Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18782 del 28/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 28/07/2017, (ud. 12/06/2017, dep.28/07/2017),  n. 18782

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27085-2015 proposto da:

G.N.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato ANGELA

BUCCICO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MAURIZIO AGOSTINELLI giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

SALLUSTIO 9, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO PALERMO, che

lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 159/2015 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI

BOLZANO, depositata il 29/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/06/2017 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato MAURIZIO AGOSTINELLI;

udito l’Avvocato GIANFRANCO PALERMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Trento, sez. dist. di Bolzano, con sentenza del 29.8.2015, ha rigettato l’appello proposto da G.N.G. avverso la sentenza del Tribunale di Bolzano del 17.12.2013, concernente l’opposizione ex art. 645 c.p.c. da lui promossa in relazione al decreto ingiuntivo del 22.6.2011; con detto decreto, il Tribunale gli aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 870.892,12, oltre accessori, in favore di M.V., che, quale confideiussore col G., aveva estinto le obbligazioni del debitore principale Niki s.r.l., agendo quindi – testualmente – “in via di surroga” nei confronti del cogarante per il recupero della metà della somma pagata. Il Tribunale altoatesino, preso atto che il M. aveva frattanto recuperato in altro modo l’importo di Euro 263.357,76, aveva revocato il decreto ingiuntivo, condannando il G. al pagamento della somma di Euro 739.213,24, oltre accessori, in favore dello stesso M..

G.N.G. ricorre affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso M.V.. Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, deducendo “ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per nullità della sentenza impugnata perchè affetta da vizio di extrapetizione ex art. 112 c.p.c.”, si sostiene che la Corte d’appello sarebbe incorsa in extrapetizione, nel confermare l’analoga statuizione del Tribunale, laddove ha ritenuto che, nonostante il M. avesse espressamente agito in surroga nei confronti del confideiussore, ha interpretato la domanda come regresso, ex art. 1954 c.c.. In realtà, secondo il ricorrente, egli ha agito ai sensi dell’art. 1949 c.c., unica norma prevista in tema di fideiussione in cui si fa riferimento alla surroga; essa non è però esercitabile nei rapporti tra confideiussori, ma solo nei rapporti tra fideiussore e debitore principale. In altre parole, secondo il ricorrente, in materia di confideiussione, ove uno dei garanti abbia estinto l’obbligazione del debitore principale, il diritto di credito così maturato verso gli altri cogaranti può essere tutelato solo in via di regresso, ex art. 1954 c.c., e non anche di surroga, ex art. 1949 c.c., come invece ritenuto dalla Corte d’appello. Il giudice – prosegue il ricorrente – può interpretare la domanda, ma non sostituirsi alla parte nella scelta dalla stessa chiaramente effettuata, come invece avvenuto nel caso in esame.

1.2 – Con il secondo motivo, deducendo “ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione dell’art. 91 c.p.c.” (non si tratta, in sostanza, di vero motivo), si chiede di riformare le statuizioni a seguito dell’accoglimento del ricorso.

2.1 – Preliminarmente, va rilevato che alcun problema di improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), può porsi nella specie, come paventato dal M., per non aver il ricorrente depositato copia autentica della sentenza impugnata, munita della relata di notifica.

Infatti, premesso che il ricorrente ha comunque depositato copia autentica della sentenza in questione, seppur priva della relata (doc. 3 ric.te), egli ha proposto l’impugnazione con ricorso notificato in data 11.11.2015, e quindi entro i sessanta giorni dalla notifica della sentenza effettuata a mezzo PEC dall’odierno controricorrente (in data 17.9.2015), la cui idoneità a far decorrere il c.d. termine breve, ex art. 325 c.p.c., comma 2, e art. 326 c.p.c., comma 1, è comunque contestata dal G., sia perchè la relata stessa non risulta sottoscritta digitalmente, sia perchè la copia della sentenza notificata non risulta autenticata da alcuno (v. ricorso, p. 9).

Ora, sia detta notifica idonea o meno a tanto, l’impugnazione del G. è da considerarsi comunque tempestiva: nel primo caso in relazione al c.d. termine breve, nel secondo caso in relazione al c.d. termine lungo, ex art. 327 c.p.c. (essendo avvenuta, come detto, entro i sessanta giorni dalla stessa notifica e comunque entro i sei mesi dalla pubblicazione della sentenza; si vedano, quanto all’impugnazione proposta nel c.d. termine breve, calcolato dalla pubblicazione della decisione, Cass. n. 17066/2013; Cass. n. 18645/2015). Ciò che rileva, infatti, è che la Corte sia posta in grado di verificare la tempestività dell’impugnazione, il che è avvenuto nella specie.

