Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18788 del 12/07/2019

Cassazione civile sez. I, 12/07/2019, (ud. 14/06/2019, dep. 12/07/2019), n.18788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24318 – 2018 r.g. proposto da:

E.H. (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Andrea

Maestri, elettivamente domiciliato in Roma, Viale di Vigna Pia n.

60, presso lo studio dell’Avvocato Ivan Pupetti.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro legale rappresentante

pro tempore.

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Bologna, depositata in data

30.7.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/6/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bologna – decidendo sull’appello proposto da E.H., cittadino nigeriano, avverso la ordinanza emessa in data 5.2.2017 dal Tribunale di Bologna (con la quale erano state respinte le domande volte ad ottenere la protezione internazionale e quella umanitaria) – ha confermato il provvedimento reso in primo grado, rigettando, pertanto, l’appello.

La corte del merito ha ritenuto non credibile e non provato il racconto del richiedente in ordine alle ragioni che lo avevano indotto ad espatriare: il ricorrente aveva infatti narrato di essere stato costretto ad espatriare perchè minacciato da una banda criminale chiamata (OMISSIS), in ragione del suo rifiuto ad essere affiliato alla stessa; ha evidenziato la non verosimiglianza di quanto narrato perchè queste bande criminali e confraternite universitarie scelgono i componenti su base volontaria, senza cioè ricorrere a reclutamenti coatti e perchè il ricorrente avrebbe potuto sicuramente provare le circostanze raccontate, avendo ancora diversi familiari in Nigeria; ha inoltre messo in rilievo le incongruenze del racconto, in riferimento alla morte del fratello del richiedente, attribuita sempre all’azione criminale della predetta banda; ha concluso, pertanto, per l’inesistenza di una situazione di persecuzione in danno del richiedente e per l’insussistenza anche dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, in ragione del fatto che le azioni delittuose ascrivibili alle descritte confraternite sono oggetto di repressione in Nigeria (potendo, dunque, il ricorrente rivolgersi alle autorità statali per ottenere protezione) e che le azioni terroristiche di Boko Haram sono concentrate nelle regioni nord est della Nigeria. La corte territoriale ha, infine, ritenuto di non poter riconoscere la protezione umanitaria in conseguenza della dichiarata non credibilità soggettiva del richiedente e per l’irrilevanza del solo presupposto fattuale dell’inserimento socio-lavorativo del richiedente.

2. La sentenza, pubblicata il 30.7.2018, è stata impugnata da E.H. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo la parte ricorrente, dopo aver premesso di aver fatto acquiescenza al diniego della richiesta protezione sussidiaria, lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra e dell’art. 2 Cost. e art. 10 Cost., comma 3, nonchè del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 2 e art. 5,comma 6 e art. 19. Si osserva che non era stato valutato dalla corte di merito il suo elevato grado di inserimento sociale in Italia, confrontato, peraltro, con le condizioni socio-politiche della Nigeria.

2. Con il secondo motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo in relazione alla protezione internazionale, fatto costituito dal suo passaggio in Libia come ragione utile al riconoscimento della reclamata protezione.

3. Il ricorso è inammissibile.

3.1 Il primo motivo di doglianza è inammissibile in ragione della sua evidente genericità.

Non si spiegano quali siano le ragioni di particolare vulnerabilità soggettiva del richiedente, già eventualmente allegate nei gradi di merito, per legittimare la sua domanda di protezione umanitaria. Nè si indica, se non genericamente, il grado di inserimento nella realtà socio-lavorativa italiana del ricorrente.

3.2 Il secondo motivo è anch’esso inammissibile.

La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, nella domanda di protezione internazionale, l’allegazione da parte del richiedente che in un Paese di transito (nella specie la Libia) si consumi un’ampia violazione dei diritti umani, senza evidenziare quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel Paese ed il contenuto della domanda, costituisce circostanza irrilevante ai fini della decisione, perchè l’indagine del rischio persecutorio o del danno grave in caso di rimpatrio va effettuata con riferimento al Paese di origine o alla dimora abituale ove si tratti di un apolide. Il paese di transito potrà tuttavia rilevare (dir. UE n. 115 del 2008, art. 3) nel caso di accordi comunitari o bilaterali di riammissione, o altra intesa, che prevedano il ritorno del richiedente in tale paese (Cass.Sez. 1, Ordinanza n. 31676 del 06/12/2018; Sez. 6 1, Ordinanza n. 29875 del 20/11/2018; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 2861 del 06/02/2018). Situazione quest’ultima neanche prospettata ed allegata da parte del ricorrente.

Il rilievo di tale carenza allegatoria da parte del ricorrente sul punto qui in esame rende inammissibile la relativa doglianza.

Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del presente giudizio di legittimità, stante la mancata difesa da parte dell’amministrazione intimata.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2019

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