Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18789 del 14/09/2011

Cassazione civile sez. II, 14/09/2011, (ud. 16/07/2011, dep. 14/09/2011), n.18789

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

su ricorso 405-2006 proposto da:

M.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI BERIO 50, presso lo studio dell’avvocato CUNICELLA

ANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato CAPPA NICOLA;

– ricorrente –

contro

MA.MI.;

– intimato –

sul ricorso 3980-2006 proposto da:

M.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GERMANICO 96, presso lo studio dell’avvocato TAVERNITI

BRUNO, rappresentato e difeso dall’avvocato GILENO GIUSEPPE;

– controricorrente ricorrente incidentale –

e contro

M.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 306/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 21/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato GILENO Giuseppe, difensore del resistente che si

riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.A. con atto notificato il 23 novembre 1999 conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Vasto, Ma.Mi.

rivendicando la proprietà della piccola sezione di terreno posta nella parte retrostante il proprio fabbricato e sulla particella n. 386 del foglio di mappa n. 32 del Comune di Vasto a lui pervenuta per acquisto fattone da Ma.Lu. con atto notarile del 7 agosto 1987 che erroneamente risultava intestato al convenuto Ma.

M. e da questo occupata a mezzo di assi di legno.

Si costituiva Ma.Mi. il quale pur riconoscendo che la sezione di terreno di cui si dice era stata assegnata in sede testamentaria a An.Ma. padre di Lu. e dante causa dell’attore deduceva di averne avuto il possesso e dunque di averla usucapita.

Il Tribunale di Vasto rigettava la domanda attorea e accoglieva la domanda del convenuto e, conseguentemente, dichiarava l’avvenuta usucapione a favore dello stesso.

Avverso la sentenza del Tribunale di Vasto proponeva appello M. chiedendo la riforma della sentenza impugnata. Si costituiva Ma.Mi. il quale chiedeva il rigetto dell’appello.

La Corte di Appello del L’Aquila, con sentenza n. 306 del 2005, rigettava l’appello e confermava integralmente la sentenza del Tribunale di Vasto. A sostegno di questa decisione la Corte territoriale osservava che: a) la particella n. 386 non è affatto menzionata nell’atto di trasferimento invocato dall’attore e, così come ha rilevato l’appellato ( Ma.Mi.) aggiungendo i mq.

125 circa alle particelle espressamente menzionate rappezzamento di terreno non sarebbe più quello della superficie di circa are quarantotto e centiare settanta effettivamente acquistato dal M.. B) l’originario convenuto ha offerto correttamente la prova di un possesso ultraventennale del terreno in contestazione.

La cassazione della sentenza n. 306 del 2005 della Corte di Appello del L’Aquila è stata chiesta da M.A. con ricorso affidato ad un unico motivo. Ma.Mi. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria. Ma.Mi. ha proposta ricorso incidentale per un motivo, dichiarando di volerlo ritenere subordinato all’esito del ricorso principale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno riuniti, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., essendo tutte le impugnazioni proposte contro la medesima sentenza.

2. Con l’unico motivo di ricorso M.A. lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, travisamento dei documenti e dei luoghi di causa. Avrebbe errato la Corte di merito, secondo il ricorrente: A) per aver escluso che la sezione di terreno rivendicata sia stata oggetto del titolo d’acquisto, invocato da esso ricorrente, e B) per aver riconosciuto, viceversa, che la sezione di terreno contesa, sia stata usucapita da Ma.Mi., odierno resistente. Secondo il ricorrente la Corte territoriale avrebbe errato, non solo per aver ridotto il giudizio ad un semplice calcolo matematico ma, soprattutto, perchè ha ritenuto valide le prove testimoniali senza comprendere il loro reale valore, dato che non sono state rapportate e comparate all’ampia produzione di atti pubblici prodotti e mai contestati dal Ma.. In particolare, la Corte territoriale: 1) non avrebbe compreso la relazione tecnica la quale, con ben sette allegati, se correttamente interpretata, avrebbe chiarito definitivamente che il titolo di proprietà del proprio dante causa e di quelli precedenti, dimostravano che la sezione di terreno in contestazione era sempre appartenuto ad essi e non al Ma.; 2) non avrebbe tenuto conto della domanda di condono edilizio e dell’atto di concessione del suolo tratturale, da cui si desumeva che egli era proprietario della sezione di terreno in contestazione. Specifica, ancora, il ricorrente che i giudicanti precedenti “non hanno proprio capito che se quei pochi metri fossero stati veramente di Ma.Mi. e prima di suo padre Ni.

