni preliminari di rito e di merito, ha accolto la domanda di T.V., accertando il suo diritto all’indennità di esproprio nella misura di Euro 378.652,20; ha conseguentemente ordinato al Consorzio, “e per esso ai Consorziati”, di procedere al deposito di tale somma presso la Cassa Depositi e Prestiti, detratto quanto eventualmente già versato con gli interessi legali sulla differenza; ha confermato il passaggio in giudicato dell’accertamento del difetto di legittimazione passiva del Comune di (OMISSIS); ha condannato il Consorzio e i consorziati alla rifusione delle spese di tutti i gradi di giudizio in favore del T. nonchè ha posto a loro carico gli oneri della consulenza tecnica d’ufficio; ha compensato le spese fra T. e Comune.

4. Avverso la predetta sentenza del 17/4/2018, notificata in data 23/4/2018, hanno proposto ricorso per cassazione:

a) la consorziata SIC Immobiliare con atto notificato il 18/6/2018, svolgendo cinque motivi;

b) i consorziati L.A.M., D.N.M., D.V.P. e D.L.L., D.L.A., D.L.M., D.L.I.T., quali eredi di D.L.F. (di seguito, semplicemente, L. e altri), con atto notificato il 21/6/2018, svolgendo sette motivi;

c) il Comune di (OMISSIS) con atto notificato il 21/6/2018, svolgendo unico motivo.

Con tre distinti atti notificati il 16/7/2018 ha proposto controricorso T.V., chiedendo il rigetto delle avversarie impugnazioni e, quanto ai ricorsi dei consorziati, la preliminare integrazione del contraddittorio nei confronti del Consorzio (OMISSIS). Tutte le parti costituite hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

5. Con l’unico motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente Comune di (OMISSIS) ha denunciato violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 91,92 e 132 c.p.c., e art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè degli artt. 24 e 11 Cost., nonchè omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.

Il Comune ricorrente ha osservato che pur se la causa era stata introdotta il 7/12/2005, e quindi prima dell’entrata in vigore della novella di cui alla L. n. 263 del 2005, il provvedimento di compensazione delle spese richiedeva comunque un adeguato supporto motivazionale, se non altro desumibile dal complesso della motivazione, ove invece non se ne trovava traccia alcuna, benchè la Corte barese avesse puntualmente confermato l’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, quanto al difetto di legittimazione passiva del Comune di (OMISSIS).

6. Il ricorso di Sic Immobiliare si articola in cinque motivi.

6.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente SIC Immobiliare ha denunciato violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2612 c.c. e ss., e art. 2082 c.c..

La ricorrente sostiene che la Corte di appello, disattese le diverse impostazioni che scorgevano nel Consorzio una società di capitali o di persone, ovvero una associazione non riconosciuta, lo ha qualificato come consorzio con rilevanza esterna ex art. 2615 c.c., comma 2, in tal modo violando il consolidato orientamento che qualifica i consorzi volontari di urbanizzazione/lottizzazione come enti di diritto privato assimilabili alle associazioni non riconosciute e indebitamente sussumendo la fattispecie nei consorzi fra imprenditori per lo scambio di beni e servizi, tanto più che la sentenza aveva escluso fra gli associati il perseguimento di un fine di lucro.

6.2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente SIC ha denunciato violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 36 c.c., e sostiene che poichè delle obbligazioni contratte dall’associazione rispondevano sia il fondo comune dell’associazione, sia il patrimonio di chi aveva agito per suo conto, quali soggetto garante ex lege e pertanto assoggettato alle regole in tema di fideiussione, la mancata notifica introduttiva del giudizio rescindente ai singoli consorziati per successione aveva determinato insanabili cadute sul piano della decadenza e prescrizione anche nei confronti di chi rivestiva la responsabilità rappresentativa e gestoria del Consorzio.

6.3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente SIC ha denunciato violazione di legge in relazione agli artt. 101 e 102 c.p.c., art. 91 c.p.c., e artt- 24 e e 111 Cost..

L’estinzione del Consorzio, se poteva essere ininfluente nell’ambito del giudizio rescindente, imponeva invece che il giudizio rescissorio fosse instaurato verso i singoli soci, cosa che però era avvenuta tardivamente.

Inoltre la perdurante ultrattività del mandato difensivo conferito al difensore non valeva per il giudizio di cassazione, ove è necessaria una procura speciale successiva: ciò aveva determinato la giuridica inesistenza del rapporto processuale, determinata dal vizio di notifica del ricorso per cassazione e della procura speciale conferita al difensore dal rappresentante dell’ente estinto.

6.4. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente SIC ha denunciato violazione di legge in relazione all’art. 383 c.p.c. e seg..

La ricorrente si duole del fatto che la Corte di appello non avrebbe svolto verifiche catastali, che erano state oggetto di prescrizione da parte della sentenza rescindente (“previa verifica nel rispetto delle preclusioni già verificatesi, anche sotto il profilo catastale, del bene più volte sopra indicato”) e si era semplicemente basata su di un raffronto fra le contrapposte relazioni tecniche di parte.

6.5. Con il quinto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente Immobiliare SIC ha denunciato violazione di legge in relazione all’art. 394 c.p.c., e si lamenta che il Giudice del rinvio abbia consentito, valutato e utilizzato l’inammissibile e non permessa produzione di una scrittura del 30/10/2003 di pretesa manleva a carico della SIC, che era stata disconosciuta.

7. Il ricorso dei ricorrenti L. ed altri si articola in motivi.

7.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, i ricorrenti L. ed altri hanno denunciato violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 75,82,83,100,299 e 300 c.p.c., e artt. 38,1957,2613 c.c. e segg., artt. 2949 e 2495 c.c., violazione del principio del contraddittorio e omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia.

I ricorrenti osservano che il Consorzio (OMISSIS) si era estinto già in data 29/3/2010, dopo il regolare svolgimento del giudizio di primo grado e durante la pendenza del termine lungo per impugnare, ben prima quindi della notifica in data 16/9/2010 del ricorso per cassazione, ed era quindi inammissibile la sua costituzione avvenuta nel giudizio di legittimità; ciò avrebbe dovuto comportare la declaratoria di improduttività degli effetti della sentenza della Corte di Cassazione, resa nei confronti di un soggetto estinto e tempestivamente eccepita dai consorziati interessati.

