Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18784 del 12/07/2019

Cassazione civile sez. I, 12/07/2019, (ud. 11/06/2019, dep. 12/07/2019), n.18784

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14849/2017 proposto da:

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del

Ministro pro tempore, e ANAS spa, in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e

difende ex lege;

– ricorrenti –

contro

Autostrade Centropadane Spa, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Corso d’Italia, 45 C/o

P&i Guccione e Associati presso lo studio dell’avvocato Claudio

Guccione che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Marco

Sgroi, in forza di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

B.G., in proprio e quale titolare ditta individuale

Azienda Agricola B.G., elettivamente domiciliato in

Roma Via Civitavecchia 7, presso lo studio dell’avvocato Lorenzo

Grisostomi Travaglini che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato Enzo Lino Barilà, in forza di procura speciale al

calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente incidentale –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il

08/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/06/2019 da SCOTTI UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 29 depositato innanzi alla Corte di appello di Brescia, l’Anas s.p.a. ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti hanno chiesto, previa sospensione dell’efficacia degli atti conseguenti successivamente intervenuti, la rideterminazione dell’indennizzo previsto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, comma 1 e di cui al provvedimento del Commissario ad acta nominato per l’esecuzione della sentenza n. 777/2015 del TribunaleAmministrativo della Lombardia – Sezione Distaccata di Brescia.

Nel giudizio si sono costituiti B.G., in proprio e quale titolare dell’omonima azienda agricola, svolgendo domande riconvenzionali, e Autostrade Centropadane S.p.a..

La Corte di appello di Brescia, con sentenza in data 5/5/2017, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso e della domanda riconvenzionale di cui al punto sub a) delle conclusioni del B., rigettando la sua ulteriore domanda riconvenzionale di cui al successivo punto b).

La Corte bresciana ha ritenuto che precedenti pronunce delle Sezioni Unite (n. 22096/2015 e 15283/2016) lasciavano “impregiudicata la questione relativa alla elusione o violazione del giudicato in sede di ottemperanza” (incluse le controversie per l’indennizzo ex art. 42 bis del Testo Unico dell’espropriazione) rispetto a quanto attuato per effetto del “deciso dinanzi al Giudice amministrativo”, al quale nella fattispecie apparteneva la giurisdizione.

La sussistenza di tale giurisdizione, in particolare, era stata ritenuta dalla Corte territoriale anche sulla scorta delle decisioni della Corte di Cassazione n. 20105/2009 e 12674/2016.

2. Avverso la suddetta decisione della Corte Distrettuale hanno proposto ricorso per cassazione l’Anas s.p.a. e il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti con atto affidato ad un unico articolato motivo, a cui hanno resistito con distinti controricorsi la Società Autostrade Centro Padane S.p.a. e il B..

Quest’ultimo ha proposto ricorso incidentale fondato su cinque motivi, di cui solo il primo proposto in via condizionata.

Le parti controricorrenti hanno depositato memorie.

Le Sezioni Unite, con sentenza n. 5643 del 29/1-26/2/2019, disattese le eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso principale, hanno accolto il motivo di ricorso principale, affermando che la competenza in unico grado della Corte di appello era la regola generale prevista dall’ordinamento di settore per la determinazione giudiziale delle indennità dovute, ivi incluse le controversie circa l’elusione o la violazione del giudicato in sede di ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo, anche se relative a fattispecie in cui si discute dell’indennizzo ai sensi dell’art. 42 bis del Testo unico in materia di espropriazione.

Le Sezioni Unite hanno parimenti accolto il primo motivo del ricorso incidentale condizionato del B., cassando la sentenza impugnata per aver ritenuto erroneamente sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda riconvenzionale sub a) delle sue conclusioni, rivolta alla determinazione di un maggior importo dell’indennità di cui all’art. 42 bis del T.U..

Quanto ai restanti quattro motivi del ricorso incidentale del B. relativi alla domanda riconvenzionale sub b) delle sue conclusioni, in tema di determinazione dell’indennità di occupazione temporanea e d’urgenza, le Sezioni Unite ne hanno rimesso l’esame a questa Prima Sezione civile.