(fratello di An.), allora la strada da sempre esistente, larga circa quattro metri che collega la casa di M. con la strada pubblica, sarebbe stata abusiva”.

Ed in ogni caso, ritiene il ricorrente, i giudicanti avrebbero superato se stessi in disattenzione ed ingiustizia, allorquando dichiarano Ma.Mi. proprietario per usucapione di quei pochi metri di terra oggetto di causa. La Corte di merito avrebbe omesso di considerare che il proprio dante causa Ma.Lu. era emigrato in (OMISSIS) e che l’odierno resistente non aveva la possibilità di utilizzare la sezione di terreno rivendicata per la mancanza di una porta di accesso sulla stessa circostanze queste che escludevano che quest’ultimo potesse vantare un utile possesso ad usucapionem.

2.1. La censura non merita di essere accolta, sotto entrambi i profili prospettati, non solo o non tanto perchè formulata in termini generici e senza l’indicazione specifica della normativa che secondo il ricorrente sarebbe stata violata, ma, soprattutto, perchè la sentenza impugnata contiene una motivazione adeguata, chiara, e sufficiente ad indicare i presupposti di fatto e di diritto posti a fondamento della decisione, e, sotto altro aspetto, perchè individua ed applica i principi e la normativa riferibili al caso in esame, così come chiariti e specificati da questa stessa Corte in altre occasioni.

2.2. A) Intanto, appare opportuno specificare che M.A., attuale ricorrente, ha avanzato domanda di rivendica della proprietà della sezione di terreno estesa mq. 125 circa posta nella parte retrostante il proprio fabbricato ed insistente su parte della particella n. 386 del foglio di mappa 32 del Comune di Vasto, affermando di averla acquistata con atto di notaio Zanolini del 7 agosto 1987. In ragione di questa domanda, M.A. avrebbe dovuto dimostrare che il bene rivendicato avesse formato oggetto del suo titolo di acquisto e, di poi che il suo dante causa fosse il titolare del diritto e quindi, avesse il potere di disporre e ancora che il suo dante causa avesse acquistato da altro titolare del diritto di proprietà e così via, probabilmente fino all’infinito, e/o ad evitare – come la legge vuole, una probatio diabolica, dimostrare un acquisto a titolo originario.

2.2.a) Sennonchè nel caso in esame la Corte di merito ha escluso che la sezione di terreno rivendicata avesse formato oggetto dell’atto di compravendita che il ricorrente invocava a sostegno della sua proprietà e poneva a fondamento della sua azione di rivendica. E’ mancata, cioè, la dimostrazione del fatto che avrebbe giustificato la titolarità del diritto di proprietà rivendicato. La Corte di merito ha affermato, con chiarezza, che la particella n. 386, relativa alla sezione di terreno contesa, non è affatto menzionata nell’atto di trasferimento invocato dall’attore. Ad un tempo, la Corte territoriale ha accertato che la mancata menzione non era dovuta ad un errore materiale, considerato che dall’atto di compravendita risultava che M. aveva acquistato un appezzamento di terreno con sovrastante fabbricato rurale (della superficie di circa are quarantotto e centiare settanta) e, più precisamente, la particella n. 387 di Ha, 0.02.06 e la particella 388 di Ha 0.46.10.

2.2.b) Irrilevante, pertanto, è la ricostruzione dei passaggi di proprietà, relativi, alla sezione di terreno di cui si dice, che l’attuale ricorrente ha ritenuto di riferire perchè, quale che fosse la ricostruzione di quei passaggi di proprietà, vero è che il ricorrente non ha dato dimostrazione di aver acquistato il bene oggetto del giudizio, con il contratto di compravendita, invocato e posto a i fondamento del preteso diritto di proprietà. Così, come non appare rilevante l’affermazione secondo cui “Nessun tecnico veniva incaricato di vedere se gli esatti confini erano conformi al cartaceo ed il notaio riportava le particelle indicate in catasto individuando con precisione i confini ma senza controllare l’esatta rispondenza tra il posseduto ed il cartaceo anche perchè il possesso era pacifico da sempre e nulla poteva far credere o pensare ad un errore in corso”, perchè, questa affermazione, non è in grado di dimostrare un errore materiale dell’atto di compravendita e perchè, sotto, altro aspetto, l’azione di rivendica era stata fondata su un acquisto a titolo derivativo e non a titolo originario. Nè i rilevanti sono i riferimenti alla concessione precaria della Regione Abruzzo, al condono edilizio, al confine con il trattura, perchè nessuno di questi riferimenti consente di leggere nel contratto di compravendita indicato quale titolo di acquisto del bene oggetto di giudizio, ciò che non è scritto.