7.2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti hanno denunciato violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 112 e 161 c.p.c., nonchè nullità della sentenza per vizio di motivazione.

I ricorrenti colgono nella sentenza impugnata il vizio di ultra o extra-petizione perchè il T., nel riassumere il giudizio, aveva dedotto la responsabilità dei consorziati ex art. 2909 c.c., e art. 111 c.p.c., quali aventi causa del Consorzio estinto il 29/3/2010, ma non aveva fatto valere una loro responsabilità diretta ex art. 2615 c.c., comma 2, invece ravvisata dalla Corte di appello.

7.3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, i ricorrenti hanno denunciato insanabile contraddizione fra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza e osservano che, ove si volesse scorgere nel dispositivo e nella statuizione ivi contenuta, rivolta ai Consorziati, dell’ordine di deposito delle somme a titolo di indennità di esproprio, in sostituzione del Consorzio, un riferimento alla vicenda successoria, allora si verrebbe a delineare un insanabile contrasto fra la motivazione, imperniata sulla loro responsabilità diretta, e il dispositivo.

7.4. In via alternativa e/o subordinata, con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti hanno denunciato violazione dei principi regolatori del giusto processo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, error in iudicando o error in iudicando de iure procedendi, nullità della sentenza e violazione del giusto processo.

La decisione, a loro dire, era comunque viziata per l’adozione a sorpresa di una sentenza cosiddetta della “terza via” da parte della Corte di appello, in violazione delle regole del giusto processo.

7.5. Con il quinto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti hanno denunciato violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2615 c.c., comma 2, e la mancata applicazione degli artt. 36,38 e 1759 c.c., errores in iudicando e nullità della sentenza.

Il Consorzio, avente finalità di realizzazione di un piano di edilizia sostitutiva, anche se con rilevanza esterna, non doveva essere ricondotto alla fattispecie dell’art. 2615 c.c., ma a quella dell’associazione non riconosciuta ex art. 38 c.c..

Ne scaturiva la responsabilità solidale delle persone che avevano agito a nome e per conto dell’associazione, azione comunque non imputabile a nessuno dei consorziati; tale responsabilità possedeva natura sostanzialmente fideiussoria ed era pertanto soggetta alla relativa disciplina fra cui quella della decadenza ex art. 1957 c.c..

7.6. Con il sesto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti hanno denunciato violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 1372 c.c., sulla opponibilità a Sic Immobiliare della scrittura privata del 30/10/2003 tra quest’ultima e i consorziati; violazione dell’art. 112 c.p.c., omesso esame di un punto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5.

I ricorrenti si riferiscono alla mancata opponibilità della predetta scrittura del 30/10/2003 a SIC Immobiliare e alla violazione del principio di correlazione fra domanda e pronuncia perchè la Corte di appello aveva considerato tale scrittura non nei riguardi della SIC, nei cui riguardi avevano inteso farla valere i consorziati, ma nei confronti del T., ritenendola ininfluente.

7.7. Con il settimo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3. I ricorrenti hanno denunciato violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 383 e 384 c.p.c., e omessa motivazione su di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, nullità della sentenza e errores in iudicando.

La Corte di appello non si sarebbe conformata al principio di rinvio che le aveva imposto di verificare la riferibilità del decreto di esproprio anche sotto il profilo catastale al bene sopra indicato e non aveva disposto la necessaria consulenza tecnica.

8. Con ordinanza interlocutoria n. 10768 del 5/6/2020 questa Corte ha esaminato in linea preliminare l’eccezione di difetto di integrità del contraddittorio proposta dal controricorrente T. e ha ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Consorzio (OMISSIS), disponendo il rinvio a nuovo ruolo.

9. Con successiva ordinanza interlocutoria del 18/9/2020, sollecitata dal controricorrente T., questa Corte ha corretto d’ufficio de plano l’errore materiale omissivo contenuto nella predetta ordinanza interlocutoria, assegnando termine per l’espletamento dell’incombente sino al 30/11/2020.

All’integrazione del contraddittorio hanno provveduto la SIC Immobiliare s.r.l. con atto notificato il 7/7/2020 alla residenza dell’ultimo legale rappresentante S.S. (già prima dell’assegnazione del termine); i controricorrenti L. ed altri, con atto notificato il 28/7/2020,sempre alll’ultimo legale rappresentante, recante altresì comparsa di intervento volontario degli eredi di Lucrezia De Liddo nel frattempo deceduta (e cioè: i signori D.N.M., M., I. e V.).

Il Consorzio (OMISSIS) ut supra evocato non si è costituito in giudizio.

In vista dell’adunanza del 23/4/2021 hanno depositato memoria sia la Sic Immobiliare s.r.l., sia il Comune di (OMISSIS) e T.V. (tre: ciascuna per singolo ricorso).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In questa sede occorre preliminarmente ribadire il contenuto dell’ordinanza interlocutoria n. 10768 del 2020.

1.1 In quella sede è stato osservato che il controricorrente T. insisteva per l’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti del Consorzio (OMISSIS), già convenuto nel giudizio di opposizione alla determinazione dell’indennità di espropriazione e controinteressato nel primo giudizio svoltosi dinanzi a questa Corte di cassazione, citato dinanzi al giudice del rinvio, del quale il T. assumeva la persistente “vivenza”, pur dopo l’apparente cancellazione in data 29/3/2010, senza preventiva liquidazione, dal Registro delle imprese della CCIAA di Bari.

Si opponevano invece i ricorrenti L. ed altri, che anzi sostenevano la nullità della pronuncia del giudice del rinvio e della stessa sentenza rescindente di questa Corte perchè emesse nei confronti di un soggetto ormai estinto; si opponeva altresì la ricorrente Immobiliare SIC, sostenendo l’applicabilità al Consorzio della normativa in tema di associazioni non riconosciute e non di quelle in materia societaria e in tema di consorzi fra imprese con attività esterna.

1.2. I ricorsi non erano stati notificati al Consorzio (OMISSIS) in persona dell’ultimo legale rappresentante S.S. (persona fisica che risultava l’attuale legale rappresentante della consorziata ricorrente Immobiliare SIC).

