Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18789 del 10/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/09/2020, (ud. 03/06/2020, dep. 10/09/2020), n.18789

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7780-2019 proposto da:

P.C., rappresentato e difeso dall’Avvocato CLAUDIO

SCOGNAMIGLIO e dall’Avvocato NINO ORLANDI ed elettivamente

domiciliato presso lo studio del primo, sito a Roma, corso Vittorio

Emanuele II 326, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.R.;

– intimato –

avverso la SENTENZA n. 476/2018 della CORTE D’APPELLO DI TRIESTE,

depositata il 6/8/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere GIUSEPPE

DONGIACOMO nella camera di consiglio non partecipata del 3/6/2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.R. ha proposto opposizione al decreto con il quale, nel 2010, il tribunale di Gorizia gli ha ingiunto il pagamento, in favore di P.C., titolare dell’omonima impresa individuale, della somma di Euro 6.986,38, oltre interessi e spese, chiedendo la sua revoca, oltre al risarcimento dei danni, per una somma pari ad Euro 25.600,00, per il ritardo nell’esecuzione del lavori.

Il P., costituitosi in giudizio, ha chiesto il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto opposto nonchè, in via riconvenzionale, la condanna dell’opponente al pagamento della somma di Euro 80.949,66 a titolo di rimborso delle spese sostenute per acquisto di materiale, compenso per l’opera prestata e indennità per mancato utile ovvero per ingiusto arricchimento.

Il tribunale, con sentenza del 2016, ha revocato il decreto opposto, dichiarando la risoluzione del contratto d’appalto per inadempimento del P. e condannando quest’ultimo al pagamento della somma di Euro 18.613,62, oltre alle spese di lite nella misura di un sesto.

Il tribunale, in particolare, ha ritenuto che la somma oggetto dell’ingiunzione di pagamento fosse dovuta) non essendo stato contestato che il materiale oggetto del d.i. era stato fornito nel cantiere dove erano stati eseguiti i lavori di ristrutturazione dell’abitazione dell’opponente e che lo stesso aveva trattenuto tale materiale.

Il tribunale ha anche accolto la domanda proposta dall’opponente per il ritardo nell’esecuzione dei lavori, quantificando la somma dovuta in forza della penale giornaliera pattuita nel contratto d’appalto.

Il tribunale, infine, ha rigettato la domanda riconvenzionale proposta dal P. per mancanza di prova.

P.C. ha proposto appello avverso la sentenza del tribunale, articolando tre motivi: con il primo e con il terzo, ha lamentato la mancata o inesatta valutazione dei documenti prodotti ed, in particolare, del documento 18 e della relativa sottoscrizione da parte del committente; con il secondo, ha lamentato la mancata o inesatta valutazione delle risultanze istruttorie ed, in particolare, delle dichiarazioni rese dal teste Di Dato.

M.R., senza proporre appello incidentale, ha chiesto il rigetto del gravame e la conferma della sentenza impugnata.

La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello proposto ed ha, per l’effetto, confermato in ogni sua parte la sentenza impugnata.

La corte, in particolare, ha esaminato il primo ed il terzo motivo d’appello e ne ha ritenuto l’infondatezza. La corte, sul punto, ha ritenuto che il documento n. 18, e cioè un verbale di cantiere redatto tra le parti l’1/4/2018 – “privo di sottoscrizioni in calce e con la indicazione in alto all’inizio delle parti presenti” – non era idoneo, lì dove ha indicato “le opere ancora da compiere”, a giustificare i ritardi dell’impresa nell’esecuzione dei lavori. Con il contratto di appalto, infatti, ha osservato la corte, il P. si era obbligato alla consegna delle opere ed all’esecuzione dei lavori entro un termine ben preciso, indicato ai punti 9 e seguenti, vale a dire “entro e non oltre il 30-32007”, salvo proroga dei termini approvata in forma scritta dai committenti. Nel caso di specie, però, ha aggiunto la corte, il P. “pacificamente… non ha rispettato i termini contrattualmente concordati”: ed a nulla, sul punto, può rilevare il documento n. 18, laddove, in realtà, l’impresa esecutrice dei lavori avrebbe dovuto eventualmente richiedere una proroga, specificandone esattamente i motivi.

La corte, poi, ha esaminato il secondo motivo d’appello e ne ha parimenti ritenuto l’infondatezza. La corte, sul punto, dopo aver evidenziato che il P. conosceva (o doveva conoscere) lo stato dei luoghi e delle opere da eseguire, ha rilevato, per un verso, che i testi escussi hanno dato atto dei ritardi della sua impresa e, per altro verso, che il direttore dei lavori ha riferito di essersi più volte recato in cantiere senza trovare l’impresa. La circostanza riferita dal teste Di Dato, concernente problemi strutturali emersi in corso d’opera, risulta essere, ha osservato la corte, del tutto generica poichè non sono stati specificati quali fossero questi problemi e che tempi di allungamento potessero di conseguenza portare. D’altra parte, ha concluso la corte, resta il fatto che nessun evento nuovo o imprevisto risulta essere stato segnalato dall’impresa del P. al direttore dei lavori nè risulta che la stessa abbia chiesto proroghe.