In data 27/5/2019 il ricorrente incidentale B. ha presentato memoria; in data 4/6/2019 anche Autostrade Centro Padane s.p.a. ha presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con la memoria del 4/6/2019 la controricorrente Autostrade Centro Padane ha riproposto eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso per cassazione avverso l’ordinanza comunicata alle parti in data 11/4/2017 e impugnata con ricorso notificato solo in data 9/6/2017, superando così il termine di giorni trenta fissato dall’art. 702 quater c.p.c..

L’eccezione è inammissibile perchè era già stata proposta con la memoria del 23/1/2019 dinanzi alle Sezioni Unite che, nell’ambito di questo stesso procedimento, l’hanno disattesa in quanto manifestamente infondata, ribadendo che il termine per la proposizione del ricorso per cassazione avverso ordinanza emessa, in unico grado, D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 29 è di giorni sessanta dalla notificazione dell’ordinanza.

Le Sezioni Unite hanno richiamato al proposito il principio scandito dalla sentenza della Sezione 1 del 22/3/2018 n. 7154 secondo cui in assenza di normativa speciale circa la decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza resa ex art. 702-quater c.p.c., non rileva che la comunicazione dell’ordinanza sia avvenuta in forma integrale a mezzo p.e.c., dovendo trovare applicazione la disposizione generale di cui all’art. 133 c.p.c., comma 2, (come modificato con il D.L. n. 90 del 2014, art. 45, comma 1, lett. b) conv. con modif. dalla L. n. 114 del 2014) secondo il quale la comunicazione da parte della cancelleria del testo integrale della sentenza non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c..

2. Il terzo motivo di ricorso incidentale, susseguente al primo, condizionato, già accolto dalle Sezioni Unite, ha carattere preliminare.

2.1. Con esso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente incidentale B. denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 101 c.p.c., comma 2.

La Corte di appello ha provveduto al rigetto d’ufficio della domanda sub b) (come dichiarato a pagina 11) sul presupposto della persistente vigenza ed efficacia dell’accordo stipulato il 5/12/2008 per la parte attinente alla indennità di occupazione, in difetto di contestazione circa l’integrale caducazione da parte del Ministero, di Anas e di Autostrade Centro Padane, in violazione del principio del contraddittorio ed operando una valutazione mista, parte in diritto e parte in fatto circa il contenuto e i presupposti dell’accordo.

2.2. La censura è infondata.

Il ricorrente rimprovera alla Corte territoriale di aver ritenuto la persistente validità ed efficacia dell’accordo del 5/12/2008, nonostante la caducazione della parte relativa all’indennità di espropriazione, determinata dalla mancata emissione del decreto di esproprio, in violazione del contraddittorio e benchè le parti contro interessate (Ministero, Anas e Autostrade Centro Padane) non avessero contestato l’assunto del B..

Da un lato, quanto al principio del contraddittorio e all’art. 101 c.p.c., non è dato apprezzare alcuna lesione, per vero neppur specificamente descritta e obiettivata dal ricorrente, visto che la Corte di appello si è limitata a valutare le conseguenze giuridiche di circostanze fattuali e storiche oggetto di contraddittorio e acquisite al processo, nel rispetto del principio dispositivo e quindi delle domande e conclusioni formulati dalle parti.

D’altro canto, e relativamente al principio di non contestazione, evocato solo implicitamente dal ricorrente, occorre tener presente che ai sensi dell’art. 115 c.p.c. debbono essere tenuti in considerazione e posti a fondamento della decisione “i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita”, ritenuti quindi base storico-fattuale comune della decisione e non “bisognevoli di prova”.

Nella specie il principio de quo è invocato fuor di luogo e non già con riferimento ad un fatto storico, principale o secondario, dedotto in causa ma a una conseguenza o effetto giuridico, ossia la validità o meno (totale o parziale e nel caso parziale) di un negozio.

Nè giova al ricorrente il tentativo di superare la dirimente obiezione, assumendo che la Corte di appello avrebbe effettuato una valutazione mista, in parte in diritto e in parte in fatto, circa il contenuto e i presupposti dell’accordo. Ciò non significa affatto che il giudice del merito si sia basato su fatti storici precisi diversi da quelli dedotti dal B. e non contestati dalle sue controparti: semplicemente la Corte di appello ha ritenuto che da tali fatti storici non derivasse l’effetto giuridico sostenuto dal B., anche a prescindere dal fatto che tali diverse conseguenze non erano prospettate dalle controparti.