Il Consorzio era parte nel giudizio di primo grado, definito dalla Corte di appello di Bari con la sentenza del 28/7/2009; in data 29/3/2010, mentre pendeva il termine per proporre ricorso per cassazione, venne iscritta al Registro delle imprese la dichiarazione di estinzione del Consorzio, avvenuta il 17/2/2010, senza preventiva messa in liquidazione; il T. aveva proposto ricorso per cassazione; pur dopo la pretesa estinzione si era costituito con procura speciale il Consorzio, difendendosi nel merito; con la sentenza n. 11869 del 2016 la Cassazione aveva cassato con rinvio la sentenza impugnata; il T. aveva quindi riassunto il giudizio sia nei confronti del Consorzio (ritenuto tuttora “in vita” per aver svolto svariate attività), sia nei confronti dei consorziati; il Consorzio non si era costituito nel giudizio di rinvio e venne ritenuto contumace (sentenza impugnata, epigrafe, pag.1); la sentenza n. 700 del 17/4/2018 della Corte di appello di Bari, qui impugnata, era stata pronunciata anche nei suoi confronti e “per esso” dei Consorziati.

1.3. La questione preliminare si collega ad altre due questioni attinenti al contenuto delle doglianze dei ricorrenti, intimamente connesse: la prima inerente alla disputata qualificazione giuridica del Consorzio, ritenuto dalla Corte barese un consorzio con attività esterna ex art. 2615 c.c., e dai ricorrenti una associazione non riconosciuta; la seconda inerente al vizio di ultrapetizione (ovvero di contraddittorietà tra motivazione e dispositivo) a proposito del titolo in base al quale è stata pronunciata la condanna nei confronti dei consorziati (successione in universum jus ovvero responsabilità personale solidale e concorrente).

1.4. Ai fini della richiesta di integrazione del contraddittorio, la Corte ha dovuto delibare, sia pur in sede ordinatoria, la questione della natura giuridica del Consorzio in questione e, correlativamente e consequenzialmente, gli effetti giuridici conseguiti alla sua cancellazione, senza liquidazione, dal Registro delle imprese.

1.5. In tale sede è stato osservato che la giurisprudenza di questa Corte scorge nei consorzi fra proprietari di immobili in materia edilizia e urbanistica una figura atipica, caratterizzata da una connotazione di realità, retta primariamente dagli accordi degli associati e, per quanto non previsto da tali accordi, dalla disciplina delle associazioni non riconosciute.

E’ stato così ancora recentemente affermato che i consorzi di urbanizzazione, quali aggregazioni di persone fisiche o giuridiche preordinate alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione e la fornitura di opere e servizi, sono figure atipiche, nelle quali i connotati delle associazioni si coniugano con un forte profilo di realità, disciplinate principalmente dagli accordi tra le parti espressi nello statuto e, solo sussidiariamente, dalla normativa in tema di associazioni non riconosciute e di comunione (Sez. 6 – 1, n. 25394 del 09/10/2019, Rv. 655418 – 01; Sez. 1, n. 9568 del 13/04/2017, Rv. 643730 – 01; Sez. 1, n. 7427 del 14/05/2012, Rv. 622372 – 01).

1.6. La Corte di cassazione, qualora venga dedotto un error in procedendo, è giudice anche del “fatto processuale” e può esercitare il potere-dovere di esame diretto degli atti, purchè compiutamente indicati, non essendo legittimata a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi (Sez. L, n. 20924 del 05/08/2019, Rv. 654799 – 01; Sez. U, n. 20181 del 25/07/2019, Rv. 654876 – 01).

1.7. Nella fattispecie, come risulta anche dal prodotto atto costitutivo, l’Ente in questione era stato costituito in forma di consorzio con attività esterna, senza scopo di lucro, ex lege 1/8/2002 n. 166, art. 27, comma 5, con la finalità di realizzare un piano attuativo di edilizia sostitutiva all’interno di una maglia del Piano regolatore generale del Comune di (OMISSIS), caratterizzata da evidente degrado, scaturente da uno studio di lottizzazione approvato dal Comune, con il potere di compiere tutte le operazioni e svolgere tutte le attività connesse al raggiungimento degli scopi previsti dalla norma citata, compresa la facoltà di operare espropriazioni, avvalendosi di una organizzazione appositamente predisposta.

1.8. La L. 1 agosto 2002, n. 166, art. 27, concerne i programmi di riabilitazione urbana promossi dagli enti locali, di intesa con gli enti e le amministrazioni competenti sulle opere e sull’assetto del territorio, riguardanti interventi di demolizione e ricostruzione di edifici e delle relative attrezzature e spazi di servizio, finalizzati alla riqualificazione di porzioni urbane caratterizzate da degrado fisico, economico e sociale, nel rispetto della normativa in materia di tutela storica, paesaggistico-ambientale e dei beni culturali, mediante opere che costituiscono i programmi e che possono essere cofinanziate da risorse private, rese disponibili dai soggetti interessati dalle trasformazioni urbane.

L’art. 27, comma 5, per quanto qui rileva, prevede che il concorso dei proprietari rappresentanti la maggioranza assoluta del valore degli immobili in base all’imponibile catastale, ricompresi nel piano attuativo, è sufficiente a costituire il consorzio ai fini della presentazione al Comune delle proposte di realizzazione dell’intervento e del relativo schema di convenzione. Successivamente il sindaco, assegnando un termine di novanta giorni, diffida i proprietari che non abbiano aderito alla formazione del consorzio ad attuare le indicazioni del predetto piano attuativo sottoscrivendo la convenzione presentata. Decorso infruttuosamente il termine assegnato, il consorzio consegue la piena disponibilità degli immobili ed è abilitato a promuovere l’avvio della procedura espropriativa a proprio favore delle aree e delle costruzioni dei proprietari non aderenti.

1.9. Il ricordato consolidato indirizzo sulla natura dei consorzi di urbanizzazione non consente di ritenere applicabili alla fattispecie le norme sui consorzi, sia pure a rilevanza esterna, che comunque rappresentano una species di quelli disciplinati dalla Sezione I, del Capo II, del Titolo X del Libro V del codice civile, e quindi sono costituiti necessariamente da imprenditori ex art. 2602 c.c. e ss..

