Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18777 del 20/08/2010
Cassazione civile sez. I, 20/08/2010, (ud. 25/05/2010, dep. 20/08/2010), n.18777
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.A. ((OMISSIS)), rappresentata e difesa
dall’avv. Marra A. L., come da mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che per
legge la rappresenta e difende;
– controricorrente –
Avverso il decreto n. 3556/2006 della Corte d’appello di Napoli,
depositato il 19 ottobre 2006;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Aniello Nappi;
Udite le conclusioni del P.M., come da verbale di udienza.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Napoli ha condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri al pagamento della somma di Euro 6.584,00 in favore di M.A., che aveva proposto domanda di equa riparazione per la durata irragionevole di un giudizio di lavoro, promosso il 24 ottobre 1997 e non ancora definito in primo grado dal T.A.R. Campania alla data del 29 settembre 2006.
Ricorre per cassazione M.A. e deduce violazione di legge e vizio di motivazione, lamentando l’inadeguatezza sia dell’indennita’ riconosciutagli sia delle spese liquidategli.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Premesso che sono manifestamente infondate le questioni di legittimita’ costituzionale proposte dal pubblico ministero (Cass., sez. 1^, 22 gennaio 2008, n. 1354, m. 601254), il ricorso e’ manifestamente infondato per quanto attiene al merito, fondato per quante attiene alle spese.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “il giudice investito della domanda di equa riparazione del danno derivante dalla irragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, deve preliminarmente accertare se sia stato violato il termine di ragionevole durata, identificando puntualmente quale sia la misura della durata ragionevole del processo in questione, essendo questo un elemento imprescindibile, logica-mente e giuridicamente preliminare, per il corretto accertamento dell’esistenza del danno e per l’eventuale liquidazione dell’indennizzo” (Cass., sez. 1^, 9 settembre 2005, n. 17999, m. 584619). Nel caso in esame i giudici del merito hanno determinato in tre anni la durata ragionevole della procedura e, quindi, in sei anni e sette mesi l’eccedenza irragionevole della sua durata. E questa valutazione non e’ censurabile ne’ risulta in realta’ censurata.
Corretta e’ anche la determinazione dell’indennizzo in Euro 6.584,00, dal momento che la giurisprudenza ha “individuato nell’importo compreso tra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 la base di calcolo dell’indennizzo per ciascun anno in relazione al danno non patrimoniale, da quantificare poi in concreto avendo riguardo alla natura e alle caratteristiche di ciascuna controversia” (Cass., sez. 1^, 2 6 gennaio 2006, n. 1630, m. 585927).
La ricorrente lamenta anche il mancato riconoscimento dell’integrazione per la natura del giudizio. Ma secondo la giurisprudenza di questa Corte, “ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non puo’ ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia previdenziale; da tale principio, infatti, non puo’ derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita” (Cass., sez. 1^, 14 marzo 2008, n. 6898, m. 602256). E nel caso in esame una tale particolare incidenza non e’ stata neppure allegata.
Quanto alle spese, i giudici del merito le hanno liquidate in complessivi Euro 531,80. Occorre invece applicare la tariffa prevista per il giudizio di cognizione davanti alla corte d’appello. In accoglimento del ricorso, le spese del giudizio di merito vanno liquidate in complessivi Euro 920,00 (Euro 500,00 per onorari, Euro 380,00 per diritti, Euro 40,00 per esborsi).
Le spese del giudizio di legittimita’ possono essere compensate per i due terzi, in considerazione della parziale soccombenza del ricorrente.
P.Q.M.
LA CORTE in parziale accoglimento del ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, Liquida le spese del giudizio di merito in complessivi in complessivi Euro 920,00 (Euro 500,00 per onorari, Euro 380,00 per diritti, Euro 40,00 per esborsi). Rigetta nel resto il ricorso.
Compensa per i due terzi le spese del giudizio di legittimita’ e ne pone il rimanente terzo a carico dell’amministrazione convenuta, liquidandole per l’intero in complessivi Euro 800,00, di cui Euro 700,00 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge, con distrazione in favore del difensore antistatario.
Così deciso in Roma, il 25 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2010