La corte, infine, ha rilevato che l’appellante aveva chiesto l’accoglimento delle domande riconvenzionali proposte in primo grado senza tuttavia proporre motivi d’impugnazione nei confronti di quella parte della sentenza che le ha rigettate, e ha, pertanto, ritenuto che l’appello fosse, in tale parte, inammissibile o improcedibile.

P.C., ricorso notificato il 27/2/2019, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello.

M.R. è rimasto intimato.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione dell’art. 2702 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, disattendendo il primo ed il terzo motivo di gravame, ha ritenuto che il documento n. 18, e cioè un verbale di cantiere redatto tra le parti l’1/4/2018, “privo di sottoscrizioni in calce”, non era idoneo, lì dove ha indicato “le opere ancora da compiere”, a giustificare i ritardi dell’impresa nell’esecuzione dei lavori che la stessa si era impegnata, con la stipulazione del contratto d’appalto, a consegnare entro il termine indicato ai punti 9 e seguenti.

1.2. Così facendo, però, ha osservato il ricorrente, la corte non ha considerato che, a norma dell’art. 2702 c.c., l’efficacia probatoria della scrittura privata non presuppone che la sottoscrizione sia apposta in calce e non poteva, dunque, escludere la rilevanza probatoria del documento sulla base della sola premessa che lo stesso non era stato sottoscritto in calce dall’intimato M.R., dovendo, piuttosto, presumere che fosse l’espressione anche della volontà di quest’ultimo.

1.3. La corte d’appello, quindi, ha concluso il ricorrente, non poteva escludere la rilevanza probatoria del documento sulla base del solo fatto che lo stesso non era stato sottoscritto in calce dal M. ma doveva, piuttosto, presumere che tale documento fosse l’espressione anche della volontà di quest’ultimo.

2. Il motivo è inammissibile. Il ricorrente, infatti, non si confronta con la sentenza impugnata: la quale, invero, ben lungi dall’aver escluso efficacia probatoria alla scrittura contenuta nel documento n. 18 in ragione del fatto che la stessa non era stata sottoscritta in calce dall’intimato M.R., ha, più semplicemente, ritenuto che la stessa, in relazione al termine per l’adempimento fissato nel contratto d’appalto, vale a dire il 30/3/2007 salvo proroga dei termini approvata in forma scritta dai committenti, non era, in realtà, idonea, lì dove ha indicato “le opere ancora da compiere”, a giustificare i ritardi dell’impresa nell’esecuzione dei lavori, la quale, piuttosto, avrebbe dovuto se del caso richiedere una proroga, specificandone esattamente i motivi.

3.1. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, disattendendo il primo ed il terzo motivo di gravame, ha escluso che i ritardi dell’impresa nell’esecuzione dei lavori fossero giustificati.

3.2. La corte d’appello, infatti, ha osservato il ricorrente, così opinando, non ha tenuto conto del fatto che il P., nella comparsa di costituzione del 29/10/2010, aveva dedotto, con riguardo al presunto ritardo nell’esecuzione delle opere, che: il programma dei lavori da eseguirsi (come si evinceva dal documento n. 18, recante la data dell’1/4/2008, successiva quindi rispetto a quella prevista dal punto 9 del contratto d’appalto quale termine per l’ultimazione dei lavori) doveva essere ancora definito, al pari dell’esecuzione delle opere di cui al progetto architettonico, consegnato solo il 31/3/2008; – tale circostanza è confermata dalla stessa committenza che, unitamente ai progettisti, ha sottoscritto il verbale in cantiere; – nell’aprile del 2008, quindi, senza la disponibilità dei progetti, il P. si trovava nella materiale impossibilità di dare inizio alle opere commissionate; – nella stessa data, peraltro, non erano state definite le ditte che avrebbero dovuto eseguire i lavori elettrici e quelli dei pavimenti, con la conseguente impossibilità, per il P., di coordinarsi con le stesse.

3.3. E tali allegazioni, ha proseguito il ricorrente, non sono state in alcun modo contestate dalla controparte nella prima udienza di comparizione, e cioè nella prima occasione difensiva utile, mentre solo nella memoria depositata ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, l’opponente, del tutto genericamente, ha dichiarato di disconoscere il contenuto del documento in questione, rilevando che non solo lo stesso non era stato sottoscritto dalla parte committente ma appariva anche come un elenco disordinato di appunti personali, privo di valenza probatoria sulla ricostruzione dei fatti in contestazione.