Nella fattispecie, quindi, i consorziati non avevano inteso costituire una società consortile ex art. 2615 ter (cui si sarebbero applicati sicuramente l’art. 2615 c.c., comma 2, e l’art. 2495 c.c.), cosa esclusa sia dalla Corte di appello, sia dall’esame diretto dell’atto costitutivo ut supra.

L’avvenuta iscrizione del Consorzio in questione al Registro delle imprese non possedeva alcuna funzione costitutiva, sicchè allo stesso modo la cancellazione non ha esercitato efficacia estintiva.

1.10. E’ pur vero che in passato questa Corte ha ritenuto applicabile il principio stabilito dall’art. 2495 c.c., comma 2, nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 6 del 2003, a norma del quale la cancellazione dal registro delle imprese determina l’estinzione della società anche al cospetto di rapporti non definiti, anche con riguardo alla cancellazione di un consorzio con attività esterna cancellato dal registro delle imprese (Sez. lav., 18/09/2007, n. 19347): in quel caso si trattava tuttavia di un consorzio fra società e quindi fra imprese.

1.11. Non trovano pertanto applicazione nella fattispecie i principi fissati dalla giurisprudenza di questa Corte, a Sezioni Unite nelle sentenze gemelle del 12/3/2013 n. 6070, 6071 e 6072, secondo cui la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio.

Secondo questo orientamento, pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dall’art. 299 c.p.c. e ss., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 c.p.c.; qualora l’evento non sia stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando farlo constare in tali modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso; ove una società si estingua a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, i diritti e i beni si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa; i soci rispondono dei debiti nei limiti della responsabilità per essi prevista pendente societate, senza che l’attribuzione di una somma in sede di liquidazione possa costituire condizione della successione.

1.12. La Corte per queste ragioni – in questa sede puntualmente ribadite e riconfermate – ha disposto la richiesta integrazione del contraddittorio nei confronti del Consorzio, sia perchè la sentenza impugnata era stata pronunciata (anche) nei suoi confronti, nella consapevolezza della dichiarazione di estinzione, sia perchè il controricorrente T. ha sostenuto che la presunzione di estinzione era superata dalle “prove di esistenza successiva in vita” del Consorzio cancellato, prima fra tutte la sua costituzione nel giudizio di legittimità con procura speciale postuma all’estinzione ma anche i pagamenti eseguiti o ricevuti dopo la pretesa data di estinzione (doc. 13 del 27/12/2011 prodotto dal T., pagamento imposta di registro; doc. 14, ricevuta del 28/12/2011; doc. 15 ricevuta 25/1/2012), sia e soprattutto per la ritenuta applicabilità delle norme in tema di associazioni non riconosciute.

1.13. A tal riguardo, secondo la giurisprudenza di questa Corte, lo scioglimento di un’associazione non riconosciuta, verificatosi nelle more del giudizio, non ne determina l’automatica perdita della capacità di stare in giudizi; l’associazione, quale centro di imputazione di effetti giuridici in relazione a tutti i rapporti ad essa facenti capo e non ancora esauriti (c.d. principio di “ultrattività” dell’associazione disciolta), permane in vita tramite i precedenti titolari degli organi esponenziali in carica alla data di scioglimento, operanti in regime di prorogatio (Sez.3, 27/11/2018, n. 30606; Sez. 2 21/05/2018, n. 12528, in motivazione; Sez. 1, 26/07/2016, n. 15417; Sez. lav., 07/07/1987, n. 5925; Sez. 1, 19/08/1992, n. 9656).

2. Con l’unico motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente Comune di (OMISSIS) denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 91,92 e 132 c.p.c., e art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè degli artt. 24 e 111 Cost., nonchè omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.

2.1. Il Comune ricorrente osserva che pur se la causa era stata introdotta il 7/12/2005 – e quindi prima dell’entrata in vigore della novella di cui alla L. n. 263 del 2005 – il provvedimento di compensazione delle spese richiedeva comunque un adeguato supporto argomentativo a sua giustificazione, che fosse almeno desumibile dal complesso della motivazione; nella motivazione, invece, non se ne trovava traccia alcuna, benchè la Corte barese avesse puntualmente confermato l’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado quanto al difetto di legittimazione passiva del Comune di (OMISSIS).

2.2. Alla presente controversia è applicabile ratione temporis il testo dell’art. 92 c.p.c., anteriore alle modifiche apportate dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, e ovviamente alle ulteriori vicende modificative prodotte prima dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, poi dal D.L. 12 dicembre 2014, n. 132, art. 13, modificato, in sede di conversione, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, nonchè – infine – dalla sentenza della Corte costituzionale del 19/4/2018, n. 77.

La L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 4, (modificato dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, art. 39 quater) infatti aveva disposto che le disposizioni dei commi 1, 2 e 3, entrassero in vigore il 1 marzo 2006 e si applicassero ai procedimenti instaurati successivamente a tale data di entrata in vigore.

Il testo dell’art. 92, comma 2, anteriore alla novella del 2005 disponeva “Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”.

2.3. Il procedimento che si svolge a seguito di cassazione con rinvio rappresenta una fase ulteriore di quello originario, da ritenersi unico ed unitario, sicchè, ove intenda compensare le spese processuali, il giudice ad quem deve applicare la disciplina vigente alla data di notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado e non di quello in riassunzione (Sez.2, 19/01/2017, n. 1301).

2.4. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il giudizio sulla sussistenza di giusti motivi per la compensazione delle spese processuali, nella vigenza dell’art. 92 c.p.c., nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, è rimesso al giudice di merito ed è di norma incensurabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione che lo sorregge non sia illogica, tautologica, inesistente o meramente apparente (Sez.6, 03/07/2019, n. 17816).

E’ stato anche affermato che il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per giusti motivi deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a tale provvedimento purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocabilmente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (o di rito).

Deve ritenersi assolto l’obbligo del giudice anche allorchè le argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di rito) contengano in sè considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come – a titolo meramente esemplificativo – nel caso in cui si dà atto, nella motivazione del provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sull’esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali (Sez.3, 11/01/2017, n. 405; Sez. 1, 11/06/2019, n. 15712).

2.5. Nella specie la Corte di appello ha compensato le spese fra il T. e il Comune, in considerazione della resistenza anche nel merito dispiegata dal Comune, convenuto solo quale autorità espropriante.

