Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18782 del 14/09/2011

Cassazione civile sez. II, 14/09/2011, (ud. 16/02/2011, dep. 14/09/2011), n.18782

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22228-2005 proposto da:

A.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato MARZI

MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BOLASCO

FRANCESCO;

– ricorrente –

contro

P.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CATANZARO 2, presso lo studio dell’avvocato LUCCI MARIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato LOCCI VIRGINIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 127/2005 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 26/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/02/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

udito l’Avvocato MASSIMO MARZI difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con atto di citazione notificato in data 28 giugno 1988, A.M. convenne in giudizio innanzi al Pretore di S. Antioco Giovanni, M., G., D., A., A.M., T. e Pi.An., eredi di P.N., assumendo di essere proprietaria di una casa per civile abitazione in S. Antioco, composta da un piano terra e da un primo piano, il cui terrazzino si affacciava su di un cortile di proprietà degli eredi P., tra cui P.G., il quale vi aveva edificato una costruzione la cui terrazza, realizzata a livello del predetto terrazzino in violazione delle norme sulle distanze tra edifici previsti dallo strumento urbanistico del Comune, impediva l’esercizio della servitù di veduta sul fondo sottostante sino ad allora da lei esercitata, anche perchè, alla distanza di circa tre metri dal parapetto del terrazzino, era stato realizzato un abbaino, alto circa due metri.

Chiese, pertanto, che, dichiarata la proprietà dell’immobile, gli eredi P. venissero condannati all’abbattimento della loro costruzione in modo da ripristinare l’esercizio della predetta servitù.

Costituitosi il solo P.G., nelle more del processo fu ordinata la demolizione del muro eretto da P.G. al confine del terrazzino dell’attrice.

Il Tribunale di Cagliari dichiarò l’acquisto per usucapione della servitù di veduta, osservando che dalle deposizioni testimoniali, confermate dalle prove documentali, era risultato provato che dai primi anni 60 nell’immobile della A. esisteva un terrazzo che permetteva di guardare ed affacciarsi verso il cortile del P., ove, fino agli anni 70, non era esistita alcuna costruzione.

2. Il convenuto fu pertanto condannato alla demolizione di quanto eseguito in violazione delle norme sulle distanze legali e al risarcimento dei danni.

La sentenza fu impugnata dal P., che negò che fosse intervenuta la usucapione della servitù, in quanto il terrazzino di cui si tratta era situato all’ultimo piano, costruito quando l’edificio dei P. esisteva già.

3. – Con sentenza depositata il 26 aprile 2005, la Corte d’appello di Cagliari accolse il gravame, osservando che l’attrice non aveva assolto l’onere probatorio relativo all’acquisto per usucapione della servitù di veduta da lei rivendicata. A parte la considerazione che dall’iter argomentativo del primo giudice sembrava emergere l’errore di aver ritenuto che il termine per l’usucapione fosse di dieci e non di venti anni, osservò la Corte di merito che dall’esame delle diverse deposizioni era emerso che la possibilità di prospicere sul fondo dei P., se mai fosse esistita, sarebbe stata esercitata da un cortile o da una finestra, ma non dal terrazzino all’ultimo piano di casa A., composta da un piano terra e da un primo piano, confinante con la terrazza del P., a livello del pavimento della terrazza dalla quale essa A. esercitava la veduta dal fondo sottostante secondo quanto dedotto nella citazione di primo grado.

4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre A.M. sulla base di due motivi. Resiste con controricorso P.G..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo si deduce omessa o insufficiente nonchè contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte e rilevabile d’ufficio, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 1061 e 1158 cod. civ..

Secondo la Corte cagliaritana, l’attrice, attuale ricorrente, non avrebbe fornito la prova dell’acquisto del proprio diritto, perchè, dei sei testimoni sentiti, solo due avrebbero reso dichiarazioni a lei favorevoli. Sarebbero emerse, peraltro, contraddizioni nella interpretazione delle testimonianze esaminate, poichè il giudice di secondo grado avrebbe tratto conseguenze non coerenti con le premesse poste, avrebbe tralasciato alcune testimonianze, ritenendole imprecise e generiche, senza chiarire le ragioni di tale convincimento, e sarebbe venuto meno ai propri doveri di valutare compiutamente le ulteriori risultanze processuali, e, in particolare, le produzioni documentali idonee a chiarire i tempi della realizzazione degli edifici di cui si tratta, addossati l’uno all’altro sullo stesso livello all’epoca della domanda.

2.1. – La censura non può trovare ingresso nella presente sede.

2.2. – Essa, infatti, è evidentemente rivolta a conseguire un riesame delle emergenze processuali e del materiale probatorio inibito alla Corte di legittimità, in presenza di una motivazione immune da vizi logici ed errori giuridici.

Nella specie, la Corte cagliaritana ha fatto buon governo del proprio potere discrezionale di valutazione delle prove e di controllo della relativa attendibilità, soffermandosi puntigliosamente sulle diverse deposizioni testimoniali e sulla documentazione in atti, e consentendo la ricostruzione precisa dell’iter logico-giuridico attraverso il quale essa è pervenuta ad affermare che l’attrice non aveva assolto l’onere probatorio a lei incombente in ordine agli elementi costitutivi della domanda, e, quindi, ha concluso per la esclusione dell’avvenuto acquisto per usucapione della servitù dalla stessa rivendicata.

3. – Con la seconda censura si lamenta ancora omessa o insufficiente nonchè contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte e rilevabile d’ufficio, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 871, 872 e 873 cod. civ..

Si rileva che il giudice di primo grado aveva accolto la domanda dell’attrice non solo per aver ritenuto perfezionato l’acquisto della servitù di veduta per effetto dell’usucapione, ma anche per essere stato L’edificio di proprietà del convenuto realizzato in violazione della normativa in materia di distanze legali. Pur non essendo stata tale questione affrontata nell’atto di appello, la Corte di merito aveva accolto il gravame.

4.1. – La doglianza è destituita di fondamento.

4.2. – In realtà, la domanda dell’attrice, attuale ricorrente, riguardava solo la configurabilità di un diritto di servitù, mentre non risulta essere stata proposta in nessuna sede alcuna domanda di rispetto della normativa in materia di distanze legali tra costruzioni.

5. – Il ricorso deve, conclusivamente, essere rigettato. In ossequio al principio della soccombenza, le spese del presente giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo, devono essere poste a carico della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 1700,00, di cui Euro 1500,00 per onorari.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 16 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2011

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