Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18781 del 10/09/2020

Cassazione civile sez. II, 10/09/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 10/09/2020), n.18781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20282/2019 proposto da:

S.M., rappresentato e difeso dall’avvocato CARMELA GRILLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO 2020 STATO, che lo rappresenta e difende

ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 226/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 13/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/01/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.M. – cittadino del (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Perugia avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Firenze sez. di Perugia, che aveva rigettato la sua istanza di protezione in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’essersi dovuto allontanare dal suo Paese per contrasti tra la sua famiglia ed uno zio circa la proprietà di un terreno, contrasti sfociati anche in minacce di morte.

Il Tribunale perugino rigettò il ricorso ritenendo non credibile il racconto del richiedente asilo e, comunque, in base alla vicenda narrata, non concorrente alcuna delle fattispecie disciplinate dalla normativa in tema di protezione internazionale trattandosi di vicenda avente natura squisitamente privata.

Il M. propose gravame avanti la Corte d’Appello di Perugia, che ha rigettato l’impugnazione condividendo le conclusioni adottate dal primo Giudice.

Avverso detta sentenza il M. ha proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente, evocato ha depositato nota ex art. 370 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto dal M. s’appalesa siccome privo di fondamento.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione delle norme del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 3 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in quanto il Collegio umbro ebbe, nella sua motivazione, a cennare a soggetto estraneo alla lite, così palesando superficialità nell’esaminare il suo caso, nonchè a non valutare la copiosa documentazione dimessa a comprova dell’attività lavorativa svolta in Italia.

La censura non coglie nel segno ed irrilevante appare l’errore circa il cenno a soggetto estraneo nel corpo della motivazione del provvedimento impugnato, posto che anche non si contesta la non riferibilità a sè del racconto, cui s’opera cenno in sentenza, sicchè all’evidenza l’incongruenza esistente s’appalesa quale mero errore materiale.

La Corte perugina per rigettare la domanda di protezione sussidiaria ha, anzitutto, evidenziato come il richiedente asilo non ha specificatamente contestato la statuizione del Tribunale in punto non credibilità del suo narrato circa le ragioni dell’abbandono del suo Paese, in quanto nemmeno con l’atto d’impugnazione ha fornito ragione di confutazione dell’argomento esposto in ordinanza impugnata.

Quindi, ha anche posto in evidenza come, comunque, la ragione addotta dal M. a giustificazione del suo espatrio sia di natura squisitamente personale – lite interfamiliare per un terreno – senza il coinvolgimento dell’Autorità statuale ovvero incidenza sulla stessa della situazione socio-politica attuale del Bangladesh – Cass. sez. 1 n. 9043/19 -.

Dunque alcun rilievo assume la questione afferente le regole per valutare la credibilità del richiedente asilo – norme indicate siccome violate – posto che la Corte ha motivatamente ritenuto non credibile il racconto fatto dal M. circa la ragione del suo espatrio e questi nell’esporre l’argomento critico non ha puntualmente confutato detta statuizione limitandosi ad apodittica contestazione. Inoltre alcuna critica il M. ha portato all’ulteriore ratio decidendi illustrata dal Collegio perugino che, ex se, è atto a sostenere la statuizione adottata.

Con la seconda doglianza il ricorrente lamenta la violazione del disposto normativo D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6 e art. 19, poichè la Corte umbra ebbe a rigettare l’istanza di riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria con motivazione viziata dall’uso di mere formule non personalizzate e senza adeguatamente considerare la situazione interna socio-politica del Bangladesh in relazione alla condizione acquista dal richiedente asilo in Italia.

La critica mossa s’appalesa siccome generica poichè non s’attaglia con la motivazione illustrata sul punto nella sentenza impugnata.

Difatti il Collegio perugino opera cenno alla prospettazione di una situazione di vulnerabilità rapportata alla situazione socio-politica del Paese d’origine che invero il M. non ebbe mai a porre alla base delle ragioni del suo espatrio.

Dunque la Corte di merito ha messo in evidenza come la valutazione circa l’esistenza di una condizione di vulnerabilità tutelabile con la richiesta protezione umanitaria era inibita dalla circostanza che il M. mai ebbe a riferire una qualche incidenza sulla sua situazione personale delle condizioni sociali e politiche esistenti nel Bangladeh.

A fronte di detta puntuale motivazione il ricorrente si limita ad evocare, in astratto, i tratti fondamentali dell’istituto ed apoditticamente affermare,in questa giudizio di legittimità l’esistenza d’una situazione di corruzione ed inefficienza delle Forze dell’Ordine bengalesi.

Al rigetto dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità stante la mancata rituale resistenza dell’Amministrazione.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello,ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis,.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2020

 

 

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