3.4. L’opponente, pertanto, ha aggiunto il ricorrente, non ha operato una specifica contestazione, sia sotto il profilo del disconoscimento della sottoscrizione, a sua volta tardivo e perplesso, sia per la mancanza di un’allegazione in grado di contrastare la realtà fattuale emergente dal documento n. 18.

3.5. La corte d’appello, quindi, ha concluso il ricorrente, avrebbe dovuto ritenere come provate le circostanze di fatto rappresentate nel documento anche perchè non contestate dalla controparte.

4.1. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, disattendendo il primo ed il terzo motivo di gravame, ha escluso che i ritardi dell’impresa nell’esecuzione dei lavori fossero giustificati.

4.2. Invero, ha osservato il ricorrente, una volta dimostrato che le dichiarazioni contenute nel documento n. 18 erano pienamente riferibili al M., che l’ha sottoscritto, la corte d’appello avrebbe dovuto ritenere che le stesse erano tali da configurare una confessione stragiudiziale resa nei confronti della controparte e, dunque, dotate di efficacia legale in relazione all’art. 2735 c.c., comma 1.

4.3. Il documento in questione, infatti, ha aggiunto il ricorrente, contiene l’ammissione di fatti sfavorevoli, sul punto, a chi l’ha resa, e cioè che, in data 1/4/2008, e quindi successivamente a quella prevista al punto 9 del contratto d’appalto quale termine per l’ultimazione dei lavori, doveva ancora essere definito il programma dei lavori da eseguirsi, con la conseguente esclusione di qualsiasi ritardo nell’adempimento imputabile al P..

4.4. La corte d’appello, quindi, ha concluso il ricorrente, ha violato l’art. 116 c.p.c., comma 1, per aver liberamente apprezzato e comunque negato l’efficacia probatoria di una prova legale.

5. Il secondo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente, sono infondati. Il ricorrente, invero, anche nella deduzione delle censure descritte non si confronta con la sentenza che ha impugnato. La corte d’appello, infatti, non ha affatto escluso che le circostanze di fatto rappresentate nel documento fossero state dimostrate in giudizio: piuttosto, come in precedenza osservato, ha ritenuto, con apprezzamento non specificamente censurato, che l’appaltatore, a fronte del termine per l’adempimento fissato nel contratto d’appalto, non avesse chiesto, indicandone esattamente i motivi, la relativa proroga, e che, pertanto, i predetti fatti, in mancanza di una formale richiesta di proroga del termine, non fossero idonei a giustificare il ritardo nell’esecuzione dei lavori da parte dell’appaltatore: a nulla, quindi, rilevando, quanto al mancato rispetto del predetto termine, nè le opere che, come emerge dal documento n. 18, erano in quel momento ancora da compiere, nè le ragioni, non esposte in una formale richiesta di proroga, per cui tali opere erano, appunto, alla data dell’1/4/2008, ancora da eseguire.

6.1. Con il quarto motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’appellante avesse chiesto l’accoglimento delle domande riconvenzionali proposte in primo grado senza aver proposto motivi d’impugnazione su quella parte della sentenza che le ha rigettate, per cui l’appello era, in tale parte, inammissibile o improcedibile.

6.2. La corte d’appello, in effetti, ha osservato il ricorrente, così facendo non ha considerato che il tribunale, con riferimento alla riconvenzionale, aveva ritenuto che l’opposto non avesse offerto prove sufficienti dell’inadempimento del M., non essendo stato dimostrato che il progetto architettonico era stato consegnato solo in data 31/8/2008 (o meglio, in data 31/3/2008), per cui la corte avrebbe dovuto dichiarare non l’inammissibilità di tale domanda ma piuttosto il suo assorbimento nel rigetto dell’assunto sostenuto dall’opposto, relativo, appunto, al dedotto inadempimento del M..

6.3. Il ricorrente ha concluso evidenziando di avere l’interesse a censurare la predetta statuizione della corte d’appello sul rilievo che “in caso di accoglimento dei precedenti motivi, la mancata censura del capo declaratorio dell’asserita inammissibilità o improcedibilità del motivo di gravame impedirebbe la riproposizione della relativa domanda, nell’ambito dell’eventuale giudizio di rinvio”.

7. Il motivo, inequivocamente condizionato all’accoglimento dei motivi precedenti, è, di conseguenza, assorbito dal relativo rigetto.

8. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.

9. Nulla per le spese di lite, in mancanza di attività difensiva da parte dell’intimato.

10. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte così provvede: rigetta il ricorso; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2, il 3 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2020

 

 

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