Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18782 del 02/07/2021

Cassazione civile sez. I, 02/07/2021, (ud. 09/03/2021, dep. 02/07/2021), n.18782

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3908/2016 proposto da:

Impec S.r.l., (già Impec S.p.a.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Timavo n. 12, presso lo studio dell’avvocato Dickmann Giampaolo,

rappresentata e difesa dall’avvocato De Landro Dario, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Ischia, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Viale G. Mazzini n. 142, presso lo studio

dell’avvocato De Curtis Claudia, rappresentato e difeso

dall’avvocato Bonelli Enrico, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 319/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 21/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/03/2021 dal Cons. Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società IMPEC srl convenne in giudizio il Comune di Ischia per sentirlo condannare al pagamento della somma di Euro 1.381.374.839 oltre interessi e rivalutazione e titolo di corrispettivi non pagati e revisione prezzi in virtù di contratti di gestione di impianti di fognatura e depurazione siti nell’Isola.

– Il Tribunale di Napoli, previo espletamento di CTU, accolse la domanda e condannò il Comune a pagare alla ricorrente la somma di Euro 1.311.377,52 a titolo di saldo, revisione prezzi, interessi e rivalutazione respinte le eccezioni di prescrizione sollevate dal Comune di Ischia.

La Corte di Appello di Napoli riformò la sentenza di primo grado condannando l’ente appaltante alla minor somma di Euro 338.593,86 oltre interessi e rivalutazione.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione IMPEC srl affidato a due motivi e memoria.

Il Comune di Ischia resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente Impec srl denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello di Napoli ha rigettato la domanda di revisione prezzi ed adeguamento canone mensile per i contratti stipulati tra le parti n. (OMISSIS).

Infatti mentre il canone mensile di cui al contratto n. (OMISSIS) ammontava a Euro 6.500,00, quello riconosciuto a titolo di canone mensile – nel contratto n. (OMISSIS) ammontava ad Euro 18.092.430 e pertanto la Impec chiedeva di riconoscere quest’ultimo importo anche per il passato e comunque a titolo di revisione prezzi per i contratti pregressi già stipulati (n. (OMISSIS)).

Il motivo è infondato e deve essere respinto in ordine a tutti i profili.

La ricorrente ha formulato una domanda di revisione prezzi sia per il contratto n. (OMISSIS) che per il contratto n. (OMISSIS) oltre alla richiesta di adeguamento del canone per l’entrata in esercizio di nuovi impianti per l’importo riconosciuto nel contratto n. (OMISSIS) pretendendo cioè di vedersi riconoscere retroattivamente i prezzi stabiliti in quest’ultimo contratto anche per i periodi di validità degli altri due contratti.

In particolare la ricorrente richiama per il contratto (OMISSIS) la lettera dell’IMPEC con offerta allegata in cui viene specificato che “il prezzo della fornitura è soggetto a revisione con alea del 6%”, mentre per il contratto (OMISSIS) richiama l’art. 13 del Capitolato speciale allegato al contratto che prevede appunto l’adeguamento del canone mensile di gestione del servizio offerto dalla Impec.

Occorre considerare che la sentenza impugnata ha dato atto con accertamento di fatto immune da vizi logici che la società appaltatrice non risultava creditrice di somme dovute a titolo di adeguamento o revisione prezzi in quanto i rapporti contrattuali escludevano tale diritto.

Infatti secondo la Corte distrettuale il contratto n. (OMISSIS) non prevede la revisione dei prezzi e nemmeno risulta applicabile ratione temporis al rapporto (OMISSIS) la norma obbligatoria della revisione dei prezzi negli appalti pubblici. Ugualmente, per quanto riguarda il rapporto (OMISSIS), la sentenza impugnata ha accertato e valutato che i prezzi ivi previsti non erano stati decisi con effetto retroattivo per i periodi antecedenti stante la natura pubblica del Comune contraente vincolato al rispetto delle procedure soprattutto in considerazione delle rilevanti implicazioni di carattere economico.

La Corte ha quindi escluso con motivazione adeguata l’automatica applicazione retroattiva del canone stabilito nel contratto (OMISSIS) ad altri rapporti o contratti conclusi tra le parti. Allo stesso modo la Corte ha escluso che nelle pattuizioni del contratto (OMISSIS) potesse trovarsi il riconoscimento alla revisione del canone o alla revisione dei prezzi anche in relazione al pregresso periodo di gestione.

L’accertamento del contenuto negoziale e della volontà dei contraenti è senza dubbio accertamento di fatto che spetta al giudice del merito, nè appare consentito al ricorrente prospettare in sede di legittimità una diversa interpretazione.

Pertanto le richieste della Impec di revisione prezzi per il contratto n. (OMISSIS) e di adeguamento del canone mensile di Euro 6.500,00 per l’entrata in esercizio di nuovi impianti di cui al contratto n. (OMISSIS) all’importo riconosciuto a titolo di canone mensile di Euro 18.092.430 nel contratto n. (OMISSIS) appaiono entrambe infondate.

Con il secondo motivo di ricorso la società ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè la Corte di Appello di Napoli non ha esaminato e considerato che nel giudizio concluso con sentenza n. 319/2015 le somme dovute all’appaltatore a titolo di corrispettivo per la gestione degli impianti e le somme dovute a titolo di revisione prezzi erano state richieste anche a titolo di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., considerato che la IMPEC srl non poteva in nessun caso rifiutare le prestazioni senza andare incontro a pesantissime responsabilità penali in quanto gestiva servizi di natura depurativa di reflui fognari con implicazioni igienico-sanitarie e di tutela della salute pubblica.

A tal riguardo in riferimento al riconoscimento dell’utilità da parte dell’ente che beneficia della prestazione, la sentenza a Sezioni Unite 10798 del 26 maggio 2015 ha stabilito che: “Il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicchè il depauperato che agisce ex art. 2041 c.c., nei confronti della P.A. ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, esso potendo, invece, eccepire e provare che l’arricchimento non fu voluto o non fu consapevole, e che si trattò, quindi, di “arricchimento imposto”.

Il motivo è infondato. Infatti la domanda di ingiustificato arricchimento era stata proposta in primo grado e poi abbandonata come dichiarato dallo stesso appellante nell’atto di appello a pag. 30, sicchè non è consentito allargare il perimetro decisionale a questioni ormai precluse o coperte da giudicato interno in quanto non riproposte nel giudizio di appello

In considerazione di quanto sopra il ricorso deve essere respinto con condanna alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore della controricorrente Fisia Ambiente spa che si liquidano in complessive Euro 12.000,00 più 200,00 per spese oltre IVA e CPA ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2021

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