Questa affermazione va letta in sintonia sia con la frase di cui al capoverso di pagina 5 della sentenza impugnata, da cui risulta che il Comune di (OMISSIS) aveva opposto il giudicato interno sulla sua carenza di legittimazione passiva e aveva anche eccepito l’estinzione del giudizio perchè tardivamente riassunto e il difetto di copia autentica della sentenza della Corte di Cassazione, sia con quella sita a cavallo fra le pagine 5 e 6, secondo la quale in effetti era passato in giudicato il difetto di legittimazione passiva del Comune in difetto di impugnazione sul punto.

Ciò porta a ritenere che la Corte barese abbia inteso considerare, ai fini della disposta compensazione, le attività processuali superflue dispiegate dal Comune, oltre all’eccezione fondata e accolta, di giudicato interno; la generica espressione “merito” va pertanto letta non già come espressiva di difese sostanziali e non processuali, ma come riferita a ulteriori difese preliminari superflue, diverse da quella, necessaria e sufficiente, dell’eccezione di giudicato.

Tale motivato apprezzamento non è censurabile nè per violazione di legge, poichè la Corte di appello si è avvalsa di un potere discrezionale conferitole dalla norma applicabile ratione temporis, nè per vizio motivazionale, giacchè la Corte ha addotto una motivazione capace di soddisfare lo standard del “minimo costituzionale” rilevante ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2.6. Con la memoria del 31/3/2021 il Comune contesta la decisione di compensazione adottata dalla Corte barese anche sotto il profilo della sua estensione a tutti i gradi del giudizio, mentre la Corte distrettuale avrebbe solo dovuto statuire in merito al procedimento di riassunzione (pag.3, punto 1).

La censura riprende un passaggio del ricorso (pag.9 ultima parte del primo paragrafo) con cui il Comune sembra voler invece circoscrivere la propria doglianza alla sola compensazione delle spese del giudizio di rinvio “non avendo il Comune di (OMISSIS), in precedenza, proposto ricorso incidentale di legittimità sul capo della sentenza riguardante le spese del precedente giudizio di merito”.

Anche a voler ritenere che la memoria si limiti a sviluppare una critica già contenuta adeguatamente nel motivo di ricorso, è del tutto oscuro l’interesse del Comune a contestare una statuizione (la compensazione delle spese del grado precedente di giudizio) del tutto conforme a quella che assume già passata in giudicato.

3. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente SIC Immobiliare denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2612 c.c. e ss., e art. 2082 c.c..

2.1. La ricorrente sostiene che la Corte di appello, disattese le diverse tesi che scorgevano nel Consorzio una società di capitali o di persone, ovvero una associazione non riconosciuta, lo ha qualificato come consorzio con rilevanza esterna ex art. 2615 c.c., comma 2, in tal modo violando il consolidato orientamento giurisprudenziale che qualifica i consorzi volontari di urbanizzazione/lottizzazione come enti di diritto privato, assimilabili alle associazioni non riconosciute, e indebitamente sussumendo la fattispecie nella figura dei consorzi fra imprenditori per lo scambio di beni e servizi, errore questo tanto più evidente visto che la sentenza aveva escluso fra gli associati il perseguimento di un fine di lucro.

3.2. Il motivo è fondato e si basa sulla considerazione condivisibile circa la natura del Consorzio e dell’inapplicabilità della normativa in tema di consorzi fra imprese: vale al proposito il richiamo di quanto approfonditamente esposto nel precedente p. 1 della parte motiva, e in particolare quanto esposto nei paragrafi da 1.4 a 1.11.

La Corte di appello ha ritenuto erroneamente applicabile al Consorzio (OMISSIS) la disciplina dei consorzi fra imprenditori e l’art. 2615 c.c., così pervenendo alla declaratoria della responsabilità solidale dei consorziati, inequivocabilmente affermata alla pagina 7, penultimo capoverso della sentenza impugnata.

3.3. E’ pur vero che la Corte di appello ha pronunciato la condanna al versamento dell’indennità di espropriazione anche in capo al Consorzio, sia pur senza particolari spiegazioni.

Tuttavia la pronuncia nei confronti del Consorzio, previa sua indicazione come parte contumace (sentenza impugnata, pag.1) è inequivocabile e del resto il Consorzio (OMISSIS) è stato condannato anche al pagamento delle spese processuali di tutti i gradi del giudizio e gravato delle spese di consulenza tecnica (pag. 11-12).

Tali pronunce sono corrette in diritto, ancorchè non puntualmente motivate, tenuto conto delle ragioni esposte che permettevano di considerare il Consorzio tuttora esistente nonostante la disposta cancellazione.

3.4. Nel dispositivo la Corte territoriale non ha espressamente statuito la responsabilità solidale dei consorziati, la cui condanna è stata espressa con l’ambigua formula “e per esso dei Consorziati”.

La sentenza impugnata va peraltro interpretata nel senso volto ad affermare la loro corresponsabilità solidale, tenuto conto della inscindibile connessione tra l’inequivoca motivazione e il dispositivo e della presunzione di solidarietà comunque prevista dalla legge (art. 1299 c.c.).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte nell’ordinario giudizio di cognizione, l’esatto contenuto della sentenza va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione, nella parte in cui la medesima riveli l’effettiva volontà del giudice. Ne consegue che va ritenuta prevalente la parte del provvedimento maggiormente attendibile e capace di fornire una giustificazione del dictum giudiziale (Sez. 1, n. 19074 del 25/09/2015, Rv. 636683 – 01; Sez. 6 – 1, n. 24600 del 18/10/2017, Rv. 646048 – 01; cfr inoltre Sez. 5, n. 12752 del 23/05/2018, Rv. 648511 – 01; Sez. L, n. 5508 del 08/03/2018, Rv. 647532 – 01).

3.5. Tanto premesso in ordine alla ricognizione del contenuto della sentenza impugnata, occorre osservare che alla responsabilità del Consorzio e del suo fondo comune ex artt. 36 e 37 c.c., che si associa, ovviamente, a titolo personale e solidale, a quella delle persone che hanno agito in nome e per conto (art. 38 c.c., secondo periodo) – non fatta valere peraltro in questo giudizio – non si poteva accompagnare la responsabilità solidale dei singoli consorziati, invece statuita dalla Corte di appello.

