Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18786 del 14/09/2011

Cassazione civile sez. II, 14/09/2011, (ud. 06/07/2011, dep. 14/09/2011), n.18786

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

– Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità di Novara (p.iva

(OMISSIS)) in persona del suo direttore generale pro tempore e

legale rappresentante, dr. M.M.; rappresentata e difesa

dagli avv.ti Zanetta Andrea e Francesco Du Bessè, in forza di Delib.

5 ottobre 2005, n. 1027 e giusta procura a margine del ricorso per

cassazione; elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Du

Bessè in Roma, via Ostriana n. 12;

– ricorrente –

contro

– Azienda Sanitaria Locale di Pavia (p. iva (OMISSIS)) in persona

del suo direttore generale pro tempore e legale rappresentante, Dott.

A.M.; rappresentata e difesa dall’avv. Avolio Vincenzo,

giusta procura a margine del controricorso e con il medesimo

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Antonietta

Avolio in Roma, largo Bacone n. 9;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 3194/2004,

pubblicata il 10/12/2004;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del

6/07/2011 dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito il procuratore della ricorrente avv. Andrea Zanetta, che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso;

Udito il procuratore della controricorrente avv. Luciano Vittoria,

con delega dell’avv. Vincenzo Avolio, che ha concluso per il rigetto

del ricorso;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Azienda Sanitaria Locale di Pavia, con atto notificato nell’ottobre 1998, citò innanzi al Tribunale di Vigevano l’Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità di Novara esponendo: di esser stata costituita con decreto della Giunta regionale lombarda nel 1997, subentrando in tutti i rapporti relativi alla soppressa Azienda ASSL, ambito territoriale n. (OMISSIS) di Vigevano, già Associazione dei Comuni, ambito territoriale n. (OMISSIS) di Vigevano; che tra i beni immobili costituenti il patrimonio di dotazione vi sarebbe stato il podere denominato (OMISSIS), destinato a produzione di riso, di oltre 36 ettari, sito per la gran parte (oltre 35 ettari) nel territorio di Palestro (PV) e per il residuo (circa 4000 mq) in quello di Prarolo (VC); che detto fondo era pervenuto alla citata Associazione dei Comuni a seguito della soppressione del dante causa Ente Ospedaliero “Ospedale Maggiore della Carità” di Novara, giusta decreto del Presidente della Regione Piemonte del 4/12/1980; che in esecuzione della L. n. 833 del 1978, art. 66 era stato disposto il trasferimento dei beni degli ex Enti Ospedalieri al patrimonio dei Comuni nei cui territori erano ubicati, con vincolo di destinazione alle Unità Sanitarie Locali afferenti a detti ambiti; che nella fattispecie si trattava del Comune di Palestro, facente parte dell’ambito territoriale (OMISSIS) di Vigevano; che la Regione Lombardia, preso atto che il podere in questione era ricompreso per la maggior parte nell’ambito territoriale n. (OMISSIS) di Vigevano, con decreto n. 467 del 12/07/1983, in applicazione della L. n. 833 del 1978, art. 66 aveva deliberato il definitivo trasferimento dello stesso – ivi compresa la parte sita in territorio piemontese- in capo all’Associazione dei Comuni sopra specificata, con vincolo di destinazione alla corrispondente USL; che trasformatesi – a seguito della pubblicazione del D.Lgs. n. 502 del 1992 – le USSL in Aziende USSL, enti strumentali delle Regioni, con proprio patrimonio, la neo-costituita Azienda USSL n. (OMISSIS) – che era succeduta alla USL n.(OMISSIS) – il 30/06/1994 aveva provveduto a trascrivere in proprio favore, presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Vigevano, il podere (OMISSIS); che con decreto 2.500 del 28/06/1996 il Presidente della Giunta Regionale Piemonte, nell’ambito del riordino del settore sanitario di cui al D.Lgs. n. 502 del 1992, aveva disposto il trasferimento del patrimonio immobiliare, comprendente anche il podere (OMISSIS), dai rispettivi Comuni titolari dei beni all’Azienda Ospedaliera “Maggiore della Carità di Novara” – costituita con decreto 29/12/1994 del Presidente della Regione Piemonte- provvedendo altresì a trascrivere detta assegnazione in data 6/02/1998. Tutto ciò premesso l’attrice propose domanda di accertamento dell’avvenuto trasferimento del fondo in questione in capo all’Associazione dei Comuni, ambito territoriale n. (OMISSIS) e quindi, alla deducente in virtù delle sopradescritte vicende latu sensu successorie intervenute tra le USL e le Aziende USL – dichiarando nel contempo la nullità ed inefficacia della trascrizione in favore della convenuta.

