Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18790 del 02/07/2021

Cassazione civile sez. I, 02/07/2021, (ud. 23/04/2021, dep. 02/07/2021), n.18790

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19758/2016 proposto da:

Laboratorio Analisi Cliniche G. M. s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Amerigo Vespucci 34, presso lo studio dell’avvocato Enrico Cecere,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Roberto

Coppola, in forza di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ASL Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via G. G. Belli 39, presso lo

studio dell’avvocato Felice Laudadio, che la rappresenta e difende

in forza di procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 651/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 17/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/04/2021 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto ingiuntivo del 11/7/2011 il Tribunale di Avellino accolse il ricorso del Laboratorio Analisi Cliniche G. M. s.r.l. (di seguito, semplicemente, Laboratorio) e intimò alla Azienda Sanitaria Locale di Avellino (di seguito, ASL) il pagamento della somma di Euro 66.351,50, oltre interessi e spese, quale corrispettivo dovuto per prestazioni di patologia clinica eseguite nel (OMISSIS) in regime di provvisorio accreditamento e compensate con un taglio del 20% nonostante che il Tribunale amministrativo avesse ritenuto illegittime le delibere istitutive dei cosiddetti “tetti di spesa”.

2. Propose opposizione dinanzi al Tribunale di Avellino, la ASL sostenendo che la pretesa era in parte illiquida e inesigibile e invocando per il resto della L. 27 dicembre 2006, n. 196, art. 1, comma 796, lett. o), ritenuto conforme a Costituzione dalla Consulta, a cui resistette il Laboratorio, chiedendo la conferma del decreto opposto.

Con sentenza del 6/2/2014 il Tribunale di Avellino rigettò l’opposizione, confermando il decreto opposto, con aggravio di spese.

3. Con sentenza del 17/2/2016 la Corte di appello di Napoli ha accolto il gravame proposto dalla ASL, revocando il decreto ingiuntivo opposto e condannando il Laboratorio al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

La Corte ha ritenuto che il contratto del 30/6/2010 che richiamava la normativa regionale fosse vincolante, che la decurtazione dei compensi con applicazione dello sconto fosse operativa e che fosse inderogabile il tetto di spesa al netto dello sconto di cui alla L. n. 296 del 2006, ritenuta vigente e conforme a Costituzione.

4. Avverso la predetta sentenza, con atto notificato il 24/8/2016 ha proposto ricorso per cassazione il Laboratorio, svolgendo cinque motivi.

Con atto notificato il 13/10/2016 ha proposto controricorso la ASL, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.

Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento del primo e del quinto motivo del ricorso del Laboratorio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 342 e 277 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

1.1. Il Laboratorio ricorda di aver agito per il pagamento del complessivo importo di Euro 66.35,50 e che la ASL aveva contestato di dovere, da un lato, la somma di Euro 30.265,00, perchè non liquida ed esigibile e, dall’altro, la somma di Euro 36.085,73, perchè non dovuta in forza dello sconto tariffario.

Il Laboratorio aggiunge che la prima somma, oggetto della concessa provvisoria esecuzione, era stata pagata il 26/9/2013 dalla ASL in esito a procedura esecutiva; che solo in comparsa conclusionale la ASL aveva dato atto dell’avvenuto pagamento, senza però rinunciare alle eccezioni proposte; che correttamente il Tribunale aveva confermato il titolo, stante la natura forzosa del pagamento; che l’appellante ASL non aveva chiesto la revoca integrale del decreto ingiuntivo, ben sapendo che la metà circa delle somme ingiunte erano da essa dovute, e aveva invece chiesto darsi atto del loro intervenuto pagamento.

Secondo il ricorrente, perciò la Corte aveva erroneamente revocato totalmente il decreto ingiuntivo, condannando il Laboratorio al pagamento delle spese del doppio grado, ma trascurando il contenuto dell’appello e in particolare il fatto che invece il decreto opposto era in parte fondato, tanto che il pagamento era avvenuto forzatamente in sede esecutiva.

1.2. Il denunciato vizio di ultrapetizione e di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato non sussiste.

Ben vero: il Tribunale aveva ignorato il pagamento, sia pur forzato, in corso di causa della somma di Euro 30.265,00, inizialmente contestata dalla ASL perchè non liquida ed esigibile, ed aveva semplicemente confermato il decreto opposto anche laddove si riferiva alla predetta somma.