1.2.c) La sentenza impugnata, pertanto, ha correttamente applicato i canoni interpretativi di cui all’art. 1362 e ss. cod. civ. che governano l’interpretazione degli atti giuridici ed, in particolare, l’interpretazione del contratto, quale atto di autonomia privata. Ad un tempo contiene una motivazione appagante, adeguata e coerente con i dati di fatto presenti in giudizio e l’interpretazione del titolo di acquisto posto a fondamento dell’azione di rivendica.

2.3.= B) A sua volta la sentenza impugnata non appare censurabile neppure in quella parte in cui richiamando quanto era stato evidenziato dal giudice di prime cure, ha confermato che la prova testimoniale, giudicata attendibile e qualificata, nel suo insieme e anche considerata con riferimento ai singoli testi, aveva dato atto, senza lasciare dubbi di alcun genere, del possesso ultraventennale di Ma.Mi. relativo al terreno in contestazione. Nè le osservazioni critiche dell’attuale ricorrente, relative a questo profilo della decisione sono in grado di identificare un vizio della sentenza impugnata.

2.3.a) Non ha pregio, anzitutto, l’affermazione secondo cui il possesso indicato dall’attuale resistente era da considerarsi viziato da clandestinità e, pertanto, non utile ai fini dell’usucapione, considerato che il suo dante causa era emigrato in (OMISSIS) da oltre trentanni, perchè nel caso in esame non sussistono gli estremi della clandestinità. Va osservato, infatti, che al fine di ritenere l’esistenza di uno spoglio occulto o clandestino è necessario non tanto che il possessore abbia ignorato il fatto, ma, soprattutto che egli si sia trovato nell’impossibilità di averne cognizione, onde per escludere la clandestinità è determinante la presenza di persone che, in qualsiasi modo, rappresentano il possessore o la conoscenza del fatto da parte delle medesime. Sennonchè, nel caso in esame la semplice lontananza dai luoghi di cui si dice di Ma.

L. (perchè emigrato in (OMISSIS)) non è di per sè, dimostrativa del fatto che lo stesso sia stato nell’impossibilità di avere conoscenza che altri possedeva un bene di sua proprietà. E, di più – come evidenzia la sentenza impugnata – giusto il teste Na. ha affermato di avere abitato nell’immobile oggi di proprietà del M. e confinante con il terreno in contestazione, sicchè, è ragionevole ritenere che, nel caso in esame, vi è stata, comunque, la presenza di una persona che, in qualche modo, rappresentava Ma.Lu., emigrato in (OMISSIS).

2.3.b) Nè appare utile ad escludere il possesso ad usucapionem di Ma.Mi. sul terreno in contestazione l’illazione dell’attuale resistente secondo la quale “se il terreno oggetto di causa fosse stato veramente di Ma.Mi. mai e poi mai ben due notai potevano riportare ed indicare come confine di un lato del terreno (di Ma.Lu.) il (OMISSIS)” Il termine di confine (OMISSIS) combacia con la casa di Ma.Mi. che non ha accesso su quel fazzoletto di terra da nessuna parte e se non esistessero quei pochi metri del fondo di M., prima dei Ma., risulterebbe completamente intercluso con impossibilità di accesso alla pubblica via. Eppure tra le parti non sono mai sorte o esistite questioni per un passaggio e per la strada ivi esistente che collega la casa di M. alla via (OMISSIS). Si tratta a ben vedere di una illazione (o di illazioni) che non è (o non sono) in grado di escludere il possesso continuato e pacifico di Ma.Mi. perchè non è (o non sono) in grado di escludere o di mettere in dubbio la veridicità e l’attendibilità della prova testimoniale.

3. Con l’unico motivo del ricorso incidentale Ma.Mi.

censura la sentenza oggetto del presente giudizio nella parte in cui ha ritenuto l’appello del M. ammissibile nonostante che la richiesta di riforma della sentenza fosse stata limitata solo ad alcuni degli originari capi di domanda e precisamente alla rettifica dell’intestazione catastale ed alla cessazione di turbative e non anche al capo di domanda principale.

3.1. Considerato che – come affermato dalla stesso ricorrente – la censura è stata prospettata in via subordinata all’esito del ricorso principale, il ricorso in esame va ritenuto assorbito dal ricorso principale.

In definitiva, riuniti i ricorsi (principale e incidentale), va rigettato il ricorso principale, dichiarato assorbito il ricorso incidentale e, in ragione del principio della soccombenza ex art. 91 c.p.c., il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, così come verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 1700,00 oltre Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2011

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