Quest’ultima si costituì opponendo la legittimità del proprio acquisto in quanto derivante dal legato testamentario di tale E. B., in favore dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara;

contestò l’applicabilità della L. n. 833 del 1978, art. 66 – disciplinante l’automatico trasferimento dei beni appartenenti agli ex Enti ospedalieri ai Comuni, o loro associazioni, nel cui territorio fossero collocati, con vincolo di destinazione alle USSL , indi Aziende USSL – atteso che detti beni avrebbero dovuto, già in origine, essere destinati a fini sanitari e non già produttivi, come nella fattispecie;

ritenne invece invocabile il disposto del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 5 in forza del quale, al fine di attuare l’anzidetto trasferimento, sarebbe stato necessario un apposito provvedimento regionale, che in concreto era stato emesso dal Presidente della Regione Piemonte il 28/06/1996. Chiese in via riconvenzionale che fosse riconosciuto in proprio favore l’avvenuto trasferimento della proprietà del podere conteso con conseguente declaratoria di inefficacia della precedente trascrizione in favore dell’ente lombardo.

Il Tribunale adito, pronunziando sentenza 158/2001, accolse la domanda dell’Azienda USSL di Pavia: tale decisione fu confermata dalla Corte di Appello di Milano con sentenza n. 3194/2004, sulla base delle seguenti considerazioni: a – il trasferimento dei beni mobili ed immobili dei disciolti enti ospedalieri nel patrimonio dei Comuni aveva portata generalissima, applicandosi di conseguenza anche quando il bene si trovasse nel territorio di una Regione diversa da quella dove aveva sede il disciolto ente ospedaliere); b – che la distinzione, nell’ambito dei beni dei disciolti enti ospedalieri, tra quelli utilizzati per scopi sanitari e quelli di utilizzo diverso non sarebbe stata condivisibile alla stregua della normativa nazionale e regionale e comunque non avrebbe trovato riscontro neppure nella norma invocata dall’appellante – D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 5; e – che pertanto doveva dirsi illegittimo, in quanto emesso in violazione della L. n. 833 del 1978, art. 66 il decreto del 28/06/1996 con il quale il Presidente della Regione Piemonte, a seguito della soppressione dell’ente ospedaliero sito nel proprio territorio, aveva trasferito l’intero fondo al Comune ove era sito il disciolto ente ospedaliero, dunque senza aver riguardo al fatto della già avvenuta acquisizione del predio da parte del confinante ente territoriale ed alla conseguente assegnazione all’associazione dei Comuni lombarda; d – che nessuna incidenza derogativa poteva attribuirsi al lascito testamentario della B., in quanto inidoneo a determinare una deroga a disposizioni di carattere pubblicistico.

Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso l’Azienda Ospcdaliera Maggiore di Carità di Novara, sulla base di un unico e variamente articolato motivo; si e costituita con controricorso la Azienda Sanitaria Locale di Pavia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – La ricorrente sostiene innanzi tutto che la gravata decisione sarebbe incorsa nel vizio di violazione di legge dal momento che non avrebbe dato applicazione alla L.R. Piemonte 28 marzo 1983, n. 9, art. 22, comma 2 che prescrive che “l’utilizzo di capitali ricavati dall’alienazione o trasformazione con destinazione ai servizi già di pertinenza degli Enti di cui sono cessati i compiti in materia sanitaria avviene in via prioritaria tenendo conto dell’ente di provenienza e della volontà dei testatari”, nel momento in cui non avrebbe dato rilievo al mancato rispetto della volontà testamentaria della B. che era nel senso di lasciare i beni al disciolto Ospedale Maggiore di Novara e, per altro verso, non avrebbe valutato che al predetto ente sarebbe succeduto la ricorrente.