3.1 – Ciò posto, il primo (e sostanzialmente unico) motivo è infondato. La Corte del merito – dopo aver rilevato che, nella specie, si verteva in tema di confideiussione, ex art. 1946 c.c., e che era pacifico che il M. aveva pagato l’intero debito della Niki s.r.l., che aveva garantito col G. – ha osservato che il pagamento così effettuato aveva determinato “il diritto di rilevo nei confronti del cogarante” in capo allo stesso M. (v. sentenza impugnata, p. 6), diritto suscettibile di duplice inquadramento: anzitutto, come surroga, ex art. 1203 c.p.c., n. 3), e art. 1204 c.c., ma anche come regresso, ex art. 1954 c.c., che costituisce applicazione, in tema di confideiussione, degli artt. 1298 e 1299 c.c. circa i rapporti interni tra condebitori in solido (così, Cass. n. 4632/2002). La Corte altoatesina ha quindi concluso nel senso che diritto di surroga e diritto di regresso non si pongono in linea alternativa o di incompatibilità, giacchè chi agisce in regresso fa anche valere la surrogazione legale, ai sensi dell’art. 1203 c.c., n. 3) e art. 1204 c.c.: pertanto, avendo il M. dedotto di essere confideiussore col G. e di aver pagato l’intero, non costituisce ultrapetizione qualificare la sua domanda monitoria in termini di regresso, ex art. 1954 c.c..

3.2 – Detti argomenti resistono ampiamente alle censure mosse dal ricorrente. Infatti, è consolidato l’insegnamento secondo cui “Il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante…” (così, Cass. n. 23794/2011 e, da ultimo, Cass. n. 118/2016).

Ora, premesso che è indubbio che il M. ha dedotto di essere confideiussore del G. e di aver pagato l’intero debito garantito, agendo per riottenere la metà di quanto sborsato, tanto basta per ritenere che, anche al di là dell’espressione letterale da lui utilizzata nel ricorso monitorio (“in via di surroga”), egli abbia in realtà esercitato l’azione di regresso, ex art. 1954 c.c.: ciò si ricava, a tacer d’altro, proprio dalla richiesta della (sola) metà di quanto pagato e dei relativi accessori, trattandosi della “rispettiva porzione” dei confideiussori, in coerenza col disposto della citata norma. Già solo per questo, quindi, deve concordarsi con la Corte territoriale laddove essa ha ritenuto corretta la qualificazione della domanda in questione, come effettuata dal Tribunale: alcuna ultrapetizione può quindi ravvisarsi nella fattispecie.

Ciò tanto più che, come anche evidenziato dalla Corte altoatesina, non sussiste tra la surroga ex art. 1949 c.c. e il regresso ex art. 1954 c.c. alcun rapporto di alternatività o incompatibilità, in quanto chi agisce in regresso fa valere anche il diritto di surrogazione legale, seppur – può aggiungersi – nei limiti di quella parte dell’obbligazione che non deve restare definitivamente a suo carico (sulla compatibilità del concorso tra surrogazione e regresso, in linea generale, v. Cass., n. 13180/2007).

Nè tantomeno può sostenersi, come fa il G., che l’unica azione spettante al confideiussore che abbia pagato l’intero, nei confronti degli altri confideiussori, sarebbe quella di regresso, e non anche di surroga: a parte quanto già evidenziato, deve rilevarsi come nella giurisprudenza di questa Corte è stato condivisibilmente affermato che l’art. 1949 c.c. è pienamente applicabile anche alla confideiussione (v. Cass. n. 10546/2016; nel senso che l’azione di regresso sia, nella sostanza, un’azione di surrogazione legale, v. Cass. n. 577/1973; Cass. n. 1762/1982).

Spetta quindi al confideiussore che abbia pagato il debito effettuare la scelta tra l’azione di surroga e quella di regresso nei confronti degli altri confideiussori, azioni legate – com’è evidente – da un rapporto da genus a species. Scelta che, per quanto detto, nel caso che occupa appare in ogni caso assolutamente inequivoca, concernendo essa in via esclusiva la metà della somma pagata, con i relativi accessori, come correttamente rilevato dalla Corte del merito.

4.1 – In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. Le spese di lite del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

In relazione alla data di proposizione del ricorso per cassazione (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre al rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, ad Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza del presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 12 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017

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