Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18783 del 12/07/2019

Cassazione civile sez. I, 12/07/2019, (ud. 06/06/2019, dep. 12/07/2019), n.18783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20455/2014 proposto da:

C.E., elettivamente domiciliato in Roma, Via Angelo Emo n.

106, presso lo studio dell’avvocato Castaldo Ciro, rappresentato e

difeso dall’avvocato Perucco Paolo, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

e contro

Alitalia – Linee Aeree Italiane S.p.a. in Amministrazione

Straordinaria, in persona dei Commissari Straordinari pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Largo Faravelli n. 22, presso lo

studio dell’avvocato Maresca Arturo, che la rappresenta e difende,

giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto n. 321/2014 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il

17/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/06/2019 dal cons. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto depositato il 17 luglio 2014 il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento dell’opposizione proposta da C.E. avverso il decreto con cui il G.D. aveva rigettato in toto la sua istanza di insinuazione al passivo della Alitalia – Linee Aeree Italiane s.p.a. in Amministrazione Straordinaria, ha accertato il diritto dell’opponente ad essere inserito in chirografo nello stato passivo della predetta procedura per l’importo di Euro 152.798,00 a titolo di indennità supplementare.

Il Tribunale di Roma ha riconosciuto al C. la predetta indennità sul rilievo che lo stesso, che era stato licenziato in data 15 gennaio 2009, aveva fornito la prova del suo stato di disoccupazione, disattendendo, tuttavia, la richiesta del dirigente di collocazione del credito in prededuzione, non ritenendolo sorto “per la continuazione dell’esercizio dell’impresa e la gestione del patrimonio del debitore”, come richiesto dal D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 20.

Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione C.E. D.P.G. affidandolo a sei motivi.

L’Amministrazione Straordinaria della Alitalia – Linee Aeree Italiane s.p.a. si è costituita in giudizio con controricorso e contestuale ricorso incidentale.

Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Data la pregiudizialità delle questioni sollevate da Alitalia – Linee Aeree Italiane s.p.a. in A.S., che ha contestato la debenza dell’indennità supplementare riconosciuta, seppur solo in chirografo, all’odierno ricorrente, si procederà preventivamente all’illustrazione dei tre motivi del ricorso incidentale.

In particolare, con il primo motivo la procedura ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. in relazione all’Accordo sulla Risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale del 27.4.1995 allegato I al CCNL dirigenti aziende industriali.

Lamenta la ricorrente incidentale che risulta per tabulas che la società ha motivato il recesso dal rapporto di lavoro instaurato con il C. non per effetto dell’ammissione della stessa alla procedura concorsuale bensì per la successiva, differente e del tutto autonoma determinazione di porre fine all’attività aziendale.

In particolare, l’Alitalia era stata ammessa alla procedura di A.S. con decreto del 29 agosto 2008 e l’attività era proseguita sino al mese di gennaio 2009 allorchè era stato intimato il licenziamento.

In conclusione, il Tribunale ha falsamente applicato l’accordo del 27.4.1995, non verificando l’insussistenza del presupposto per il riconoscimento del diritto, non essendo stato motivato il licenziamento per effetto dell’ammissione della società alla amministrazione straordinaria, ma per la chiusura dell’attività produttiva.

2. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che l’interpretazione di un atto negoziale – tra cui rientrano anche i contratti collettivi nazionali di lavoro – è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., o di motivazione inadeguata, ovverosia non idonea a consentire la ricostruzione dell'”iter” logico seguito per giungere alla decisione. Pertanto, onde far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa. (Cass. n. 10554 del 30/04/2010, n. 22102 del 19/10/2009).

