Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18787 del 14/09/2011

Cassazione civile sez. II, 14/09/2011, (ud. 06/07/2011, dep. 14/09/2011), n.18787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA OTTAVIANO 9, presso lo studio dell’avvocato PATRIGNANI

RAOUL, rappresentata e difesa dall’avvocato FERRARI DANIELE;

– ricorrente –

contro

M.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE PARIOLI 47, presso lo studio dell’avvocato CORTI PIO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CIATTI FRANCESCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2190/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 20/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Russo Libertino Alberto che ha concluso per l’estinzione del

procedimento per intervenuta rinuncia.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Quanto segue:

M.E. ha proposto ricorso per cassazione contro M.L. avverso la sentenza n. 2190 del 2005 con cui la Corte d’Appello di Milano rigettava il loro appello avverso la sentenza n. 271 del 2003, resa in primo grado inter partes dal Tribunale di Varese.

2. Al ricorso ha resistito l’intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Quanto segue:

1.- Il ricorso dev’essere dichiarato estinto per rinuncia. Infatti, in data 1 luglio 2011 è stato depositato “atto di reciproca rinuncia agli atti tra le parti”, sottoscritto dalle parti e dai loro difensori.

2.= La rinuncia è rituale perchè intervenuta prima dell’inizio della relazione del consigliere designato (art. 390 c.p.c., comma 2) e perchè risultano assicurate le prescrizioni dell’art. 390 c.p.c., comma 3, in quanto la sottoscrizione congiunta delle parti e dei difensori nello stesso atto le soddisfa.

Poichè la fissazione della pubblica udienza ai sensi del secondo inciso dell’art. 377 c.p.c., comma 1, e la comunicazione dell’udienza agli avvocati delle parti ai sensi del secondo comma della norma hanno già determinato l’inizio del i procedimento di trattazione del ricorso con la forme correlate alla decisione in pubblica udienza (particolarmente con la nomina del relatore), l’essere la rinuncia pervenuta successivamente a detto inizio, esclude che possa trovare applicazione la norma dell’art. 391 c.p.c., comma 1, la quale, nonostante la sua imprecisione, riguarda il caso in cui il procedimento di trattazione con una delle forme di trattazione e decisione consuete per la Corte, cioè la trattazione in pubblica udienza e quella in camera di consiglio, non abbia avuto inizio ai sensi dell’art. 377 c.p.c. e, più precisamente, i casi nei quali della fissazione in pubblica udienza o in adunanza in camera di consiglio non sia stata data comunicazione agli avvocati delle parti.

2.1.= Piuttosto, una volta avviato il procedimento di trattazione con tale comunicazione, l’ipotesi che provveda il presidente, prevista all’apparenza come unica alternativa di forma decisionale non risulta praticabile perchè supporrebbe la previa adozione di un provvedimento di sostituzione al relatore del presidente e di esclusione della causa dal ruolo dell’udienza o dell’adunanza. Tale provvedimento dovrebbe essere comunicato agli avvocati delle parti, perchè, altrimenti, essi comparirebbero all’udienza o all’adunanza, almeno nei casi nei quali non avessero ricevuto comunicazione del decreto in tempo utile. Nè può ritenersi che all’udienza o all’adunanza invece del collegio provveda il presidente, perchè la Corte nell’udienza o adunanza è costituita come collegio e deve provvedere in tale composizione. D’altro canto, non si può pensare, proprio perchè l’art. 391 c.p.c., comma 1, usa l’espressione “altrimenti provvede il presidente con decreto”, che la norma abbia voluto dire che il provvedimento da adottarsi all’esito della pubblica udienza nella quale la Corte constati la rinuncia sia un decreto del collegio sottoscritto dal presidente dello stesso, secondo la forma consueta della sottoscrizione prevista dall’art. 135 c.p.c. per i decreti emessi da giudice collegiale: è sufficiente osservare che vi osta il fatto che il provvedere il presidente con il decreto sottende che il provvedimento non è del collegio, ma del presidente, onde il legislatore non può avere voluto alludere all’ipotesi del citato art. 135 c.p.c..

2.2.= Le esposte considerazioni trovano conferma ed avallo in Cass. sez. unj (ord.) n. 19051 del 2010, che ha espressamente escluso che possa operare l’art. 391 c.p.c., comma 1, con riferimento alla forma provvedimentale del decreto una volta che sia stato emesso il decreto di fissazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio, sottolineando che il potere decisionale a quel punto è solo del collegio “salvo il caso che l’adunanza o l’udienza non possa essere tenuta o il ricorso trattato” (e, quindi, si necessiti un nuovo provvedimento ai sensi dell’art. 377 c.p.c.).

3.= Giusta le considerazioni svolte, la forma del presente provvedimento, per quanto attiene alla composizione del giudice, è quella, collegiale.

3.1.= A sua volta, il Collegio ritiene che la forma del provvedimento debba essere l’ordinanza. Ancorchè nel processo di cassazione la forma dei provvedimenti di definizione del giudizio adottati a seguito di pubblica udienza sia la sentenza, assume nella specie rilievo la circostanza che l’ordinamento (art. 375 c.p.c., n. 3) per la dichiarazione di estinzione al di fuori del caso di rinuncia prevede l’ordinanza come forma di decisione collegiale della Corte, sia pure a seguito di procedimento in camera di consiglio. Poichè la decisione sull’estinzione per rinuncia che intervenga a seguito di trattazione in pubblica udienza e, per quanto si è osservato, è di competenza collegiale, è assimilabile a quella collegiale a seguito di procedimento in camera di consiglio, il Collegio ritiene di dover pronunciare con ordinanza. Analoghe considerazioni merita il caso in cui sull’estinzione per rinuncia si debba pronunciare in camera di consiglio, giacchè l’ordinanza è la forma decisionale tipica di tale procedimento decisorio.

In definitiva, il processo di cassazione va dichiarato estinto per rinuncia.

Considerata la reciproca rinuncia le spese vanno compensate.

P.Q.M.

La Corte dichiara estinto per rinuncia il giudizio di cassazione con compensazione delle relative spese tra le parti.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2011

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