Quindi la ASL ha proposto appello anche su tale punto con il quarto motivo, trascritto alle pagine 8-9 del controricorso, e aveva concluso nel giudizio in secondo grado del tutto coerentemente con la richiesta n. 3, trascritta alla pagina 9 del controricorso.

1.3. In sostanza la ASL – sia pur senza riproporre con specifico motivo di gravame il tema della esigibilità di tale somma – ha aggredito la decisione di primo grado per non aver revocato il decreto ingiuntivo anche a tale proposito (e cioè con riferimento alla somma di Euro 30.265,00) e quindi la Corte di appello non ha affatto debordato dalla richiesta di parte quando ha revocato il decreto.

Altra cosa, evidentemente, è se tale statuizione fosse adeguatamente motivata e corretta.

La motivazione è mancante ma non di questo si duole il ricorrente, che lamenta invece l’ultra-petizione insussistente.

1.4. La decisione inoltre è corretta in diritto.

Infatti non ha pregio l’affermazione di pagina 7 del ricorso secondo cui la sentenza impugnata – per la revoca del decreto opposto – esporrebbe il Laboratorio a dover restituire le somme sicuramente dovutele di Euro 30.265,05 incassate medio tempore: infatti la revoca è stata disposta in accoglimento della richiesta proposta dalla ASL e si fonda in conseguenza sull’avvenuto pagamento dell’importo, la cui debenza, almeno in appello, non era più contestata.

E’ inoltre ben noto che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non è limitato alla verifica delle condizioni di ammissibilità e validità del decreto, ma si estende anche all’accertamento dei fatti costitutivi, modificativi ed estintivi del diritto in contestazione, con riferimento alla situazione esistente al momento della sentenza.

Ne consegue che la cessazione della materia del contendere verificatasi successivamente alla notifica del decreto – nella specie per avvenuto pagamento della somma portata dal medesimo travolge anche il medesimo decreto che deve essere revocato, senza che rilevi, in contrario, l’eventuale posteriorità dell’accertato fatto estintivo rispetto al momento di emissione dell’ingiunzione (Sez. 1, n. 13085 del 22/05/2008, Rv. 603457 – 01; Sez. L, n. 21432 del 17/10/2011, Rv. 619169 – 01; Sez. 2, n. 8428 del 10/04/2014, Rv. 630109 – 01).

Altra cosa, infine, da esaminarsi infra, è l’errata conseguenza tratta dalla revoca del decreto sotto questo profilo in punto spese di lite, visto che la revoca del decreto per pagamento dell’importo in corso di causa non elide, almeno sotto quel profilo, la soccombenza dell’opponente che ha estinto il debito in corso di opposizione.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 345 c.c..

2.1. In particolare, il ricorrente lamenta l’esibizione in appello di documenti (ossia la Delib. Giunta Regionale n. 1268 del 2008, non prodotta in primo grado) e la proposizione di eccezioni nuove, la cui inammissibilità era stata puntualmente eccepita dalla parte appellata.

2.2. Il motivo è inammissibile perchè non pertinente alla ratio decidendi.

Lo stesso Laboratorio riporta infatti un brano della motivazione della sentenza di appello che si riferisce ad un atto diverso (sia pur con alcune analogie di numerazione) e cioè alla Delib. Giunta Campana n. 1269 del 2009.

La sentenza impugnata, a pagina 4, ricorda che la Delib. Giunta Regionale n. 1268 del 2008, era stata ritenuta non applicabile dal Tribunale in conseguenza dell’annullamento del decreto ministeriale del 12/9/2006 da parte del giudice amministrativo e invece nel p. 9 di pagina 6 si è riferita ad un diverso provvedimento ossia la Delib. Giunta n. 1269 del 2009.

3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L. 27 dicembre 2006, n. 296 e al relativo “sconto”.

3.1. Secondo il Laboratorio tale scontistica era inapplicabile in seguito alle sentenze del TAR Lazio n. 12977 e 12978 del 2007 e n. 2721 e 3735 del 2008 e all’annullamento del D.M. 12 settembre 2006 (c.d. Nomenclatore tariffario Bindi), definitivamente caducato, con la conseguente impossibilità materiale e giuridica di applicare l’art. 1, comma 796, delle legge finanziaria per il 2007.