Nel caso di specie, la ricorrente incidentale non ha neppure dedotto quali eventuali criteri legali di ermeneutica contrattuale avrebbe violato il Tribunale di Roma, limitandosi a prospettare una diversa interpretazione dell’Accordo del 27 aprile 1995, ovvero che l’indennità supplementare per cui è procedimento non dovrebbe essere riconosciuta al dirigente il cui licenziamento, pur disposto durante la pendenza di una procedura di Amministrazione Straordinaria, è stato motivato con riferimento alla cessazione dell’attività produttiva.

E’ quindi indiscutibile che l’Alitalia in A.S. non abbia fatto altro che formulare censure di merito, essendosi lamentata non della violazione di una norma di ermeneutica contrattuale, ma dall’interpretazione dell’Accordo fornita dal giudice di merito, dalla stessa non condivisa. Va, in ogni caso, osservato, che sul tema del diritto alla indennità supplementare riconosciuta dalla contrattazione collettiva ai dirigenti licenziati a causa di ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione o crisi settoriale o aziendale, nonchè di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, questa Corte ha già avuto occasione di disattendere letture orientate a ravvisare “una cesura di carattere non solo temporale, ma logica” fra la fase propriamente di risanamento e quella eventualmente conseguente all’esaurimento dell’esperimento conservativo, tale da escludere la suddetta indennità in caso di licenziamento intervenuto a significativa distanza dall’apertura della procedura. Si è, in particolare, osservato che la contrattazione collettiva attribuisce l’indennità in questione “prescindendo dall’epoca del recesso” e “la ricollega ad una situazione in itinere, insorta con intenzione conservativa, il rischio del cui esito negativo non può trasferirsi sul dirigente esclusivamente in base al dato temporale offerto dall’epoca del recesso” (Cass. n. 14769 del 2005, che richiama anche Cass. n. 3572 del 2004 e 5371 del 1998, e,recentemente, Cass. n. 29735/2018).

3. Con il secondo motivo la procedura ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame dei fatti attestanti la prosecuzione dell’attività aziendale successivamente all’ammissione alla procedura di A.S. nonchè la riconducibilità del recesso alla chiusura dell’attività produttiva aziendale.

4. Il motivo è infondato.

Il decreto impugnato ha chiaramente preso in considerazione i fatti dedotti dalla ricorrente atteso che a pag. 4 il decreto impugnato ha espressamente evidenziato non esservi dubbi “che il rapporto di lavoro sia stato unilateralmente risolto dal Commissario Straordinario in data 15 gennaio 2009 a seguito della chiusura dell’attività”.

5. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in relazione all’art. 111 Cost., art. 132 cod. proc. civ. e art. 118 disp. att. c.p.c. per omissione ed illogicità della motivazione in ordine alla spettanza dell’indennità supplementare di cui all’accordo 27.4.1995 a fronte di un recesso motivato con la cessazione dell’attività produttiva nonchè nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per mancanza della motivazione sul punto ex art. 132 c.p.c., n. 4.

6. Il motivo è infondato.

Dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (ad opera del D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012), il sindacato di legittimità sulla motivazione deve intendersi ridotto al “minimo costituzionale”, nel senso che “l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”” (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).

Alla luce di tale criterio, il tessuto motivazionale della decisione impugnata è adeguato e certamente non al di sotto del cd. minimo costituzionale, non potendo dirsi, nel caso di specie, nè meramente apparente – tale essendo solo la motivazione che, “benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Sez. U., n. 22232 del 2016) – nè contraddittoria o incomprensibile.

7. Con il primi tre motivi del ricorso principale C.E. ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione, rispettivamente, all’art. 111 L. Fall., al D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 20 ed al Contratto Collettivo Nazionale Dirigenti del 27.4.1995, per aver il Tribunale escluso la prededucibilità del suo credito nonostante sorto in occasione o in funzione di una procedura concorsuale, per aver escluso che la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro rientri nella gestione del patrimonio di Alitalia e che dia quindi luogo a crediti prededucibili e per non aver considerato che le stesse parti sociali nell’Accordo del 27.4.1995 hanno configurato l’indennità supplementare come supplemento del TFR, ricalcandone la natura di credito prededucibile.