Per le ragioni esposte questa non poteva essere fatta discendere dal disposto dell’art. 2615 c.c., comma 2, come ha fatto la Corte di appello, e neppure da un fenomeno successorio ex art. 111 c.p.c., che era ovviamente incompatibile con la ritenuta esistenza in vita del Consorzio e con la disposta condanna anche di tale ente.

3.6. Il motivo va pertanto accolto quanto alla censura della responsabilità solidale dei consorziati.

4. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente SIC denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 36 c.c..

4.1. La ricorrente sostiene che poichè delle obbligazioni contratte dall’associazione rispondevano sia il fondo comune dell’associazione, sia il patrimonio di chi aveva agito per suo conto, quali soggetto garante ex lege e pertanto assoggettato alle regole in tema di fideiussione, la mancata notifica introduttiva del giudizio rescindente ai singoli consorziati per successione aveva determinato insanabili cadute sul piano della decadenza e prescrizione anche nei confronti di chi rivestiva la responsabilità rappresentativa e gestoria del Consorzio.

4.2. Il motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni.

Da un lato e primariamente, la ricorrente SIC vorrebbe far valere vizi del giudizio rescindente, ossia del giudizio di legittimità sfociato nella sentenza n. 11869 del 9/6/2016 della Corte di cassazione, in ragione della omessa estensione del contraddittorio ai consorziati e in particolare a coloro che avevano agito per conto del Consorzio.

Nel giudizio di rinvio dalla Corte di cassazione (e ovviamente a fortiori nel successivo giudizio di legittimità), non può essere eccepita o rilevata di ufficio la non integrità del contraddittorio a causa di un’esigenza originaria di litisconsorzio (art. 102 c.p.c.) quando tale questione non sia stata dedotta con il ricorso per cassazione e rilevata dal giudice di legittimità.

Si deve invece presumere che il contraddittorio sia stato ritenuto integro in quella sede, con la conseguenza che nel giudizio di rinvio e nel successivo giudizio di legittimità possono e devono partecipare, in veste di litisconsorti necessari, soltanto coloro che furono parti nel primo giudizio davanti alla Corte di cassazione (Sez. 6 – 3, n. 21096 del 11/09/2017, Rv. 645482 – 01; Sez. 3, n. 5061 del 05/03/2007, Rv. 595492 – 01; Sez. 3, n. 6384 del 08/05/2001, Rv. 546505 – 01).

4.3. In secondo luogo, il preteso vizio sarebbe comunque stato determinato dalla condotta processuale del Consorzio, costituitosi in giudizio in persona del suo legale rappresentante, nonostante la già intervenuta deliberazione di estinzione, senza preventiva messa in liquidazione e cancellazione dal Registro delle imprese, senza segnalare alcunchè al proposito e creando quindi le condizioni per cui la Corte di cassazione, del tutto ignara della circostanza, pronunciasse nei suoi confronti.

Formulando l’eccezione, la ricorrente si pone e viene contra factum proprium, sia perchè la condotta processuale in questione è stata posta in essere dalla parte nella cui posizione assume di essere succeduta, sia perchè essa è rappresentata dalla stessa persona fisica che era il legale rappresentante del Consorzio, con le conseguenze previste in linea generale dall’art. 1391 c.c., comma 1; secondo tale norma, infatti, quando è rilevante lo stato di buona o di mala fede, di scienza o d’ignoranza di determinate circostanze, si ha riguardo alla persona del rappresentante, salvo che si tratti di elementi predeterminati dal rappresentato.

Ai sensi dell’art. 157 c.p.c., comma 3, inoltre la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, nè da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente.

4.4. Infine, la presunta violazione dei diritti di difesa del soggetto che aveva agito per conto del Consorzio quale garante ex lege e pertanto assoggettato alle regole in tema di fideiussione non assume rilievo giacchè, come si vedrà meglio e più specificamente infra, la presente controversia non ha investito la responsabilità personale di chi aveva agito in nome e per conto del Consorzio.

5. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente SIC denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 101 e 102 c.p.c., art. 91 c.p.c., e artt. 24 e e 111 Cost..

5.1. La ricorrente osserva che l’estinzione del Consorzio, se poteva essere ininfluente nell’ambito del giudizio rescindente, imponeva invece che il giudizio rescissorio fosse instaurato verso i singoli soci, cosa che però era avvenuta tardivamente.

Inoltre – prosegue SIC – la perdurante ultrattività del mandato difensivo conferito al difensore non valeva per il giudizio di cassazione, ove è necessaria una procura speciale successiva: ciò aveva determinato la giuridica inesistenza del rapporto processuale, determinata dal vizio di notifica del ricorso per cassazione e della procura speciale conferita al difensore dal rappresentante dell’ente estinto.

5.2. Le argomentazioni svolte dalla ricorrente non appaiono del tutto perspicue e comunque sembrano volte solo a reiterare le doglianze del motivo precedente.

Si è già detto che il Consorzio, assimilabile a una associazione non riconosciuta, non poteva ritenersi estinto per effetto della cancellazione dal Registro delle imprese.

Inoltre ogni doglianza relativa ai presunti vizi del giudizio rescindente risulta ormai preclusa, anche a prescindere dalla responsabilità in proposito gravante sul Consorzio e sui suoi aventi causa.

Quanto al giudizio rescissorio, il vizio semplicemente non sussiste, poichè esso è stato introdotto dal sig. T. anche nei confronti dei singoli consorziati.

6. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente SIC denuncia violazione di legge in relazione all’art. 383 c.p.c. e seg..

6.1. La ricorrente si duole del fatto che la Corte di appello non avrebbe svolto verifiche catastali, che erano state ordinate dalla sentenza rescindente (“previa verifica nel rispetto delle preclusioni già verificatesi, anche sotto il profilo catastale, del bene più volte sopra indicato”) e si era semplicemente basata su di un raffronto fra le contrapposte relazioni tecniche di parte.

6.2. La doglianza è infondata.

La Corte di cassazione ha disposto che nel giudizio rescissorio si procedesse alla verifica della titolarità del bene immobile de quo, anche sotto il profilo delle risultanze catastali, ma non ha certo vincolato il giudice del rinvio a disporre una ulteriore consulenza tecnica d’ufficio a tal fine.