3.2. E’ pur vero che la censura, almeno in parte, non si

confronta in modo puntuale e specifico con la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Questa infatti non ha conferito rilievo al predetto decreto ministeriale annullato per ritenere applicabile gli sconti tariffari del 20% al caso di specie; a tal proposito la Corte territoriale si è invece fondata sulla sottoscrizione da parte del Laboratorio del contratto del 30/6/2010 (sentenza impugnata, pag. 6, sub p.10) che, a sua volta, richiamava la normativa regionale, ossia la deliberazione della Giunta della Regione Campania 1269/2009 che aveva fissato i volumi di prestazione e i limiti di spese e aveva previsto le modalità di calcolo dello sconto percentuale sul fatturato relativo alle prestazioni specialistiche e il decreto n. 35 del 22/6/2010 del Commissario ad acta relativo ai limiti di spese per il 2010.

3.3. Tuttavia la sentenza ha conferito rilievo anche alla vigenza e all’efficacia della norma di legge (della L. 296 del 2006, art. 1, comma 796, lett. o)), quale norma primaria volta a perseguire la riduzione della spesa pubblica sanitaria e il bilanciamento di contrastanti esigenze, ossia il diritto alla salute e il contenimento della spesa pubblica, giudicata conforme a Costituzione e insensibile alla caducazione del D.M. 22 luglio 1996, alla stregua del vaglio operato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 190 del 2004.

3.4. Il Laboratorio ricorrente ha contestato con il motivo, attraverso differenti argomentazioni giuridiche, l’applicabilità alla fattispecie della norma in questione (della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 796, lett. o)) e in tal modo ha colto il segno.

Nel caso di specie ricorrono i presupposti per l’accoglimento del ricorso sia pure per una ragione di diritto diversa da quella prospettata dal ricorrente.

La Corte di cassazione può infatti accogliere il ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, sempre che essa sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti, fermo restando che l’esercizio del potere di qualificazione non può comportare la modifica officiosa della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’introduzione nel giudizio d’una eccezione in senso stretto (Sez. 28/7/2017, n. 18775; Sez. 3, 4/5/2018 n. 10582; Sez. 3, n. 17015 del 28/06/2018, Rv. 649511 – 03).

Infatti, il giudice di legittimità può ritenere fondata la questione sollevata nel ricorso per una ragione giuridica diversa da quella indicata dalla parte, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito e senza confliggere con il principio di monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto, con la conseguenza che resta escluso che la Cassazione possa rilevare l’efficacia giuridica di un fatto se ciò comporta la modifica della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’integrazione di un’eccezione in senso stretto (Sez. 1, n. 27704 del 03/12/2020,Rv. 659931 – 01).

3.6. Era infatti in discussione il pagamento di prestazioni sanitarie di patologia clinica eseguite nell’anno 2010, in regime di provvisorio accreditamento, e compensate con il taglio del 20% previsto dalla scontistica introdotta dalla norma sopra citata della legge finanziaria per il 2007.

Il predetto comma 796 “per garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007- 2009, in attuazione del protocollo di intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per un patto nazionale per la salute sul quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome, nella riunione del 28 settembre 2006, ha espresso la propria condivisione” ha infatti disposto alla lettera o) che “fatto salvo quanto previsto in materia di aggiornamento dei tariffari delle prestazioni sanitarie dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 170, quarto periodo, come modificato dalla presente lettera, a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge le strutture private accreditate, ai fini della remunerazione delle prestazioni rese per conto del Servizio sanitario nazionale, praticano uno sconto pari al 2 per cento degli importi indicati per le prestazioni specialistiche dal D.M. Sanità 22 luglio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario n. 150 alla Gazzetta Ufficiale n. 216 del 14 settembre 1996, e pari al 20 per cento degli importi indicati per le prestazioni di diagnostica di laboratorio dal medesimo Decreto. Fermo restando il predetto sconto, le regioni provvedono, entro il 28 febbraio 2007, ad approvare un piano di riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche e private accreditate eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio, al fine dell’adeguamento degli standard organizzativi e di personale coerenti con i processi di incremento dell’efficienza resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate”.

3.7. La giurisprudenza di questa Corte, a partire dalla pronuncia della Sez. 3, n. 10582 del 04/05/2018 (Rv. 648596 – 01) si è consolidata nell’affermazione che in tema di remunerazione delle prestazioni rese per conto del Servizio sanitario nazionale dalle strutture private accreditate, lo sconto da praticare, ai sensi della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 796, lett. o), è limitato al solo triennio 2007-2009 e non vale quindi per gli anni successivi a partire dal 2010.