Inoltre il principio di non contestazione opera in relazione a fatti che siano stati chiaramente esposti da una delle parti presenti in giudizio e non siano stati contestati dalla controparte che ne abbia avuto l’opportunità: pertanto, la parte che lo deduca in sede di impugnazione è tenuta ad indicare specificamente in quale atto processuale il fatto sia stato esposto, al fine di consentire al giudice di verificarne la chiarezza e se la controparte abbia avuto occasione di replicare (Sez. trib., 06/12/2018, n. 31619).

3. Il quarto e il quinto motivo sono strettamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente, in via preliminare rispetto al secondo.

3.1. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente incidentale B. denuncia motivazione apparente, se non addirittura inesistente, quanto al rigetto della domanda relativa all’indennità di occupazione

La pacifica esistenza del diritto all’indennità di occupazione a prescindere dalla conclusione del procedimento espropriativo giustificava l’esame nel merito della domanda, ma non certo il rigetto, che avrebbe richiesto l’indagine, invece del tutto mancata, circa la volontà delle parti nell’unico negozio fra di loro intercorso.

L’accordo del 5/12/2008 era stato concluso in vista del legittimo esproprio per un importo complessivo di Euro 480.000,00; tale importo era stato disaggregato nelle somme relative alle due indennità, di espropriazione e di occupazione, per quest’ultima determinato in misura risibile, quando l’occupazione era iniziata solo da un anno e con l’espressa previsione che l’indennità di occupazione non sarebbe comunque aumentata per il suo protrarsi futuro; era pertanto del tutto logica la prospettazione del B. secondo cui l’intero accordo doveva intendersi caducato per effetto del mancato esproprio, tenuto conto del principio generale del diritto civile in tema di interdipendenza di contratti e singole clausole “simul stabunt simul cadent” ex art. 1419 c.c., comma 1, artt. 1446,1459 e 1466 c.c., nonchè dell’interdipendenza fra i due istituti dell’indennità di espropriazione di occupazione D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 20,comma 6, art. 22 bis, comma 1 e art. 50, comma 1.

3.2. Con il quinto motivo di ricorso proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente incidentale B. denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 1418 c.c. e art. 1419 c.c., comma 1 e D.P.R. n. 327 del 2001, art. 20, comma 6, art. 22 bis, comma 1 e art. 50, comma 1.

La Corte di appello rilevando che le parti avevano pattuito importi omnicomprensivi e pienamente ristoratori anche di tutti i danni diretti e indiretti conseguenti sia alla occupazione sia alla successiva espropriazione, aveva plasticamente riconosciuto l’evidenza della considerazione congiunta ad opera delle parti e della inscindibilità dei due indennizzi.

3.3. La Corte di appello, ritenuto pacificamente inefficace e caducato l’accordo del 5/12/2008 fra il B. e Autostrade Centropadana nella parte relativa all’indennità di espropriazione in conseguenza della mancata emanazione del decreto di esproprio, ha invece ritenuto che ciò non determinasse alcuna inefficacia dello stesso accordo, nella parte in cui investiva l’intesa circa l’indennità di occupazione, senza porsi, come sarebbe stato necessario, l’interrogativo circa l’influenza sulla restante parte della caducazione parziale dell’accordo negoziale (per di più incidente sulla parte di maggior rilievo), alla stregua dei principi generali in tema di invalidità parziale che impongono di considerare l’ipotetica volontà delle parti.

L’art. 1419 c.c. infatti prevede che la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità; analoghi principi governano la nullità, la risoluzione e la rescissione del contratto plurilaterale.

La Corte di appello si è limitata al proposito a rilevare che non era stato emesso il decreto di esproprio, sicchè veniva meno il patto sull’indennità relativa, e a constatare che ciò, di per sè, non incideva sull’occupazione e sulla debenza della relativa indennità: ha però totalmente mancato di valutare se i contraenti avrebbero comunque concluso l’accordo anche senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla invalidità, ossia quella attinente all’indennità di espropriazione.