La Corte di appello di Bari, nell’ambito dei suoi poteri istruttori discrezionali, ben poteva procedere all’accertamento relativo nei modi ritenuti più opportuni e non si è certo sottratta all’indagine in questione, basandosi, come ha fatto, sull’esame e sulla valutazione:

a) del titolo di acquisto del T. e del titolo di acquisto della sua dante causa;

b) delle risultanze della consulenza tecnica in precedenza espletata;

c) delle difese del Consorzio e dei consorziati da cui non risultava un’autonomia catastale del solaio di cui si disputava;

d) delle relazioni tecniche di parte e dell’allegata documentazione fotografica acquisite nel contraddittorio.

6.3. La decisione di ricorrere o meno a una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, che, tuttavia, è tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell’istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l’istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare.

Deriva da quanto precede, pertanto, che quando il giudice disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni da nozioni di comune esperienza, sufficienti a dare conto della decisione adottata, non può essere censurato il mancato esercizio di quel potere, mentre se la soluzione scelta non risulti adeguatamente motivata, è, sindacabile in sede di legittimità, sotto l’anzidetto profilo (Sez.1, 07/03/2018, n. 5492).

Il giudizio sulla necessità ed utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è, di regola, incensurabile nel giudizio di legittimità; tuttavia, giusta la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è consentito denunciare in Cassazione, oltre all’anomalia motivazionale, solo il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo. Ne consegue che il ricorrente non può limitarsi a denunciare l’omesso esame di elementi istruttori, ma deve indicare l’esistenza di uno o più fatti specifici, il cui esame è stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui essi risultino, il come ed il quando tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti e la loro decisività (Sez.1, 23/03/2017, n. 7472).

Del pari, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o in toto, le indagini, sostituendo l’ausiliare del giudice. L’esercizio di tale potere non è sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici (Sez.6, 24/01/2019, n. 2103).

7. Con il quinto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente Immobiliare SIC denuncia violazione di legge in relazione all’art. 394 c.p.c..

7.1. La Immobiliare SIC si lamenta che il giudice del rinvio abbia consentito, valutato e utilizzato l’inammissibile e non permessa produzione di una scrittura del 30/10/2003 di pretesa manleva a carico della SIC, che era stata disconosciuta.

7.2. La censura è inammissibile perchè non pertinente al contenuto della sentenza impugnata che, a pagina 8, terzo capoverso ha preso in esame la scrittura del 30/10/2003 in questione, effettivamente prodotta dagli altri consorziati per eccepire la responsabilità esclusiva di Immobiliare SIC, solo per considerarla manifestamente irrilevante in quanto inopponibile al terzo T., in quanto afferente a limitazioni di responsabilità non riportate in atto costitutivo e statuto.

L’inammissibilità della scrittura perchè prodotta solo nel giudizio di rinvio e la sua inopponibilità a Immobiliare SIC in quanto disconosciuta non veniva quindi in considerazione, perchè la Corte di appello non ha utilizzato la predetta scrittura ai fini decisori, in quanto comunque non opponibile al T., e non si è comunque occupata dei rapporti fra Immobiliare SIC e gli altri consorziati, ritenuti estranei alla presente controversia.

8. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, i ricorrenti L. ed altri denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 75,82,83,100,299 e 300 c.p.c., e artt. 38, 1957, 2613 e segg., 2949 e 2495 c.c., violazione del principio del contraddittorio e omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia.

8.1. I ricorrenti osservano che il Consorzio (OMISSIS) si era estinto già in data 29/3/2010, dopo il regolare svolgimento del giudizio di primo grado e durante la pendenza del termine lungo per impugnare, ben prima quindi della notifica in data 16/9/2010 del ricorso per cassazione, ed era quindi inammissibile la sua costituzione avvenuta nel giudizio di legittimità; ciò avrebbe dovuto comportare la declaratoria di improduttività degli effetti della sentenza della Corte di Cassazione, resa nei confronti di un soggetto estinto e tempestivamente eccepita dai consorziati interessati.

8.2. Il motivo è inammissibile.

Anche a prescindere dalla ritenuta non estinzione del Consorzio, valgono in proposito le considerazioni esposte nel precedente p. 4.2, eccezion fatta quella relativa all’identità del legale rappresentante, sia quindi in tema di preclusione della deduzione dei vizi processuali del giudizio di legittimità nelle fasi successive, sia in tema di responsabilità del vizio imputabile allo stesso Consorzio.

9. Il secondo, il terzo e il quarto motivo sono connessi e possono essere affrontati congiuntamente.

9.1. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 112 e 161 c.p.c., nonchè nullità della sentenza per vizio di motivazione.

I ricorrenti colgono nella sentenza impugnata il vizio di ultra o extra-petizione perchè il T., nel riassumere il giudizio, aveva dedotto la responsabilità dei consorziati ex art. 2909 c.c., e 111 c.p.c., quali aventi causa del Consorzio estinto il 29/3/2010, ma non aveva fatto valere una loro responsabilità diretta ex art. 2615 c.c., comma 2, invece ravvisata dalla Corte di appello.

9.2. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, i ricorrenti denunciano insanabile contraddizione fra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza.

I ricorrenti osservano che, ove si volesse scorgere nel dispositivo e nella statuizione ivi contenuta, rivolta ai Consorziati, dell’ordine di deposito delle somme a titolo di indennità di esproprio, in sostituzione del Consorzio, un riferimento alla vicenda successoria, allora si verrebbe a delineare un insanabile contrasto fra la motivazione, imperniata sulla loro responsabilità diretta, e il dispositivo.

9.3. In via alternativa e/o subordinata, con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti denunciano violazione dei principi regolatori del giusto processo in relazione all’art. 360 n. 5, c.p.c., error in iudicando o error in iudicando de iure procedendi, nullità della sentenza e violazione del giusto processo.

La decisione, a loro dire, era comunque viziata per l’adozione di una sentenza c.d. della “terza via” da parte della Corte di appello, in violazione delle regole del giusto processo.

9.4. Secondo la Corte, sussiste il denunciato vizio di ultra-petizione perchè il sig. T. aveva fondato la responsabilità dei consorziati a titolo successorio e non già quali corresponsabili solidali con il Consorzio.