Venne allora osservato che la legge finanziaria per il 2007 espressamente disciplina “la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009” sicchè le misure disposte con la legge finanziaria per il 2007 non possono trovare applicazione oltre il triennio 2007-2009; che inoltre il D.L. n. 248 del 2007, convertito in L. 28 febbraio 2008, n. 31, ha disciplinato la “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria”, senza prorogare la disposizione sullo sconto forfettario previsto con la legge finanziaria del 2006; che, infine, con il D.L. n. 112 del 2008, art. 79, convertito in L. n. 133 del 2008, il legislatore ha voluto garantire l’efficienza, l’economicità e l’appropriatezza del Sistema sanitario nazionale, disponendo l’obbligo di adeguamento delle tariffe “nel rispetto del principio di efficienza ed economicità nell’uso delle risorse, secondo i costi standard delle prestazioni”, confermando (come ritenuto anche dal Cons. Stato, sez. 3, 1/2/2017, n. 439), la volontà di superare definitivamente la disciplina transitoria e sommaria della tariffazione forfetaria, in quanto inadeguata a garantire una efficiente ed imparziale allocazione delle risorse ai sensi dell’art. 97 Cost., a tutela del diritto alla salute sancito dall’art. 32 Cost.; che era stato quindi previsto che “la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2009-2011” debba necessariamente avvenire “nel rispetto dei principi di efficienza e di economicità nell’uso delle risorse”, definiti secondo: a) i costi standard delle prestazioni calcolati in riferimento a strutture preventivamente selezionate secondi criteri di efficienza, appropriatezza, e qualità dell’assistenza come risultanti dai dati in possesso del sistema informativo sanitario; b) i costi standard delle prestazioni già disponibili presso le regioni e le province autonome; c) le tariffe regionali e le differenti modalità di remunerazione delle funzioni assistenziali attuate nelle regioni e nelle province autonome.

Tale conclusione è inoltre coerente ai rilievi formulati dalla sentenza della Corte Cost. del 2/4/2009, n. 94, dichiarando infondata la relativa questione di costituzionalità, a proposito del carattere temporalmente limitato della disciplina di cui alla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 796, lett. o).

Con riferimento all’anno 2010 non ricorrono pertanto i presupposti per l’applicazione dello sconto forfettario.

In questo senso appare ormai assestata la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 6-1, 12/1/2021 n. 297; Sez. 6-1,13/2/2020 n. 3676; Sez. 1, 30/11/2020 n. 27366; Sez. 1, 15/9/2020 n. 22317; Sez. 1, 1/3/2020 n. 7465).

4. Con il quarto motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2697 c.c., sia per l’evidente errore di fatto circa l’incidenza dello sconto del 20% su tutte le somme ingiunte e non solo su metà circa di esse, sia per l’evidente errore di calcolo, sia in forza della prova positiva dell’inesistenza giuridica del tetto di spesa fornita dal Laboratorio con l’annullamento da parte del TAR del decreto ministeriale.

Il motivo resta assorbito per effetto dell’accoglimento del terzo che lo precede.

5. Con il quinto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 91 c.p.c., poichè il Laboratorio non era affatto soccombente, poichè una parte delle somme ingiunte era stata pagata in corso di causa e la ASL aveva chiesto al riguardo la cessazione della materia del contendere.

Anche questo motivo, basato sulla mancata considerazione di sede di regolamentazione delle spese della duplice matrice della pretesa azionata dal Laboratorio con il decreto ingiuntivo e in particolare dell’avvenuto pagamento in corso di causa della somma di Euro 30.265,00, non legata agli sconti della L. n. 296 del 2006, ex art. 1, comma 796, lett. o), resta assorbito per effetto della cassazione della sentenza impugnata che impone la revisione dell’assetto complessivo delle spese di lite anche con riferimento alla componente del credito relativa all’applicazione della scontistica tariffaria.

6. La Corte deve pertanto accogliere il terzo motivo di ricorso, respinti il primo e il secondo e assorbiti il quarto e il quinto, cassare la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviare alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte;

accoglie il terzo motivo di ricorso, respinti il primo e il secondo e assorbiti il quarto e il quinto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 23 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2021

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