2- l’argomentazione esposta a sostegno del motivo è, per un verso inammissibile e per altro infondata.

2/b – Quanto al primo profilo va osservato che, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non viene riportato il contenuto della scheda testamentaria della B., così privando la Corte della possibilità di valutare se nel legato vi fosse un qualche accenno all’obbligo che il podere (OMISSIS) venisse mantenuto – in ipotesi: a mò di fedecommesso – in favore di tutti i successori dell’originario ente ospedaliero, con conseguente manifestazione di una volontà di giustificare ( e quindi funzionalizzare) il lascito con riferimento alla soggettività dell’Ospedale Maggiore e non ai suoi compiti istituzionali, sanitari ed assistenziali (interessati questi ultimi dalle norme istitutive del servizio sanitario nazionale): ciò ha reso non ulteriormente scrutinabile – nel senso patrocinato dalla stessa ricorrente- il riferimento alla volontà del testatote circa il permanere del legame tra il lascito e la soggettività dell’originario legatario.

2/c – Come ulteriore conseguenza, deve affermarsi che, una volta entrato l’immobile nel patrimonio del beneficiario, in esecuzione del lascito del 1975 – data desumibile dal contenuto del controricorso, sul punto non contestato- il legato doveva dirsi aver avuto piena attuazione, così che le successive vicende attinenti al nuovo intestatario divenivano irrilevanti in termini di rispetto della volutas testatotis.

2/d – La motivazione sul punto dell’ininfluenza della volontà testamentaria rispetto ai preminenti interessi pubblici è pertanto condivisibile, pur nella sua stringatezza, a condizione di valutarla alla stregua delle considerazioni appena esposte e, quindi, applicando la funzione correttiva dell’apparato motivazionale per mantenerne il contenuto precettivo della decisione – consentito alla Corte dall’art. 384 c.p.c., u.c. nella formulazione anteriore alla riforma di tale norma introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006.

2/e – Quanto poi al dedotto mancato rispetto della normativa regionale della quale si discute – L.R. Piemonte n. 9 del 1983, art. 22 – , esposto formalmente (cfr. fol. 8 del ricorso) in termini di verifica della sufficienza della motivazione della Corte distrettuale ma, in realtà attinente all’astratta perimetrazione dell’area di applicabilità della norma, mediante il raffronto tra la fattispecie astratta e quella concreta, la censura non è fondata in quanto la richiamata legge regionale non poteva venire invocata a disciplinare la materia in contestazione, essendo invece diretta a regolare la diversa – e qui non ricorrente- ipotesi di trasformazione per alienazione del patrimonio oggetto di lascito ad un ente ospedaliero piemontese, non contenendo dunque alcun criterio diretto all’identificazione del soggetto che, in virtù di vicende latu sensu successorie, fosse considerato attuale titolare del bene.

3 – Con ulteriore articolazione dell’unico motivo (foll. 11/14 del ricorso) l’Azienda Ospedaliera deduce una falsa sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, con riferimento alla L. n. 833 del 1978, art. 66 sostenendo che il trasferimento dei beni ai Comuni – o loro associazioni – al fine di fornire la provvista per esercitare le funzioni sanitarie previste dal neo istituito Servizio Sanitario Nazionale, presupponeva la pregressa destinazione dei medesimi beni ai servizi igienico sanitari mentre il podere (OMISSIS) era un fondo destinato a risaia; ne sarebbe risultata l’illegittimità dell’assegnazione da parte del Presidente della Regione Lombardia all’associazione dei Comuni compresi nel territorio regionale e, per conseguenza, l’invalidità delle successive attribuzioni al patrimonio delle USSL – e quindi Aziende USL – interessate; sostiene sul punto la ricorrente che sarebbe stato invece applicabile il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 5 che, trasformando le USSL in Aziende USSL, nel disciplinare il trapasso delle provviste patrimoniali delle prime alle seconde, non avrebbe operato alcuna distinzione in relazione alla pregressa funzione (igienico sanitaria o come mezzo per produrre reddito) che i beni già appartenuti alle USSL avessero rivestito, così lasciando all’autorità regionale di originaria competenza territoriale – in relazione alla sede dell’ente ospedaliero destinatario del lascito – il potere di provvedere con apposita delibera in favore dell’ente succeduto al legatario, cosa che in effetti era avvenuta, considerando quindi come unico atto deliberativo legittimo il decreto del Presidente della Regione Piemonte del 1996 e negando, per conseguenza, efficacia traslativa al precedente decreto del Presidente della Regione Lombardia del 1983. IV – Il motivo in esame è infondato anche sotto il profilo appena esposto.

