Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18783 del 20/08/2010

Cassazione civile sez. II, 20/08/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 20/08/2010), n.18783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE DELLE

MILIZIE 22, presso lo studio dell’avvocato TURCO IGOR, rappresentato

e difeso dall’avvocato CAPRARO GERLANDO, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIMAVO 3,

presso lo studio dell’avvocato MARIO LIVI, rappresentato e difeso da

se stesso e dall’avvocato VASCELLARO VINCENZO, giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

A.L., A.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato SCIFO STEFANO, giusta procura speciale a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 299/2008 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

9/11/07, depositata il 12/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

e’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il 12 marzo 2008 la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza resa il 28 ottobre 2002 dal locale tribunale, con la quale era stato annullato l’atto pubblico per notaio Russo del 30 gennaio 1973 limitatamente alle vendite effettuate dall’attore Ag.

G., rappresentato da un curatore, in favore di M. C.A. e M.P., nonche’ di V.S. e S.A.. La sentenza annullava altro atto pubblico (notaio Russo 16 dicembre 1972) limitatamente ad una vendita dall’ Ag.

allo S. e condannava tutti i convenuti a rilasciare in favore dell’attore i beni oggetto delle vendite annullate, previa restituzione del prezzo ricevuto.

M.P. con atti inoltrati il 31 luglio 2008 ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a unico motivo, che denuncia violazione degli artt. 427 e 428, 1425 e 1426 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

D.M., gia’ tutore dell’interdetto Ag.Gi.

si e’ costituito con controricorso. Altrettanto hanno fatto L. e A.G., successori dell’interdetto. Sono rimasti intimati M.C.A., A.S. e S. A.R..

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio.

L. e A.G. hanno depositato un documento in data 24 aprile 2010. La causa e’ stata chiamata all’adunanza camerale del 27 aprile. Sono stati prodotti in atti gli avvisi di ricevimento delle notifiche eseguite a mezzo posta. Preliminarmente va dato atto che i controricorrenti A. hanno dato atto di aver “transatto la causa” nei confronti del M. con “atto di transazione (OMISSIS)”, intervenuto quindi dopo la proposizione del ricorso per cassazione, che hanno depositato in copia tre giorni prima dell’udienza. Tale acquisizione non consente tuttavia di dichiarare cessata la materia del contendere, mancando sia la manifestazione della volonta’ del ricorrente di non voler proseguire il processo (Cass. 6697/05), sia la certezza della provenienza della scrittura dal ricorrente, al quale l’atto depositato non risulta notificato nelle forme di cui all’art. 372, sia infine perche’ sono rimasti estranei alla c.d. transazione altre parti dell’odierno giudizio.

Il Collegio condivide la relazione redatta ex art. 380 bis c.p.c. che ha ravvisato l’inammissibilita’ del ricorso in relazione al disposto degli artt. 366 e 366 bis c.p.c.. L’unica censura mossa alla sentenza impugnata concerne violazione degli artt. 1425, 1426, 427 e 428 c.c. Essa si conclude con il seguente quesito di diritto: “Accerti la Corte, ritenuta la buona fede del contraente ( M.P.) nella conclusione del contratto e provato altresi’ il comportamento malizioso dell’incapace, sia applicabile l’art. 1425 c.c. in relazione all’art. 428 c.c., se ancora, al caso di specie sia applicabile per analogia l’art. 1426 c.c.”.

Siffatto quesito e’ del tutto inidoneo a soddisfare i requisiti previsti dalle disposizioni normative vigenti, applicabili ratione temporis anche dopo l’abrogazione dell’art. 366 bis c.p.c. (Cass. 7119/10). Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. 19769/08) o quantomeno la critica che dimostri l’erroneita’ della regola adottata. Pertanto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, cosi’ da consentire al giudice di legittimita’ di enunciare una “regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata (SU 26020/08). Ne consegue che deve essere dichiarato inammissibile il ricorso nel quale il quesito di diritto si risolva in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura cosi’ come illustrata, poiche’ la citata disposizione e’ finalizzata a porre il giudice della legittimita’ in condizione di comprendere – in base alla sola sua lettura – l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e di rispondere al quesito medesimo enunciando una “regula iuris”.(Cass. 2658/08).

Nel caso di specie la censura e’ proposta in forma di mero interpello alla Corte circa l’applicabilita’ dell’art. 1426 c.c. Inoltre nel corpo del motivo parte ricorrente assume come pacifica la circostanza che dalle “risultanze istruttorie” emergerebbe un insieme di raggiri e macchinazioni posti in essere da Ag.Gi. a danno dei contraenti in buona fede, mentre tale accertamento non e’ stato compiuto, atteso che decisiva per la Corte d’appello e’ stata la circostanza che l’ Ag. fosse stato dichiarato inabilitato prima della data dei rogiti e che per le stipule non fosse stato assistito dal curatore.

Il quesito e’ formulato quindi in modo da non rispecchiare la realta’ della sentenza impugnata, omettendo gli specifici riferimenti necessari per far comprendere la fattispecie e senza indicare il contrasto tra ratio decidendi e tesi sostenuta. Inoltre manca in ogni caso la denuncia dei vizi di motivazione relativamente alla mancata ammissione dei mezzi di prova necessari per far emergere le circostanze dei pretesi raggiri commessi dall’inabilitato. L’esito favorevole dell’esame dell’unico motivo non sarebbe pertanto sufficiente a ribaltare l’esito della lite, restando apodittica e non provata la premessa di fatto posta a base della tesi giuridica che sembra trapelare dal motivo.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

La transazione prodotta dai controricorrenti, se non e’ idonea a determinare, per le esposte ragioni, l’estinzione del giudizio ex artt. 390 e 391 c.p.c., e’, tuttavia, dimostrativa dei difetto d’interesse della parte all’esito eventualmente favorevole della lite ed alle relative conseguenze; non v’ha luogo, pertanto, alla condanna della controparte alle spese.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile, il 27 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2010

 

 

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