La pronuncia della Corte, fondata su di una responsabilità solidale e concorrente dei consorziati, non era ammissibile in difetto di una domanda in tal senso del riassumente T., che aveva rivolto la sua domanda (alternativa) verso i consorziati ad altro titolo nel giudizio di rinvio, e comunque alla luce dei principi che governano il giudizio rescissorio di rinvio che non tollera ex art. 394 c.p.c., l’introduzione di domande nuove e l’ampliamento del thema decidendum.

9.5. Ciò assorbe gli ulteriori vizi denunciati con il terzo e quarto motivo (contraddittorietà interna fra la motivazione e il dispositivo, decisione “a sorpresa”in violazione del principio del contraddittorio).

Inoltre la statuizione censurata è stata anche vittoriosamente aggredita anche dall’altra ricorrente SIC con critica inerente al suo contenuto.

10. Con il quinto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2615 c.c., comma 2, e la mancata applicazione degli artt. 36,38 e 1759 c.c., errores in iudicando e nullità della sentenza.

10.1. Il Consorzio, avente finalità di realizzazione di un piano di edilizia sostitutiva, anche se con rilevanza esterna, non doveva essere ricondotto alla fattispecie dell’art. 2615 c.c., ma a quella dell’associazione non riconosciuta ex art. 38 c.c.; ne scaturiva la responsabilità solidale delle persone che avevano agito a nome e per conto dell’associazione, azione comunque non imputabile a nessuno dei consorziati; tale responsabilità possedeva natura sostanzialmente fideiussoria ed era pertanto soggetta alla relativa disciplina fra cui quella della decadenza ex art. 1957 c.c..

10.2. Il motivo è fondato per le ragioni compiutamente esposte nei precedenti paragrafi 1.4-1.11 a cui si fa rinvio e in occasione dell’esame del secondo motivo di ricorso della SIC.

11. Con il sesto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 1372 c.c., sulla opponibilità a Sic Immobiliare della scrittura privata del 30/10/2003 tra quest’ultima e i consorziati; violazione dell’art. 112 c.p.c., omesso esame di un punto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5.

11.1. I ricorrenti si riferiscono alla mancata opponibilità della predetta scrittura del 30/10/2003 a SIC Immobiliare e alla violazione del principio di correlazione fra domanda e pronuncia perchè la Corte di appello aveva considerato tale scrittura non nei riguardi della SIC, nei cui riguardi avevano inteso farla valere i consorziati, ma nei confronti del T., ritenendola ininfluente.

11.2. Valgono al proposito, mutatis mutandis, le considerazioni di principio esposte nel precedente p. 7.2.

Nei confronti di T.V. la scrittura è irrilevante e inopponibile, come correttamente rimarcato dalla Corte territoriale; nei confronti di SIC Immobiliare, a prescindere da ogni questione circa l’ammissibilità della produzione per la prima volta nel giudizio di rinvio, ad ascriverle una qualche rilevanza osta in modo dirimente l’estraneità dei rapporti interni fra consorziati al cristallizzato thema decidendum del giudizio rescissorio, nel quale ex art. 394 c.p.c., comma 3, non possono essere introdotte nuove conclusioni.

12. Con il settimo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3. I ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 383 e 384 c.p.c., e omessa motivazione su di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, nullità della sentenza e errores in iudicando.

12.1. La Corte di appello non si sarebbe conformata al principio di rinvio che le aveva imposto di verificare la riferibilità del decreto di esproprio anche sotto il profilo catastale al bene sopra indicato e non aveva disposto la necessaria consulenza tecnica.

12.2. Il motivo è infondato: anche a tale proposito è sufficiente il richiamo di quanto in precedenza esposto nei precedenti p. 6.2. e 6.3. con riferimento al ricorso SIC.

13. In conseguenza di quanto esposto:

a) il ricorso del Comune di (OMISSIS) deve essere dichiarato inammissibile;

b) il ricorso della SIC Immobiliare merita accoglimento quanto al primo motivo, inammissibili il secondo, terzo e quinto, rigettato il quarto;

c) il ricorso dei ricorrenti L. ed altri merita accoglimento quanto al secondo e al quinto motivo, inammissibile il primo e il sesto, assorbiti il terzo e il quarto, rigettato il settimo.

La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti.

La Corte può decidere nel merito eliminando la condanna disposta anche nei confronti dei singoli consorziati al deposito delle somme presso la Cassa Depositi e Prestiti quali coobbligati solidali con il Consorzio (OMISSIS) e al pagamento delle spese processuali e di consulenza tecnica, fermo il resto.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali del giudizio di rinvio e del presente giudizio di cassazione fra il T. e i singoli consorziati.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del presente giudizio nei rapporti fra il Comune di (OMISSIS) e il T., tenuto anche conto di una certa ambiguità letterale della motivazione di compensazione, superata in via interpretativa.

Sussistono infine giusti motivi anche per la compensazione delle spese fra il T. e il Consorzio (OMISSIS), visto che l’uno e l’altro non hanno impugnato la sentenza gravata.

P.Q.M.

La Corte, riunisce tutti i ricorsi;

dichiara inammissibile il ricorso del Comune di (OMISSIS);

accoglie il ricorso della SIC Immobiliare quanto al primo motivo, inammissibili il secondo, terzo e quinto, rigettato il quarto;

accoglie il ricorso dei ricorrenti L. ed altri, quanto al secondo e al quinto motivo, inammissibili il primo e il sesto, assorbiti il terzo e il quarto, rigettato il settimo;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, elimina la condanna disposta anche nei confronti dei singoli consorziati al deposito delle somme presso la Cassa Depositi e Prestiti quali coobbligati solidali con il Consorzio (OMISSIS) e al pagamento delle spese processuali e di consulenza tecnica, fermo il resto;

compensa le spese processuali del giudizio di rinvio e del presente giudizio di cassazione fra T.V. e i singoli consorziati;

compensa le spese del presente giudizio nei rapporti fra il Comune di (OMISSIS) e T.V.;

compensa le spese del presente giudizio nei rapporti fra T.V. e il Consorzio (OMISSIS).

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del Comune di (OMISSIS), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 23 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2021

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