4/a – Va premesso che non ha formato oggetto di censura il capo di decisione con cui la Corte distrettuale ha richiamato il principio (già enunciato da Cons Stato 764/1991) secondo il quale, nel caso in cui un bene di un disciolto ente ospedaliero sia sito nel territorio di due Regioni e si discuta nella sua attribuzione al patrimonio di un neo costituito ente pubblico con funzioni sanitarie -USSL e, in successione, Azienda USSL debba darsi prevalenza alla normativa della Regione in cui è posta la parte maggiore dell’immobile (conclusione questa tra l’altro confermata dal fatto che, come ricordato dalla Corte milanese – cfr. fol 8 della sentenza- , il decreto del 12/07/1983 del Presidente della Regione Lombardia di trasferimento dell’intero podere (OMISSIS) alla propria Regione, era stato preceduto dall’invio, da parte della USL n. (OMISSIS) di Novara, nel cui ambito si trovava l’Ospedale Maggiore, di tutta la documentazione relativa alla procedura di consegna del fondo stesso al Comune di Palestro).

4/b – In secondo luogo va messo in rilievo che il lascito B. aveva fatto entrare il podere (OMISSIS) nel patrimonio dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara – soppresso nel dicembre 1980- prima dell’entrata in vigore della L. n. 833 del 1978, e, soprattutto, prima dei decreti del Presidente della Regione Lombardia di assegnazione alle associazioni dei Comuni dei beni già appartenenti ai disciolti enti ospedalieri (emanati nel 1981 e, per il podere (OMISSIS), nel 1983): si rendeva pertanto applicabile il disposto dell’art. 66, comma 1, lett. b del citato testo normativo, che prevedeva che per il funzionamento delle costituende USSL fossero trasferiti ai Comuni – per quello che qui interessa – i beni mobili, immobili e le attrezzature degli enti ospedalieri: tale disposizione non prevedeva, al contrario di quanto disposto nel precedente art. 65, comma 1 e nell’art. 66, comma 1, come condizione per l’idoneità ad essere attribuiti agli enti locali, la pregressa utilizzazione a fini sanitari dei beni trasferiti, essendo invece sufficiente che alla data del provvedimento di assegnazione gli stessi beni appartenessero ad un ente che aveva come suo scopo istituzionale quello “sanitario”, così riproducendosi – limitatamente alla fattispecie in esame – la stessa ratio di cui al D.Lgs. n. 502 del 1992.

4/c – Per tutte le suesposte osservazioni consegue che il podere, appartenendo ormai ad un ente ospedaliero, legittimamente – per la ricordata prevalenza territoriale – fu assegnato ad un’associazione di Comuni sita in una regione diversa da quella in cui aveva avuto sede l’ente ospedaliero, originario destinatario del lascito.

4/d- Anche in questo caso la motivazione della Corte territoriale va modificata, consentendo così di mantener ferma la statuizione contenuta nella gravata decisione.

5 – Lamenta infine la ricorrente una totale carenza di motivazione in merito alla ripartizione delle spese di lite, osservando che , ove pure non fossero accolte le proprie tesi, l’intera propria difesa sarebbe stata diretta conseguenza dei provvedimenti del Presidente della Regione Piemonte.

5/a – Anche tale profilo di censura è infondato in quanto le ragioni per le quali l’Azienda Ospedaliera sarebbe stata indotta a proporre appello – e quindi ricorso in sede di legittimità – se possono assumere rilievo interno, nei rapporti tra Giunta regionale e Azienda medesima, certo non sono opponibili alla controparte.

5/b- Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come indicato in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA, GAP e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 6 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2011

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