Viene, in particolare, lamentata la violazione del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 20 essendo il suo credito sorto per effetto di una scelta di gestione che ha portato alla cessazione dell’attività produttiva ed alla risoluzione del rapporto di lavoro, con conseguente prededucibilità dell’indennità supplementare.

8. I predetti motivi sono fondati.

Deve segnalarsi l’orientamento recentemente espresso dal giudice di legittimità sul tema in esame (Cass. n. 29735 del 19/11/2018), cui questo Collegio ritiene di aderire, secondo cui: “L’indennità supplementare prevista dall'”Accordo sulla risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale” allegato al CCNL dei dirigenti aziendali, costituisce – a prescindere dalla sua natura retributiva o indennitaria – un credito da ammettere al passivo in prededuzione ex art. 111 l.fall., per i dirigenti di imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria che siano cessati dal rapporto di lavoro solo successivamente al provvedimento di ammissione alla procedura, essendo la sua prosecuzione indubitabilmente funzionale alle esigenze di continuazione dell’attività di impresa”.

8. Con il quarto motivo ed il quinto motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 93 e 111 bis L. Fall., all’art. 2751 bis c.c. e all’art. 112 c.p.c., per aver il Tribunale escluso, in assenza di domanda, la prelazione/privilegio del suo credito, collocandolo in chirografo.

Lamenta il ricorrente che l’art. 93 L. Fall. non impone che debba essere formulata una domanda di ammissione alla prelazione, ma soltanto che il ricorrente indichi la causa del credito che consente la prelazione.

In ogni caso, essendo stata chiesta la collocazione del credito in prededuzione, è eventualmente il giudice, secondo il principio iura novit curia, che deve riqualificare diversamente la natura del credito, senza che ciò comporti la violazione della regola tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c..

9. I predetti motivi sono assorbiti per effetto dell’accoglimento dei primi tre motivi del ricorso principale.

In particolare, da un attento esame del ricorso emerge che, a pag. 17, il sig. C. ha chiesto il riconoscimento del privilegio subordinatamente alla mancata collocazione del credito in prededuzione (nonostante la prededuzione costituisca solo un privilegio di natura squisitamente processuale), avendo così testualmente osservato: “…il giudicante erra nel non operare una degradazione della prededuzione a privilegio ex art. 2751 bis c.c. benchè la relativa riqualificazione spetti al Giudice secondo il principio iura novit curia”.

In sostanza, il ricorrente ha sostanzialmente dedotto che in caso di mancata collocazione del suo credito in prededuzione, il giudice di merito avrebbe quantomeno dovuto riconoscergli il privilegio (e ciò indipendentemente da un’espressa domanda).

Orbene, avendo questo Collegio riconosciuto il rango precededucibile del credito del ricorrente, le censure svolte nel quarto e nel quinto motivo possono, in questi termini, ritenersi assorbite.

10. Con il sesto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 99 c.p.c. e l’omessa ed insufficiente motivazione in ordine alla domanda di differenze retributive su TFR ed indennità per mancato preavviso.

Lamenta il ricorrente di aver prodotto nel precedenti giudizio i conteggi di Federmanager che sorreggono la richiesta di differenze retributive, documentazione che il Tribunale ha omesso di esaminare.

11. Il motivo è inammissibile per genericità.

Il ricorrente non ha neppure avuto cura di indicare il contenuto dei documenti (conteggi) di cui lamenta l’omessa valutazione, di talchè le sue censure si appalesano del tutto aspecifiche.

In conseguenza dell’accoglimento, limitatamente ai primi tre motivi, del ricorso principale, il decreto impugnato va cassato e deve disporsi il rinvio al Tribunale di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta il ricorso incidentale.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Accoglie i primi tre motivi del ricorso principale, assorbiti il quarto ed il quinto e dichiara inammissibile il quinto, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2019

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