Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18787 del 20/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 20/08/2010, (ud. 08/06/2010, dep. 20/08/2010), n.18787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.T., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato NICOLAIS LUCIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato BALLESTRERO LORENZO, giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.C.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 517/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

31.3.09, depositata il 03/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’8/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito per la ricorrente l’Avvocato Lucio Nicolais (per delega avv.

Lorenzo Ballestrero) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FUCCI

Costantino che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

MOTIVI

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380 bis.

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza depositata il 3.4.2009, confermava la sentenza di primo grado con cui il Tribunale di Livorno, accertata la simulazione del contratto di societa’ stipulato tra le parti, aveva, dichiarato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra C.C.L. e G. T., con condanna in via generica di quest’ultima al pagamento delle retribuzioni maturate in favore della prima.

La Corte d’appello, ritenuta non invocabile, stante l’effettivo oggetto del giudizio, la clausola compromissoria contenuta nel contratto di societa’, e non riproponibile in appello la eccezione di improcebilita’ per mancato esperimento del tentativo di conciliazione, riteneva l’appello infondato anche nel merito, in quanto la prova della qualificabilita’ del rapporto non come societario ma come di lavoro subordinato si evinceva da elementi forniti dai testimoni e dai documenti, costituenti indizi precisi gravi e concordanti, anche sulla base della piu’ recente giurisprudenza della S.C. concernente la presunzione “tipologica” della natura subordinata di talune prestazioni di lavoro. In particolare il dato testimoniale era sufficientemente chiaro nell’indicare la sostanziale estraneita’ della C. dalla concreta gestione della societa’, compresa la fase di acquisto dell’azienda, pagata con assegni della G., e quella della locazione della nuova sede dell’azienda e della strutturazione dell’azienda, peraltro essendo priva la C. di disponibilita’ economiche; cosi’ come era risultata anche l’esistenza di una pattuizione delle parti circa la retribuzione spettante alla C.. Gli elementi specifici della subordinazione, d’altra parte, oltre a non essere stati specificamente contestati, erano desumibili dalle mansioni di commessa di un esercizio commerciale espletate dalla C..

La G. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

L’intimata non si e’ costituita.

2. E’ necessario richiamare l’art. 366 bis c.p.c. (applicabile nella specie ratione temporis), la cui prima parte richiede che, nelle ipotesi di ricorso di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si concluda a pena di ammissibilita’ con la formulazione di un quesito di diritto, e la cui seconda parte richiede che nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 l’illustrazione di ciascun motivo contenga, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Per la necessita’ di una specifica formulazione conclusiva e sintetica ai fini della chiara indicazione di tali elementi, analoga a quella relativa al quesito di diritto, cfr. Cass. S.U. n. 20603/2007, 16528/2008; Cass. n. 8897/2008.

Come e’ stato piu’ volte osservato da questa Corte, il quesito di diritto imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., rispondendo all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui e’ pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con una piu’ ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica della S.C. di cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie, deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regola iuris in quanto tale idonea sia a risolvere la specifica controversia che a ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (cfr. Cass. S.U. n. 3519/2008 e 18759/2008; Cass. n. 11535/2008).

Nella specie i primi due motivi, che denunciano violazione e falsa applicazione di norme di legge, sono privi dei conclusivi quesiti di diritto, e quindi appaiono qualificabili come inammissibili.

Quanto al terzo motivo, con cui si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo, a prescindere anche dal vizio formale relativo alla mancanza delle “chiara indicazione”, nei termini sopra specificati, deve rilevarsi la manifesta infondatezza del motivo, poiche’ risulta inammissibilmente proposta nel giudizio di legittimita’ una diversa valutazione della portata delle risultanze istruttorie, senza che siano evidenziate effettive illogicita’ o insufficienze della motivazione, criticata in particolare in merito alla valenza probatoria dei vari indizi richiamati a proposito dell’assenza effettiva di un rapporto societario, sulla cui natura e consistenza, peraltro, il ricorso non appare richiamare elementi in positivo.

Il ricorso deve quindi essere rigettato. Nulla per le spese stante la mancata costituzione in giudizio della parte intimata.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 8 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2010

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