Tale passaggio logico-giuridico era tanto più necessario ove si considerino: a) l’interdipendenza sussistente fra indennità di espropriazione e di occupazione alla luce del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 20, comma 6, art. 22 bis, comma 1 e art. 50,comma 1; b) il fatto che l’accordo, unitario, era stato concluso “in vista della legittima espropriazione”; c) che le parti avevano convenuto” importi che si intendono omnicomprensivi e pienamente ristoratori anche di tutti i danni diretti e indiretti conseguenti sia alla occupazione sia alla successiva espropriazione”; d) che nell’ambito della cifra complessivamente pattuita di Euro 480.000,00 la parte pertinente all’occupazione era assai modesta (Euro 8.800,000 per occupazione delle aree preordinate all’espropriazione e Euro 4.935,00 a titolo di indennità anticipata dell’area di cantiere) in rapporto ai Euro 466.165,00 relativi all’indennità di espropriazione e corrispettivo di cessione volontaria; e) l’accordo liquidava l’indennità di espropriazione per solo un anno circa e conteneva la espressa previsione che l’importo non sarebbe comunque aumentato per il protrarsi futuro dell’occupazione.

3.4. Appare opportuno inoltre rammentare che questa Corte si è pronunciata in tema di espropriazione per la realizzazione degli interventi di cui al titolo VIII della L. n. 219 del 1981, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2009, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 300 del 2006, art. 3, comma 3, convertito in L. n. 17 del 2007, ai sensi del quale i verbali di concordamento dell’indennità di espropriazione e di rinuncia a qualunque pretesa connessa alla procedura di esproprio conservano la loro efficacia “indipendentemente dall’emanazione del decreto di espropriazione”; a tal riguardo è stato affermato che l’accordo raggiunto tra l’espropriante e il proprietario deve ritenersi totalmente inefficace, anche relativamente all’indennità di occupazione legittima, con la conseguenza che alla domanda proposta dal proprietario di un immobile irreversibilmente trasformato e diretta al pagamento dell’indennità per il periodo di legittima occupazione non può opporsi la pretesa rinunzia al suo pagamento contenuta in un verbale di concordamento delle indennità di espropriazione, ove detto verbale sia divenuto inefficace per la tardiva emissione del decreto di esproprio (Sez. U, n. 7035 del 24/03/2009, Rv. 607258 – 01).

In tale pronuncia il Supremo Consesso nomofilattico ebbe modo di osservare che la chiarissima portata demolitoria del dispositivo della decisione 24/2009 della Corte Costituzionale, trovava antecedente logico giuridico insuperabile nella parte motiva della stessa decisione, che costituiva elemento centrale per ricostruire secundum constitutionem il quadro normativo residuato, secondo il quale l’intero assetto negoziale determinante le indennità dovute dall’espropriante ed accettate, con rinunzia a maggiori pretese, dall’espropriato in sede di “concordamento” diveniva inefficace con il venir meno della condizione concordemente assunta a presupposto dell’accordo, costituita dal tempestivo intervento del decreto di esproprio.

Era poi da escludere la pretesa indifferenza della questione della spettanza della indennità di occupazione legittima rispetto alla sorte del verbale di concordamento dopo il dissolvimento, irreversibile, del suo presupposto esplicito (il decreto di esproprio): non poteva infatti predicarsi una sorta di autonoma capacità di resistenza del diritto all’indennità di occupazione legittima sol perchè ex lege e comunque dovuta, qualsiasi esito assuma il procedimento espropriativo, dato che la pretesa a detta indennità “autonoma” trova ostacolo nel suo volontario coinvolgimento nell’assetto transattivo – abdicativo del negozio.

4. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente incidentale B. denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 50 e 40 e alla sentenza della Corte Costituzionalen. 181/2011.

4.1. Il ricorrente lamenta che non era stato tenuto conto del fatto che l’accordo concluso dal B. in data 5/12/2008 era stato raggiunto nel vigore del regime del valore agricolo medio, poi caducato dalla Consulta con la sentenza n. 181 del 2011 e quindi con riferimento ad un sistema normativo incostituzionale e sul presupposto della sua conformità a tale sistema, anche a prescindere dal tema affrontato dalla Corte di appello circa la mancata emanazione del decreto di esproprio.

4.2. La censura resta assorbita dall’accoglimento del quarto e quinto motivo ut supra.

5. La sentenza impugnata, in accoglimento del 4 e 5 motivo di ricorso incidentale, deve essere cassata con rinvio, anche a questo proposito, oltre che per quanto disposto in punto giurisdizione dalle Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza 5643/2019, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto e quinto motivo di ricorso incidentale, respinti il terzo e assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2019

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